Buona la regia di Soavi, che nonostante qualche piccolo errore dimostra di saperci già fare dietro la macchina da presa. Belli gli omicidi ma effetti speciali spesso deludenti. Discreto il cast: Barbara Cupisti come protagonista funziona bene; David Brandon riesce ad essere il più spassoso del gruppo; bravo come sempre Giovanni Lombardo Radice. Mediocre invece la sceneggiatura che crolla subito a causa di assurdità varie. Fuori luogo i siparietti comici. Così così la colonna sonora.
Il debutto del regista, voluto da Massaccesi produttore, è l'esempio lampante della creatività italiana. Della capacità di realizzare un piccolo gioiello dal nulla (un budget risibile, quattro settimane di tempo, un soggetto che ricicla titoli più celebri). Vinse il Fantafestival di Avoriaz nel lontano 1987 e a buona ragione: la capacità di girare, la tecnica ed il buon gusto di Soavi avranno modo di riemergere con Arrivederci Amore, Ciao. La versione integrale, comprensiva di scene mai apparse in Italia, è stata recentemente proposta in DVD dalla Alan Young. Notevole.
L'ottimo esordio di Soavi è all'insegna della rivisitazione di classici dell'horror, infatti "ruba" a dismisura dal meglio di tale cinema: slasher classico alla Carpenter, scenografie alla Mario Bava, luoghi chiusi e definiti alla Bava Jr (deve molto alle intuizioni di Demoni), assassini alla Argento, fascinazioni per riprese suadenti e horror musical alla De Palma. Dominato da una grande cura formale e da una bellissima fotografia di Tafuri, un po' lento inizialmente, decolla quando entra in scena il serial killer. Anticipa numerosi film a venire.
MEMORABILE: Il cameo di Soavi che si diverte ad immaginarsi come James Dean...
Sonoro esordio registico di Soavi tra slasher, musical e situazioni tipiche di Argento e Bava jr., brilla soprattutto per la grande cura formale e la qualità delle riprese e della fotografia. La regia, asciutta e veloce, imprime un ritmo incalzante insieme alle musiche dello specialista Simon Boswell, e irrobustisce l’elementare trama confondendo realtà e finzione scenica e amplificando il senso di isolamento e impotenza delle vittime chiuse nel teatro in balìa della voluptas necandi del maniaco evaso. Il finale è così inverosimile da diventare persino autoironico o metafilmico.
MEMORABILE: L’omicidio con il trapano; i cadaveri ricomposti; il recupero della chiave da sotto il palco.
L'inizio del film risulta piuttosto lento ed a tratti noioso, poi con l'ingresso dell'assassino tutto comincia a girare per il verso giusto. Omicidi brutali e sequenze altamente splatter ma la scena del secondo omicidio, quello effettuato sul palcoscenico con l'incitamento del regista, secondo me è il top della pellicola. Sicuramente un buon prodotto girato con passione.
Non si può certo dire che sia un thriller fatto male o mal diretto, anzi: si vede la mano di un buon regista. C'è però un difetto piuttosto grave: la mancanza di originalità del plot, il basarsi su un soggetto trito e ritrito e, per giunta, semplicissimo. Ne consegue, cosa tutt'altro che trascurabile, che, una volta visto, questo film non si dimentica più, a discapito della voglia di rivederlo. Bisogna però ammettere che su un soggetto così poco articolato non si poteva pretendere di più.
Nonostante il film si basi fondamentalmente su un assunto di partenza piuttosto risaputo e presenti situazioni abbastanza prevedibili e già viste (il solito pazzo scappato dal manicomio, i malcapitati di turno "imprigionati" in un luogo chiuso eccetera), l'esordio dietro la macchina dd presa di Soavi non è affatto male e faceva presagire ben altra carriera. La solfa è più o meno sempre la stessa, ma il regista la rende migliore del solito e indovina anche qualche scena (su tutte quella finale).
Più bello da ricordare che da (ri)vedere, Deliria ha grandi pregi sul fronte estetico/visivo e almeno un paio di omicidi ben orchestrati che ravvivano una tensione altrimenti catatonica. Come esordio è nulla più che composto e corretto: Soavi aderisce pedantemente a tutti i cliché e agli stereotipi dello slasher senza preoccuparsi di innovarli o vitalizzarli, sicché spesso risultano svuotati e frivoli. La regia è inerte di fronte ai meccanicismi di una sceneggiatura che oltre ad un paio di brillanti idee non riesce a trovare ulteriori motori per sopravvivere.
