Affascinante e policromo. Grandissimo cast, con un favoloso
Burt Lancaster, che fa un credibilissimo nobile siciliano. Il film, per tenere dietro alle esigenze di Luchino Visconti, fu un bagno colossale (rischiò di rovinare la Titanus, che si sarebbe ripresa, a quanto si legge, producendo una parodia dello stesso film, con Franchi e Ingrassia), ma il risultato è veramente notevole.
MEMORABILE: Le scene di ballo e Lancaster al momento del voto.
Visconti riprende i due terzi del romanzo quasi parola per parola, facendoci intravedere la Sicilia nel passaggio dai Borboni ai Savoia. Cambierà qualcosa? Indimenticabili tutti gli attori: Lancaster, Delon, la Cardinale, Rina Morelli, Paolo Stoppa. Curiosità: nel cast si possono vedere anche dei giovanissimi Terence Hill (Mario Girotti) e Giuliano Gemma, non doppiati, come sarebbe successo spesso negli anni a venire.
Bellissima e molto potente (dal punto di vista narrativo) trasposizione dell'omonimo romanzo di Tomasi di Lampedusa, l'opera di Luchino Visconti (forse la sua più riuscita) fotografa come meglio non si potrebbe l'età della decadenza della splendida e fastosa nobiltà siciliana. L'indole e la stessa essenza della "sicilianità" è resa perfettamente dalla figura del Principe interpretata da Burt Lancaster, circondato da un cast eccellente in cui spiccano, per fascino e bellezza, Delon e la Cardinale.
Lunghissimo ed affascinante affresco dell'alta società siciliana all'epoca dell'arrivo dei Savoia. Non avendo letto il romanzo d'origine non posso dire quanto esso sia rispettato ma la pellicola, pur essendo discretamente "pesante", ha un fascino, anche e soprattutto visivo, non trascurabile. All'altezza della situazione tutti gli interpreti. Un grande classico che va visto.
Il film rappresenta perfettamente le intenzioni dell'autore del romanzo da cui è tratto: raffigurare il momento di transizione tra due differenti realtà (Borboni e Savoia), ma al contempo raccontare la fine lenta e graduale dell'aristocrazia in quanto tale. "Le cose devono cambiare affinché rimangano le stesse" è forse la frase che meglio rappresenta il film ed il fatto che sia proprio il protagonista a pronunciarla dimostra la sua estrema praticità ma, allo stesso tempo, il suo attaccamento per le tradizioni.
Capolavoro assoluto della cinematografia italiana e mondiale in cui Visconti, riprendendo lo splendido romanzo del principe Tomasi di Lampedusa, mostra tutta la sua maestria attraverso una regia semplicemente prodigiosa corroborata da una confezione da urlo: splendida sceneggiatura, costumi e scenografie perfetti, colonna sonora ormai celeberrima, attori che forniscono delle prove mostruose. Il tutto contribuisce a creare un film assolutamente indimenticabile, da vedere e rivedere.
MEMORABILE: Tante ma soprattutto, ovviamente, la giustamente celeberrima (e copiatissima!) scena del ballo.
L'americanissimo Burt Lancaster è un perfetto nobile siciliano del 1800, come Sterling Hayden è un perfetto contadino emiliano nel Novecento di Bertolucci. Quando attori e registi si incontrano nasce l'opera d'arte. Il film di Visconti, non proprio leggero, è veramente rigoroso nel ricostruire attraverso i luoghi, i costumi e le usanze un momento storico della Sicilia, come Tomasi di Lampedusa lo aveva scritto nelle pagine del suo romanzo. Anche se riconosco la grandezza di questo lavoro, il mio Visconti preferito è quello di Ossessione.
MEMORABILE: La sala dove tutte le dame al gran ballo vanno a fare la pipì in ogni sorta di elegante vaso di ceramica.
