A tratti sembra partorito da un malato di mente, ma sempre con un suo perché. Carpenter torna a stupire con un film per certi versi coraggioso, in cui è facile perdersi durante la proiezione, pensare che sia solo un insieme di incubi che si susseguono. Tutto invece ha una giustificazione; ed è proprio la natura diabolica di Sutter Cane (lo scrittore) a rivelarlo. La parte nella cittadina è bella e inquietante, quasi irritante quando proprio non se ne esce e sale l’angoscia. Peccato per qualche evitabile rallentamento, ma resta un film notevole.
E' molto bello perchè è particolare e insolito. I ritmi sono il più delle volte lentucci, ma ben si sistemano in mezzo alla tensione partorita dalla fusione crescente di fantasia e realtà che tratta il film. Un racconto in flashback diviso in due tempi: il primo, più descrittivo, ha anche un bel po' di humour nero, il secondo (l'arrivo nel paesino) diventa più angosciante e opprimente. Però che senso ha avuto per i distributori italiani trasformare la parola "fauci" in "Seme"?
Gran film di Carpenter, uno dei suoi lavori più riusciti ed anche il più impegnativo in termini di intreccio narrativo. Pellicola originale, ricca di dettagli e rimandi, costruita su un ottimo impianto di fotografia ed effetti speciali ma soprattutto sulle spalle capienti di Sam Neill, perfettamente in parte nel suo viaggio verso l'oblio. Gli horror all'altezza di questo, negli ultimi vent'anni, si contano sulle dita di una mano.
Uo buon, anzi ottimo, John Carpenter che crea un film dal ritmo lento che incanta per le atmosfere che riesce a ricreare. Sam Neil si conferma attore pieno di talento e riesce a dare umana credibilità al suo personaggio. Personalmente lo ritengo l'ultimo grande film girato dal maestro, anche se la sua ultima fatica cinematografica Fantasmi da Marte non mi è dispiaciuta affatto. Da notare che Cigarette burns è debitore di molte cose a questo film, ma il risultato finale è molto meno interessante.
Ottima prova in regia per il grande John Carpenter, un Autore che ha sempre saputo conferire un fascino particolare alle sue pellicole donandole un ritmo serrato e una confezione estetica di tutto rispetto (senza mai tralasciare importanti contenuti che trascendono il genere). Il Seme della Follia sembra una metafora costruita sul profilo di Stephen King e sulle conseguenze di un "mondo parallelo", contemplato in quantistica (perciò ideale sequel de Il Signore del Male). Sul finale c'è anche lo spazio per un omaggio a Barker (Hellraiser).
Il capolavoro di John Carpenter. Apocalittico, geniale e a tratti molto inquietante. Il ritmo non concede un attimo di tregua e l'ottima sceneggiatura col passare dei minuti trasforma il film in qualcosa di più di un semplice horror. Ottimo Sam Neill nei panni del protagonista, brava Julie Carmen e bravissimo Jurgen Prochnow. Alcune sequenze sono tra le più paurose mai girate, e alcuni personaggi di contorno (come la vecchia padrona dell'hotel) non si dimenticano. Musiche azzeccatissime.
Classico film horror che mescola realtà e finzione con risultati davvero notevoli. Il merito è ovviamente del grande Carpenter (che dimostra per l’ennesima volta di essere un regista decisamente sopra la media dei mestieranti di genere) oltre che di una sceneggiatura davvero notevole che mescola magistralmente i vari piani narrativi senza mai impantanarsi ed essere farraginosa o ripetitiva. In definitiva un film splendido, maturo e non poco inquietante. I bambocci urlanti ne stiano alla larga.
Un Carpenter molto Lovercraftiano ricco dal punto di vista figurativo e basato su una storia decisamente affascinante che permette al regista di far sfoggio di tutta la sua visionarietà portando lo spettatore in non luoghi, dimensioni che vivono di propria linfa nei quali si entra attraverso lo sguardo allucinato di un ottimo Sam Neill.
Notevolissimo horror carpenteriano con molti richiami alle opere di Lovecraft. Magistralmente interpretato da un grande Sam Neill, che ben rappresenta la discesa verso la follia del protagonista, il film presenta una storia ben congegnata e carica di suspence, con molte sequenze da brividi (indimenticabili il vecchio in bicicletta sulla strada di notte e l'anziana proprietaria del locale che smembra il marito con l'accetta). Qui siamo di fronte a un horror di Serie A come non se ne vedevano da un bel pezzo, quindi assolutamente consigliato!
Meno avveniristico di quanto non ci parve allora (oggi finanche velleitario) questo Carpenter fallisce nella rappresentazione dell’abisso lovecraftiano: il modesto oggetto metafilmico delude le aspettative del paventato disfacimento psichico. L'uso dello sguardo esternante e oggettivo del protagonista rende la visione del film mera osservazione azzerandone il potenziale empatico, sicché l’orizzonte prospettico alacremente perseguito resta più concettuale che sostanziale. Come horror è encomiabile per il tentativo di raggiungere imprevisti metafisici che scavalcano il genere senza trasgredirlo.
MEMORABILE: Soggettiva sulla strada notturna: arriva una bicicletta…
Uno dei migliori Carpenter in assoluto. Un horror intelligente, con una sceneggiatura che non irride il suo pubblico e soprattutto che mette vera paura. Sutter Cane come Stephen King? Probabile, almeno in parte... ma il citazionismo inizia e finisce qui, tanto per essere chiari. E per una volta, Carpenter ha scelto come protagonista un ottimo attore: insolito da parte sua, ma i risultati si vedono.