MEMORABILE: L'omicidio sotto la pioggia e la sequenza del bagno; il killer che allestisce il palco.
Insulso, tedioso e inutile. Non sono mai riuscito a sopportare Deliria! E dire che la trama promette molto bene: un gruppo di mestieranti rinchiusi in un teatro con un pazzo maniaco pronto a farne polpette. Eppure, nonostante qualche effettaccio di sangue, il doppiaggio così come la recitazione degli attori è pessimo, la storia non ha brio, manca la tensione, il trucco del killer è assai ridicolo, il finale pure e assurdo oltremodo. Mi dispiace ma come voto non supera il pallino.
Sicuramente la migliore pellicola tra le tante prodotte da Massaccesi (solo Le porte del silenzio di Fulci regge il confronto). Un thriller ben scritto dal mostro sacro del low-budget all'italiana (George Antropophagus Eastman) e diretto magistralmente da un Soavi al suo esordio registico, che si dimostra in grado di creare suspance dall'inizio alla fine. Scene ultragore e squarci visionari ne fanno un cult assoluto, che è riuscito a farsi notare anche dalla critica più snob (forse perché vincitore del festival di Avoriaz). Memorabilia.
"Deliria" non è il classico che molti vorrebbero far credere, ma si attesta sui livelli di un discreto slasher all'americana. Personaggi caricaturali, il solito serial killer mascherato, gli omicidi fantasiosi e via dicendo. Soavi ci sa fare e si vede la lezione di Argento sia a livello di riprese che di luci. Attori in parte, con alcuni dei nomi più cari alla nostra cinematografia horror e modesto spargimento di sangue. Buona la tensione, inverosimile la sceneggiatura, ma in definitiva un prodotto che regge il confronto con i vari Venerdì 13.
Uno dei film più riusciti di Michele Soavi. "Deliria" si poggia su una trama abbastanza scontata, con il pazzo evaso che tiene in scacco un manipolo di persone in un luogo chiuso, eppure la messa in scena (è il caso di dirlo visto che si svolge in un teatro) di Soavi è convincente, le scene splatter sono di buona fattura e anche il finale soddisfa abbastanza. Da recuperare possibilmente nelle versioni non censurate dalla tv.
Esordio importante. Al di là delle derivazioni argentiane, i richiami sono una vera e propria gara, anche nei titoli alti (innanzitutto Alien, poi 1997, Halloween, Psyco, Cenerentola...). C'è pure una clamorosa citazione, negli ultimi fotogrammi del personaggio Ferrari (un sorprendente Piero Vida), di Piazzale Loreto. Il finale, come spesso càpita in questi casi, è più inverosimile delle inverosimiglianze precedenti. Notevole l'omicidio sul palcoscenico.
La trama non è delle più originali (siamo dalle parti dello slasher classico), ma la regia e la fantasia visiva di Soavi innalzano la qualità della pellicola. Se si sorvola sul canovaccio narrativo spesso assurdo (Michael Myers, del resto, non è propriamente "normale", vero?), il film offre numerose sequenze di ottimo livello (i cadaveri messi meticolosamente in posa sono magnifici), complice anche la suggestiva location del teatro. Non perfetto, ma godibilissimo.
È un horror all'italiana che a mio giudizio può meritare un sei in pagella, ovvero una sufficienza (anche se stiracchiata). Sufficiente perché le scene splatter non sono poi così male: si è visto di peggio. Per alcune interessanti trovate è da Grand-Guignol (scena finale di una rappresentazione macabra del serial killer, che diventa egli stesso regista e protagonista, in un salotto di scena macabro, fatto di cadaveri, senza pubblico, tranne l'ultima vittima, che assiste alla macabra rappresentazione).
MEMORABILE: Citazioni di Hooper (la sega elettrica) e Hitchcock (una doccia insanguinata).
Due pallini e mezzo. Forse troppi. Due pallini bastano. Questo thriller/horror diretto dall'esordiente Michele Soavi, denominato il "degno erede di Argento", non mi è sembrato un granché. La sceneggiatura è si passabile, ma la recitazione di alcuni attori e (sopratutto) attrici sono davvero penose. La musica è bella come gli effetti splatter (il trapano dell'assassino...). L'idea era originale e con qualche accorgimento in più sarebbe diventato un piccolo cult. Purtroppo...
