L'esordio alla regia di John Carpenter. Gonfiando un suo cortometraggio di 45 minuti realizzato per l’University of Southern California (USC), Carpenter ideò DARK STAR grazie all’apporto fondamentale di Dan O’Bannon (che nel film è anche uno dei protagonisti: l’astronauta Pinback), il quale ne riprenderà alcune tematiche base quando scriverà la sceneggiatura dell’acclamato ALIEN di Ridley Scott. L’idea è rubata (come ALIEN d'altra parte) dal seminale IL MOSTRO DELL’ASTRONAVE, ma il processo di O’Bannon e Carpenter...Leggi tutto ne stravolge l'impianto serioso creando uno dei più perfetti esempi di parodia della fantascienza (soprattutto del Kubrick di 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO), intelligente, rispettosa dei canoni del genere e da non confondere con quella dei vari Mel Brooks, avvicinandosi piuttosto al Kubrick (ancora) del DOTTOR STRANAMORE, film che ritorna come evidenze citazione nella sequenza finale, nel quale al posto della bomba il capitano Doolittle si troverà a cavalcare un relitto dell'astronave. La storia racconta di quattro astronauti rinchiusi nella filante Dark Star, navicella spaziale lanciata per distruggere “pianeti instabili”. Noi viviamo la quotidianità dei quattro, conciati come hippie (siamo a inizio Settanta, non dimentichiamolo) e alle prese con bombe parlanti (e pensanti), un alieno mascotte raccolto chissà dove (dalla forma di un pallone da spiaggia con due mani/piedi palmati con cui si sposta), un computer dalla voce femminile e altre esilaranti trovate. Chi ama la fantascienza non potrà non apprezzare la smitizzazione di Carpenter, che cerca la situazione comica più del dialogo brillante. Qualche ingenuità, qualche momento morto, ma nel complesso una fantacommedia originale da conservare.
Geniale. grottesco, visionario... In poche parole, unico. E’ la storia dell’equipaggio di un’astronave che va in giro per il cosmo a far saltare pianeti che in futuro potrebbero diventare pericolosi. Ci sono le bombe intelligenti, che hanno bisogno di una buona motivazione per disinnescarsi. E poi c’è un essere alieno mascotte: una sorta di pomodorone con le zampe. Nell’equipaggio sono quasi tutti esauriti; e il vecchio capitano è surgelato ma ancora cerebralmente vivo. Effetti da vecchio videogame, manciate di fanta follia e trovate disseminate qua e la. Gioiellino.
Agli occhi di un profano in materia di film fantascientifici anni '60 e '70 (quale sono io, ma sto correndo ai ripari!), il film potrebbe sembrare una c... pazzesca. Poi però vengono fuori le indubbie qualità: prima fra tutti che è un film leggero e divertente (ma rispettoso del genere cui appartiene), con una piacevole atmosfera da figli dei fiori, con accostamenti immagini/musiche veramente originali. E' tutto pervaso da creatività allo stato puro. Insomma... Davvero notevole.
Opera prima di John Carpenter, è veramente divertente e a suo modo geniale. Probabilmente potrà non piacere a tutti, ma chi ama la fantascienza troverà qui un buon esempio di stravolgimento dei vecchi classici. Non c'è niente di epico o eccezionale nella vita dei quattro astronauti che vagano per lo spazio alla ricerca di ateroidi da distruggere; anzi, la noia la fa da padrona assoluta, tra l'equipaggio. Da culto la scena in cui il comandante cerca di convincere la bomba pensante a non espodere.
Incredibile debutto di John Carpenter che già con la sua prima opera mostra tutto il suo grande valore costruendo un piccolo ma straordinario gioiellino che mescola con grande maestria commedia e fantascienza dando vita ad una riuscitissima parodia del genere che può contare su momenti di grande ed indimenticabile divertimento che dileggiano con grande efficacia gli stilemi del cinema fantascientifico (soprattutto del 2001 kubrickiano).
Gran parte dei temi del cinema di John Carpenter si ritrovano in questa prima sua opera cinematografica ambientata in un'astronave in missione nello spazio. Il film, realizzato con pochi mezzi ma con molta abilità artigianale, è finemente citazionista sempre sospeso tra fantascienza e satira ironica del genere. Non si tratta di un capolavoro (è stato ampiamente sopravvalutato negli anni) ma è piuttosto godibile.
