Girolami si riappropria della sua creatura (il commissario Betti) e pone la parola finale alle sue gesta. Confrontato al prototipo questo film ci guadagna incredibilmente: smussate le parti troppo ideologiche e la violenza spinta, Girolami ingrana la marcia e impone al film un ritmo vertiginoso grazie ad un montaggio serrato e al bellissimo score di Micalizzi. Così facendo, anche una sceneggiatura non bellissima come questa acquista in caratura. Inoltre introduce anche una nota quasi comica inserendo Toni Ucci, il cui personaggio anticipa Venticello.
Diretto da Marino Girolami, regista di Roma violenta (campione d'incassi nelle sale italiane), ovvero del film che lanciò l'icona del poliziotto superattivo rappresentato dal bravo Merli. Il film ha una pregevole struttura -quasi episodica- in grado di carpire l'attenzione dello spettatore, posto di fronte ad immagini spesso forti (l'uomo trascinato dall'auto, sino all'impatto con un macigno) e spesso disperate (i pianti delle madri dello scuolabus sequestrato). La sceneggiatura è supportata dall'ottima messa in scena e da un finale inatteso.
Uno dei più deludenti del ricco filone. Girolami si riprende quanto gli era stato tolto dopo il grande successo di Roma Violenta e decide di dire la parola definitiva sulle avventure del commissario Betti interpretato ovviamente dal grande Maurizio Merli. Solo che, tolti Merli e il cattivo Saxon e un paio di azzeccate scene d'azione, non rimane molto altro da salvare. Stuolo di soliti noti fra i criminali e non.
Ottimo poliziesco, il migliore interpretato da Merli insieme a Napoli violenta. Pieno d'azione e con qualche tocco di violenza. Girolami dirige il tutto con un ritmo elevatissimo e affronta praticamente tutti i temi principali del filone realizzando uno dei capisaldi del genere. Ottimo cast e grande colonna sonora. Da non perdere.
Uno dei tanti poliziotteschi dell'epoca, non particolarmente diverso dagli altri e quindi poco originale. L'impasto è sempre lo stesso eppure come accadde spesso il risultato è abbastanza gradevole: lo spettacolo e l'intrattenimento sono assicurati così come pure il divertimento.
Epilogo della trilogia bettiana. Ambientazione mobile (si passa da Torino a Milano per chiudere poi a Genova), ottime musiche di Franco Micalizzi ed una storia che funziona perfettamente. Si parte subito col rapimento di un pullman di bambini, Merli esce dai gangheri ed ovviamente non ci rientra più fino al finale, che è senz'altro particolare per essere in un poliziesco italiano, tant'è che molto se ne è discusso. Da notare come la dimensione privata sia stata quasi annullata: qui Betti è commissario, e stop. Una degna chiusura, secondo me.
Per la terza e ultima volta Maurizio Merli torna a vestire i panni del commissario Betti e come al solito lo fa alla sua maniera: massiccio e incazzato. Il film ha il pregio di avere un ritmo forsennato e lo spettatore si ritrova coinvolto in una serie di situazioni cucite assieme. Non è il migliore di Merli ma è sicuramente molto gustoso.
Girolami lanciò Betti in Roma violenta; lo stesso regista "uccide" Betti in uno dei film che chiudono definitivamente la stagione del poliziesco all'italiana. Azione a manetta: rapine (divertentissimi i rapinatori meridionali con capo torinese e complice in banca), inseguimenti (bellissimi) schiaffoni e via dicendo. Attori da 10 e lode (Saxon, Merli e Pellegrin), ottime musiche: un bel poliziesco.
MEMORABILE: Gli schiaffi a Marcello Monti, gli inseguimenti, le prime due rapine.
Poliziesco di Girolami che riprende il personaggio del commissario Betti. L'azione c'è, però si nota un Maurizio Merli meno incazzato del solito (e poi ci sono le scene con la sorella del bimbo morto che annoiano). John Saxon si presenta come il migliore del cast. Belle le musiche. Nè più né meno di Roma violenta.
Un po' goffa come opera per Girolami, che qui prosegue la saga del commissario Betti (della saga forse è il più deludente). Il commissario viene sbeffeggiato senza scrupoli dai gangster, in cambio di qualche sguardo depresso e in cerca di comprensione. Inoltre la trama è un po' confusa dato che le vicende che si susseguono sono molto poco lineari. Da considerare buona la presenza di Saxon.
Franco Martinelli (Marino Girolami) HA DIRETTO ANCHE...
Il comissario Betti è sempre il comissario Betti. Film trucido ed ipocrita, cade nel patetico assoluto perché la storia è tanto monotona e risulta nient'altro che una replica di Roma violenta (soltanto che qui siamo a Torino). Maurizio Merli è sempre al top, anche perché crede molto nella parte che interpreta.
