Ovvero la prima volta nel commissario Betti. Maurizio Merli, discreto attore con la faccia da duro (nonostante i capelli biondi e gli occhi azzurri), interpreta in ROMA VIOLENTA per la prima volta il personaggio che gli assicurerà una relativa celebrità da poter in seguito facilmente sfruttare. Betti è il prototipo del Serpico all’italiana, il poliziotto dai metodi bruschi e rozzi ma che, parole sue, “rappresentano l'unica via d’uscita alla violenza dilagante”. Così Betti non disdegna affatto di prendere a calci e pugni un giovane qualsiasi (prima che questi possa in alcun modo parlare) solo perché...Leggi tutto un pregiudicato lo aveva indicato come probabile mandante di un omicidio. Spara poi su John Steiner, senza pietà, dopo una sfortunata rapina in banca, mette in libertà un ladro d'auto provocandone apposta la morte facendo credere a suoi “amici” che il poveraccio aveva fatto una soffiata. Insomma, si comporta da perfetto Callaghan dei poveri e immancabilmente (oltre che giustamente, aggiungiamo noi) viene cacciato dalla polizia. Assoldato poi da privati come una specie di “vigilante”, si farà ovviamente giustizia da solo. Merli non è Eastwood e mancano a ROMA VIOLENTA le sfarzose scenografie hollywoodiane, eppure il film si lascia vedere; opere come questa rappresentavano nei Settanta una delle poche riserve economiche del cinema made in Italy, all'epoca non ancora schiacciato dai kolossal americani e fossilizzato (come oggi) su pochi titoli di sicuro successo. Un film magari non riuscitissimo ma sicuramente importante.
Rivisto per la terza volta in 3 anni me lo ricordavo meno riuscito; invece, tuttosommato, anche la parte dei "vigilantes" non rovina particolarmente la prima parte. Strepitoso e spettacolare l'inseguimento che finisce sulla sopraelevata (10 minuti di durata). Resta uno dei polizieschi più importanti in assoluto (nonché uno dei più violenti), anche se il risutato finale non è di primissima fascia.
Prodotto per emulare La polizia incrimina..., ma non disponendo dello stesso regista e attore, Amati mise su alla bella e buona questo film, sostituendo Castellari col padre (lo smaliziano Girolami) e Nero col quasi sosia Merli, allora poco conosciuto. Paradossalmente il film fu un tale successo da dare avvio a una trilogia più a svariati film simili. Girato con mano pesante (Girolami non possiede la cura visiva del figlio) punta tutto sul sensazionalismo: violenza, pestaggi, inseguimenti fisici e in auto. Destrorso più del solito. Rozzo ma efficace.
Film interessante di sicura presa grazie alla violenza che scaturisce per tutta la durata della pellicola. L'azione non manca mai e Merli è perfetto nella parte del commissario tutto di un pezzo (qui all'esordio). Il film si suddivide in due: la prima parte con Merli commissario, la seconda con Merli giustiziere. Finale strano (tra sogno e realtà)... L'ho capito solo dopo aver visto l'intervista nel dvd Federal video.
Adrenalinico "poliziottesco", che fece registrare il tutto esaurito nelle sale italiane per la serrata struttura e per contenuti "morali" trattati in maniera superficiale ma recepiti "a sangue" dallo spettatore: la polizia (e le legge) non è più in grado di garantire l'incolumità del cittadino. La figura dell'utopico Betti (un eccezionale Maurizio Merli), agendo ai margini della legalità, ma sorretto da valori ben precisi (che qualcuno definirà fascistoidi) si ammanta di mito poiché entra nel cuore del pubblico. Primo di una bella serie...
Un commissario di Polizia agisce con metodi poco ortodossi ma oggettivamente efficaci, per contrastare una criminalità che non si ferma di fronte a nulla. Si parte da una rapina con omicidio su un autobus, si continua con uno Steiner che spara con l'M12 sui bambini per fermare il commissario per giungere alla giustizia fai-da-te del Merli, che lascia la polizia dopo l'ennesimo caso di eccesso di violenza, per coordinare un gruppo di giustizieri. Film durissimo, a tratti disturbante, ove la violenza chiama altra violenza, disperatamente e senza fine.