Un film cult del genere. Un Carpenter che riesce a stupire, attrarre, spaventare lo spettatore con questo horror che fuoriesce dal solito "orrore quotidiano". Particolare, allucinogeno, indimenticabile, sino alla fine non si sa dove porta. Ci si immerge nell'incubo-realtà a cui è sottoposto il protagonista (Sam Neill). Il tutto è basato nel giostrare lo stato paranoico di veglia ai mostri "Lovecraftiani" che prendono forma man mano. Nell'incubo ci siamo anche noi: ci sveglieremo mai da quest'allucinazione? E siamo certi che sia solo tale?
MEMORABILE: "Io so che quel libro farà impazzire la gente!" "Io me lo auguro e il film uscirà il mese prossimo".
Altra perla alla collana di Carpenter. Visionario, lovecraftiano, inquietante in modo non banale. Un film che probabilmente è piaciuto a Barker. Se ci si spoglia del torpore dovuto a tonnellate di splatter movie e dell'anestetizzante Tarantino-pensiero, si può assaporare nella discesa all'inferno del protagonista, l'ottimo Sam Neil, l'angoscia della solitudine e dell'Apocalisse. Una visione dell'umanità buia e disperata messa all'angolo dai propri spettri. Follia e sanità facce della stessa medaglia in un infernale gioco di scatole cinesi. Definitivo.
Ottimo lavoro del grande John Carpenter sul percorso che porta alla pazzia collettiva, interpretato dall'ottimo Sam Neill e dall'agghiacciante Jurgen Prochnow. Il film cala da subito in un atmosfera cupa e misteriosa che viene messa insieme insieme ai vari pezzi del puzzle composto dalle opere di Cane. Nel cast anche i veterani Charlton Heston e Bernie Casey. Musiche molto azzeccate e coinvolgenti.
MEMORABILE: La scena della caffetteria: "Non leggi Sutter Cane?". Da Urlo.
Carpenter si cela in una storia horror ai confini della realtà. Interessante l'incontro fra lo stato paranormale e la realtà apparente. Discreto cast. Ricorda un po' ...E tu vivrai nel terrore del maestro Lucio Fulci. Ottima rappresentazione della cittadina di Crane.
MEMORABILE: Il personaggio di Sam Neil che è al cinema e ride a crepapelle guardandosi sullo schermo.
Si apprezza più come thriller parapsicologico che horror. Anzi, senza quei frammenti di mostri viscidi e consueti zombi il film sarebbe riuscito meglio. Buona la scelta (e la prova) di Neill, un volto adatto per il personaggio razionale che non vuole cedere alla follia. Ottime alcune scene che introducono l'atmosfera di Hobb's End. Meno azzeccato ogni riferimento esplicito all'aldilà e il ripetersi di alcune simbologie/ossessioni: difetti che pregiudicano la seconda parte del film non facendo mai decollare la tensione. Musiche ordinarie.
La tematiche del film nel film, del libro che diventa reale e viceversa, dello scrittore-dio che muove i suoi personaggi come pedine sulla scacchiera della vita sono oramai metabolizzate e digerite nell'immaginario collettivo. Per questo nonostante il film sia sicuramente un'opera ambiziosa e molto ben realizzata, non convice del tutto. Non male però la presenza di una forte componente grottesca che rende il tutto molto più "carpenteriano", abbassando positivamente velleitarie ambizioni autoriali. Da vedere, comunque.
Tra le opere più valide di John Carpenter, Il seme della follia ha verosimilmente bisogno di più di una visione per essere compreso appieno. Si tratta infatti di un'opera visionaria, sempre al confine tra realtà ed immaginazione ma anche potente metafora della società odierna e sul mestiere di un certo tipo di scrittori (il modello è dichiaramente Stephen King). Buona la prova del cast.
Non solo Necronomicon di Lovercraft, a ben guardare. Carpenter firma un film molto pregnante, visionario, spruzzato di leggerissima autoironia (veramente coraggioso), chiuso nel migliore dei modi. Essendo l'hortus conclusus del pensiero lovercraftiano difficile da frequentare, bisogna "accontentarsi" del risultato ottimo. Il protagonista, il neozelandese Sam Neill, è l'ideale compagno di un viaggio dentro e fuori le nostre paure ancestrali. Tra i film del genere è forse il migliore. Consigliatissimo.
Carpenter, prendendo spunto da molti libri del genere e constatando il loro successo (e pubblicità) e degli stessi autori, ha percepito una paurosa verità. Ovvero, la tanta "devozione" del pubblico nei confronti della "materia&". Quanto il pubblico, o i lettori, possano lasciarsi influenzare da ciò che leggono o che vedono, creando una "moda" od uno stile di vita. "Il seme della follia" è, certo, un film (capolavoro) che terrorizza, ma è anche un pretesto per strizzare l'occhio ai mass-media (e non solo).
Il più complesso dei film di Carpenter si fa apprezzare sia per la trama, in cui si affabula in modo inquietante sul rapporto fra parola e realtà, sia per la potenza visionaria di molte scene, alcune di sapore decisamente lovecraftiano, altre che esprimono molto bene la dimensione più angosciante della follia. Grande cinema.