Ancora Betti nella sua lotta contro la criminalità. Merli granitico come si conviene, stavolta è anche più umano e sfortunato. Girolami dimostra di conoscere al meglio i meccanismi del poliziottesco e sorretto da una sceneggiatura zeppa di spunti interessanti ci regala un film coi fiocchi, pieno di scene di forte impatto tra inseguimenti e uccisioni. Tutto il cast gira a mille con un Saxon iperstrafottente e un Fiorentini delinquente schizzato. Esaltanti le musiche di Micalizzi. Il finale è un triste e duro colpo sotto la cintura. Spietato e nichilista.
MEMORABILE: Fiorentini stupra la contadina, gli inseguimenti sui Navigli e nelle viuzze di Genova.
Poliziottesco classico nelle sparatorie e violenze varie, contiene anche una base continua nello scontro quasi personale tra il criminale di turno ed il sempre eccitato commissario. Gli inseguimenti con le 113 a motore sono davvero magistrali ed anche gli scontri a fuoco sono ben fatti. Poco convincente, almeno nella prima parte della pellicola, è l'atmosfera poco pesante ed artificiosa, dovuta alle non convincenti performance degli attori. Poi forse qualche svarione: il commissario in galera con i delinquenti e non in un carcere militare, per esempio.
Sicuramente il titolo più noto del genere poliziottesco, fama sicuramente meritata. È un film consistente, dalla trama semplice ma "ingarbugliata" come vuole il genere (anche se tutto sommato logica); l'azione non manca per l'iperattivo commissario, qui all'opera nel triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Betti si conferma un misto tra l'ispettore Ginko di 'Diabolik'e un Chuck Norris ante-litteram: freddo, ligio al dovere e irreprensibile, ma anche incline ai metodi poco ortodossi per combattere il crimine. Brutto il finale, ma resta un bel film
In assoluto una delle migliori produzioni del genere poliziesco (non amo il poliziottesco) dove Merli interpreta forse il "Betti" più intenso della trilogia. Memorabile già dalle prime immagini (il mercato di piazza principe, le voci in dialetto torinese), si sposta per Milano (una delle poche incursioni di Merli in questa città) con un inseguimento spettacolare che parte dal mercato ortofrutticolo, si sposta sui Navigli e giunge addirittura all'idroscalo a Genova tra entroterra e porto. Un must!
MEMORABILE: Merli: "Sempre uguale questa Milano eh? e sempre più piena di criminali!"
Buon film che chiude la saga del celeberrimo commissario Betti, interpretato come sempre dal grande Maurizio Merli. In realtà il personaggio stavolta è leggermente più calmo e riflessivo del solito (a parte la scena in cui prende a sberloni un malvivente), ma la trama è più o meno la solita. Betti si muove tra varie città e alcune microstorie si intrecciano tra loro, quindi l'azione è abbastanza varia; si sprecano i volti noti dei caratteristi e oltre a Merli tra gli interpreti si segnala Saxon. Il finale però è troppo simile a Roma Violenta...
Poliziesco con un protagonista all'altezza del compito (commissario duro, ma giusto, non certo indistruttibile e parecchio solo), agevolato da una sceneggiatura dinamica (inseguimenti, sparatorie, indagini serrate e una capatina in carcere tra "vecchi amici") e da personaggi piuttosto azzeccati (il saggio e sfortunato compare, l'autista napoletano un po' mariuolo, la banda senza scrupoli). La violenza non manca e a farne le spese sono praticamente tutti (bambini inclusi). La messinscena finale è un po' eccessiva, ma non disturba più di tanto. Giusta colonna sonora. Nel complesso, buono.
MEMORABILE: Un poliziotto viene legato dietro all'auto e trascinato a tutta velocità contro sassi e rocce ai lati della strada; Gli ultimi fotogrammi.
Stavolta si opera nel nord Italia ed il commissario per antonomasia cerca di sconfiggere dei rapitori di bambini e in seguito una cerchia di banditi collegati con il sequestro. Azione e coraggio, sparatorie ed inseguimenti però stavolta Merli cerca e trova l'amore. Il posticcio finale del regista rende la vicenda simile alle altre del genere.
Il commissario Betti è ormai un noto supereroe, che gioca a calcio come un giocatore della Juventus e guida la macchina come un pilota della Ferrari; stavolta dimostra inediti scrupoli (assecondando più volte i criminali per tutelare gli ostaggi) e viene incastrato con un delitto di cui è innocente, conoscendo addirittura l'onta del carcere. Avventura piacevolmente on the road, con tanti deja-vu ma valorizzata da un ritmo senza tregua e da un finale coraggioso. Grandiosa, incendiaria musica di Franco Micalizzi.
MEMORABILE: La mascella di Maurizio, quando stira la terza e ingrana la quarta!
