Che il figlio di Dino Risi celebri IL SORPASSO girandone una sorta di versione esotica è notazione curiosa e l'accostamento Gassman/Abatantuono è meno offensiva di quanto si possa pensare. L’ex terrunciello ha ormai raggiunto la statura di attore completo e qui dà prova di una forza espressiva di un'intensità raramente raggiunta in altre fasi della carriera: il ruolo del faccendiere installatosi in Kenya a far fortuna calpestando ogni regola morale gli calza a pennello e pur salendo sopra le righe Diego domina il film in lungo e in largo. A subirne la verve trascinante c'è Corso Salani, che Marco Risi riconferma dopo l'eccellente prova ne...Leggi tuttoIL MURO DI GOMMA ma che qui tende a eccedere in rigidità e spocchia riproponendo quello stesso personaggio in un contesto non altrettanto adatto. E’ meno arrendevole di quanto non fosse Trintignant nel SORPASSO, ma troppo petulante e antipatico. Accompagnato in Kenya da un’Anna Falchi splendida e ancora tutta... "naturale", cerca di capire di cosa si occupasse il padre appena deceduto e si ritrova tra i piedi Fulvio Colombo (Abatantuono), una sorta di boss del luogo con le mani ovunque. La storia in pratica non esiste e il film si struttura accostando le diverse situazioni focalizzandosi sul giovane (Salani) alla scoperta di un mondo (l'Africa) sconosciuto. C'è il Kenya da cartolina, ovviamente, un ritmo lento puntellato dagli exploit di Abatantuono, molta banalità ma anche una cura formale non indifferente e una bella resa della comunità italiana nel continente nero. L'atmosfera che si respira è quella giusta, i paesaggi suggestivi. Magari ci potevano essere risparmiati i lunghi break musicali con Elton John o Mina, didascalici oltremodo...
Un'altra interessante caratterizzazione di Abatantuono, che disegna un personaggio che mescola attrazione e negatività da faccendiere, non privo di un fascino da avventuriero. Di fronte a lui Salani quasi sparisce. Piacevole la presenza di Barra. Resta impresso il ruolo di Corazzari, antagonista di Abatantuono. Pellicola discreta, non indimenticabile, ma abbastanza godibile. Molto carina la Falchi.
Il film riprende i canoni narrativi della commedia all'italiana, aggiornandoli al gusto moderno e trapiantondoli nella little Italy di Malindi, località esotica in cui si muove un sottobosco di soggetti spesso loschi e dove domina, perfettamente a suo agio, il personaggio ben intepretato (sebbene gigioneggi un po' troppo) da Diego Abatantuono. In realtà la prova dell'attore milanese è uno dei motivi principali per cui vale la pena vedere il film, con gli altri attori (tranne forse Sperandeo) che fanno da contorno.
Originale incipit con Alessandro Benini (un Corso Salani misurato e adatto) che apprede della morte del padre mentre sta illustrando, in una riunione abbastanza affollata e che ascolta in viva voce, un nuovo tipo di telefono. Trasferitosi in Kenia, dove viveva il padre, per tutte le pratiche del caso, incontra Fulvio Colombo un boss locale, trafficone e invadente, interpretato da Diego Abatantuono. Abatantuono eccelle in antipatia, giustificata dal personaggio, ma forzata all'ecceso da una recitazione fastidiosa e perennemente sopra le righe.
MEMORABILE: Alla Missione italiana a Malindi arrivano aiuti umanitari consistenti in indumenti invernali, moon boot, sciarpe, ecc. per i bambini locali.
Fiacca commedia che si avvale di un Abatantuono istrionico, di una Falchi che, alla prima apparizione cinematografica, ci mostra le sue “doti recitative” ante visita a Silicon Valley (per me stava meglio come mamma l’aveva fatta), un insolito Sperandeo nelle vesti di un prete assai sui generis e affascinanti immagini africane. Poi basta, ché la trama non coinvolge e il risultato è piuttosto noioso.
Discreta commedia in cui Abatantuono la fa da padrone cercando, con la sua strabordante personalità, di evitare allo spettatore una certa perdita di interesse, dovuta anche a una sceneggiatura non proprio brillante. I personaggi di contorno non vanno al di là del compitino, anche se svolto in maniera dignitosa, mentre la figura del figlio dello scomparso lascia abbastanza indifferenti. Simpatico Sperandeo, il prete pratico da pane al pane. Nel complesso non male, dopotutto.
MEMORABILE: "Io per te ho fatto il salto della triglia, prima tua moglie e poi tua figlia"; La guardia del corpo di Diego, che "conosce bene" le maree.
Italiano si reca a Mombasa per il funerale del padre morto in un incidente aereo. Tema basato sugli italiani intrallazzatori che cercano di sfruttare luoghi incontaminati. Piccola denuncia senza grande profondità che è indovinata nei panni di Abatantuono (anche se il suo personaggio deborda, in qualche occasione). La sceneggiatura vive di momenti isolati dimenticandosi a volte il motivo per cui Salani continua a restare in Africa. La Falchi mette in mostra il fisico e sparisce presto dalla storia. Ambientazioni non banali.
MEMORABILE: La sfida tra gli animali e i turisti; Il salto della triglia; Il mamba; La badilata al ladro.
Sulle orme del padre Marco Risi cerca di riallacciarsi alla commedia all'italiana più tradizionale: il risultato è un po' discontinuo, vuoi per una critica sociale a tratti un po' tendente al qualunquismo (vedasi il personaggio di Barra) vuoi per inserti turistico/musicali che vanno a discapito del ritmo e della compattezza. Ottimo Abatantuono, Salani risulta qui troppo antipatico per creare empatia; nel resto del cast, comunque all'altezza, spicca Sperandeo prete polemico. Il bel finale nella città abbandonata riscatta in parte un'opera con qualche passaggio a vuoto di troppo.
MEMORABILE: La città abbandonata; Gli abiti invernali per i bambini della missione.
C'è il mamba e i passi prima di morire ma non è Kill Bill 2. È però una discreta commedia in cui Abatantuono spadroneggia, salvando molte scene altrimenti fiacche. Salani ne è la nemesi e il contrasto fra i due non può che ricordare quello consegnato alla storia dal Risi padre, del quale cita anche la colonna sonora. Location di grande suggestione, un numero spropositato di comparse ma uno sguardo che purtroppo cade sovente nel turistico, togliendo ritmo e omogeneità al film. Mattioli (e famiglia) paiono usciti dal peggior cinepanettone, fortuna che son pochi minuti. Vedibile.
Abatantuono, ormai da tempo promosso ad attore “serio”, ha qui ampio spazio per esprimersi, nei panni di un italiano “trafficone” emigrato in Kenya; il suo personaggio ha diverse sfaccettature e risulta intrigante, pur se un po’ sopra le righe, ma riempie almeno i vuoti lasciati da un Salani catatonico (in coppia con una giovanissima Falchi). L’atmosfera africana è coinvolgente, le vicende dei protagonisti a tratti un po’ meno; Risi tenta una riflessione sui bianchi che spadroneggiano a casa altrui e su una certa frangia di expat italiani, colpendo il bersaglio solo parzialmente.
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Gran bel film, lo rivedo sempre con piacere, uno di quelli nel periodo migliore del "Diegone nazionale", dove era interprete di storie che avevano buone sceneggiature, e dove lui portava tutto il film sulle spalle, pur avendo un cast non al massimo, tuttavia con buoni caratteristi.
La storia è sempre attuale, il bianco colonizzatore dell'Africa nera, che detta legge insieme ad un manipolo di faccendieri e imprenditori di dubbia moralità, tutti del belpaese.