Michele Soavi genio? Michele Soavi sopravvalutato? Nulla di tutto ciò: Michele Soavi bravo regista di genere, Michele Soavi che mette in scena un horror on the prowl, un film che dopo non si respira, tutto di corsa, con delle trovate accattivanti ed una maschera che può anche terrorizzare. Insieme al Camping del terrore di Deodato è importante per aver importato dagli USA un tipo di horror che non veniva più fatto in terra italica: un horror di impatto visuale, con forti accenni alla cultura pop, al contrario dell'aristocrazia argentiana.
Esordio col botto di Soavi che riesce ad emergere per la qualità delle riprese, la forza e la suggestione di alcune sequenze ed una mezz'ora finale di suspence senza tregua. Visionario e delirante, anche se lento ed impacciato in qualche passaggio, è da vedere. Il successivo La Chiesa è di un livello superiore.
Le potenzialità ci sono, ma non sono supportate da una sufficiente dose di talento e da una costruzione più professionale (siamo ai limiti del film per la TV). Ma nonostante questo, le uccisioni sono piuttosto crude e efficaci (particolarmente cinica quella dell'attrice accoltellata più volte all'addome durante una prova della rappresentazione e mostrata agonizzante e senza speranza; un po' come la poveretta nella doccia). Nel complesso, non è poi così male, anche se lo sgangherato finale, col nero tiratore scelto, fa un po' storcere il naso (era meglio concludere con l'uomo gufo all'attacco).
MEMORABILE: Asciata in bocca; Trivellata nella schiena.
Otto giovani attori, otto topolini ciechi, nella semioscurità di un vecchio teatro, un macabro gioco al nascondino con un serial killer che mette in scena le proprie gesta. Tipico slasher movie, l'ultimo quarto d'ora è il migliore, quando l'unica sopravvissuta si dà finalmente una mossa, e la lotta è (quasi) ad armi pari. La maschera da barbagianni è suggestiva, quando la sua ombra si staglia attraverso la tenda della doccia, o quando perde piume in una sinistra nevicata sul palco... Simpatico il finale.
Il fatto che abbia vinto il festival di Avoriaz è una cosa che non mi sono mai spiegato, dato che questo film, peraltro amatissimo all'estero, è tutto tranne che convincente. Certo, alcune scelte si rivelano d'effetto, come l'ambientazione e alcune messinscene dell'assassino, ma nell'insieme è una pellicola ai limiti dell'assurdo con buchi enormi di sceneggiatura, attori macchietta e un finale quasi ridicolo. Se poi ci aggiungiamo che l'assassino non ha nemmeno uno straccio di movente...
Routinario slasher piuttosto derivativo (il modello è chiaramente Nove poltrone) ma abbastanza ben fatto da meritare la sufficienza (**!). La regia è discreta e il film girato nemmeno malissimo. La dose di sangue è elevata e gli omicidi sono abbastanza fantasiosi (trapanate, picconate, colpi di motosega). La sceneggiatura, però, è risibile (non hai alternative, ma come ti viene in mente di farti curare una storta in un manicomio criminale?) e il costume del killer più buffo che pauroso. La scena prefinale sarà rubata da The clown at midnight...
MEMORABILE: La picconata in bocca; la scena della ragazza nascosta nella cabina doccia che osserva il killer mentre trascina via la sua amica.
Film da molti sopravvalutato ma sicuramente non da buttare. Il talento Soavi avrà modo di dimostrarlo (sopratutto in La setta e Dellamorte Dellamore, questi largamente sottovalutati, invece!), qui si limita ad affilare i suoi strumenti realizzando un film con alcune riuscite trovate macabre, parecchie ingenuità e molti difetti di cui non va incolpato il solo regista, ma che giungono già pronti dal reparto sceneggiatura. Comunque un lavoro onesto da sufficienza.
Bel film d'esordio di Soavi.Un gruppo di attori di secondo piano si trova rinchiuso in un teatro di posa con un pazzo omicida. Ne esce una carneficina con diverse variabili negli efferati delitti, con diversi "omaggi" ad altri film del genere. Spettacolare il primo sotto la pioggia. Bravi e in parte gli attori, film avvincente sino all'ultimo. Come già detto da altri, inutili i 5 secondi finali.