Affascinante viaggio nella follia firmato Carpenter. La scomparsa di un noto scrittore e la follia che ne deriva dalla lettura dei suoi libri sono il fulcro del film. Un film dove l'orrore sta nell'attesa continua che qualcosa si manifesti e nel fatto che non si capisce mai quale sia finzione e quale sia la realtà.
Splendido horror diretto dal maestro Carpenter che porta lo spettatore attraverso i meandri della follia grazie all'intensa interpretazione di Sam Neill. Il suo personaggio passa dalla più totale incredulità di fronte ai misteri fino alla completa pazzia. Un vero e proprio incubo orchestrato dal regista con grande maestria e con un secondo tempo da cardiopalma. Menzione speciale per Charlton Heston e David Warner.
Paranoico. Allucinato. Il seme della follia prende lo spettatore e lo porta in giro per il delirio del protagonista, lasciandolo disorientato in continuazione. Nonostante sia un film complesso, non si compiace di questa sua caratteristica, ma cerca sempre di rimanere coerente. Tanti i particolari che attraggono e stupiscono, tra cui le evidenti citazioni dei mostri (sia "mentali" che "fisici") lovecraftiani. Stupefacente, in tanti sensi.
Folle, visionario, geniale, affascinante. Carpenter sa ben padroneggiare i meccanismi della paura e firma (grazie ad una sceneggiatura di ferro) una pellicola decisamente unica sempre in bilico tra il thriller parapsicologico e il fanta-horror con omaggi a Lovecraft. Lo spettatore si ritrova sempre più frastornato e affascinato dal susseguirsi dalla vicenda e, così come il fantastico protagonista John Trent (un superbo Sam Neill), precipiterà anch'egli sempre di più nelle fauci della follia. Montaggio, effetti e musiche perfetti. Regia ottima.
Sempre grande la regia di Carpenter, buonissimo il soggetto, un po' meno la sceneggiatura, ancora meno lo svolgimento. Il film in sè non pecca per i continui rimandi, per i loop temporali, per la (apparente) anarchia dilagante, i quali nell'insieme tendono a creare una certa (fastidiosa?) confusione nello spettatore: tutto questo infatti, nello splendido finale, per fortuna trova un senso. Il problema piuttosto sta nella discordanza degli elementi in gioco, che sfocia troppo nella cacofonia, a discapito dell'unità del tutto. Comunque, non male.
Uno dei migliori horror del maestro Carpenter. La trama è un connubio tra realtà e incubo, in un compendio di scene dove gli avvenimenti arrivano a prendere risvolti surreali. Tiene alta la suspense nello spettatore, la recitazione è sufficiente con una sceneggiatura non del tutto banale. Per l'anno in cui è stato realizzato è un ottimo prodotto che ancora oggi riscuote successo per la caratteristica della trama. Non amo particolarmente gli horror ma questo mi piace.
Un film di Carpenter che mescola Stephen King a Lovecrcaft: il protagonista Sam Neil con i piedi per terra verrà travolto dal mondo irrazionale di uno scrittore di romanzi horror in una cittadina americana con una chiesa stile bizantino (devo dire che anche il manicomio ricorda vagamente certe fortezze russe). Ci sono creature, tentacoli... il film passa attraverso più dimensioni e, come recita il titolo, nella follia. Bello il brano rock: il film diverte.
MEMORABILE: Ogni schizofrenico ha la sua mania: chi ha loro, chi ha la cosa...
Terzo e ultimo capitolo della trilogia dell'apocalisse (nome datogli da Carpenter). Sembra un racconto di King eppure non c'entra minimamente, a parte qualche riferimento vago. Mi piacciono molto questi film dove non è più chiaro dove finisca la realtà e dove inizi il sogno o l'immaginazione. Carpenter riesce a creare delle ottime atmosfere con una buona sceneggiatura (forse era sempre questo elemento che gli mancava negli altri film).
A guardare come manipola e reindirizza le prospettive dello sventurato John Trent, lo scrittore Sutter Cane potrebbe essere avatar filmico di quel malvagio genio cartesiano in grado di far apparire vero ciò che è falso o assurdo: se il presupposto di Carpenter era sondare la mente umana frastornata da realtà e finzione sempre più indistinguibili, la struttura metacinematografica a circolo è mero artifizio retorico per giustificare un noioso luna park del citazionismo (c’è pure una spider-walk) e dell’effetto speciale ad alto costo. Velleitario ogni cenno all’estro visionario di Lovecraft.
Incredibilmente complesso e raffinato questo film dello spesso sottovalutato Carpenter, il quale pesca a piene mani dalla letteratura orrorifica classica (Lovecraft per intenderci, al quale rimanda anche il titolo originale) sfornando una delle sue opere migliori in assoluto. Molto ben scelto anche il protagonista, coadiuvato da una buona galleria di attori, ed efficaci le atmosfere malate ed opprimenti della cittadina. Un classico, nel suo genere.
Non troppo esaltante, visto l'uso sconsiderato di effetti speciali a volte un po' fuori luogo e una trama sin troppo attorcigliata su se stessa (che comunque si risolve nel delirante e ottimo finale). Bravo Neill che si avvicina allo stile del miglior Jack Nicholson kubrickiano. Carpenter dirige con la solita maestria un'opera visionaria, con l'unico demerito di aver voluto mettere forse troppa carne al fuoco...