Rivisto a distanza di tempo acquista in fascino. Nonostante racconti due storie diverse (nella prima parte il solito commissario ribelle che si fa giustizia da sè si unisce nella seconda ad un gruppo di vigilantes) avvince e convince. Bellissimo, spettacolare l'inseguimento sulla sopraelevata e grande cast d'attori, capeggiato dal mai troppo
compianto Maurizio Merli e dal grande Richard Conte.
Buon poliziottesco ingiustamente sottovalutato. Veloce, intrigante e di una violenza a tratti sorprendente. Marino Girolami non è Lenzi ma almeno in questo film se la cava molto bene. Inoltre Maurizio Merli offre una delle sue prove migliori. La colonna sonora dei fratelli De Angelis riprende in parte quella di La polizia incrimina, la legge assolve. Da vedere sicuramente.
Buon poliziottesco, tra i più violenti del genere, che può contare su un ottimo ritmo, su belle scene di inseguimenti e su una sceneggiatura che nonostante la semplicità e l'originalità non certo spiccata, coinvolge non poco lo spettatore. È il film che darà il via al filone delle "città violente" e che segna la prima volta del commissario Betti, interpretato da un bravo Merli che dimostra di essere un attore migliore di molti suoi colleghi impegnati in ruoli simili al suo.
Marino Girolami dimostra di essere uno dei migliori registi italiani, uno dei pochi a fare veramente "il botto" al botteghino... (ha collezionato quasi sempre incassi miliardari, a dispetto del budget spesso ridottissimo). Questo film è forse il suo capolavoro, senza inutili arrovellamenti psicologici, senza strani discorsi e congetture... Forse venne definito "di destra", ma in realtà punta solo e soprattutto alla spettacolarità degli eventi. Il doppio finale, sospeso tra sogno e realtà, è geniale.
Esponente del peggior tipo di poliziesco all'italiana, in cui la trama è sacrificata per dare spazio a personaggi stereotipati (il commissario duro e puro e i criminali capelloni [sigh!]), mediocri scene d'azione con inseguimenti in automobile (lontani anni luce dalla qualità, ad esempio, di Milano Odia) e picchi di inutile violenza gratuita, tra cui l'uccisione di tre ragazzini e lo stupro di una donna. A ciò si aggiunge la morale fascistoide sulla necessità della violenza privata: nel film, infatti, i poliziotti sono idioti incompetenti.
Non il più riuscito dei polizieschi di quegli anni, ma di capitale importanza sia a livello economico (pare che abbia sforato il tetto dei due miliardi d'incasso) sia perché vede la nascita del commissario Betti, poliziotto dai metodi spicci e dal ghigno truce di Maurizio Merli. Alcune scene (anche d'azione) sono risolte in modo frettoloso ma come detto è soprattutto la figura di Merli, vera e propria icona del genere che qui declama tutte le battute tipiche ("So fare solo il poliziotto!") a convincere appieno.
MEMORABILE: John Steiner, per rallentare Merli che lo insegue, ammazza tre bambini in tutta tranquillità.
Una Roma umida, fredda e inospitale ci mostra il commissario più duro d'Italia fare pulizia su due binari. È parecchio diverso dai film di Merli con Massi o Lenzi: la crudezza e la freddezza di certe scene e momenti lo rendono unico. Un'ottima prova, per Martinelli.
Poliziottesco italiano dove il commissario Betti (Merli) risponde con la violenza alla violenza, venendo poi cacciato (giustamente) dalla polizia; si farà giustizia aiutato da dei vigilantes privati. Film dove ai soliti stereotipi si aggiunge anche un po' di politica, che forse guasta un po'. Solo nel finale Betti capirà (?) che farsi giustizia da solo non porta a niente, e questo grazie al collega Biondi finito su una sedia a rotelle. Primo di una serie.
Sfaccettata opera sulla denuncia alla giustizia legale voltando a ideali di eroismo popolare. Si cade nell'incredibile quando il commissario Betti viene consumato dall'ira. L'interpretazione del suo comportamento è poi ben giustificato nelle parole di Biondi (Lovelock). Merli sopra le righe (ormai solo la presenza è necessaria). Anche se delude le mie aspettative si deve riconoscere la tecnica del regista, che dimostra tutta la sua competenza.
MEMORABILE: L'inseguimento - il finale a doppio senso.