Una sorta di rivisitazione de L’assassino ha riservato nove poltrone Anni ’80, per la regia dell’esordiente Michele Soavi. All’epoca non incassò una lira (si rifece ampiamente con l’avvento dell’home video) ma vinse il premio al Festival di Avoriaz ’87. La tensione è principalmente scaturita dall’interminabile buio tenebroso del teatro, più che dalle scene orrorifche (che non mancano). Forse è un film sopravvalutato, ma trovo che sia un buon esempio di come a quel tempo, in Italia, si potessero girare film esportabili con pochi soldi.
Film che propone una trama molto interessante ma la affronta con troppa superficialità, neanche fosse una banale caccia al topo dove le vittime inermi vengono raggiunte e massacrate dal carnefice. A parte l'azzeccatissima scena dei cadaveri sul palco, il "vero" finale è un'altra perla di banalità evitabilissima. Spero che il prossimo film di Soavi mi soddisfi un po' di più...
Uno dei migliori horror italici degli anni 80, che segna l'inizio di un regista talentuoso e la fine di un genere. Immerso nelle luci baviane di Renato Tafuri, con la claustrofobica angoscia del teatro come luogo di morte (viene alla mente il cinema di Dèmoni) e la maschera del killer davvero azzeccata e affascinante. Lo script pesca a piene mani da decennali del genere (slasher in primis), ma la virtuosa regia di Soavi sopperisce alla pochezza di sceneggiatura, regalando miracoli e meraviglie, con gustose e feroci, schegge splatter. Gioiellino.
MEMORABILE: Barbara Cupisti nelle docce; il palco con le composizioni cadaveriche; motoseghe all'opera; i poliziotti fuori dal teatro; le piume; il finale.
Scrupolosamente anni 80, il film riesce a coinvolgere moderatamente lo spettatore nonostante il ritmo non sempre esaltante. I momenti splatter sono realizzati con cura e sono necessari a dare corpo a una sceneggiatura comunque semplice e poco originale, riuscendo a portare fin quasi alla fine il buon giudizio. Lo stesso che però perde una palla per il finale (la conta dei corpi) e per l'ultima, e a mio avviso evitabile, inquadratura (che modifica la prospettiva del film e lo pone in una ottica diversa, con meno senso e meno risultato).
Resiste agli anni che passano con più sfrontatezza rispetto a prodotti analoghi per genere e modalità produttive (Demoni per citarne uno). Merito soprattutto delle doti di messa in scena dell’esordiente Soavi, il quale plasma il truculento soggetto di Montefiori facendone un incisivo e “classico” esempio di gruppo chiuso in un interno. Riuscito anche il ritratto della eterogenea, controversa comunità teatrale off (carne da macello di vipere e frustrati) e memorabile la maschera del barbagianni. Ci si poteva fermare tranquillamente 10 minuti prima.
MEMORABILE: Il serial killer che improvvisandosi regista dispone i cadaveri sul palcoscenico; Il gay Brett interpretato da Giovanni Lombardo Radice.
L'inverosimiglianza è un elemento comune a quasi tutti i film che cercano di incutere timore allo spettatore; in questo caso, però, si esagera decisamente e si rasenta l'assurdo in più di un'occasione ed è un vero peccato, perché l'idea di partenza, seppur nella norma, avrebbe potuto dare vita a un film di ben altro spessore. Le inquadrature di Soavi sono ottime e alcune scene non hanno nulla da invidiare ai più grandi capolavori dell'orrore. Purtroppo la sceneggiatura è di livello basso, come gli attori. Simpatico il finale, ma che rammarico!
MEMORABILE: Il killer mascherato che, seduto, accarezza il gatto.
Slasher visionario del grande Soavi. Ottima la location del teatro dove rimangono intrappolate le vittime e il look del killer con la maschera da barbagianni. Omicidi per tutti i gusti: decapitazioni con la scure, picconate in bocca, trapani nello stomaco, gente fatta a pezzi con la motosega. Regia che ci regala sequenze di grande tensione e inquietanti musiche by Simon Boswell.
MEMORABILE: Mary Sellers fatta a pezzi nella doccia; Il palco addobbato di cadaveri con il killer seduto fra loro.