L'ultimo autentico grande film di John Carpenter a cui faranno seguito pellicole sempre più mediocri e ripetitive. L'inventiva e il director's touch sono qui presenti in abbondanza nella pur breve durata di un'opera che preconizza l'avvento di una società in cui il virtuale avrà la meglio sulla "realtà". Naturalmente, omaggiando lo scrittore Lovecraft, il segno della virtualità si colora con le tinte di un incubo senza fine. Non è forse questa la vera Apocalisse? L'avvento di una nuova Umanità? Sam Neill sconvolto al punto giusto...
Se si escludono i film leggendari di Carpenter (da La cosa ad Halloween, senza dimenticare 1997...), ci troviamo di fronte a uno dei migliori film del maestro horror made in usa. La trama (kinghiana per certi aspetti) é un perfetto connubio tra tensione, paura e sogno. I protagonisti, tutti splendidamente in parte, ci regalano personaggi di spessore, che trascinano lo spettatore in un vortice di follia crescente. Obbligatorio da vedere per valutare l'horror anni '90.
Il mostruoso mondo della letteratura horror prende il sopravvento sui modelli contemporanei colonizzandolo con morte e terrore, in un crescendo senza fine. Un film inconsueto dove alle tematiche visionarie lovecraftiane s'aggiungono gli interrogativi esistenziali della moderna società d'oggi. Il film da un lato può confondere, dall'altro anche stupire e far riflettere. Mettete da parte ogni logica e immergetevi nella visione.
A cavallo tra l'onirico e il surreale al film va riconosciuto l'indubbio merito di essere comunque originale e inquietante. A patto però che ci si dimentichi che i film per essere tali hanno bisogno di alcuni clichè imprescindibili, cosa che manca completamente a questo (e forse è questa la vera genialata). Più che un thriller una visionaria denuncia sociale su tutto ciò che significa mass-media e su come riescono a manipolare realtà e finzione. Carpenter sicuramente è un genio, ma con qualche difetto di troppo. Ottima l'interprtazione di Neill.
Prodotto complesso e gravido di riferimenti culturali (dalla poetica lovecraftiana alla fanta-sociologia di Matheson), il film di Carpenter imposta un interessante discorso di stampo meta-narrativo sul potere dello scrivere e sui rapporti eternamente conflittuali tra la realtà e la sua percezione. Nel cast spicca l'ottima prova di Neill, il cui personaggio dovrà affrontare il deterioramento progressivo delle proprie certezze in un inesorabile percorso da incubo. Notevole.
MEMORABILE: "È reale quello che noi crediamo che sia reale".
Capolavoro di Carpenter, al massimo del contatto con il suo talento (da qui in poi oscillante). Atmosfera ipnotica e coinvolgente degna del Maine nascosto e misterioso tanto descritto da Stephen King. Un Sam Neill in parte come non mai, che descrive il lento scivolare nella follia del protagonista con classe. Un film che rimane addosso.
Carpenter cerca di mettere su pellicola un film di chiara ispirazione lovecraftiana. Seppur dotato di ottimo cast e budget, a mio giudizio il film non è totalmente riuscito, forse perchè le opere del solitario di Providence non si prestano alla rappresentazione cinematografica. Il film è ben strutturato, ma a volte risulta complesso da comprendere. Superbi comunque Sam Neil e le rappresentazioni dei mostri del ciclo di "Chtulu"...
Capolavoro horror di Carpenter tra allucinazioni, incubi e mutazioni. Pellicola ricca di citazioni: Stephen King, Lovecraft e anche Matheson. Geniale l'idea dello scrittore come tramite dell'orrore primordiale per diffondersi nel nostro mondo come un contagio. Carpenter ci trascina al confine tra letteratura e realtà, tra letteratura e religione, dove tutte le certezze crollano. Anche quelle dello spettatore.
Lo squarcio nella vita di John è un ingresso senza ritorno nella follia più profonda, nell’Apocalisse. Il potere della parola scritta, un non luogo in cui tutto appare come non è; la coscienza e la ragione gradualmente si sgretolano dentro un vortice visionario, febbrile, delirante, che utilizza la suggestione e il metacinema per incatenare il protagonista all’interno di un simil-kafkiano circolo vizioso dove realtà e immaginazione si mescolano in modalità evocative e avvincenti, mai dome nello stupire. Tra i migliori horror degli anni '90.
MEMORABILE: Il geniale riferimento alle vendite di S. King; Le apparizioni sull’autostrada; Il finale.
Dirò un'eresia, ma lo ricordavo più apocalittico. Un po' come il folle scrittore Sutter Cane, Carpenter manipola completamente la realtà, ma questa soluzione postmoderna si rivela (come spesso accade) più facile e meno impegnativa del far percolare l'orrore nella realtà, com'era stato ne La cosa e nei testi di Lovecraft ai quali sicuramente il regista si è ispirato. Resta comunque un horror di alto livello, con un Neill ossessionato al punto giusto e una certa dose di ironia che colpisce letteratura, cinema e metacinema.
MEMORABILE: Il finale nella sala cinematografica, con tanto di folle risata.
Rivisto per l'ennesima volta, sgravato dall'attenzione dovuta al dipanarsi della trama, a distanza di 20 anni dalla sua uscita risulta essere ancora un prodotto riuscitissimo. Un folle luna park onirico denso di idee che si segue con estremo piacere. Una sceneggiatura forse onusta di troppi elementi ma che raramente perde di compattezza. Ottima l'atmosfera generale e riuscitissimo il finale. Per conto mio le frequenti citazioni che omaggiano, tra gli altri, Fulci, Bava e l'amato Lovecraft, bastano e avanzano per apprezzarlo massimamente.
