(BABY VINTAGE COLLECTION) Abatantuono come Totò. E' lui l'ultimo erede del grande principe, l'unico comico capace da solo di risollevare le sorti di un film. La sua presenza catalizzante, quel suo caratteristico e inconfondibile dialetto da “terrunciello” da soli sono garanzia di risate assicurate. Certo ci sarà sempre qualcuno che non lo sopporta e si offenderà al paragone, ma Diego è a tratti davvero grandissimo. Prendete questo film, per esempio. La storia è banalissima, la Vitti e Leroy bravi ma niente di più, il ritmo singhiozzante... ma quando parla lui il ritmo si alza e le sue contorsioni verbali arrivano a vertici comici assoluti...Leggi tutto (quando insulta la cameriera o si fa dettare la lettera dalla Vitti in una replica notevole del classico con Totò e Peppino), le sue progressioni deliranti toccano vette altissime e chi da una commedia comica chiede semplice divertimento non otrà che apprezzare l'inesauribile vena umoristica di Abatantuono. Ogni gag, anche la più stupida, acquista grazie a lui nuovo vigore, e se anche si vede che Vanzina padre non sa dirigerlo bene quanto il Vanzina figlio (a lui più affine vista l'età), la storia finisce per avvincere, appassionare, anche nel superfluo epilogo veneziano. Addirittura, ci si può azzardare a dire, la presenza di Diego non è abbastanza consistente e i dialoghi tra la Vitti e “Don Lurido” perdono clamorosamente il confronto finendo col fungere da semplice attesa all'entrata in scena del mattatore. La storia generale comunque, benché banale, è sufficientemente divertente e ci permette di goderla dall'inizio alla fine. Al bar sotto la casa di Abatantuono riconosciamo il futuro “comico” Martufello che viene sfidato a briscola. Personaggi comunque tutti credibili e sceneggiatura per strutturata. Da vedere e rivedere: un piccolo cult-movie.
Lei si sente trascurata da lui che ama solo i cavalli; l’arrivo di un poliziotto privato movimenta il triste ménage. La trama è di una noia mortale, banale e stiracchiata fino allo stremo. Gli attori, altrove bravi, qui fanno la gara a chi recita peggio, Abatantuono in testa (simpatico, ma dopo 10 minuti ci si aspetterebbero anche altre qualità oltre alla simpatica storpiatura cabarettistica delle parole). La regia è piatta e favorisce il naturale assopimento dello spettatore che, nonostante gli sforzi, non riesce a ridere. Da dimenticare.
Diego è indiscutibilmente bravo; e grazie alla sua vena comica, fatta di parole storpiate ( "Sono solo come Giulio Verme"; Don Lurido"), frasi e proverbi riveduti e corretti ("Principe, le bugie hanno le gambe corte come i lombrichi) e espressioni facciali, dà il giusto ossigeno a una commedia che, pur con una Vitti simpatica e un buon Leroy, sarebbe inevitabilmente franata nella ripetitività di una sceneggiatura assai poco corposa. Nella seconda metà anche Diego fatica a mascherarne i limiti e nell'ultima parte (dalla fuga dei due), al massimo si sorride. Nel complesso, comunque, buono.
MEMORABILE: Diego risponde al telefono dell'auto del principe: "Pronto, residenza automobilistica del principe Luanello".
Sciatta regia, sciatta fotografia, attori che tirano avanti; accostamento tra il talento comico emergente di Abatantuono e la veterana Vitti, con l'aggiunta di Leroy, marito appassionato di cavalli. Tanto per fare cassa al botteghino con zero sforzo. Steno si limita a piazzare la cinepresa nei punti necessari senza alcuna velleità. Buffa la garçonniere dedicata a Valentino di Abatantuono; quest'ultimo però usa le poche frecce al suo arco e dopo qualche decina di minui ha già detto tutto.