E così finì il Commissario Betti. Per un non amante del genere poliziottesco risaltano sempre di più i difetti piuttosto dei pregi di questa tipologia di film, che quando ben realizzati come in questo caso consistono in belle scene di rapine, inseguimenti, scazzottate ecc. La trama risulta molto varia con qualche colpo di scena a movimentare il tutto. La recitazione di Merli in certe scene topiche non è all'altezza. Guardabile anche per chi non apprezza il genere.
Girolami ci ha preso anche stavolta, solo che ha sparato da vicino ad un bersaglio troppo grosso e si è tutto inzuppato... Il romanticismo del commissario Betti troncato da una raffica sul nascere... oh! nooo! Non ci stava. E dire che c'era il nuovo ingrediente della rapina a cliente infiltrato...
Terza e ultima avventura del mitico commissario Betti. Alla regia torna Girolami che, pur non essendo brillante come Lenzi, garantisce il giusto intrattenimento tra scazzottate, inseguimenti e sparatorie (bruttine). E chi è genovese come me non può restare indifferente agli insulti in dialetto che si becca il commissario nel carcere di Marassi a Genova. Maurizio Merli come al solito è insuperabile (e questa volta tenta anche qualche sorriso!).
Pur nella stretta aderenza ai canoni dei polizieschi coevi, la fitta trama si apre spazi di autonomia nella ricerca di una genuina drammaticità (il rapimento dei bambini e la morte di uno di essi; la solitudine di Merli e della D’Angelo; il ménage familiare del malavitoso Arena), nella scelta di tre diverse “città violente” (Torino, Milano e Genova) e di un epilogo inatteso che fa avverare i sinistri presagi de La polizia incrimina, la legge assolve e Roma violenta. Più noto come doppiatore, l’ottimo Sergio Fiorentini presta il volto ad un criminale ferino e nevrotico.
MEMORABILE: L’esecuzione di Vanni; Merli che riconosce e smaschera il falso ostaggio.
Questo è il poliziesco, prendere o lasciare. Potente e superficiale, mai noioso. Con un tema musicale fortissimo, un montaggio serrato che dà ritmo notevole a tutta la pellicola, numerose scene d'azione girate alla perfezione tra Torino, Milano e Genova, una storia intrecciata e coerente, un epilogo d'effetto. Insomma uno di quelli da vedere assolutamente.
Avendo consumato tutte le città cui attribuire l'aggettivo ”violenta" o "a mano armata", Girolami ci caccia dentro l'Italia intera (in effetti si vedono diverse città del Belpaese). Una sorta di road-movie poliziottesco che vede una prima parte spumeggiante e promettente, ma che poi va a scemare drasticamente nella seconda per via di una sceneggiatura alquanto sciatta (in ogni caso Merli si riconferma ottimo nella parte del commissario ribelle e l'eterno ruolo da cattivo di Saxon è una garanzia). Grande OST di Micalizzi.
Con questa pellicola Girolami firma una delle opere fondamentali del poliziesco all'italiana. A fronteggiare John Saxon, nei panni del solito boss spavaldo di turno, troviamo un commissario Tanzi più lucido e riflessivo rispetto alle precedenti comparse. Drammatiche e di forte tensione le sequenze che precedono la liberazione della scolaresca. Valida la regia nelle scene d'azione, così come la colonna sonora di Micalizzi, forse tra le più rappresentative del genere.
Fatta la tara alla mia imperdonabile idiosincrasia ideologica per il genere, una splendida riuscita di Girolami (il suo film più divertente insieme al pur "diverso" Dove vai se il vizietto non ce l'hai?). Vera raffica di episodi criminosi, alla cui monotona serialità suppliscono la schioppettante regia, un montaggio a mitraglia e la detonante musica di Micalizzi. Ridotti al minimo e contestualizzati i pistolotti facinoroso-superomistici. Il compatto Merli (con la ferme tonalità di Locchi) ben contrappuntato dal placido disincanto di Pellegrin. Gran sventagliata di caratteristi.
MEMORABILE: Fiorentini invasato che dà l'assalto alla fanciulla in bici; Pellegrin in visita a casa di Arena/Morel; Il finale che "cita" La polizia incrimina.
Per chiudere in completezza il trittico poliziesco avviato con Roma violenta, Girolami prende tre piccioni con una fava smistando questo discreto action tra le maggiori città ancora assenti all'appello: Torino, Milano e Genova. Qui Saxon fa il viveur malavitoso, Pellegrin l'ispettore pensionando e Merli, religiosamente, lo sbirro-che-non-deve-chiedere-mai (e guai a toccargli i bambini). Come in Napoli violenta, nella sua vita privata c'è poco spazio per i sentimenti ed ogni illusione di alternativa al nobile protocollo di servitore dello Stato sembra condannata a gelarsi in eterno nei ralenti del destino.