MEMORABILE: Il vecchio in bicicletta; L'inseguimento dei mostri lovecraftiani.
Se mai è esistito un film che celebra e rende giustizia all'immensa opera omnia di H.P. Lovecraft, questo è "In the Mouth of Madness". Carpenter trascende il genere di appartenenza, rende possibile il connubio metalinguistico tra cinema e letteratura, tra reale e finzione, cortocircuitando un protagonista scettico e scaraventandolo in un incubo senza via d'uscita. Hobbs End come il Paese delle Meraviglie dell'orrore e Sam Neil come Alice, che invece di sprofondare nella tana del coniglio finisce diritto nelle "fauci" di un orrore senza fine.
MEMORABILE: "Non leggi Sutter Cane?"; John Trent al cinema nel finale; Il vecchio in bici nella notte.
Carpenter santo subito: penetra gli antri di Lovecraft con ispirata classe visiva, porta dal chirurgo estetico le tematiche del Signore del male, usa le fauci per masticare le nostre logiche portando al massimo livello la visionarietà della materia, celluloide o cellulosa che sia. Spaventosa, in ogni senso, la parte immersa a Hobb’s End, eccezionali la scelta e la resa del cast. Film che cresce potente a ogni visione: anticipo di mezzo pallino quel che sarà tra un paio d’anni.
Sam Neill indagatore dell'incubo sulle tracce dell'enigmatico Sutter Cane, sorta di Stephen King dato per disperso dal suo editore disperato (Heston). Arrivato a Hobb's end, la città immaginaria dei libri di Cane, il poveretto finisce nelle fauci della follia di Carpenter, che lo monta su un ottovolante impazzito e addio. Un regista più visionario avrebbe forse maggiormente nobilitato certi incubi lovecraftiani, ma il saldo pragmatismo carpenteriano ne fa un meta-horror di grande fascino. Almeno nella prima parte, prima d'incartarsi un po' nei deliri ripetendosi.
MEMORABILE: Il primo impatto con Hobb's end e la chiesa isolata; Il quadro mutevole.
La prima ora è un capolavoro assoluto di tensione e regia, con un Carpenter in stato di grazia divina che offre un piglio narrativo che si insinua sottopelle scaturendo una vorace curiosità sulla vicenda dello scrittore scomparso con suggestioni che vanno letteralmente a segno. Nella parte finale qualcosa a livello di resa manca, vuoi per la deriva fantasy, vuoi per la difficoltà di far tornare tutto a ogni costo. Rimangono indelebili la prova attoriale di uno straordinario Sam Neill e l'uccisione dell'agente dello scrittore munito di ascia.
Per molti il capolavoro di Carpenter: io gli preferisco Grosso guaio a Chinatown, ma tanto di cappello comunque. Sicuramente uno dei migliori (se non IL migliore) tra i film che giocano sulla confusione tra finzione e realtà: trama ingarbugliata ma che inchioda, effetti speciali (della ILM di Lucas) impressionanti, fotografia e scenografie perfette, riflessioni sul potere di suggestione della lettura e un finale apocalittico e beffardo da fare invidia a Romero. Sicuramente la miglior trasposizione delle atmosfere di Lovecraft.
Carpenter ci catapulta, dopo un esordio fortemente razionale, in una discesa verso il delirio cominciando dal buon uomo con l'ascia al caffè. Da questo momento il film sempre più ci avviluppa e ci stordisce a metà fra sogno, incubo e metafora. Il gioco resta avvincente per buona parte della pellicola con trovate estremamente azzeccate, salvo finire per tediarci un po' nel finale, quando le idee sembrano giunte a fine corsa. Uno dei migliori Carpenter, che merita sempre di esser rivisto. Ottimo Neill ovviamente!
L’ultimo grande e inarrivabile sussulto di John Carpenter, che qui raggiunge la vetta della sua montagna sacra. Ci accompagna in una vorticosa esperienza dove il confine tra reale e irreale è quanto mai sottile e non facilmente identificabile. La critica sul potere mediatico capace di manipolare la realtà è elevata a dovere da un comparto visivo e narrativo efficaci e che attingono da più parti. Metacinema, Lovecraft e altro ancora ci aiuteranno a trovare la nostra Hobb’s End!
Il capolavoro di John Carpenter. Un incubo lovecraftiano diretto magistralmente dall'inizio alla fine. Il protagonista, giunto a Hobb's End alla ricerca dello scrittore scomparso, all'inizio è incredulo, sospetta che la folle situazione che lo circonda sia tutta una montatura, ma poi scopre a poco a poco una realtà agghiacciante. Forse l'opera più visionaria di Carpenter, a tratti quasi onirica. E' un film che si odia o si ama, sicuramente non lascia indifferenti.
MEMORABILE: La bambina demoniaca rivolta alla co-protagonista: "Oggi è la festa della mamma. E sei tu la mia mamma!"