Ancora grezzo ma vigoroso nella messa in scena ha il pregio della linearità e di un buon equilibrio tra gli attori. Spicca, inutile dirlo, l'astro nascente Maurizio Merli destinato a diventare icona del genere. Tra i cattivi invece non c'è ancora una figura catalizzatrice. Peculiare la parte dei vigilantes organizzati, che tanto ha fatto parlare di trama fascistoide: povero Girolami, non credo ambisse a tanto. Azzeccata la colonna sonora.
Poliziesco tutto azione, privo di ogni velleità artistica o d'autore. Se vogliamo anche grezzo, spiccio e superficiale nella forma e nella sostanza, eppure maledettamente efficace in alcune sequenze, prima fra tutte quella dello spietato inseguimento in auto dopo la rapina. Quasi quindici minuti che si vedono tutti d'un fiato, a folle velocità, senza un attimo di pausa. Il film cala e di molto dopo la sospensione di Betti dalla polizia. Il suo ingresso nel corpo dei vigilantes privati non è credibile. Curioso il doppio finale, aperto. Buono il cast.
Brutta (ma di clamoroso successo) mescolanza fra poliziottesco e giustiziere. È un film storicamente importante, non manca l'azione, le location romane sono sfruttate perfettamente, c'è un bell'inseguimento, Merli fa la sua figura, molti hanno le facce giuste ma è altrettanto vero che non c'è una vera e propria storia, bensì una serie di quadri slegati fra di loro, alcuni dei quali discutibili per cospicua inverosimiglianza. Ultimo film di Richard Conte. Incredibile galleria di facce note fra i non accreditati. Guardabile e nulla più (*½): il successivo ...l'altra faccia gli è ben superiore.
Apice del poliziottesco, di cui è insieme debitore e ispiratore. Merli sarà pure nato come clone di Franco Nero, ma sviluppa da subito totale autonomia che ingenera un nuovo mito: alla moda quanto basta per mimetizzarsi (zampa d'elefante e camicie aderenti), ma grigio (impermeabile e cravattone) come un vecchio (di cui condivide il moralismo e i pregiudizi), eroe fumettistico, violento ma quasi asessuato (non gira mai scene d'amore), con la sua collezione di sfighe private Merli è un'icona tutta italiana: l'Amedeo Nazzari degli anni '70!
MEMORABILE: L'inseguimento con la Giulia, quando Merli accellera col piede sinistro, mentre con quello destro si sbarazza di ciò che è rimasto del parabrezza.
Fra i migliori polizieschi italiani soprattutto per una certa originalità dei personaggi che si discostano molto dagli stereotipi americani. In effetti un commissario così cinico e spietato, così privo di passionalità, lo si vede raramente nei film d'oltreoceano. La stessa storia rispecchia una certa cultura tutta italiana che vede nel giustiziere l'unica efficace arma contro la criminalità, tema questo che probabilmente ha attirato nelle sale più gente di quel che meritasse il film. Ottime le musiche dei De Angelis.
Prototipo del poliziottesco "classico" (di quelli disprezzati dalla critica, non sempre a torto) dei nervosi anni '70. Maurizio Merli esordisce col commissario Betti, poliziotto alla Harry Callahan che rincorre in Alfa Giulia i criminali e istituisce vere e proprie squadracce per pestare duro sulla malavita romana. Storia e recitazione sono piuttosto risibili: è un film per appassionati. Finale stranamente incomprensibile (errore di montaggio?).
MEMORABILE: Il mitico inseguimento in Alfa Giulia, col parabrezza sfondato e i biondi capelli del baffuto Merli al vento.
Il caposaldo di un intero genere cinematografico viene realizzato non in maniera eccelsa, visti i sequel. Merli s'impone come il Commissario per antonomasia ma il suo passaggio al privato genera qualche mugugno. L'azione regna sovrana, in particolar modo sulla tangenziale romana, che vede anche il barbaro massacro di inermi bambini. Tuttavia, visto anche l'enigmatico finale, si può dire che è stato un ottimo apripista!
Grande esordio nel poliziesco per il duro e temerario Maurizio Merli, colui che diverrà, nella seconda metà dei '70, la vera icona italica del genere. Riprendendo caratteristiche fisiche e caratteriali del Franco Nero di La polizia incrimina, la legge assolve ed aggiungendo un pizzico in più di carisma e charme, il nostro dà vita ad una ulteriore evoluzione della figura del commissario, dotato in questo caso di una determinazione e di una carica aggressiva tali da consentirgli di valicare spavaldamente i leciti confini dell'ortodossia. Un film gretto ed acerbo, tutto caricato sulle spalle del valido protagonista.