Abatantuono strepitoso. È lui che permette a un film che dall'ora in poi stenta per l'impianto teatrale (è tratto da un commedia) a stare sopra la medietà. I contorsionismi verbali, le deformazioni lessicali, le novità delle metàfore e dei paragoni, l'aulicità delle espressioni ("residenza automobilistica del Principe") riescono a sorprendere e a far sorridere quasi sempre. Bravi la Vitti (qui al suo record per la pubblicità del tabacco) e Leroy (composto ed elegante). Girato principalmente all'Olgiata.
Non l'avevo mai visto ma è incredibilmente divertente. Abatantuono è strepitoso (in un ruolo che non lo sradica dal suo habitat naturale come in Scusa se è poco) come bravissima è la Vitti. I loro duetti, sia nella scena della lettera che nella garçonierre di Diego, sono irresistibili. Se non siamo dalle parti dei migliori Totò e Peppino, ci andiamo vicini. Di impianto teatrale (considerando che il soggetto è tratto da una commedia di De Benedetti), Steno lascia i due attori a briglia sciolta. Superfluo il finale veneziano.
Decisamente non una delle opere più riuscite del regista Steno questa commedia sceneggiata insieme al figlio Enrico. Il film, segnato da una trama banale e una sceneggiatura piuttosto mediocre, è segnato positivamente dalla presenza di Diego Abatantuono che con le sue invenzioni verbali segna positivamente la prima parte del film. Nella seconda, la verve del simpatico attore milanese non basta e il film scivola nella mediocrità.
Classica commedia degli equivoci costruita sulla figura della moglie che non si ritiene amata abbastanza dal marito. La Vitti è perfettamente calata nella parte ma, complice una sceneggiatura senza guizzi particolari, alla lunga risulta monocorde. Abatantuono offre qualche spunto divertente, ma il suo ruolo sembra talvolta fuori luogo rispetto al film. Il limite maggiore è però nella trama: bugie a parte, non succede molto e alla fine tutto si riconferma ancor prima di essere messo seriamente in discussione. Conservatorismo anni Ottanta.
Non uno dei migliori film di Steno, ma ugualmente gradevole; una commedia degli equivoci di impatto teatrale. Perde parecchi punti nel melenso finale veneziano, questo sì, ma fino ad allora la commedia regge piuttosto bene e questo grazie anche a un Abatantuono mattatore e assai in forma il quale grazie ai suoi storpiamenti verbali riesce a divertire parecchio. Bravi anche la Vitti e un misurato Leroy. Non male dopotutto.
MEMORABILE: Abatantuono: "Principe, le bugie hanno le gambe corte, come i lombrichi".
Uno Steno decisamente fuori forma dirige questa commedia priva di colpi d'ala in cui è la mediocrità a farla da padrona. Una storia che nemmeno la sprecata Monica Vitti e il terrunciello Diego Abatantuono riescono a sollevare dai bassifondi. Ci scappa qualche sorriso sui giochi verbali di Abatantuono ma niente di più. Fotografia scialba.
Commedia degli equivoci in cui il tradimento appare come colonna portante. Semplicistica e non proprio originale, la pellicola si avvale di un frizzante Abatantuono (che ricalca personaggi precedenti con il suo irresistibile slang), di una vivace Vitti e di un sempre valido Leroy: sostanzialmente sono loro, che reggono la baracca che mostra tutta la sua pochezza...
Moglie con poche attenzioni cerca di ravvivare il rapporto col marito appassionato di cavalli. Il balletto degli stimoli è gestito bene nei tempi da una Vitti che si impegna, tanto da fare anche da spalla per le varie battute. Leroy ha solo l'accento francese che lo salva e Abatantuono sciorina sempre qualche trovata verbale che fa sorridere. Regìa di Steno sottotono (specie nel finale), ripescando dal passato idee già usate (la lettera dettata, il balletto dei protagonisti, il biglietto conclusivo).
MEMORABILE: "Tra prosciutto e guanciale"; "Giulio Verme"; "Don Lurido".
Si ride poco in questa commedia e quel poco lo dobbiamo esclusivamente a un giovane ma già collaudato Abatantuono che di lì a poco firmerà una doppietta destinata a entrare negli annali (Fichissimi e Eccezzziunale). La protagonista qui è Monica Vitti, che in ogni scena possibile si prende il centro della pista finendo con l'esagerare nell'esternare il suo personaggio complessato e desideroso d'attenzioni. La noia non è prerogativa dei film di Steno e anche il suddetto risulta godibile ma, con questo cast a disposizione, si doveva fare meglio.