E bravo Soavi, primo premio al Festival di Avoriaz, con un film fotocopia de L'assassino ha riservato nove poltrone. Solo una coincidenza? Do atto però al regista di aver saputo creare una buona suspense; le atmosfere del film infatti sono funzionali alla messa in scena e la tensione è palpabile, ma le troppe similitudini con il citato film mi lasciano perplesso. Dario Argento ha fatto scuola... Nonostante il basso budget costituisce, grazie alla formula testata, un buon prodotto di genere, ma privo di autorialità.
Ottimo esordio cinematografico per Soavi, che dirige uno degli ultimi grandi horror/thriller italiani. Un gruppo di attori chiusi in un teatro e un malvagio psicopatico mascherato... che inizi la festa. Uno slasher con un ritmo non molto veloce (a tratti infatti potrebbe anche annoiare i non amanti del genere) ma con un'ottima suspance proprio perché il tutto accade piuttosto lentamente, in attesa della mattanza. Da recuperare.
È un B-movie girato con pochi soldi che qua e là brilla di qualche trovata di regia niente male; ha una discreta cura nella messa in scena e nella direzione degli attori, alcuni effetti (nelle uccisioni) sono gustosi; la sceneggiatura è quel che è, certo non originalissima e a volte zoppicante, ci sono problemi formali non da poco nell'insieme ma il prodotto è onesto negli intenti; rischia la retrocessione in "C" in qualche passaggio ma alla fine si salva e resta in "B".
Tutto avviene in una notte buia e piovosa proprio come l'epocale omicidio iniziale di Suspiria. La vera stella polare sembra essere però Bava; nel modo in cui vengono trattati i caricaturali protagonisti, specialmente (il regista già troppo simile a Dylan Dog, l'impresario americanizzato, il costumista nero ecc.): tutti semplici manichini di un gioco votato al massacro eseguito da un assassino che appare sulla scena come una sorta di deus ex machina opposto e impazzito. I due poliziotti inetti paiono provenire direttamente da L'ultima casa a sinistra.
Opera prima di Michele Soavi, risente (come sarà per il successivo La chiesa) di echi argentiani fin dalle prime battute. Dopo il disagio iniziale (la recita è decisamente kitch) si riesce anche a vedere il film, che regala momenti di vera suspence. Peccato - e la cosa non è nuova - che la recitazione sia decisamente approssimativa. Merita comunque una visione, senza aspettarsi nulla di nuovo sotto il fatidico sole.
Un gruppo di teatranti alle prese con le prove per uno spettacolo musicale si trova intrappolato alla mercé di un pazzo evaso dal manicomio... La solita trama ad eliminazione per un esordio registico poco originale, con un cast anonimo, varie illogicità ed una colonna sonora troppo invadente, reso però niente affatto disprezzabile dal discreto ritmo, la buona fotografia e soprattutto da alcune sequenze ad effetto, in particolare quella della messa in scena operata dall'assassino con i cadaveri delle vittime. Finale assurdo (il conteggio rivelatore) ma rientrante fra le consuetudini del genere.
Il primo film di fiction di Soavi è anche forse il più elegante e virtuoso slasher della storia, nonostante a questa grande esaltazione artistica e tecnica non corrisponda un plot adeguatamente elaborato. Può essere un problema? Non proprio. Il fatto è che Deliria è talmente bello a vedersi che poco importa se la trama è abbozzata e ha ben poco di originale. L'ambientazione teatrale è ottima, le musiche grandiose, gli omicidi gore e variegati, fra il cast Brandon e Radice sono fantastici come sempre. Soavi inizia bene e proseguirà pure meglio.
MEMORABILE: La famosissima scena in cui il killer posiziona con cura i cadaveri sul palco e un'abbondante ma delicata nevicata di piume invade la scena.
Cast di attori così cosà gigioneggia all’interno di un teatro dove uno psicopatico evaso passerà le giornate decimandoli uno a uno. Tra musiche incalzanti, ingenuità omicidiaria tipica degli anni 70 e atmosfere kitsch anni 80, il film scorre con ritmo incalzante. E nel panorama thriller di quegli anni, la cosa non è da sottovalutare. Degna di nota è anche la scena finale, discretamente suggestiva. Probabilmente, se si fosse optato per interpreti più incisivi e maggior cura nelle scene truculente, avrebbe potuto essere un buon lavoro.