MEMORABILE: Il truce pestaggio all'interno dell'autobus che Merli rifila al rapinatore/killer Marco Stefanelli.
Violento, adrenalinico e senza fronzoli per onorare il titolo. Merli veste per la prima volta gli abiti del commissario Betti e trova il ruolo della sua vita. Girolami dirige con mestiere e ne viene fuori un film bello tosto, uno dei migliori del filone poliziesco all'italiana. L'idea dei vigilantes, fatte le debite proporzioni, è mutuata da La polizia ringrazia. Musiche dei fratelli De Angelis memorabili come sempre...
MEMORABILE: Il pestaggio degli stupratori e in particolare quello di Luciano Rossi
Uno dei migliori film di Merli in assoluto quanto a passione interpretativa e straordinaria capacità di azione senza stunt. Le tematiche affrontate, scottanti per l'epoca (ma del resto tutt'ora attualissime) sono trattate forse in modo convenzionale e con bruschi cali di giustizialismo qualunquista. Ciò non toglie che l'azione e il ritmo serrato e alcuni tocchi di autentico noir lo rendono un film imprescindibile nel suo genere. Bravissimo anche Ray Lovelock.
MEMORABILE: Il lunghissimo, intenso ed avvincente inseguimento automobilistico con John Steiner.
È in assoluto il poliziesco italiano che ha incassato di più lanciando il suo protagonista, Merli, come "stella" del genere. Ciononostante, è veramente modesto, privo di una vera sceneggiatura e totalmente affidato alle innumerevoli scene a base di pestaggi, sparatorie, bastonature, stupri e violenze assortite. La morale "antigiustizialista" esibita nel finale stride inevitabilmente con il tono di tutto il film. Decisamente da salvare l'inseguimento automobilistico a metà pellicola, fra i meglio girati tra i "poliziotteschi".
Buon esordio di Maurizio Merli nei panni del commissario Betti. Pellicola cruda e diretta, dove prevalgono soluzioni spicce e immediate per combattere la dilagante criminalità. Per Betti, l'essere uscito dalla polizia rappresenta solo un dettaglio, poiché l'unico obiettivo è vendicare, simbolicamente, in primis la morte del fratello. Ad ogni costo e con ogni mezzo necessario. Curioso veder collaborare Richard Conte (di solito nei panni del bossetto di turno) con Merli, nell'organizzare ronde notturne nelle strade di Roma. Da vedere.
Giusta a parer mio l'osservazione letta su alcuni siti riguardante la connotazione di tipo fascista predominante nel film. Effettivamente la guardia armata "privata" alla quale si affilia il commissario Betti sa molto di Ventennio, ma neanche troppo distante da alcune recenti idee sul coinvolgimento dei cittadini nella battaglia contro il crimine. Il film si fa guardare con inseguimenti e spietatezze degne di nota, ma io gli preferisco di gran lunga Roma a mano armata, se non altro perché qui manca un degno contraltare allo straripante Merli.
Polpettone poliziottesco non privo di qualche buon momento e che beneficia dell'allora promessa del cinema "giustizieristico" all'italiana, il compianto Maurizio Merli (munito del suo folto baffo biondo). La pellicola è molto violenta e si compone d'immagini forti atte a compiacere un pubblico di non molte pretese, se non quelle del naturale appagante istinto della rivalsa del bene contro il male. A suo modo il film è un piccolo-grande classico del cinema popolare Anni '70, anche se con qualche momento di stanca (specie nella seconda parte).
Prototipo del poliziesco sulle città violente, ne detta le linee guida in una sceneggiatura frammentaria, poco più di un pretesto per innescare una legge del taglione a catena che si arresta solo con il fermo immagine ammonitore finale, già visto in La polizia incrimina, la legge assolve. Grandiosi l’inseguimento sulla sopraelevata, musicato dal celebre “Gangster’s story” dei Fratelli De Angelis, e i blitz anticrimine dei vigilantes di Richard Conte. Merli battezza il commissario Betti, qui ancora a metà tra Callaghan e Paul Kersey. Crudo e rapsodico.
MEMORABILE: «Quando trovo un delinquente lo stango. E finché non lo trovo, non mi do pace» (Merli); lo stupratore Luciano Rossi massacrato dai vigilantes.