MEMORABILE: La soundtrack di Micalizzi è da pelle d'oca, anzi "A prova di morte"...
Non vale certo Roma, l'altra faccia della violenza, che del tris poliziottesco di Girolami è nettamente il migliore. Il personaggio di Merli vola troppo verso l'eroe inscalfittibile, ma il difetto principale del film è un folle "deus ex machina", assolutamente imperdonabile, che permette l'identificazione dei rapitori. Peccato, perché l'innesto di due vicende per arrivare al metraggio e spettacolizzare il tutto sarebbe pure perdonabile. Girolami dirige con il consueto mestiere, ma non basta.
Probabilmente il film-simbolo del poliziesco all'italiana (quello più riproposto in tv), che va ad affiancare i suoi due predecessori che formano la trilogia del commissario Betti: Roma violenta e Napoli violenta. Se nei primi due episodi si evidenziano maggiormente crudezza e realismo (a Roma) e qualità e spettacolarità (a Napoli), qui sono il ritmo, l'intensità e l'azione i punti di forza di un film avvincente. Colonna sonora stratosferica (da pelle d'oca), sceneggiatura ottima, fotografia incantevole, inseguimenti da brividi. Il finale è stato un vero shock!
MEMORABILE: La colonna sonora di Micalizzi inimitabile; Merli che prende a ceffoni uno dei marsigliesi dopo l'inseguimento.
Buona pellicola di genere. Un gradino sotto a Roma violenta. Comunque Girolami farcisce tutto il film di sparatorie, inseguimenti e una bella dose di violenza. Merli all'apice del suo successo nei panni del commissario che, in questo caso, appare meno spaccone e più riflessivo. Saxon discreto nei panni del malavitoso di turno. Notevoli le riprese esterne e fantastiche le musiche. Buon film.
Sull'asse Torino-Milano-Genova si sviluppa questo ottimo poliziottesco girato con estrema sicurezza e la solita maestria da Marino Girolami. Il protagonista, come in Roma violenta, è sempre l'indistruttibile commissario Betti, mentre il cattivo di turno è interpretato da Saxon, che rappresenta una certezza quando si tratta di vestire i panni del capo di una banda di criminali. Le scene d'azione sono numerose e ben girate e la tensione in alcuni punti raggiunge alti livelli. Bellissime le musiche di Franco Micalizzi. Davvero un buon lavoro.
MEMORABILE: L'ingresso in prigione del commissario Betti.
Terzo capitolo incentrato sulla figura del commissario Betti (Maurizio Merli). Il regista Girolami riprende in mano la creatura che gli era stata momentaneamente “scippata” da Umberto Lenzi in Napoli violenta e conclude un’ideale trilogia che, nel finale, ripropone (ma stavolta senza ambiguità) uno scenario che nel primo capitolo veniva soltanto “ipotizzato”. Inspiegabile la scelta di far parlare Toni Ucci in napoletano. Soundtrack di Micalizzi adrenalinica e incendiaria, con il tipico funky accompagnato da una robusta sezione di fiati.
Torna più tosto che mai l'inossidabile commissario Betti del bravissimo Merli e ancora una volta dà la caccia a modo suo a criminali incalliti e senza scrupoli che arrivano a sequestrare un intero bus di bambini. La regia è affidata a Girolami, che non sarà Lenzi ma imbastisce ottime sequenze d'azione condite con un pizzico di sadismo e nessuna ironia. Lo script è più dispersivo del solito e non tutti i membri del cast sono dei mostri di recitazione, ma il risultato è comunque godibile. Ottimo come sempre lo score di Michelizzi.
MEMORABILE: Gli adrenalinici inseguimenti in auto; La brutta fine del poliziotto infiltrato.
Buon poliziesco che chiude la trilogia del mitico commissario Betti. Stavolta le location sono molteplici in quanto l'azione si svolge in tre città (Milano, Torino e poi nel finale a Genova). Per quanto riguarda gli stilemi tipici del genere, il livello è sempre alto, dato che l'azione non manca (tanti gli inseguimenti) così come la violenza, tra sparatorie e scazzottate varie. Sempre ottimo Maurizio Merli, così come l'antagonista cattivo John Saxon. Notevoli le riprese e la OST di Franco Micalizzi.
MEMORABILE: Gli adrenalinici inseguimenti in auto; Fiorentini che assale la contadina in bici per poi stuprarla.
Chiude qui la trilogia del commissario Betti con un film che, messo in relazione con gli altri della serie, si può considerare dignitoso ma inferiore come qualità e riuscita: non ha la forza bestiale del primo capitolo né la perfezione del secondo (il migliore); è un buon film, con interessanti sorprese, ma anche con qualcosa che si è inceppato, facendolo scorrere meno fluidamente. Per carità, stiamo parlando di un'inezia, soprattutto considerando che si tratta di un terzo capitolo, ma nell'insieme mi ha soddisfatto.