Dopo avere appreso i ferri del mestiere da Argento, Fulci e Massaccesi (quest'ultimo è qui in veste di produttore), Soavi mette a frutto la lezione dei maestri cimentandosi con una trama già vista mille volte e una sceneggiatura dove abbondano incongruenze di ogni tipo, riuscendo tuttavia a dare un'impronta personale a un canovaccio ampiamente scontato e ad azzeccare qua e là qualche scena indovinata. Il montaggio secco e veloce riesce a supplire ai cali di tensione e a far passare in secondo piano le prestazioni di basso profilo degli attori.
MEMORABILE: Il mostro che crea una sorta di quadro vivente sul palco, ricomponendo i cadaveri delle vittime.
L'esordio di Soavi premiato al Festival di Avoriaz del 1987 ne rivelò il talento nel saper creare atmosfere slasher tese dall'inizio alla fine grazie anche alla felice penna di George Eastman (collaboratore storico di D'Amato per il quale scrisse e interpretò Antropophagus), che qui inventa un'avvincente storia monolocation ricalcando in un certo modo la struttura di Dèmoni di Lamberto Bava.
L'esordio di Soavi è un turbinio di citazioni tra le quali il regista milanese cerca di dare vita a uno slasher dalle tinte oscure, morbose e decisamente italiche. Una certa lentezza, unita a una trama fin troppo scontata e una recitazione da parte dei protagonisti non proprio di altissimo livello, non aiuta di certo la pellicola a emergere da una striminzita sufficienza, raggiunta principalmente grazie alle luci e al taglio delle inquadrature, decisamente di livello per un debuttante. Ottima la maschera del killer, monoespressiva la Cupisti.
Riuscito solo in minima parte grazie allo sfacciato manierismo infuso nelle scene madri. Soavi conosce a menadito Argento ed escogita quindi un thriller vecchio stile che riprende con cura le atmosfere cruenti e sadiche dell'originale. La forza antica qui però non agisce quasi mai, per due motivi: una sceneggiatura già vista e dai dialoghi balbettanti; una serie di attori non all'altezza e assai anonimi. Si vive di riflessi e cascami dal banco del maestro. Per chi ama quello stile non è poco.
L'esordio di Soavi è forse uno dei migliori slasher mai realizzati. Certo, paga molti stereotipi del genere, in primis forzature nella trama che spesso si fatica ad accettare e recitazioni non sempre eccelse. Eppure la regia è fenomenale, prende Argento e lo porta ai migliori livelli, così come la storia stessa, seppur semplice, ha il suo fascino morboso: il chiudersi dentro per finire le prove può essere visto non come una forzatura di sceneggiatura, ma come una forte metafora della condizioni attoriale.
MEMORABILE: Lo scenario dopo il massacro, con tutti i protagonisti sul palco e quella maschera d'uccello sovrano.
Soavi costruisce il suo film solo ed esclusivamente sulla paura, non dimentica la suspense ma soprattutto il senso estetico dell’orrore. I suoi attori invece sono volutamente mediocri, manichini da fare a pezzi, corpi senza un profilo psicologico ma utili solo a scopo figurativo. Un cinismo cinematografico che rese il cinema italiano di genere unico in tutto il mondo e a cui purtroppo non siamo più avvezzi. Bello!
Soavi esordisce con un horror che sembra ripercorrere la lezione dei Dèmoni di Bava-Argento: se lì c'era il cinema, qui è il dispositivo teatrale a fare da cornice. Il ribaltamento del palcoscenico sulla realtà attiva uno spargimento di sangue come tanti se ne sono già visti, connotato però da un gusto fresco e un talento visionario (il "teatrino" finale del killer). Uno slasher abbastanza divertente che seppur non stravolge i meccanismi del genere - che solitamente ha ben poco da offrire - stimola quel poco di tensione e inquietudine (la maschera da civetta) che ci si aspetterebbe.
MEMORABILE: La scena con la motosega; L'uccisione del regista; La messa in scena del killer; La chiave conficcata nel palco.