Visconti interpreta il celebre romanzo ambientato in Sicilia negli anni di passaggio dai Borboni ai Savoia, anni in cui tutto cambia perché nulla cambi. Una storia potente, dei dialoghi illuminanti, un'ambientazione perfetta, attori straordinari, e su tutto la consapevolezza di star creando un film 'fondativo' per comprendere la nostra storia e il nostro presente. Una grande epopea nutrita della linfa del romanzo storico e sentimentale, da una visione politica, ma anche da una sapienza cinematografica di grande respiro. Magnifico.
Un grande Burt Lancaster per un kolossal italiano molto curato a livello di ambienti e costumi. Ma senza il personaggio del principe Tomasi si soffre. Personaggi azzeccati per Valli e Stoppa, senza linfa quelli più giovani (Delon e la Cardinale belle statuine, Girotti e Gemma spaesati). I dialoghi amari del Principe che fiuta il mutare dei tempi sono i migliori e arrivano dopo una prima parte più discontinua. Scene di massa: giustamente famose le scene del ballo, raffazzonate quelle della battaglia per le strade di Palermo.
L'impeccabile restauro del 1991 ha restituito splendore ad un'opera di grande importanza per la storia del cinema. L'adattamento storico del romanzo di Tomasi di Lampedusa è stato fatto con una sceneggiatura di grande impegno. La durata da kolossal alla lunga ha il suo limite nel far vivere il film di scene isolate. Visconti, come già in Senso, mostra di possedere grande senso estetico nelle riprese, specialmente nell'incanto delle immagini girate negli spazi naturali. ***
All'inizio è un vero gattopardo, il principe Fabrizio: indolente ma astuto, rapace nel suo conservatorismo ostinato, abile nel volgere a suo favore i fermenti dell'innovazione. Alla fine... Tancredi glielo dice: è un vecchio leone. Generoso ma forse sconfitto, volteggia stanco nel suo ultimo valzer, si aggira spaesato nei saloni: forse il tempo si è scordato di quel suo mondo, ma non si è scordato di lui: li vede in ogni specchio, i segni che ha lasciato. Fastoso e decadente omaggio a uno dei più bei romanzi della nostra letteratura.
L'epopea sicula nell'Ottocento vista con il gusto manieristico e curato di Visconti che con grande enfasi narra uno spaccato storico perfettamente ricreato. Una narrazione lineare che si avvale di un cast eccezzionale su cui spiccano Lancaster, inarrivabile principe e la Cardinale fulgida bellezza frammista ad un'alterigia di grande impatto visivo.
Opera immortale, di un'eleganza unica, impreziosita dalla meravigliosa interpretazione di Burt Lancaster. Un film da ammirare e riassaporare anche diverse volte; sicuramente necessita di un minimo di preparazione storica per comprendere ciò che realmente attraversa l'animo del principe Salina in un'epoca di stravolgimenti unici per la realtà siciliana. Grande cura nelle ricostruzioni scenografiche e dei costumi, dialoghi da antologia. Capolavoro.
Rigogliosa trasposizione cinematografica dello straordinario romanzo omonimo di Tomasi Di Lampedusa, riletto da Visconti nell'ossessione "per quello che rimane mentre il mondo intero sta cambiando". L'adesione all'innervatura del testo, la capacità rara di rievocarne l'efflorescenza animica, riversano in una messa in scena fastosa che stempera la meticolosità scenografica in un maniacale storicismo, e fa convergere i torbidi del melodramma nelle puntuali notazioni d'ambiente. Corroborata da un casting perfetto - dominato da un maestoso Lancaster - un'opera epocale.
Immortale trasposizione su grande schermo del romanzo di Tomasi di Lampedusa. La ricostruzione della fine dell'aristocrazia siciliana è corroborata da un lato da una rara meticolosità registica e una sceneggiatura portentosa, dall'altro da un potente fascino visivo. Il fiero e tragico principe Fabrizio (Lancaster) domina la pellicola, ma senza togliere spazio al resto del cast, altrettanto eccelso. La storica sequenza del ballo (che per molti sarebbe stata un suicidio registico) è la degna conclusione di questo capolavoro.