L'indimenticato Maurizio Merli alle prese con una banda di rapinatori divisi tra Torino, Milano, Genova. Solite fughe e inseguimenti rocamboleschi, dove il commissario Betti dimostrerà il suo carattere di ferro. Peccato che manchi quel pizzico di mistero per rendere il film con quel giusto alone di giallo che avrebbe giovato.
La saga di Betti si chiude in sordina, di tre spanne inferiore al capolavoro partenopeo (ma sotto, di una, anche a Roma violenta). Girolami non sarà mai Lenzi, ma migliora sotto il punto di vista dell'azione pura (che è ottima in tutto il film) e del ritmo. Una summa del genere godibile (c'è anche un'altra straordinaria soundtrack, firmata dal solito Micalizzi) ma piuttosto di routine. Il problema principale sta nella trama, piena di buchi e svarioni qua e là che alla lunga stanca. Ucci totalmente fuori parte. Sufficiente, non di più.
Questa volta il commissario Betti, interpretato da Maurizio Merli, deve fronteggiare una banda che opera nel nord Italia, tra Torino Milano e Genova il cui boss è il cattivo Saxon. Niente di nuovo rispetto a tante pellicole del genere ma il film è girato in maniera professionale da Martinelli (cioè Marino Girolami). La colonna sonora di Micalizzi è incisiva, il cast di buon livello e il finale amaro.
Terza avventura e degna chiusura del ciclo del commissario Betti. Girolami torna alla regia e impone un ritmo serrato, con molti inseguimenti in auto e a piedi. La trama stavolta è lineare, vale a dire un unico caso ma più complesso del solito, con un gruppo di delinquenti che sequestra alcuni bambini diretti a scuola. Meno violento dei precedenti episodi, ma ugualmente efficace, con Merli ancora in parte e un discreto Saxon a fare (nuovamente) da villain. Buono.
Per arrivare al metraggio desiderato c'è bisogno di unire tra loro più storie, tanto da far sembrare il film un "collage" di diversi episodi ambientati in città diverse. Il risultato finale comunque non è totalmente da buttare, grazie anche a una regia abbastanza briosa. Sicuramente Girolami aveva ben presente l'analoga scena di Profondo rosso, quando ha girato l'esecuzione di Massimo Vanni. Gli estimatori del genere penso che possano gradire questa pellicola, gli altri comunque un'occhiata possono concedergliela.
Premesso che da appassionato del poliziottesco sono molto più clemente nei confronti di svarioni di sceneggiatura che in altre pellicole stroncherei senza riserve, devo dire che l'ultima avventura del commissario Betti è inferiore a quella partenopea ma superiore a quella romana. L'aver intrecciato varie vicende criminali in tre città diverse conferisce un ritmo ancora più serrato, la regia di Martinelli è grintosa, gli interpreti funzionali (Merli è la solita roccia), lo spiazzante finale lascia di stucco. Incalzanti le musiche di Micalizzi.
MEMORABILE: Le rapine con ostaggio "truccato"; Il sequestro della scolaresca; L'esecuzione di Vanni; L'inseguimento sui Navigli.
Si entra subito nel vivo con un rapimento che la dice lunga sulla strada imboccata. C’è tanta azione che, tra fughe e inseguimenti, conferisce un ritmo elevato e incalzante che quasi non ha pause. C’è anche una vena di pietismo, ma era inevitabile. Non sempre è tutto credibile, ma è pur sempre una scelta di cinema che punta più alla spettacolarizzazione. La colonna sonora di Micalizzi non tradisce le aspettative.
Poliziottesco che Girolami salva dall’anonimato mostrando un Merli/Betti meno granitico e più complesso del solito, duro ma al tempo stesso melanconico (nelle scene con Pellegrin e Mirella D’Angelo) e persino ironico, spostando l’azione tra Torino, Milano e Genova e dando al film – dal ritmo serrato - un finale spiazzante. Il resto è di routine ma stupri, esecuzioni efferate e inseguimenti restano impressi. Trascinanti, anche se non molto originali, le musiche di Micalizzi.
MEMORABILE: Betti incita il rapinatore a sparare all’ostaggio; L’esecuzione del poliziotto in stile “Profondo rosso”; La sequenza del carcere; I fotogrammi finali.
Tra i più famosi polizieschi degli anni 70, con l'ottimo Maurizio Merli nei panni del commissario Betti. La prima parte funziona alla grande grazie a inseguimenti e sparatorie di stampo classico, peccato per qualche pausa nella parte centrale. Nel complesso direi un buon film: se amate i polizieschi farà al caso vostro. Oltre a Merli segnalo un cast in palla e ben assortito.
MEMORABILE: Il rapimento dei bambini; Il finale da pugno nello stomaco.