Meno grottesco e forse meno apprezzabile di altri poliziotteschi, ma molto più spietato, in quanto dove non arrivano le istituzioni arrivano i fatti personali, con una legge del taglione per lo meno equivalente a quella subita. Anche i cazzotti cominciano a far risuonare la sensazione di dentature rotte e gengive smatassate e l'ultima mezz'ora coi vigilantes fa guadagnare altri punti. Ma il lungo inseguimento con la musica di Micalizzi e Merli che calcia via il vetro anteriore dell'auto, rotto, è il vero simbolo del poliziottesco italiano...
Uno dei migliori polizieschi italiani del periodo. Ottimi inseguimenti (soprattutto quello sulla sopraelevata), ritmi elevati e azioni degne di tale nome; insomma, c'è tutto quello che un bel poliziesco dovrebbe avere. Ottimo anche il cast, a partire dal protagonista Maurizio Merli (alias il mitico e vendicativo Commissario Betti); poi Richard Conte, stavolta collaboratore, non delinquente come spesso avviene, Luciano Rossi, John Steiner e Ray Lovelock. Ottime le musiche dei De Angelis brothers.
MEMORABILE: Inseguimento con L'Alfa Giulia e il pestaggio di Luciano Rossi.
La regia è molto "artigianale", ma il film è una, anzi, La pietra miliare. Campione d'incasso nella storia del poliziottesco (2 miliardi e mezzo di lire, rivalutati oggi 15 milioni di euro più o meno), la pellicola lancia Merli ed è a mio avviso la più truce, la più cruda e la più realistica dell'intero genere. Seconda parte del film strepitosa con Betti che guida i vigilantes. Colonna sonora mitica. Bello e significativo il doppio finale. L'inseguimento automobilistico di 7 minuti tra Merli e Steiner è il migliore di tutto il Cinema '70.
MEMORABILE: Il rapinatore pestato da Merli nell'autobus; L'inseguimento automobilistico
Non male. Inseguimenti e buone scene d'azione: la semplice sceneggiatura che compone il film,ha avuto una buona presa sul pubblico. I soldi mancano e purtroppo si vede, ma nonostante tutto, si può dire che grazie a Merli, Girolami e l'ottima squadra di acrobati, si è creato un ottimo prodotto di genere. Violento ma ritmato.
Marino Girolami dirige un ottimo poliziottesco che ha il merito di aver lanciato nel genere il personaggio del durissimo commissario Betti, interpretato da Maurizio Merli. Il film, a parte la prima scena sull'autobus, parte abbastanza lentamente, salvo riscattarsi del tutto in una seconda metà decisamente scoppiettante. L'inseguimento in macchina è girato in maniera fantastica e l'idea della squadra di "giustizieri privati" è interessante, tanto che verrà ripresa (e migliorata) da Castellari ne Il grande racket.
Grezzo e reazionario finché si vuole, ma resta anche uno dei poliziotteschi più divertenti. Il ritmo è incalzante, le scene d'azione da riferimento, regia e musiche (firmate dai fratelli De Angelis) sopra la media. Le uniche grosse riserve sono di tipo morale, visto che la pellicola porta inevitabilmente a parteggiare per il poliziotto-giustiziere che, per quanto dalla parte dei "buoni", è pur sempre un commissario che picchia e ammazza senza pensarci troppo (per non parlare di quando si unisce ai vigilantes...). Comunque un film riuscito.
Sarà che con i tempi che corrono qualche Comissario Betti in più non mi dispiacerebbe, ma l'ho trovato efficace, cercando di vedere oltre il suo reale valore. Non è facilissimo imbattersi in un film che sia al contempo sottostimato e sopravvalutato, ma qui possiamo osservare questo curiosità: il film è concepito in maniera rozza ma efficiente, un po' debole nella stesura ma affidato al carisma di Merli, che da solo si mangia metà concorrenza. Ebbe un grande successo e conserva il suo fascino. Non adatto alle anime pie dei buonisti.
MEMORABILE: L'inseguimento; Il pestaggio degli stupratori.
Grezzo, lacunoso ma con una sua morale. La forza del film - evidentemente di serie b con mezzi di produzione modestissimi e una trama messa li tanto per arrivare al metraggio - è nella crudezza delle scene ma sopratutto nella denuncia contro la delinquenza di strada. All'epoca il suo successo fu automatico (sbancò i botteghini) proprio per l'immedesimazione del pubblico nella figura di Betti, quasi un paladino della giustizia sotto le vesti di commissario. E poi Girolami se la cava con mestiere (vedi strepitoso inseguimento). Convincente.