Grande cinema da un capolavoro letterario. Visconti illustra l’essenza del romanzo di Lampedusa con scenari aristocratici e decadenti che in più casi (la recita del rosario, i tumulti popolari, il ballo) si materializzano in autentiche opere pittoriche e una galleria di impeccabili ritratti con cui far rivivere i personaggi: Lancaster restituisce la fiera nobiltà d’animo e i pensieri del Gattopardo, la Morelli la trepidazione della moglie, Delon la disinvoltura di Tancredi, la Morlacchi la gelosia dell’infelice Concetta, Stoppa e la Cardinale la volgarità dei nuovi ricchi. Principesco.
MEMORABILE: Don Ciccio (Reggiani): «Ora tutti savoiardi sono... Ma i savoiardi me li mangio col caffè, io!»; le meditazioni del principe sulla morte.
Capolavoro del cinema italiano. Visconti riprende un romanzo post-verista e ne coglie in pieno lo spirito a metà tra le grandi speranze quasi utopiche e la realtà deludente dei fatti. La focalizzazione sulla nobiltà siciliana e l'introspezione psicologica dei personaggi è a dir poco eccezionale, un contesto di cambiamento sociopolitico vissuto da dentro una mente di un solo personaggio (Lancaster) invece che dalle grandi battaglie dei film storici. Tecnicamente perfetto in illuminazione, regia e cura maniacale del dettaglio. Apre la mente.
MEMORABILE: Bisogna che tutto cambi affinché tutto rimanga com'è.
Affresco storico di rara bellezza, si avvale della grande potenza delle immagini e su una fotografia che inquadra la Sicilia in tutta la sua bellezza: impossibile non sentirsi parte di esso. Questo miracolo cinematografico ha una mano e un volto: Visconti e Lancaster; il primo dirige con meticolosità riuscendo nell'impresa di rendere sopportabili 3 ore di spettacolo, il secondo è capace di trasmettere a chi vede una valanga di sentimenti e disillusioni. Arte in Italia, flop negli Usa: forse l'idiosincrasia del rosso fa scambiare garibaldini per comunisti.
MEMORABILE: Tancredi: "Bisogna che tutto cambi affinché tutto rimanga com'è!"
Classico kolossal dei vecchi tempi dove non è tutto oro quello che luccica. Di positivo c'è un'ottima trascrizione del romanzo da cui è tratto, con una buona rappresentazione della psicologia dei personaggi e della loro inconsapevolezza dei tempi che cambiano. Di negativo ci sono una esagerata lunghezza e un indugiare eccessivo su dettagli di poco conto. La regia comunque è ottima, come pure notevoli le ambientazioni. Cast infinito, ottima la colonna sonora di Nino Rota.
Capolavoro assoluto... e ce ne sono pochi! Fra Tomasi di Lampedusa e Visconti si è stabilita una magica alchimia, che si è estesa a tutto il cast e all'équipe. Un film dove perdersi fotogramma per fotogramma. Dall'affresco sul nostro Risorgimento a considerazioni universali sul potere, l'amore, la vecchiaia. "Vita e storia", come diceva un'antica mia insegnante di liceo a proposito dei veri classici. Commovente.
Altra opera grandiosa di Luchino Visconti che ci fornisce un'istantanea dei momenti che hanno contribuito a cambiare per sempre la nostra storia. I personaggi sono lì in attesa di un cambiamento che sconvolga ma che allo stesso tempo lasci tutto com'è. Non lo si evince solo dalla storia ma anche dall'incedere dei protagonisti, che assecondano il ritmo impostato dal regista. Tante le scene e le frasi indimenticabili. Raramente un romanzo è stato rappresentato con tanta magnificenza e bellezza. Cast stellare.
Visconti cura meticolosamente ogni minimo dettaglio e cita (col supporto dell'eccellente Rotunno alla fotografia) 3/4 di pittura italiana dal Rinascimento in poi, ma il suo lavoro non riscalda, procede lento e maestoso con qualche sprazzo dolente (che riuscirà molto meglio in Gruppo di famiglia...) evocato dalla figura di Lancaster, ma lo sfarzo estremo gli si ripercuote contro rendendolo affannoso e apatico come l'aristocrazia che descrive. Classico film studiato a tavolino per essere un capolavoro, sulla carta impeccabile ma con poca anima.