Immeritato affibbiarlo al genere horror, anche se Carpenter se l'è cercata non avendo saputo resistere nell'immettere visi mostruosi e altri particolari comuni negli horror. Erano più che sufficienti l'idea del ribaltamento delle percentuali tra sani e malati (di mente), i libri e tutte le metafore conseguenti fino alla circolarità della vicenda, omaggio al cinema, anzi al meta-cinema. Perfetta anche la fotografia, che riesce a sottolineare bene il passaggio tra la nitidezza della realtà e le sfumature dell'altra realtà. Perde un pallino.
Ultimo vero grande film del maestro Carpenter, in quanto da qui in poi comincerà il suo lento e inesorabile declino. Siamo davanti all'opera più complessa del maestro, tanto complessa che per capirla a pieno va vista più di una volta. In un mondo in cui tutti sono folli il vero folle è il sano di mente o il folle? Qual è la realtà e quali sono le allucinazioni partorite dalla nostra follia? Il film è un allucinante incubo nel mare della follia umana (e di quel genio di Carpenter). Sam Neil magnifico. Cult invecchiato benissimo.
Horror in piena regola con tutti gli stereotipi del genere: chiese, bambini, allucinazioni, metamorfosi; eppure Carpenter riesce a tenere insieme tutto questo con abilità e grazia facendo un uso intelligente e misurato degli effetti speciali ma soprattutto tenendo la narrazione sempre in perfetto equilibrio fra realtà e sogno. A Sam Neill, fresco di dinosauri, viene affidato un ruolo centralissimo (è presente in tutte le scene) e se la cava bene, ma la faccia che non dimenticherete più è quella di Sutter Cane (Jurgen Prochnow). Inquietante.
Qualche effettaccio, piccole grossolanità, ma il film deborda di invenzioni e trovate condotte con ritmo quasi vertiginoso (gli equivoci temporali e spaziali). Le finzioni della letteratura e del cinema (e dello stesso Seme della follia) si scambiano posto fra loro per poi sostituirsi lentamente alla realtà stessa in un sarcastico tripudio apocalittico (gli sghignazzi finali del protagonista). Il miglior omaggio a Lovecraft.
Più che una riflessione sulla società mi è sembrato un riuscitissimo esperimento di metacinematografia, che vuole omaggiare Stephen King come riferimento letterario e Carpenter stesso come riferimento cinematografico. Un delirante e divertente incubo in cui viene gettato il personaggio protagonista, mostrando quanto sia alla mercé del regista e come realtà e fantasia possano essere alternate a piacimento dal creatore dell'opera. Ottime punte di tensione, si ripete un po' dopo l'arrivo a Hobb's End. Geniale il finale derisorio.
Un capolavoro eterno del cinema, poco compreso e non giustamente valutato. La quintessenza dell'estetica carpenteriana. Il rapporto tra realtà/finzione è la base del film e viene reso con mirabile sceneggiatura e fotografia. Lo spettatore è trascinato nelle "fauci" della mente del protagonista, un arrogante John Trent (Sam Neill) e ha la sensazione di impazzire perché il mondo si disgrega dinnanzi a lui e non vi sono più certezze ma solo sgomento, terrore. Il mastodontico finale è una dichiarazione d'amore per il cinema da parte di Carpenter.
MEMORABILE: L'anziano in bicicletta; Gli incubi di John Trent; La signora Pickman; L'incontro con Sutter Cane nel confessionale.
Forse l'ultima opera di Carpenter veramente riuscita. Terzo capitolo della Trilogia dell'Apocalisse (con La cosa e Il Signore del male), è soprattutto una riflessione metaforica sul genere horror fortemente influenzata dalle opere di Lovecraft. Costantemente in bilico tra realtà e sogno, affascina soprattutto per l'ambientazione e le atmosfere da incubo. L'idea dell'apocalisse legata ai mass-media è parente di Videodrome e verrà ripresa dal regista in un episodio della serie Masters of Horror. Unico neo le musiche, un po' troppo heavy-metal.
MEMORABILE: Il poliziotto in stile Maniac cop; Il pedalatore canuto che compare-scompare nel buio della notte; La proprietaria dell'hotel, degna di Lynch.
Lavoro complesso, ricco di citazioni letterarie e cinematografiche, in cui Carpenter, senza rinunciare al suo humour nero, intreccia e fonde la realtà con una fantasia che sconfina nel delirio, trascinando lo spettatore (assieme al protagonista) in un incubo senza tregua e senza fine e facendo riflettere sul rapporto tra media e fanatismo di massa. Prova d’eccellenza per Sam Neill, cui si addicono le maschere dell’incredulità e della follia, cast di contorno solido (Carmen, Prochnow, Heston).
MEMORABILE: Il dialogo in auto tra John e Linda; L’apparente “normalità” di Hobb’s End; John e Sutter Cane nel confessionale; Il finale al cinema.
È, con ogni probabilità, lo script più ambizioso e di larghe vedute di Carpenter, sia nel linguaggio che nella sua traduzione grafica. Interessante visione horror del tempo (fisico, del racconto, metafisico), prima ancora che riflessione metacinematografica sul medium artistico. Certi dettagli (l'assalto con l'ascia, la chiesa, la padrona dell'hotel, i glifi nella cella d'isolamento...) rimangono impressi da subito: ottimo segno. Finale comprensibilmente, coerentemente angosciante.
Dopo La cosa e Il Signore del Male, arriva il terzo capitolo della cosiddetta "Trilogia dell'Apocalisse" del Maestro John Carpenter: un vero e proprio viaggio nei meandri degli abissi della follia. La realtà si mescola alla finzione letteraria in un continuo crescendo di delirio lovecraftiano nel quale lo spettatore si immerge dall'inizio alla fine, divenendo esso stesso parte di questa psicosi. Un capolavoro del cinema tutto.