All'inizio sono stato abbastanza infastidito dalle troppe toppe della sceneggiatura, legate perlopiù a comportamenti poco plausibili, sia dei banditi che della polizia; poi la storia, ben articolata, ha avuto il sopravvento e mi sono lasciato trasportare nella visione, senza ingiustificate pignolerie (visto il genere). Sono molte le scene che si staccano dai soliti cliché del poliziottesco riuscendo a elevarsi dalle sue peculiari caratteristiche. Merito della regia e di buoni interpreti, ma soprattutto di situazioni mai troppo scontate.
Tagliato con l'accetta (come la media dei poliziotteschi) e inverosimile nello svolgimento (perdonabile), eppure funziona. Stavolta la trama è meno rapsodica e si intravede addirittura un filo logico che dirige la grinta monodimensionale di Maurizio Merli. Godibili lo sprezzo del politicamente corretto e gli inseguimenti, memorabile il tema musicale di Micalizzi.
Poliziottesco con un intreccio narrativo piuttosto complesso rispetto alla consuetudine del genere che ne appesantisce il ritmo. Soprattutto la parte che si svolge nella cascina di campagna non dà spazio a quell'azione tipica che ci si aspetterebbe da una pellicola di questo tipo. Resta comunque un'opera di buon livello. Peccato per il ruolo un po' sacrificato di Saxon, messo quasi in disparte.
MEMORABILE: L'inseguimento al mercato ortofrutticolo.
Un onesto poliziesco diretto e interpretato con mestiere da professionisti del genere. Niente che faccia gridare al capolavoro ma inseguimenti, sparatorie e scazzottate sono di tutto rispetto e non a caso hanno un ruolo primario nel film. Merli, pur mostrando i suoi limiti, soprattutto nei primi piani, ce la mette tutta mentre Saxon alterna grandi zampate a momenti di stanca. Buon ritmo a tratti frenato dalle scene in cui entra in scena la D'Angelo, espressiva come un Mohai. Grandi musiche di Micalizzi. Merita tutto sommato la visione.
Poliziesco anni 70 di tipo tradizionale (commissario con gli attributi, inseguimenti, etc.) ma piacevole, specie grazie al plot sviluppato su tre città (Torino-Milano-Genova) e al noto score musicale di Micalizzi. Il commissario Merli è in forma e si vede (lo dirà anche un medico dopo che il nostro eroe è sopravvissuto a una caduta da un auto in corsa!). Il cast, ben assortito e di qualità, contribuisce al buon risultato. Notevole il collegamento con Roma violenta nel finale. Si segnala qualche scena d'azione riciclata da altri film. Comunque da non perdere!
MEMORABILE: Inseguimenti a Genova e Milano; La grinta del commissario; Il finale.
Certamente non esente da difetti e leggerezze, ma rispetta tutti i canoni del poliziottesco del periodo: azione violenta, ingiustizie, inseguimenti spericolati e un Merli davvero scatenato; il tutto condito dalla magnifica soundtrack del maestro Micalizzi, da brividi. E' il primo "poliziesco all'italiana" che vidi e che mi avvicinò al genere e al cuor non si comanda, 3 pallini.
MEMORABILE: La fine della corsa sulla Bmw 2000 e i successivi schiaffoni
Se ci si sofferma puramente sulla trama, il film è ingenuo e poco spontaneo. Peraltro ripetitivo dato il filone di quegli anni. Ma. C'è tutto il resto. La pellicola è un "viaggio" spassoso tra colonne sonore, ambientazioni, costumi e inseguimenti magicamente anni 70. Oltre a questo tipo di divertimento, assicurato, il ritmo è fluido e Merli talmente convinto che diventa quasi convincente (viene anche il dubbio fosse stato clonato, data la moltitudine di polizieschi in cui recitava la parte dell'inossidabile e coriaceo ispettore). Un cult dunque.
Un poliziottesco con tutti i crismi e gli stilemi del genere (esplosioni, sparatorie, ultraviolenza, madri piangenti, un pizzico di sesso) che può contare sulla solita interpretazione del baffuto Merli da uomo che non deve chiedere mai. Soffre di una trama erratica, che apre diverse vicende senza chiuderne nessuna e di un finale un po' posticcio, oltre che di certe imperdonabili ingenuità nella caratterizzazione dei personaggi. In compenso gli inseguimenti sono tra i migliori di tutto il filone.
MEMORABILE: L'inseguimento al cardiopalmo tra la 124 Sport del commissario Betti e la BMW dei criminali in fuga.
Per il commissario Betti (Maurizio Merli) è tempo di farsi conoscere anche al Nord. Tra Torino, Milano e Genova cercherà di sgominare bande di criminali tra cui rapitori di bambini, ladri e assassini. Tante piccole storie che vanno a formare un unico grande intreccio fanno capire che le sceneggiature cominciano a risentire della quantità di prodotti del genere in circolazione in quel periodo. Indimenticabile tutta la parte girata a Genova, soprattutto quella nel carcere di Marassi, dove piovono insulti tipici del dialetto genovese.