Visconti porta al cinema un bell'affresco storico, curatissimo nei particolari, dalle scenografie alle musiche fino ai costumi sfarzosi. Quello che lascia più impressionati è proprio lo sforzo produttivo, a fronte di una durata che invece non sempre scivola via troppo bene. Lancaster è gigantesco nel ruolo del principe, lui la vera calamita capace di coinvolgere il pubblico con la sua intensa performance. Bene anche i personaggi di contorno, in particolare la splendida Cardinale. Notevole.
Il passaggio dai Borboni ai Sabaudi nella storia del Principe di Salina. Del romanzo si sottolinea maggiormente l'idea di necessario cambiamento più che la vena tragica del protagonista; come conseguenza si avverte meno emotività. Lancaster è monumentale tanto da far avvertire la sua assenza, comunque Delon ha un paio di scene di rilievo. Ineccepibili la cura ambientale e lo sfarzo (senza cadere nel barocco) del ballo finale. Personaggi di Garrani e Valli meno convincenti, come approccio.
MEMORABILE: Il discorso di rinuncia a senatore; Il racconto di Delon a tavola; Il ballo tra Lancaster e la Cardinale.
Rientra certamente tra i 10 migliori film italiani di tutti i tempi. Riesce a superare il romanzo, già bello, dando un'anima e un'impressione artistica ancora più forte a quelle pagine, meravigliando a ogni scena e facendo scorrere senza sforzo le tre ore di durata. Incredibile come Burt Lancaster sia riuscito per ben due volte (l'altra è in Novecento) a impersonare perfettamente dei personaggi tipicamente italiani; il Conte di Salina è un ritratto senza tempo che lascia un'impressione profonda in ogni sua parola, ogni espressione del volto.
MEMORABILE: "Cambiare tutto perché tutto rimanga come prima"; "Eravamo i gattopardi...".
Visconti ha coraggio due volte (da intellettuale comunista e da patrizio milanese) sposando il punto di vista di un nobile siciliano che (ispirandosi a sua volta ai bisavoli del suo casato) denunciò la "rivoluzione mancata" del Risorgimento. La messa in scena è sontuosa ma anche ovvia (con quel romanzo e quel budget era impossibile mancare il capolavoro), il cast immenso. Peccato solo che la sua passione per Verdi porti Visconti a moncare il finale e che gli sfugga l'importanza simbolica del cane Bendicò, ridotto a presenza decorativa.
MEMORABILE: "Sono un uomo vigoroso: sette figli ho fatto con quella donna, sette e non le ho mai visto l'ombelico; è lei la vera peccatrice!"
Fra i migliori esempi di adattamento cinematografico di un classico letterario, restituisce lo spirito oltre che la lettera del romanzo di Tomasi di Lampedusa con una messa in scena sontuosa ed una cura maniacale in arredi, costumi, ambientazioni, mentre i contenuti sono affidati al talento degli attori di un cast azzeccato anche nei ruoli secondari, guidato da Lancaster che si cala nei panni del Principe di Salina con grande autorevolezza. Uno dei capolavori di Visconti: meno coinvolgente di Rocco, meno appassionante di Senso, ma visivamente appagante come pochi altri film.
Trasposizione cinematografia del celebre romanzo di Tomasi di Lampedusa. Luchino Visconti prende una trama che si potrebbe scrivere in una riga e la allarga con riferimenti politici, eleganza e soprattutto sfarzo. È un capolavoro a livello scenografico e fotografico, ma non mancano alcuni significati nascosti (Tancredi assomiglia tanto ad alcuni politici di oggi). Il film risente di alcune scene molto dilatate e di un ritmo lento, ma il regista fa di tutto per non farcene accorgere. Splendido.