Parodia fantascientifica low-cost, ha sicuramente spunti esilaranti ed è a suo modo un divertente stravolgimento dei canoni dell'epoca. Alcuni registi/sceneggiatori di Hollywood che tentano di fare parodie di film di successo, dovrebbero prendere spunto dal lavoro di Carpenter. Comunque non esageriamo, tre pallini più che altro per l'originalità.
Esordio pop-fantascientifico di John Carpenter con alcune sequenze che paiono vere litografie artistiche, in un contesto sì piuttosto ironico e dissacratorio, ma soprattutto demenziale e apparentemente improvvisato. Prova ne è la surreale lotta con un pomodoro a pois gigante provvisto di zampe, davvero molto dispettoso. Sopravvalutato...
Nato come saggio di fine corso per la University of southern California, è il film che ha laureato Carpenter giovane Maestro del cinema americano di genere anni '70. Fin da questo esordio il territorio di riferimento della sua opera è il cinema stesso (qui il Kubrick di Stranamore e di 2001), inteso non come approccio parodistico né meramente "citatorio". L'amore di Carpenter per la settima arte infatti lo porta letteralmente a "ricreare", a far proprio un universo per raccontarlo "personalmente". Artigianale, dal ritmo lasco e rilassato: hippie sci-fi.
MEMORABILE: L'alieno mascotte "sgonfiato" dalla siringa; I dialoghi con la bomba 20.
Ci sono citazioni (Dr.Kubrick) e anticipazioni (La cosa, il surfing impossibile di Fuga da Los Angeles), ma è soprattutto il laboratorio creativo di Alien: Dan O'Bannon scrive e interpreta già alle prese con creature xenomorfe, inseguimenti nei cunicoli dell'astronave a rischio immediato di autodistruzione. Punto di riferimento imprescindibile per la fantascienza al cinema, sovrastimato o sottovalutato - è lo stesso - l'esordio di Carpenter mette ad agio col suo mood hippie, la tecnologia irresistibilmente naif (sempre di O'Bannon) e sprazzi di autentica genialità (la bomba filosofica).
L'esordio alla regia di Carpenter (che qui mostra i primi segni della sua genialità) è un film che si prende beffa del genere fantascientifico; e si sa, per creare una parodia di qualcosa bisogna conoscerla a fondo, e il regista americano sa decisamente dove andare a parare. Gli effetti speciali sono bizzarri (basti vedere l'alieno pallone) e la cosa strepitosa è che lo spettatore si accorge di essere davanti a una parodia solo dopo 20 minuti. Film ricco di metafore, con una bellissima soundtrack hippies e un finale eccezionale. Psichedelico.
MEMORABILE: Il dialogo tra il tenente Doolittle e la bomba numero 20.
Ciò che Kubrick aveva declinato in tragedia, Carpenter (alla sua prima prova in cabina di regia) trasforma in farsa: al posto del minaccioso HAL c'è un sardonico computer con voce femminile, le passeggiate spaziali diventano surf a gravità zero e così via. Carpenter dimostra di sapersi destreggiare nonostante il budget ridotto e di riuscire a far camminare il film sulle proprie gambe, facendolo evolvere dalla semplice parodia. L'umorismo beffardo e lo stile psichedelico lo rendono tuttora godibile.
MEMORABILE: I dialoghi con la bomba 20; L'alieno-palloncino.
Interessante esordio cinematografico per Carpenter, che inizia la sua magnifica carriera da regista con un film di fantascienza. Dark Star è un film ironico e colorato in puro stile anni 70 che non si prende mai sul serio, tanto da sembrare una parodia. Nonostante il budget assai limitato gli effetti speciali non sono malaccio, fatto salvo per l'alieno, che non è altro che una palla da spiaggia con le zampe. Il punto forte del film è sicuramente la bomba permalosa. Non un capolavoro e pure un po' sopravvalutato, ma comunque merita la visione.
