Prima western di Mario Bava (che si firma con l’abituale pseudonimo di John Old), girato con mezzi a dir poco limitati. Ma è forse questa una delle poche cose per cui vale la pena di ricordare LA STRADA PER FORT ALAMO. Non ci si può infatti non divertire nel vedere i famosi cactus di cartone, ripresi senza remore in primo piano nella scena notturna al campo nordista. Sono cactus palesemente bidimensionali, che vanno ad aggiungersi alle comparse/fantocci, altro espediente escogitato per supplire alla mancanza di comparse indiane in carne ed essa, e alla finta Monument Valley dipinta su di un vetro (ma qui il risultato è ottimo). Insomma, Bava dimostra già qui di saper...Leggi tutto sfruttare le limitazioni del budget per creare (quanto volutamente non è dato sapere) un'atmosfera quasi surreale, a volte. Per il resto si tratta di un western iperconvenzionale, d'impronta più americana (anche per la fotografia) che italiana: è la storia di un contadino cui il governo ha confiscato il ranch. La sua vita cambia: incontra un baro, si finge soldato nordista per rapinare una banca ma finisce in mano ai nordisti veri, coi quali affronta anche un agguato indiano prima dello scontato lieto fine. Le musiche di Piero Umiliani sembrano ricordare i gotici di Bava più che i western classici, così come tipicamente baviano è l'uso di alcune colorate luci notturne. Bava dà poi il meglio di sé nelle scene sull'acqua collegate all'attacco degli indiani: è qui che si riconosce quel poco di tocco baviano presente in un film girato chiaramente al risparmio e senza troppo amore. Cast modesto, sceneggiatura da poco, soggetto misero. Ci sono qualche buona inquadratura, un paio di buoni spunti ironici e nient'altro. Il vero Bava (acqua a parte) è meglio cercarlo altrove.
Un Bava negletto, non del tutto ingiustamente a dire il vero (clichè consunti, cast dozzinale, mezzi di fortuna, indiani de' noantri), e che tuttavia si lascia guardare, soprattutto quando il grande Mario si scatena con i suoi interni nelle grotte, i suoi fondali inverosimili, i suoi colori direttamente provenienti dai pepla, che conferiscono a un western altrimenti convenzionalissimo un certo fascino outrè. Due pallini e un pizzico. Curiosamente non accreditato Gérard Herter, che compare all'inizio come gambler.
Certamente godibile anche se i suoi anni li dimostra tutti, Bava si cimenta nel western; non prende spunto da quello di "casa nostra" ma preferisce ricalcare gli stereotipi di quello americano, che, anche se con mezzi quasi di fortuna, si lascia vedere appieno. Certo durante la visione si riscontrano diverse negligenze, ma a conti fatti il prodotto rimane gradevole.
MEMORABILE: La strage iniziale è visivamente affascinante grazie al contrasto di colori tra le giacche blu e il terreno circostante.
Sarebbe fin troppo facile criticare l'improbabilità della location campagnola, sorridere alla vista degli improponibili cactus di cartone o rimanere interdetti di fronte al sostanziale scopiazzamento degli ormai stra-abusati stilemi del western classico americano; molto meglio lasciarsi ammaliare dallo sfolgorante rigoglio visivo tipico di ogni grande opera baviana, invece. Alcuni hanno anche notato piccole somiglianze con Il mucchio selvaggio, e in effetti la fallimentare rapina con i banditi travestiti da innocue giubbe blu qualche dubbio lo lascia.
Che sia un film di Bava lo attestano i prismatici cromatismi degli interni delle grotte e i blu notturni; tuttavia al Maestro del Gotico tricolore il western non va troppo a genio e la trama, seppur pervasa di felici umori antimilitari, è ancora troppo debitrice dei modelli statunitensi e sviluppata con scarse risorse. Meglio di Clark, troppo monolitico come protagonista, fanno il reietto avido e psicopatico di Lemoine e l’astuto sergente di De Nardo.
MEMORABILE: La sequenza coltello-proiettile-asso di quadri; Clark a proposto delle banconote cadute nel fiume: «I soldi li abbiamo. E sono soldi puliti, ora.».
L'importato Ken Clark attivo nella decade 60/70 in peplum e spy movie italici ha anche lavorato in qualche western casereccio come in questo caso. Qui l'impronta quasi fumettistica impressa alla pellicola rende la storia poco avvincente, le scene d'azione per nulla verosimili e le ambientazioni che sembrano tutte uguali non attirano certo l'interesse dello spettatore navigato (se non forse per le scene notturne, di chiara impronta baviana).