MEMORABILE: Il finale: può sembrare moralità banalotta, ma coglie nel segno.
Merli fa il suo esordio nel poliziottesco con un film che fa leggermente il verso al Giustiziere della notte, ma comunque ben girato e interessante. La sete di giustizia del suo commissario Betti è coinvolgente e, anche se la trama è fatta di vari episodi più o meno scollegati, non ci annoia mai. Girolami è più a suo agio con i tempi dell'action che con quelli comici (il suo genere più abusato) e nel cast spicca la figura del grande Richard Conte, qui alla fine della carriera. Buono.
Film solido, violento, figlio dei suoi tempi ma anche "icona" del genere: Roma violenta è tutto questo. La storia di un commissario (un convincente Merli, alias Betti) e del suo metodo "sparatutto" per reprimere la criminalità, sia come poliziotto che come privato cittadino. La violenza (del commissario) genera comunque violenza e proprio questa è la morale del film, ben resa peraltro nel finale (a libera interpretazione dello spettatore). Inseguimenti molto lunghi, dettagliati e spettacolari. Musica incisiva! Da non perdere.
MEMORABILE: Inseguimento sulla Cristoforo Colombo/Tangenziale Est tra BMW (banditi) e Giulia (commissario).
Ottimo poliziottesco diretto con maestria da Mario Girolami che vede come protagonista quel Maurizio Merli destinato a diventare l'icona del commissario di ferro del genere (genere all'interno del quale Roma violenta è sicuramente uno dei "capolavori"). Fantastico il lunghissimo inseguimento tra le strade di Roma, condito con splendide sparatorie e divertenti scazzottate. Notevole la visione di una Roma sporca e malfamata.
L'ur-poliziottesco: non il primo, non il migliore, ma quello che condensa in sé tutti gli umori di una generazione. Rapsodico, eppure non superficiale; libero dal politicamente corretto, sanguigno, dai sentimenti basici e popolari, percorso da una vena di malinconia. Buona la colonna sonora e le scene d'azione (e bravo pure Merli, crepi l'avarizia). Deriso dalla critica militante, disprezzato da quella sussiegosa, Roma violenta dopo cinquant'anni porge, inconsapevolmente, una domanda inaspettata: e se Betti avesse ragione?
Girolami dirige col suo miglior mestiere uno dei poliziotteschi più famosi. Fu il regista stesso, con molta lungimiranza, a esigere che il commissario Betti fosse interpretato da Maurizio Merli, al suo esordio nel genere e l'attore romano gli regalò una delle sue interpretazioni più intense. La trama è esile ma la sceneggiatura non è affatto banale, con scene d'azione molto ben costruite. Grande impegno dei molti caratteristi e buon ritmo, con una OST incalzante e coinvolgente: un film da vedere, anche per coloro che non impazziscono per il cinema B.
Rivisto dopo anni: lo ricordavo migliore. L'aria truce e sanguinaria dei violenti anni '70 a Roma (come in altre città italiane, quando per strada si sparava) resta, posizionando il prodotto tra i più espressivi del genere; rimarchevoli le sue qualità di calderone alchemico del poliziottesco. Notevoli quasi tutte le sequenze d'azione (ma certo plasticismo rischia di deragliare), indimenticabile la sequenza dello stupro, volti da incorniciare, prestazioni attoriali buone e aura cult complessiva assicurata. Falegnameria semi-grezza, non rifinita.
Notevole poliziottesco (filologicamente molto importante) dal ritmo incalzante; arricchito da buone interpretazioni (perfetto Merli, in parte Conte, bravo Lovelock), piacevoli musiche (firmate Guido e Maurizio De Angelis) e una regia tutt'altro che disprezzabile. Molto riuscite le scene violente (decisamente più forti rispetto alla media del genere) e bellissimi gli inseguimenti per le strade romane (degli anni '70). Indiscutibilmente un buon prodotto (che merita di essere rivalutato)!
MEMORABILE: Lo stupro ai danni di (una fanciullesca) Maria Rosaria Riuzzi (sotto gli occhi del padre) e gli inseguimenti.