Sfarzoso affresco storico di grande valore estetico in cui l’elemento decorativo prevale sul racconto. Alcuni passaggi come il ballo finale sono prolungati fino allo spossamento, ma lo si può guardare anche solo per apprezzare le belle scene di massa, la maniacale ricostruzione scenografica e gli splendidi cromatismi di Rotunno. Grande cast internazionale con Lancaster perfetto Principe di Salina e una Cardinale bella e seducente come non mai. Una nostalgica riflessione sulla morte e la fine di un’epoca, temi cari al Visconti della maturità.
MEMORABILE: L’ingresso dei garibaldini a Palermo; “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”; La visita del funzionario piemontese; Il ballo.
Epopea sulla frattura italiana che si spacciò per Unità, estenuata dal gusto di Visconti, nel '63 già più crepuscolare che rosso. Il sole di Sicilia modulato da Rotunno infuoca campi e feste tricolori: è nella calma canicolare che i nobili s'acconciano ai tempi, voltando gabbana con due giri di valzer. Burt Lancaster, felinide fin dalle sopracciglia, si staglia con eleganza innata nella leggenda; ogni inquadratura lo magnifica. Bravi Delon (un elettrico Tancredi) e Stoppa (callido parvenu); senza squilli la Cardinale. Faticoso da reggere ma esteticamente adamantino.
MEMORABILE: Il Principe giustifica al prete le scappatelle extramatrimoniali; Mario Girotti, futuro Terence Hill, tenta di concupire la figlia del Gattopardo.
Autentico capolavoro di Visconti in cui i personaggi e le loro rispettive personalità sono presentati secondo una narrazione abbastanza aderente ai primi capitoli del libro. Protagonista indiscusso del film è il Principe Salina (interpretato da un eccellente Lancaster), colui il quale si convince del tramonto della classe sociale di appartenenza e della inevitabile necessità che " tutto debba cambiare".
Emozionante e rigorosa trasposizione sul grande schermo del romanzo di Tomasi di Lampedusa. Burt Lancaster eccellente nel ruolo del disincantato, ironico e riflessivo principe siciliano, bravissimi tutti gli altri. Splendidi totali e carrelli che spaziano negli ampi saloni delle ville o nella campagna assolata ed intensi primi piani che rivelano stati d'animo, passioni, gelosie, paure, opportunismo. Splendide scenografie, costumi e fotografia. Bello il valzer inedito di Verdi.
MEMORABILE: La frase del principe al piemontese: "Noi fummo i gattopardi "; La scena in cui il principe osserva il quadro del nobile moribondo.
Non a caso uno degli adattamenti cinematografici più celebri, e forse più riusciti, di sempre. Visconti infatti segue il solco già intrapreso con Senso ma può qui operare con un cast stellare, tra cui spicca il "vecchio leone" Lancaster, divenuto iconico nel suo ruolo, mentre l'unico a deludere è l'impacciato Terence Hill. Per il resto l'intreccio, nonostante la durata impegnativa, appassiona e delizia lo spettatore con scene leggendarie, seppur talvolta leggermente slegate tra loro.
Peggior film in assoluto di un grande autore come Visconti che evidentemente voleva compiacere gli studios Yankees. Infatti, da un capolavoro della letteratura italiana, forse l'unico dell' 800, trae un'opera inconsistente, ne estrae l'humus storico, sociale, politico per consegnarci un'opera formale, con due ore di tedioso ballo intervallate a siparietti di dubbio gusto tra Lancaster, Reggiani e Stoppa. Proprio il divo americano sarebbe stato perfetto per la parte, ma il tutto si riduce a elencare le frasi cardine dell'opera completamente decontestualizzate.
Dal punto di vista strettamente formale, siamo di fronte a un capolavoro assoluto: lo sfarzo di scenografie e costumi, con la cura maniacale dei dettagli, ne hanno fatto una leggenda del cinema mondiale. Si deve però rimarcare che non tutto della storia di Tomasi viene reso in modo efficace, soprattutto sul piano politico e il film da questo punto di vista vale più come esercizio stilistico che come documento storico. Grande prova di un cast stellare, in cui oltre a un monumentale Lancaster emergono Reggiani e un inossidabile Paolo Stoppa. In ogni caso si tratta di cinema superiore.
MEMORABILE: Lo sfogo di Lancaster con French nel finale; Il ballo, naturalmente.