Felice esordio alla regia di Michele Soavi, che dimostra di avere un certo talento: se lo spunto non è nuovissimo (si tratta di uno slasher all'americana anche truce), ci sono ritmo, buona tensione, ottimo uso della location quasi sempre in interni, scene di omicidio ben girate e qualche momento inventivo e visivamente interessante (indimenticabile il palco allestito dal villain); e Irving Wallace non ha nulla da invidiare a illustri colleghi d'oltreoceano. Si sorvola così su qualche idea non di prima mano e su un cast non di primissima scelta. Unico film notevole di Soavi.
MEMORABILE: Il look del killer; La buona colonna sonora; Il palco allestito dall'assassino.
L’esordio alla regia di Soavi cattura la rappresentazione di un genere a beneficio della macchina da presa. Quindi zero sprechi, sottotrame o declinazioni ermetiche, nessuna collisione o alchimia cerebrale, ma solo un film volto a reclamizzare la bellezza del “cattivo gusto” e la forza della sua immagine esibizionista. Gore e splatter morbosamente impeccabili.
Prodotto da D'Amato, l'esordio alla regia di Soavi è uno slasher imperfetto. Si nota bene l'influenza di Argento nello stile, di cui Soavi fu allievo, tanto che è immediato il collegamento col coevo Opera, ma le interpretazioni del cast sono modeste e lo sviluppo zeppo di luoghi comuni, fino a un finale inverosimile, preceduto da una mezz'ora in cui succede poco poiché sono quasi tutti morti. Buona invece la dose di splatter, con gli omicidi che si fanno via via più cruenti, così come le musiche synth martellanti.
Da uno script interessante a cura di Montefiori arriva l'esordio registico per Soavi. Slasher claustrofobico dal buon impatto visivo. Anche se debitore in parte al cinema di Argento e Fulci, Soavi dirige comunque un'opera molto personale in cui non mancano ottime trovate e momenti riusciti. Peccato per qualche caratterizzazione troppo stereotipata e un finale non completamente convincente. Bravi Brandon e Radice, così così il resto del cast.
MEMORABILE: L'assassino sistema i corpi in scena; La maschera da gufo.
Film prodotto dalla Filmirage di Joe D'Amato, il quale spinge Soavi a fare il grande salto da regista. L'esordio è uno slasher classico, con tutti i crismi del genere. La regia si rivela vivace, inaspettatamente acuta nel giocare con il registro metateatrale che permea la vicenda. Anche l'ambientazione, di modeste dimensioni, viene valorizzata da una cura della messinscena non comune. Idee notevoli - la maschera del killer; la composizione sul palcoscenico - si alternano a forzature assortite. Soavi cava il massimo da un budget ristretto e pochissime settimane di riprese. Finale sgonfio.
MEMORABILE: L'omicidio in scena; La trapanata nella schiena; La scena delle docce; Il palcoscenico "ricostruito"; La nevicata di penne.
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Ryo ebbe a dire: Dejà-Vù. Siete sicuri che stiamo parlando dello stesso film??
Bhè, di Deliria c'è ne uno soltanto...
DiscussioneZender • 16/02/13 17:50 Capo scrivano - 48259 interventi
Deja vu proprio, Ryo. La stessa "accusa" ti era stata mossa un anno fa (vedi la pagina precedente del forum), io avevo cancellato il commento e tu a distanza di un anno l'hai rimesso identico spiaccicato come se nulla fosse accaduto. Adesso lo ricancello con le identiche motivazioni dell'anno prima e vediamo se l'anno prossimo lo rimetterai e per la terza volta Buio ti farà notare la cosa... Le cose sono due: o ti decidi a rivedere il film riscrivendo in toto il commento o lascia proprio perdere di commentarlo. Ho sempre chiesto di commentare i film a MENTE FRESCA, dopo averli visti.
Qualità assolutamente ottima quella del Blu-ray Rustblade: master lindo, immagini molto nitide, definizione ottimale, colori equilibrati ed una sottilissima, quasi impercettibile, grana per suggerire l'effetto cinematografico. Aspect ratio in 1.33:1, audio solo in italiano e sottotitoli assenti. Audio italiano migliorabile: chiaro e potente, ma in alcuni dialoghi/battute risulta basso al punto da rendere alcune battute (specialmente quelle pronunciate da David Brandon) poco intelliggibili.
Tra gli extra: una (purtroppo) brevissima intervista a Michele Soavi, intervista a Simon Boswell ed un paio di approfondimenti/interviste a Federico Frusciante.