Tra i poliziotteschi più reazionari degli anni '70 è impossibile non citare questo di Marino Girolami. Scritto "de panza" da Vincenzo Mannino; tutto è elementare: dalle psicologie dei personaggi alla conseguente netta divisione tra buoni e cattivi; dall'oltranzismo securitario alla confezione registica da telefilm americano buono per la TV. Merli fa il poliziotto duro e puro che gli riesce meglio; Richard Conte è sprecato ma il "Chiodo" di John Steiner forse è l'unico che lascia il segno.
Grande poliziesco di Girolami con Maurizio Merli nel ruolo del commissario Betti. Un condensato di azione incredibile, con il famoso inseguimento sulla sopraelevata veramente ben girato ed emozionante. Da Callaghan ci si sposta al Giustiziere della notte con Betti che diventa un vigilante (anzi, c'è un gruppo di vigilantes privati) contro ogni sorta di criminale che imperversa nella Capitale. E questo naturalmente porterà a una spirale di violenza sempre maggiore. Un classico.
Girolami non raggiunge la bravura del figlio Castellari, ma insieme a Italia a mano armata gira uno fra i poliziotteschi tradizionali più ricordati, completo di tutti i cliché del genere. La regia è grezza e la trama scorre raccontando vicende separate, ma il ritmo è vertiginoso grazie all'azione continua e l'insistita violenza (anche se le risse non sono il massimo). Merli con il vento in faccia sulla Tangenziale Est senza parabrezza ha raggiunto lo status di culto per gli affezionati al genere, insieme all'accompagnamento musicale dei De Angelis.
MEMORABILE: La scena in autobus; Tutto l'inseguimento, con le sventagliate di mitraglietta, le sportellate e la fine del Chiodo.
È un po' sopravvalutato questo film, che si rivela un gradino sotto il successivo e quasi omonimo lenziano film con Napoli. Qui sconta il fatto che non esiste una vera e propria trama; è composto da quadri slegati, salvo trovare un'unità nella seconda parte. Il mondo delineato è un mondo da Far West, in cui basta sparare. Ma se è richiesto lo spettacolo allora il film ne produce in gran quantità, con anche un inseguimento mitico sulla sopraelevata.
MEMORABILE: L'inseguimento Merli-Steiner sulla sopraelevata.
Una Roma così violenta non si era mai vista. Bande di rapinatori, assassini e stupratori mettono a ferro e fuoco l'intera città. Ad occuparsene sarà il Commissario Betti prima come rappresentante delle forze dell'ordine, poi come vigilante. Feroce poliziottesco che non ha una vera e propria trama ma piuttosto presenta tutta una serie di violenze a cui risponde il protagonista con altrettanta crudeltà. Il messaggio che trasmette il film non è per niente rassicurante ed è quello che la giustizia non protegge il bravo cittadino ma chi delinque.
MEMORABILE: L'emozionante inseguimento che si conclude sulla sopraelevata.
Uno dei migliori poliziotteschi del genere, oltre al debutto di Merli nel genere, sapientemente doppiato da Pino Locchi. Il film è un "instant movie" nato per dare sfogo al desiderio di giustizia di un popolo flagellato dalla delinquenza e dal brigatismo dell'epoca. Secondo tempo inquietante e catartico. Ritmo serrato nonostante i frequenti errori tecnici che denotano un budget risicatissimo. Violenza molto forte in un film destinato a restare nella leggenda, nonostante lo svolgimento molto spezzettato e quasi episodico.
Film da ricordare più per la sua importanza nella codifica del genere che non per la sua effettiva riuscita. Merli è caricatissimo dal personaggio e non esita a sparare o a malmenare chiunque gli capiti a tiro e la pellicola punta tutto su un'escalation di violenza esasperata e insistita, tanto da far risultare il condivisibile dialogo finale tra Betti e Biondi, con l'improvvisa presa di coscienza del primo, troppo forzato. Molto bello l'inseguimento ma le risse non sono girate benissimo (vedasi quella nella tappezzeria). I successivi Betti sono sicuramente superiori.
MEMORABILE: "Interrogatorio" sull'autobus; L'inseguimento in auto al Chiodo; L'irruzione a casa di Sartori e la conseguente vendetta.