MEMORABILE: "Sani e pazzi potrebbero scambiarsi i ruoli".
Forse il capolavoro di Carpenter: un horror intelligente, complesso senza chiudersi nella cripticità, spaventoso, visionario e pure divertente. Difficile attribuirgli una vera natura a fine visione: una metafora sull'influenza dei media (o dell'arte "commerciale") sulla massa? Un horror apocalittico che omaggia apertamente Lovecraft? Un esperimento "mind-twisting" di metacinema che riflette sul confine fra fiction e realtà? Un "semplice" thriller psicologico con Sam Neill più pazzo che mai? Chissà. Nel dubbio meglio godersi lo spettacolo.
MEMORABILE: Le lacrime di sangue à la Messia del Diavolo (o Fulci); Il vecchio sulla bicicletta; La ragazza che fa la spider walk con la testa rigirata; La fine.
Guardando il film sembra di vivere in uno di quegli incubi completamente assurdi che ogni tanto capita di fare. Dopo un inizio più o meno ordinato e non particolarmente sorprendente, infatti, diventa un delirio totale che mescola finzione e realtà con diverse scene horror di grande effetto. Poi John Carpenter si fa un po' prendere la mano ed esagera, arrivando anche al grottesco. Non c'è mai vera paura, ma angoscia sì. E tanta. Film ben costruito con sorpresa finale. Buono.
Investigatore deve rintracciare uno scrittore scomparso. Horror a tutti gli effetti che non cerca solo di terrificare ma che si concede ragionamenti sull'omologazione di massa, influenze dei media e conseguenti derive. Qualche volta deborda (la testa rovesciata, qualche mostruosità) e punta troppo in alto con una sorta di apocalisse di massa. Ritmo sempre alto e peccato il non aver esplorato maggiormente l'albergo o la chiesa sconsacrata. Neill discreto nella sua pazzia; Sciorra ordinaria.
MEMORABILE: Il quadro che cambia; L'investimento in bici; Il tunnel; Al cinema.
Uno dei migliori omaggi cinematografici a Lovecraft assemblea suggestioni derivanti da alcune delle sue opere facendo incontrare il genio di Providence col fratello cattivo di Stephen King: luogo di incontro un paese che non esiste sulle mappe, intermediario un investigatore scettico ma con l'occhio diabolico di Sam Neill, risultato un'epidemia di violenza parossistica che scatena l'apocalisse. Horror complesso che richiede una visione attenta per cogliere tutte le suggestioni inzippate da Carpenter in questa vicenda folle ma attraversata da lampi ironici. Horror originale, potente.
Forse l'unica opzione è lasciarsi trasportare dal racconto in sé così come si presenta, senza indugiare troppo sul discrimine tra realtà e immaginazione poiché entrambe appaiono dentro la stessa cornice, in puro stile "romanzo fantastico". La cifra stilistica e il messaggio di Carpenter qui raggiungono un livello tra i migliori nel descrivere l'ambiguità del nostro rapporto col mondo, sempre in bilico tra piano psichico e dati di fatto. Grande abilità nel graduale mutare dal realistico all'onirico, compresa la città fantasma teatro di un delirio "ad occhi aperti". Un bel viaggio.
MEMORABILE: Il viaggio in macchina verso Hobb's End; Cane consegna la stesura del nuovo romanzo; Il tunnel e le creature mostruose.
Da fine '70 a inizio '90 Stephen King andava forte e il cinema horror faceva follie per lui (innumerevoli le opere tratte dai suoi lavori); Carpenter invece, in maniera molto brillante, inventa un suo scrittore dell'incubo che fa "letteralmente impazzire" il pubblico. Sottile il filo realtà/finzione e follia/sobrietà in questa allucinatoria sciarada di metaletteratura e metacinema in cui lo scrittore è il "deus ex machina" creatore di universi, esseri lovecraftiani e personaggi che pensano di essere reali e indipendenti (come lo scettico protagonista). Il seme della creatività.
MEMORABILE: Lo scrittore: "Sono piu numerosi quelli che credono nella mia opera che nella Bibbia".
L'allucinazione della realtà, la realtà dell'allucinazione. Farnetico, dunque esisto al quadrato. Quindi Lovecraft, Argento, l'artista metafora surrogato supplente di Dio, l'atto di creazione antimateria di ogni certezza ontologica, l'autoptico operare sulla gnosi. Tutto mai dimenticando che il cinema, prima ancora che (falso) specchio del mondo, ne è anamorfosi, crepa, alicesco attraversamento, rapimento, volo, altrove, divertimento nell'etimo e non. Un Carpenter felino, che usa l'aspettativa e la deduzione spettatoriale come gomitolo. Bello che smatassato, lo spettatore ringrazia.
La forza del processo creativo nel costruire finzione; dall'altro lato la febbrile voracità del fruitore a credere a qualcosa di più della realtà. Nell'affabulazione narrativa del film, Carpenter omaggia letteratura e cinema, con scrittori profeti dell'Apocalisse e dimensioni letterarie che si agganciano al sostrato reale per aprire varchi di orrori cosmici sul nostro mondo. Lo score e la regia di Carpenter catturano; Sam Neill clamoroso; gli orrori di Hobb's End, tra il serio e faceto, decretano le suggestioni dell'ignoto. E per chi non legge, abbiamo il film al cinema.