Don Fabrizio guarda con nostalgia lo svolgersi di eventi fondativi della storia italiana, mentre suo nipote si sposa e la politica si assesta. Il film più famoso di Visconti non può che definirsi un capolavoro: la cura per il dettaglio rasenta l'ossessione, mentre la fotografia lascia semplicemente a bocca aperta. Il problema è che è proprio questo ad essere il fulcro e l'ambizione del film, a discapito di tutti quegli spettatori che cercano il coinvolgimento di emozioni più dirette.
La fine di un’epoca, l’inizio di un’altra o forse no, tutto sembra cambiare per restare tutto uguale. È questa l’essenza del “gattopardismo” di Tomasi di Lampedusa che Visconti traspone magnificamente in un film che è una gioia per gli occhi e lo spirito. Scene esterne e interne che sono veri e propri quadri cinematografici, mentre incalza ondeggiante un valzer nella lunga scena del ballo, la più famosa nella storia del cinema. Senza Lancaster probabilmente il film non sarebbe stato lo stesso: lui è il Principe di Salina, a tutti gli effetti.
Guardando l'opera di Visconti si ha come l'impressione che non abbia colto l'intento dello scrittore o l'abbia voluto adulterare di proposito per presunzione propria, o per compiacere qualcuno. Prolisso esercizio esclusivamente estetico volto a stupire l'occhio, ma che manca completamente il bersaglio. Fondamentali sezioni del romanzo totalmente ignorate a favore di inventate scene guerresche fuori luogo, in quanto lo scrittore lascia sempre e volutamente la guerra al di fuori del quadro. Può sembrare un buon film, ma c'entra poco con il capolavoro di Tomasi di Lampedusa.
Sontuosa trasposizione cinematografica di un successo letterario, con cast internazionale azzeccatissimo e uno sfavillare di costumi e di scenografie come raramente si è visto al cinema. Un film sul quale sopravvivono leggende e luoghi comuni e che oggi può essere considerato il massimo sforzo di internazionalizzazione del nostro cinema. Il fatto che commercialmente non abbia incassato abbastanza non è secondario, proprio per quanto è avvenuto dopo alla nostra industria che ha teso al ridimensionamento in tutti i sensi.
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Dal libro Operazione Gattopardo a cura di A.Anile e M.G.Giannice
Cupo e smagrito, al suo ritorno confidò a un giornalista la sua amarezza:
" E' terribile vedere come la Sicilia d'oggigiorno abbia perso, quasi del tutto, quei toni romantici che avevamo imparato ad amare attraverso le descrizioni dei suoi romanzieri. Trovi ovunque immensi lastroni di cemento armato, i colori smorti delle nuovissime case in costruzione, raffinerie fumanti e altrettanto puzzolenti, terra smossa, accatastata disordinatamente in ogni dove, per far ai piloni sottili, alle impastatrici elettriche, alle gru dalle braccia lunghe. Quelle costruzioni dai muri bigi per l'accumularsi del tempo, quelle case antiche e austere colme di sale spaziose e dorate, di scaloni levigati,di portici, fontane,stemmi,cornici, statue sontuose sono sparite. E un povero Cristo come me, che vuole trovare un palazzo autentico di quel genere, alla fine deve rassegnarsi a farselo ricostruire nei teatri di posa..."
