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La nostra recensione di The second act

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Qualità e difetti dei film di Dupieux sono quasi sempre gli stessi: all'attivo idee folgoranti, assolutamente geniali, gag improvvise che possono risultare esilaranti; in negativo non può invece non notarsi una pesantezza di fondo che si traduce in lunghe fasi di attesa solo di rado brillantemente affrontate e non si può pensare che la breve durata (anche questa volta non si raggiunge l'ora e venti) risolva il problema.

Qui siamo di fronte all'esasperazione (ma forse nemmeno troppo) dell'effetto metacinematografico: Dupieux sceglie come pretesto l'incontro tra un lui (con un amico) e una lei (col padre) rendendo consci loro (ma anche noi) del fatto che...Leggi tutto stanno recitando e che quindi nei dialoghi s'introducono suggerimenti su come pronunciare le battute, quali parole evitare per non incorrere nel politicamente scorretto e così via. Il film nel film, infatti, sarà nientemeno che il primo diretto da un'Intelligenza Artificiale, col regista ridotto a un avatar che comunica su sfondo bianco dallo schermo del pc. Già questo potrebbe essere un bel colpo di genio, ma il gioco che fa passare i protagonisti da una falsa realtà alla finzione vera e propria all'interno di uno stesso dialogo crea momenti effettivamente piuttosto stranianti.

David (Garrel) è il bel ragazzo che deve incontrare Florence (Seydoux) nonostante non la sopporti. Lei è innamoratissima, lui non la può vedere e per togliersela dalle scatole ha pensato di piazzarla a Willy (Quenard), amico un po' tonto che si fa chiamare Willy convinto che fosse il nome del simpatico ragazzino di IL MIO AMICO ARNOLD (mentre tutti sappiamo che quello è Arnold! Willis è il fratello). Florence, invece, arriverà all'incontro insieme a suo padre (Lindon), borioso attore orgogliosissimo di essere stato appena chiamato per recitare nel nuovo film di Paul Thomas Anderson. L'unico altro personaggio che si aggiunge ai quattro (ma non è una presenza indifferente, visto che è titolare del miglior tormentone del film) è Stéphane (Guillot), comparsa chiamata esclusivamente per servire il vino al ristorante dove siedono i quattro. Lo stress gli impedisce di versare senza spandere (la mano trema incessantemente) e la trovata è gestita nel migliore dei modi a testimonianza del grande spirito comico di Dupieux, che non sbaglia i tempi e sa azzeccare momenti a loro modo memorabili.

Quenard, già protagonista assoluto nel precedente YANNICK, è di nuovo simpaticamente fuori di testa e ha ottimi duetti soprattutto con Lindon, che mal sopporta il suo fare ingenuamente offensivo. Meno esplosiva la coppia "principale" composta da Garrel (poco più di una spalla per Quenard) e dalla Seydoux, cui invece spetterebbe il ruolo più autentico e vario, meno macchiettistico e ponderato. La riflessione sul metacinema non è certo nuova (meno che meno per Dupieux, che ci ha costruito sopra molti dei suoi film) ed è condotta senza trovate particolarmente rivoluzionarie. E' però spesso gustosa, aiutata da una recitazione impeccabile e in alcune parti spassosa. Peccato non aver saputo rendere sapidi anche certi scambi che diventano troppo interlocutori...

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 11/04/25 DAL BENEMERITO PAULASTER POI DAVINOTTATO IL GIORNO 19/05/25
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Paulaster 11/04/25 18:00 - 4930 commenti

I gusti di Paulaster

In un bar una ragazza presenta al padre il fidanzato. Metacinema spinto all’eccesso con i quattro attori che recitano una parte ed entrano ed escono dai personaggi in una realtà pure fittizia. Dupieux stupisce ancora e punta a essere profetico sulla fine della settima arte, dove l’AI rovinerà la magia del cinema. I vari battibecchi sono divertenti, soprattutto quando si palesano egocentrismo e arrivismo. Conclusione senza l’idea vincente. Discreta l’ambientazione metafisica (in realtà in un aeroporto).
MEMORABILE: Il film con Paul Thomas Anderson; Il barista stressato; Arnold; In ginocchio.

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