MEMORABILE: Sequenza della strada di notte; L'arrivo a Hobb's End; La proprietaria dell'albergo; Fuga nella galleria; Blu come colore preferito; Film al cinema.
L'ultimo lavoro degno di nota firmato da Carpenter prima di imboccare il tunnel del declino è un horror ad alta tensione, visivamente affascinante, ricco di metafore e citazioni non sempre di immediata decrittazione. L'inizio aderisce ai canoni del thriller investigativo, ma con l'arrivo a Hobb's End si abbandona progressivamente la razionalità precipitando protagonista e spettatore in un vero e proprio incubo (con annesse derive grottesche), per poi chiudere con un efficace e inquietante epilogo apocalittico. Ottimo Sam Neill, cast di contorno arricchito dalla presenza di Heston.
Omaggio alla letteratura di H. P. Lovecraft, un horror che emoziona e sorprende come pochi, inquieta e lascia senza fiato. Un altro capolavoro del Grande Carpenter da vedere e rivedere. Molti i momenti che si ricordano. Gran cast, con Sam Neill in gran spolvero. Ma non sono da meno Jurgen Prochnow, John Glover e David Warner. Splendidi gli effetti speciali ed eccellente colonna sonora.
MEMORABILE: L'arrivo a Hobbs End e l'incontro con Cane.
Un accattivante Sam Neil si trova a mettersi in gioco nei panni di un investigatore esperto nello scoperchiare truffe e inganni; nel malcapitato di turno, nell'uomo medio che crede di poter spiegare tutto ciò che lo circonda e che avviene intorno a lui con il semplice uso della ragione e del raziocinio; ma Carpenter fa capire che non basta usare il nostro intelletto per spiegare i fenomeni che accadono davanti a nostri occhi e che la realtà è molto più inspiegabile e inquietante di qualsiasi tipo di invenzione.
MEMORABILE: John Trent cerca di fuggire dal villaggio in macchina ma ogni volta che fa marcia indietro ritorna al punto di partenza!
Scrittore di successo sparisce dalle scene e il tentativo di rintracciarlo deflagrerà di lì a poco in qualcosa di singolare. Uno dei migliori lavori di Carpenter, autore anche delle ottime musiche; ambizioso, arzigogolato e talvolta non d'immediata comprensione, ma si tratta di uno dei non molti casi in cui tale spaesamento finisce per contribuire alla riuscita del prodotto finito. Dove finisce la realtà e dove comincia la finzione letteraria? Impressionante e disturbante per una nutrita serie di fattori (le atmosfere, i mostri, le alterazioni temporali...). Bravissimo Sam Neill.
MEMORABILE: "Se un giorno i pazzi fossero la maggioranza lei si ritroverebbe dentro una cella imbottita"; I mostri che inseguono; Il finale nel cinema.
Vedere cosa si nasconde dietro ciò che ci sta attorno, scoprire realtà ignorate e mostruose, può portare alla pazzia anche un soggetto cinico e razionale come un investigatore assicurativo, un Sam Neill convincente in ambedue le parti, figurarsi delle menti facilmente influenzabili quali dei lettori di racconti horror o testi sacri. A parte qualche esasperazione, in questo buio incubo lovecraftiano Carpenter stravolge spazio e tempo, ma pure verità e dogmi dati per scontati, mostrandoci quanto sia sottile la porta che protegge il mondo che conosciamo dalla follia e dalla distruzione.
MEMORABILE: L'atmosfera sempre in bilico tra momenti reali e onirici; La funerea chiesa bizantina; Il manicomio e la città deserti negli ultimi giorni del mondo.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Notte horror", martedì 1° luglio 1997) di Il seme della follia:
Un capolavoro eterno del cinema, poco compreso e non giustamente valutato. La quintessenza dell'estetica carpenteriana. Il rapporto tra realtà/finzione è la base del film e viene reso con mirabile sceneggiatura e fotografia. Lo spettatore è trascinato nelle "fauci" della mente del protagonista, un arrogante John Trent (Saim Neill) ed ha la sensazione di impazzire perché il mondo si disgrega dinnanzi a lui e non vi sono più certezze, ma solo sgomento, terrore. Il mastodontico finale è una dichiarazione d'amore per il cinema da parte di Carpenter che con questo film si consacra a genio, ad artista puro.
Danand95 ebbe a dire: Un capolavoro eterno del cinema, poco compreso e non giustamente valutato. La quintessenza dell'estetica carpenteriana. Il rapporto tra realtà/finzione è la base del film e viene reso con mirabile sceneggiatura e fotografia. Lo spettatore è trascinato nelle "fauci" della mente del protagonista, un arrogante John Trent (Saim Neill) ed ha la sensazione di impazzire perché il mondo si disgrega dinnanzi a lui e non vi sono più certezze, ma solo sgomento, terrore. Il mastodontico finale è una dichiarazione d'amore per il cinema da parte di Carpenter che con questo film si consacra a genio, ad artista puro.
Amen. Pur con minor ènfasi, pure per me è uno dei migliori Carpenter che conosca.
DiscussioneNeapolis • 13/03/18 14:14 Call center Davinotti - 3259 interventi
Capolavoro di lucida follia in un mix di finzione-realtà.