Una prima versione del film durava 205'. Per la presentazione al festival di Cannes, dove vinse la palma d'oro,fu ridotta a 195'. Solo dopo Visconti realizzò la versione definitiva di 187'[fonte Imdb]
HomevideoRocchiola • 19/04/20 17:21 Call center Davinotti - 1318 interventi
In verità il bluray uscito nel 2011 e contenente l'ultimo restauro del film operato da Film foundation in collaborazione con la Cineteca di Bologna ha questa copertina:
HomevideoRocchiola • 19/04/20 17:32 Call center Davinotti - 1318 interventi
Si tratta di un doppio bluray che oltre al film propone sul secondo disco anche il documentario sul produttore del film Goffredo Lombardo intitolato L'ultimo Gattopardo e diretto a Giuseppe Tornatore. In più c'è un libro o meglio un libretto di 28 pagine con notizie e aneddoti vari sul film e sul suo restauro. Il prezzo di vendita iniziale era di 27,99 € imposto sul retro copertina, ma dopo la prima tiratura è stato ribassato sui 13-15 € ed è possibile trovarlo ancora in qualche negozio ed in rete a prezzo contenuto. Sulla qualità nulla da dire video super-panoramico 2.55 di eccezionale pulizia e brillantezza. colori vivi e perfettamente equilibrati, neri profondi, contrasto chiaro-scuro ineccepibile, definizione altissima per una pellicola di questa età. Insomma un restauro da incorniciare. Audio dual mono molto potente e mediamente chiaro. Questa volta non c'è bisogno di cercare all'estero è questa la versione definitiva del più celebre film di Visconti.
CuriositàApoffaldin • 4/08/24 09:40 Pulizia ai piani - 263 interventi
IL RAPPORTO LANCASTER-VISCONTI
In un'intervista l'addetto alla stampa di BurtLancaster disse che non aveva mai udito l'attore esprimersi "in termini così entusiastici per un film come ha fatto per Il Gattopardo. Burt non fa altro che parlare del film. Sul suo comodino da notte fa spicco, tra gli altri libri, la versione inglese del romanzo diTomasi di Lampedusa. Per Lancaster Luchino Visconti è stato il miglior regista che abbia mai avuto". Tutte queste lodi non avevano però impedito all'attore americano di far notare che Visconti "non era una persona facile con la quale lavorare" e che durante le riprese si erano "beccati diverse volte". Ognuno dei due aveva difeso le sue posizioni ma alla fine aveva vinto Visconti per una semplice ragione: perché per Burt Lancaster Visconti "era il migliore".
L'unica critica che si sentiva di fare era nei confronti dell'eccessivo perfezionismo del regista italiano: "Questa mania del tutto perfetto (...) ha resa (...) lenta la lavorazione del film. Troppo spesso il set è rimasto inutilizzato, costringendo attori e comparse a lunghe attese che avrebbero potuto essere evitate. Ciò non sarebbe mai successo a Hollywood dove neppure un minuto di lavorazione va sprecato".
* La prima mondiale del film si tenne il 27 marzo 1963 al cinema Barberini di Roma.
FONTE: Giovanni Grazzini, Il Gattopardo di LuchinoVisconti non ha (troppo) tradito il romanzo, in Corriere d'informazione, 28 marzo 1963, pag.9.
DiscussioneReeves • 8/11/24 18:44 Contratto a progetto - 789 interventi
Samuel1979 ebbe a dire:
Dal libro Operazione Gattopardo a cura di A.Anile e M.G.Giannice
Cupo e smagrito, al suo ritorno confidò a un giornalista la sua amarezza:
" E' terribile vedere come la Sicilia d'oggigiorno abbia perso, quasi del tutto, quei toni romantici che avevamo imparato ad amare attraverso le descrizioni dei suoi romanzieri. Trovi ovunque immensi lastroni di cemento armato, i colori smorti delle nuovissime case in costruzione, raffinerie fumanti e altrettanto puzzolenti, terra smossa, accatastata disordinatamente in ogni dove, per far ai piloni sottili, alle impastatrici elettriche, alle gru dalle braccia lunghe. Quelle costruzioni dai muri bigi per l'accumularsi del tempo, quelle case antiche e austere colme di sale spaziose e dorate, di scaloni levigati,di portici, fontane,stemmi,cornici, statue sontuose sono sparite. E un povero Cristo come me, che vuole trovare un palazzo autentico di quel genere, alla fine deve rassegnarsi a farselo ricostruire nei teatri di posa..."
estratto da pag.152
P.s Ovviamente lo sfogo è di Visconti
Nella nuova edizione dello stesso libro, uscita nel 2024, una buina parte del libri è dedicata al confronto tra la sceneggiatura preparata da Ettore Giannini (il primo che era stato scelto come regista del film) e quella di Luchino Visconti