MEMORABILE: Jules Verne solitario; Abatantuono che scambia il coreografo con la principessa.
Pur nella sua totale semplicità, una commedia degli equivoci scorrevole, onesta, ben realizzata. Non soltanto il riuscito incontro tra due tipi di umorismo apparentemente lontanissimi, ma anche uno dei film che meglio valorizza l'Abatantuono prima maniera, qui spassoso senza mai strafare, perfetto in espressioni e battute. Ideale passaggio di testimone tra Vanzina padre e figli, dei quali si percepisce a più riprese l'impronta che li caratterizzerà in futuro, come nei dialoghi con l'amico omosessuale. Interessante la cover della canzone del titolo, piazzata in apertura.
La strana coppia Vitti-Abatantuono funziona alla grande, ma la maggior parte del merito è proprio di un Diego scatenato, capace di improvvisare su ogni cosa, con Monica che gli va dietro con la stoffa dei grandi. La matrice letteraria della storia garantisce spessore e originalità a uno script scoppiettante, ricco di trovate, che mostra un po' la corda nel fisiologico calo nel finale. Confezione curata grazie anche alla regia esperta di Steno, il cui lavoro di macchina è esemplare. Di buon livello anche la ost del maestro Mazza e il montaggio di Crociani. Un bel film!
Divertente commedia degli equivoci tra tradimenti sceneggiati e presunti, orchestrata da Steno con un grande ritmo e scritta in modo da dare ai suoi interpreti del materiale molto brillante su cui lavorare. In particolare Vitti e Abatantuono sono in palla, strappando risate sia da soli che nei duetti. Leroy offre più il fianco come spalla, di uno o dell'altra a seconda delle occasioni. Buona anche la colonna sonora per uno dei migliori film tra gli ultimi del regista.
Le opere teatrali non si sposano quasi mai con il medium filmico, come in questo film dalla staticità e verbosità insostenibile, quest'ultima necessaria a teatro ma sfiancante su celluloide. Storia banale, fotografia e musiche e interpretazioni eccellenti. Vitti bravissima nel suo personaggio tipico ma alla lunga ansiogena, Leroy funzionale e Diego mattatore, anche se la sua simpatia viene frenata da una regia piatta e da una Vitti da contenere. Commedia minore che alla lunga finisce con l'indispettire, divertendo solo con alcune genialate di Diego.
Come intuibile dal titolo, la neoclassica pochade garantisce tutto l'assortimento vittiano di nevrosi da insicurezza coniugale e inadeguatezza affettiva in zona pre-Russo, ponendosi come agrumata anatide inversa. Sul primevo script di Aldo De Benedetti viene sganciata una Little Aboytantuono: un fragoroso Diego oversize (finalmente vincolato a un iter narrativo sostanzioso e mai abbandonato a se stesso) che fa dolere gli zigomi dalle continue risa a ogni esternazione. Altrettanto sbrigliato è l'estro scenografico di Burchiellaro, gemmato dal tepore dell'ambrata fotografia. Must!
MEMORABILE: "Don Lurido!"; "Da ora può dormire saporitamente, tra prosciutto e guanciale"; Stesura della lettera; "Son solo come Giulio Verme, il solitario".
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DiscussioneZender • 2/06/10 17:51 Capo scrivano - 48839 interventi
B. Legnani ebbe a dire nelle curiosità: Un bella strizzata d'occhi arriva attorno al 40'. Lucia (la Vitti) scrive per l'ultima volta di suo pugno una lettera al marito, sotto lo sguardo (nel quadro a sinistra) di Ugo Foscolo, (autore di Ultime lettere di Jacopo Ortis). Impossibile che sia un caso.
Mah, addirittura... Secondo me l'accostamento di Steno è a Foscolo in quanto poeta e letterato riconoscibile come tale (forse) inserito in una camera dove la Vitti scrive, non credo volesse far riferimento specifico all'Ortis.