Merli dà ragione al titolista non fermandosi in una sola città ma portando l'azione in tour da Torino a Milano per concludersi a Genova. Le scene d'azione sono veramente spettacolari: inseguimenti, poliziotti trascinati dall'auto con una fune, corse sui tetti, tentativi di non lasciarsi cadere dal cornicione. La storia, per la prima parte, in parte non segue i classici cliché, non disperdendosi in troppi episodi ma mantiene unità ed è realmente avvincente. Poi, nella seconda, va a mutare mantenendo un diversa unità. Spettacolare.
Centone delle città del poliziottesco e dei luoghi comuni, ma con un ritmo incalzante e bellissimi inseguimenti. La trama lascia piuttosto perplessi, perché i delinquenti sono troppo stupidi e il poliziotto protagonista troppo agile, ma in questi film non si deve cercare la verosimiglianza. In compenso i cattivi, a partire da Saxon, sono veramente memorabili. Il colloquio in carcere con una non parente è comunque il punto più alto dell'inverosimiglianza!
MEMORABILE: Il ruolo di Enzo Andronico con gli occhiali scuri durante la rapina.
Trattandosi di uno degli ultimi appuntamenti col commissario Betti era inevitabile ripercorrere tutti gli stilemi del genere e arduo proporre qualcosa di nuovo. Ma Girolami lo fa con mestiere e ritmo sufficientemente incalzante, infilando una girandola di situazioni e un cast ben amalgamato. Non mancano inseguimenti a ritmo di Micalizz e violenze assortite. Buone e varie anche le location che spaziano dai casolari, alle vie cittadine, alle zone portuali. Merli ovviamente fa la parte del leone e nonostante la mascella sempre ben tirata affiora sempre più malinconia, nel suo personaggio.
Le vicende del Callaghan nostrano si spostano questa volta sul triangolo Torino-Milano-Genova. Dopo un iniziale richiamo al Caso Scorpio (il sequestro del pullman), la vicenda si snoda in maniera piuttosto convenzionale e il film, alla fine, lascia poche tracce, penalizzato anche da una confezione rozza. Certo, di azione ce n'è, tanto che a volte si ha l'impressione che Girolami giri sopra ritmo. All'impetuoso Merli è contrapposto un misurato Pellegrin, mentre c'è una particina anche per Sergio Fiorentini, apprezzato doppiatore.
Spettacolare poliziottesco con un Merli in grande spolvero, un Pellegrin eccellente spalla e una deliziosa Mirella D'Angelo. Storia avvincente, scene d'azione riuscite e un intreccio efficace e senza respiro. Ottimo Saxon nel solito ruolo del "fetente". Simpatico il ruolo di Tony Ucci, che sfoggia un napoletano perfetto pur essendo romano. Regia di Girolami efficace e ottime ambientazioni. Diverse scene riuscite per un poliziottesco al top. Finale sconvolgente, fra i più drammatici della storia del poliziottesco.
MEMORABILE: Il finale; L'interpretazione di Merli; La scena del circolo nautico; Le scene d'azione.
I primi minuti promettono bene, Merli che smaschera il finto ostaggio vale un applauso, poi purtroppo Fiorentini si fa beccare in giro a fare i suoi porci comodi (letteralmente) a volto scoperto e le buone premesse vanno a farsi benedire. Anche il teso confronto rapitori-poliziotti alla cascina ha comunque una vistosa voragine. Poi si lascia guardare fino al tragico finale, non senza qualche sussulto (l'esecuzione di Vanni, Saxon che incastra Merli). Ottime come sempre le prove degli attori, un po' monotone le musiche.
Ultimo capitolo della trilogia del commissario Betti: rispetto alla prova romana Girolami alleggerisce l'onnipresente violenza, gira con maggiore sprint e sul piano dell'azione pura il film funziona bene (notevoli soprattutto le scene d'inseguimento). Merli, sempre più a suo agio nel ruolo, è circondato da un cast appropriato, Micalizzi si conferma compositore perfetto per il genere: formula che vince non si cambia, ma il finale è veramente sorprendente. Sceneggiatura meno frammentaria rispetto ad altri epigoni, purtroppo non priva di incongruenze e ingenuità.
MEMORABILE: L'inseguimento milanese; La barbara esecuzione di Vanni nella cava; Il finale.