Western di bassa qualità che ha ben poco di buono da proporre, se non qualche bel contrasto di luce e un paio di discrete inquadrature. Il difetto maggiore risiede in una sceneggiatura dozzinale e di una pochezza disarmante, che vede gli indiani ridotti a marionette messe lì solo per la necessità di avere tra le mani un antagonista. La storia va avanti tra luoghi comuni e banalità che hanno contribuito a saturare il genere e segnali confortanti non arrivano nemmeno dalle interpretazioni degli attori. Limiti che non consentono di trovare un valido motivo per ricordarsene a lungo.
Diciamo che il povero Mario Bava ce la mette tutta e fa miracoli grazie d un uso sapiente delle cromaticità e a un certo delirio visivo che è però sminuito da quei cactus così palesemente fasulli e da quegli indiani così chiaramente ridicoli. Si possono ipotizzare mille attenuanti, ma resta comunque un western scassato, con una storia poco interessante e un riscatto visivo che non riesce mai a prendere piede.
Viene da chiedersi: Mario, ma che combini? Effettivamente, dietro questo mediocre western la mano di Bava si vede solo in un certo gusto fotografico. Per il resto è un film con una trama dozzinale, scontata e piena di buchi, con personaggi privi di spessore. La vicenda ha ben pochi sussulti e annoierà anche i fan più accaniti del genere. Cast che non riesce a dare colore ai rispettivi ruoli. Non male invece la colonna sonora, forse uno degli aspetti più riusciti. Mario Bava era geniale nell'horror; qui fallisce.
Bava rifà il western americano alla sua maniera prima della rivoluzione leoniana riprendendo con scrupolo i canoni classici del genere. Certo, i modelli più blasonati a stelle e strisce sono piuttosto lontani e il risultato finale, soprattutto per quanto concerne lo script, è tutt'altro che impeccabile, ma si coglie la mano del maestro in diversi momenti, soprattutto dal punto di vista stilistico. Il film ha dalla sua anche un narrativa lineare, con i momenti topici nei punti giusti e una confezione non disprezzabile, tenuto conto del low budget. Un prodotto discreto, da rivalutare.
Più che di un Bava minore sarebbe il caso di parlare di un Bava minimo, visto che nulla o quasi fa intravedere la sua indubbia maestria di orchestratore di scenografie, luci e colori, lasciando pure stare la trama dato quella che non è certo mai stata il suo punto forte. Mal servito dalla legnosità del protagonista principale e dalla scarsità di mezzi, ben evidenziata dalle location campagnole nostrane e dai cactus di cartapesta, il nostro non può far altro che mettere per immagini una sceneggiatura puerile che fa vanamente il verso ai temi classici del grande western americano.
MEMORABILE: Lo sguardo allucinato di Lemoine, come di regola.
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- Saga degli pseudonimi: Bava è John Old, e si sa. Nel cast Kirk Bert è Alberto Cevenini, Anthony Gradwell Antonio Gradoli, Dean Ardow Gustavo De Nardo; il montatore Wilson Dexter è Mario Serandrei, l'operatore Bud Third Ubaldo Terzano, gli sceneggiatori Vincent Thomas-Gicca Palli, Charles Price-Franco Prosperi e Jane Brisbane-Livia Contardi. E (facile facile) chi mai sarà l'architetto Demos Philos?
- Nei titoli di testa c'è scritto "Forte Alamo", con la e
Eccellente edizione dvd della mai abbastanza lodata Koch video, con film restaurato (e colori bellissimi), audio italiano e featurette con Lamberto Bava e Antonio Tentori.
HomevideoZender • 24/03/09 10:47 Capo scrivano - 48696 interventi
La Koch è veramente una label benemerita, e come sempre un film di bava coi colori giusti è SEMPRE un altro film (ebbi un vero shock con SEI DONNE in versione crucchen dvd: spettacolare!)
Zender ebbe a dire: (ebbi un vero shock con SEI DONNE in versione crucchen dvd
Anche io, a partire dal prezzo... ma furono soldi ben spesi. (Il vero shock lo ebbi non trovando riportato sulla confezione l'audio italiano, reperito dopo attimi di vero terrore col tasto del telecomando!)