Però ho sbirciato il tuo commento in anteprima e laddove mi aspettavo un massacro totale e indiscriminato ho trovato la tua piacevole ammissione di un Abatantuono strepitoso, aggettivo sul quale non posso che concordare. Trovo (empiamente, lo so) che la coppia Vitti/Abatantuono riesca quasi ad avvicinare Totò/Peppino o Benigni/Troisi nella scena della dettatura della lettera ("che giorno è oggi?" "giovedì... circa"). E considerato che la scena è stata girata con mire ben meno alte delle due precedenti (lo so capisce anche dalle espressioni della Vitti, talvolta quasi svogliata) devo dire che il risultato ha del miracoloso.
Zender ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire nelle curiosità: Un bella strizzata d'occhi arriva attorno al 40'. Lucia (la Vitti) scrive per l'ultima volta di suo pugno una lettera al marito, sotto lo sguardo (nel quadro a sinistra) di Ugo Foscolo, (autore di Ultime lettere di Jacopo Ortis). Impossibile che sia un caso.
Mah, addirittura... Secondo me l'accostamento di Steno è a Foscolo in quanto poeta e letterato riconoscibile come tale (forse) inserito in una camera dove la Vitti scrive, non credo volesse far riferimento specifico all'Ortis.
Però ho sbirciato il tuo commento in anteprima e laddove mi aspettavo un massacro totale e indiscriminato ho trovato la tua piacevole ammissione di un Abatantuono strepitoso, aggettivo sul quale non posso che concordare. Trovo (empiamente, lo so) che la coppia Vitti/Abatantuono riesca quasi ad avvicinare Totò/Peppino o Benigni/Troisi nella scena della dettatura della lettera ("che giorno è oggi?" "giovedì... circa"). E considerato che la scena è stata girata con mire ben meno alte delle due precedenti (lo so capisce anche dalle espressioni della Vitti, talvolta quasi svogliata) devo dire che il risultato ha del miracoloso.
Mauro, la Vitti ha già scritto varie lettere anonime al marito e ora scrive giusto l'ultima che lui riceverà. Perché prendersi la briga di mettere lì la riproduzione del più noto ritratto dell'autore di "Jacopo Ortis"? Un caso? C'è una possibilità su un milione...
Perché non chiedi a Vanzina?
DiscussioneZender • 3/06/10 08:22 Capo scrivano - 48839 interventi
No, aspetta, non ho detto che sia un caso che ci sia il ritratto di Foscolo, dico solo che le lettere di Ortis sono di natura completamente diversa da quelle che scrive la Vitti, e mi parrebbe un riferimento un po' "rozzo" (per quanto anche probabile, ovvio) associarle. Tra le tante opere del Foscolo le lettere di Jacopo Ortis non mi paiono il primo rimando alla sua persona. A meno che nell'opera non vi siano riferimenti precisi a tradimenti o cose che si verificano nel film, ma non mi pareva. Non so, se io avessi dovuto fare un riferimento all'Ortis avrei cercato qualche altro aggancio, nella scena, non solo un riferimento alla lettera. Però è possibile che tu abbia ragione, intendiamoci. Il film è comunque dello scomparso Steno, non del figlio, e dubito che quella fosse una scelta di sceneggiatura. Comunque anche questo è possibile.
Il fatto invece che sia l'ultima lettera scritta dalla Vitti potrebbe in qualche modo "riabilitare" l'omaggio, in effetti, e dargli un senso vero.
MusicheZender • 7/06/13 12:04 Capo scrivano - 48839 interventi
Oh che bel gioiellino questo!
DiscussionePanza • 30/05/18 15:33 Contratto a progetto - 5250 interventi
Segnalo che comunque il quadro con Foscolo era presente normalmente nella villa come testimoniato da questo fg di La via della prostituzione:
E' altamente probabile che Steno abbia utilizzato in modo comico la presenza del quadro e il fatto che lo sguardo di Foscolo cada proprio sulla poltrona.
DiscussioneZender • 30/05/18 18:23 Capo scrivano - 48839 interventi