Pur avendo in nuce i temi carpenteriani futuri (l'assedio, la convivenza forzata, il luogo circoscritto e il "corpo alieno" della Cosa), questo suo primo vagito è, visto oggi, datato e francamente poco divertente. Stona il "modus vivendi" fricchettone degli improbabili astronauti, la ridicola sequenza del surf nello spazio, il palloncino pagliaccesco che parodia Hal 9000 (ma ha anche un che di inquietante, come se fosse una Cosa primigenia). Ottime, al contrario, le sequenze in "ascensore" che già mostrano il talento nascituro del regista di Distretto 13. Innocuo.
MEMORABILE: Il goffo palloncino, che pur essendo ridicolo non solo anticipa la Cosa ma anche (con le dovute distanze) lo xenomorfo di Alien.
Carpenter esordisce con uno strambo film di fantascienza che sembra una parodia studentesca di 2001. Scritto dal geniale Dan O' Bannon, vede un gruppo di astronauti hippies alle prese con una bomba "intelligente", sorta di HAL 9000. Povero di mezzi ma ricco di idee, lo stile del futuro regista di La cosa già s'intravede, in alcuni momenti.
MEMORABILE: La scalata dell'ascensore; La canzone country "Benson, Arizona".
Uno scherzo tirato per le lunghe a cui, forse, non è giusto ascrivere troppe ambizioni. In fondo una brillante presa per i fondelli della fantascienza più nobile condotta in tono svagato e fricchettone. A tratti divertente, specie nei momenti più strampalati e di una divertita raffinatezza; a volte un po' datato nella sua inventiva pauperista (che ha l'aria d'essere più studiata che spontanea e, quindi, artatamente snob). Una bella prima prova, comunque.
Il poco più che ventenne John Carpenter confeziona la sua tesi di laurea all'insegna della commedia fantascientifica: l'oggetto è dichiaratamente grottesco, parodistico senza infingimenti, attratto dallo sberleffo, devoto allo humour nero; ha qualcosa di fumettistico pulp diffuso ovunque (dialoghi, momenti topici) che si fa più evidente nell'apparato scenografico ed effettistico. Figlio dei suoi tempi, senz'altro divertente (anche sottile in certi passaggi), ha il pregio della sincerità espressiva; imperdibile ma non eccelso come lo si dipinge.
E' un Carpenter che ancora non si mette a civettare magistralmente con le logiche del climax e che deve ancora fare il pieno al serbatoio della teoria, ma che già si pone il cinema giocosamente e gioiosamente, e che trasuda adorazione per il genere e le sue origini, che qua divampa traducendosi tra zampate pre-Arcadegame, lisergie ultra-pop, tentazioni slapstick (il pomodorissimo d'oltrespazio che Ridley si sarà certamente appuntato) e reverenze a Stanley. Acerbo, col tiro ritmico tutto da correggere, ma muove a simpatia e già mina il campo per la poetica dell'assedio che lo contrassegnerà.
Tre astronauti poco motivati e un imbucato involontario logorroico da anni in missione nello spazio per distruggere pianeti instabili.... Strampalato esordio nel lungometraggio di un grande regista: girato con due lire, fa di necessità virtù e pigia a fondo il pedale dell'assurdo che tocca il culmine con l'alieno domestico dispettoso a forma di pallone da spiaggia con le zampa da tacchino. Piena di difetti ma anche colma di affetto verso il genere parodiato, la versione demenziale di 2001 fa tenerezza per il suo aspetto artigianale ma centrare solo in parte il bersaglio.
Difficile apprezzare quest'opera prima di Carpenter. Un occhio allenato scoverà tanti dettagli che saranno punti fermi nei lavori prodotti lungo la sua carriera, ma a parte questo la pellicola ancora oggi risulta essere di complicata digestione. E' sicuramente grottesco, con un taglio parodistico che verrà apprezzato da chi ama certo stile di fare tipicamente inglese.
MEMORABILE: Il surf nello spazio; Il "mostro".
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Per chi fosse interessato a questa piccola perla del maestro, il dvd si trova oramai a prezzi stracciatissimi (es: 4.70€ su dvdstore, 4.94€ su amazon).
La canzone "Benson Arizona" che accompagna i titoli di coda del film è cantata da John Yager, un amico del tempo di John Carpenter. Non è un professionista e questa è la sua unica performance disponibile in commercio.
Per chi fosse interessato si possono leggere alcune sue interessanti dichiarazioni qui:
https://sites.google.com/site/artslab13/dark-star---benson-arizona