Titolo di punta del poliziottesco e noto per i grandi incassi, ma nel genere risulta piuttosto debole. Praticamente non c'è trama, poiché la storia è semplicemente un'accozzaglia di scene di violenza più o meno gratuita che segue sempre lo stesso loop: rapina di malviventi in cui ci scappa il morto, reazione del commissario Betti a suon di pugni. Tutto qui. Alcune scene sono di grande impatto ma non basta, perché ci si annoia spesso e volentieri alla ricerca di un senso da dare a una pellicola sopravvalutata. Tra i film più celebri del genere, ma non lo rappresenta.
Un poliziotto infiltrato finisce paralizzato dopo essere stato colpito. Il crimine viene visto come un male metropolitano e la sequela di violenze assortite non sempre lega (discreto l'inseguimento in macchina e male la rapina in banca, per i tempi sbagliati). Merli ha la pistola fin troppo facile e lascia perplessi in alcuni ragionamenti, tenuto conto che è un tutore dell'ordine e non un giustiziere americano. Piccolo inserto rosa senza approfondimento.
MEMORABILE: L'ostaggio buttato fuori dall'auto; La violenza domestica; Il frontale della moto.
Bellissimo poliziesco con l'iconico Merli, tormentato e spietato coi delinquenti al punto da continuare a dar loro la caccia e il redde rationem anche dopo essere stato cacciato dalla polizia. Omicidi di innocenti, stupri, vendette, rapine a mano armata, regolamenti di conti si susseguono senza cali di ritmo fino al finale aperto, struggente e in asse con il clima cupo e pessimista che pervade la pellicola. Ottima prova del giovanissimo Lovelock.
MEMORABILE: Il rapporto quasi paternalistico tra Betti e Biondi.
Poliziottesco base, fracassone e giustizialista. Al lungo inseguimento in auto girato con maestria si contrappone la pessima scena della scazzottata al negozio di tappeti, velocizzata manco fosse una comica muta di Stanlio e Ollio. La sequenza della moto contro il camion, interessante, è risolta con un effetto speciale scarso. Piuttosto frammentario nella trama, ma intrattiene e questo è quello che conta. Merli di mestiere. Forti il pestaggio finale e lo stupro con nudo integrale e spettatore. Non male, nel complesso.
MEMORABILE: L'inseguimento senza parabrezza, con lo spietato diversivo dei fuggitivi; La Riuzzi data in pasto alla mdp per lo stupro, da angolazione insolita.
La delinquenza non ha più freni, la gente ha paura, la polizia ha le mani legate da magistrati garantisti e codici inadeguati, bisogna farsi giustizia da soli: slogan semplici e persino qualunquisti, ma che arrivavano dritti alla pancia degli spettatori in un periodo in cui l'emergenza criminalità era particolarmente sentita. Non stupisce, quindi, che sebbene di polizieschi in Italia ne siano stati girati di migliori, questo abbia riscosso il maggior successo al botteghino, tanto da lanciare Merli come il commissario per antonomasia. Di fattura grezza, ma ha i suoi buoni momenti.
MEMORABILE: Il pestaggio sull'autobus; L'inseguimento; L'irruzione in casa Sartori e la relativa vendetta; Il finale, che cambia parzialmente la prospettiva.
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HomevideoGeppo • 9/06/16 07:45 Call center Davinotti - 4356 interventi
Su dvduncut è ancora disponibile, ma vedo che non c'è la traccia audio italiana.
HomevideoZender • 9/06/16 07:47 Capo scrivano - 48707 interventi
Ah beh, se non c'è la traccia italiana di che parliamo, Ruber?
Ho visionato da un amico la vhs Number One,confermo
la scena mancante.
SPOILER!ATTENZIONE
Nell'aggressione ai due stupratori il barbuto viene
tenuto fermo da due giustizieri,e un terzo(interpretato da Mario Novelli) gli rompe le braccia con una mazza da Baseball,
durata del vhs 1:30 scarse
Non ero a conoscenza di un secondo visto di censura (né Italia taglia né Cinecensura ne fanno cenno), ma posso garantire, dati alla mano (v.c. 66956), che la scena delle bastonate venne tagliata per il primo passaggio in censura del 1975. Per legge (legge spesso aggirata, è vero), in tv può passare solo la versione approvata in censura, come nel caso di Roma violenta su Mediaset. Le vhs italiane (perlomeno la Number one, verificata dal sottoscritto) non dovendo sottostare a tale vincolo, reintegrano il taglio. Aggiungo che i visti censura sul retro delle edizioni homevideo, pur essendo spesso corretti, sono puramente indicativi.