Gruppo di malviventi rapisce uno scuolabus. Poliziottesco che rispecchia gli stilemi del genere, anche se cerca qualche variazione. Meno sparatorie e violenze, mettendo in mezzo i bambini e riuscendo a sbattere in prigione il commissario Merli (!). Discreti gli inseguimenti e qualche momento epico nelle rapine danno il giusto intrattenimento. Micalizzi sforna una buona colonna sonora. Ci sono dei lievi accenni sentimentali, discutibili dato che derivano dalla morte di un bimbo. Copiatura argentiana quando viene fatto fuori l'infiltrato e chiusura non originale.
MEMORABILE: Il commissario buttato fuori dalla macchina; Il vagone schivato; L'agguato in prigione.
Più sottotono degli altri capitoli della trilogia in particolare per via della sceneggiatura poco lineare (si ha l'impressione di più casi di crimine uniti da flebili fili conduttori) e la dose più misurata di violenza criminale (in ogni caso presente). Comunque piacevole. La prima parte (sino all'assalto dei sequestratori di bambini) è quasi perfetta e Girolami dirige con gran maestria e senso del ritmo. Non mancano momenti notevoli, come l'arresto di Betti o un inatteso epilogo. Il commissario appare tuttavia un personaggio ancora una volta diverso. Micalizzi è adorabile.
Sicuramente uno dei migliori esempi di poliziottesco. Il film ha tutto del genere, dal commissario manesco e monoespressivo alla grande violenza sia fisica che morale, passando per inseguimenti, soprusi e prepotenza. Per chi vuol conoscere il genere questo film andrà bene perché è un perfetto sunto di quello che altre pellicole mostreranno stancamente per diversi anni. Notevoli gli inseguimenti, numerose le scene di tensione. Era invece assolutamente evitabile l'inutile e poco credibile love story D'Angelo-Merli. Finale sospeso. Non un capolavoro, certo, ma meritevole di visione.
Buon poliziottesco senza sbavature, con una trama d'indagine che procede a tronconi per risalire fino ai mandanti degli eventi. Il nostro commissario dovrà dunque spostarsi tra Torino, Milano e Genova, seguendo le varie piste. Forse dieci minuti in meno avrebbero giovato alla godibilità del prodotto, che comunque mantiene un buon ritmo e non annoia. Tema musicale azzeccato e memorabile. Belle le sequenze d'azione e quelle di inseguimenti, mai velocizzati. Finale particolare. Maurizio Mattioli agli esordi comparsa in carcere. Solido.
MEMORABILE: Il bambino malato; Merli carcerato; Il tentato stupro in cui l'attrice fa di tutto per divincolarsi senza mostrare quasi nulla alla MDP.
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E' il primo film in cui appaiono le nuove auto della polizia azzurre (colorazione del resto in vigore ancora oggi, sia pure con modifiche nel logo del marchio) in sostituzione delle tradizionali Giulie verdi.
Ho appena rivisto il passaggio, in effetti è poco chiaro. Prima che Vanni vada al telefono, la regia inquadra il delinquente, come se già sapesse... il che avvalora la tesi dell'esca.
Comunque volevo chiederti, ma il pallino e mezzo che gli hai rifilato è dipeso da questo? nel senso che senza questo passaggio, il film sarebbe stato da **?
Rogerone ebbe a dire: Ho appena rivisto il passaggio, in effetti è poco chiaro. Prima che Vanni vada al telefono, la regia inquadra il delinquente, come se già sapesse... il che avvalora la tesi dell'esca.
Comunque volevo chiederti, ma il pallino e mezzo che gli hai rifilato è dipeso da questo? nel senso che senza questo passaggio, il film sarebbe stato da **?
Qualcuno sa come si chiama l'attore che fa la parte del ruolo di capo rapinatore che parla in torinese? Appare anche in "Roma a mano armata" nel ruolo del barman del locale(Carmine) che fa finta di non conoscere Tony.
Edit: appare anche nel film Rolf (è il mercenario "avvoltoio"), e fa una piccola parte anche in C'era una volta un gangster(è l'uomo che gioca a carte e viene "sequestrato" dal protagonista).
Qualcuno sa come si chiama l'attore che fa la parte del ruolo di capo rapinatore che parla in torinese? Appare anche in "Roma a mano armata" nel ruolo del barman del locale(Carmine) che fa finta di non conoscere Tony.
Qualcuno sa come si chiama l'attore che fa la parte del ruolo di capo rapinatore che parla in torinese? Appare anche in "Roma a mano armata" nel ruolo del barman del locale(Carmine) che fa finta di non conoscere Tony.
Al minuto 05:23 la radio montata nella alfa bianca che avvisa il commissario Betti della rapina in corso al banco di Torino è una "Canadian Wireless set mk 58 I" della "Addison Industries", si tratta di una radio militare del 1943.
qui una immagine di confronto in buona definizione
Nell’edicola dove il Commissario Betti (Merli) compra il giornale sono appese due riviste sportive torinesi: "Hurrà Juventus" (A) e (a fianco) "Alé Toro!".