Più che un poliziesco un gangster-movie all'italiana, incentrato soprattutto sulla figura più crudele che il nostro cinema d'azione abbia mai partorito, il Giulio Sacchi interpretato da Tomas Milian (e doppiata alla grande Da Ferruccio Amendola): ladro/rapinatore/psicopatico/omicida, merita di entrare tra le migliori caratterizzazioni del grande attore cubano, che qui dimostra tutto il proprio talento regalando al personaggio un’autenticità incredibile. Ancora lontano dai vari Monnezza/Giraldi, popolani dal cuore tenero, Milian consegna alla memoria il protagonista più feroce che si possa immaginare, anticipando di un ventennio LE IENE...Leggi tutto di Tarantino (che infatti ama molto questo film, conosciuto in America col titolo di ALMOST HUMAN) e rendendone la sofferta psicologia con stupefacente naturalezza. Merito anche di una sceneggiatura ottimamente strutturata e della regia svelta ed efficace di Lenzi, che ovviamente non lesina nello sciorinare scene di violenza gratuita (giustificate però in questo caso dall'esigenza di descrivere senza falsi pudori l'animo del protagonista). Nella parte del commissario Grandi, debole e defilato antagonista di Sacchi, troviamo invece Henry Silva, altro habitué dei poliziotteschi di casa nostra, che però qui non ha la possibilità di brillare come in altre occasioni per via della minore importanza ricoperta dal suo personaggio. Celebre la sequenza delle vittime del trio di assassini appese a un lampadario e massacrate dalla furia omicida di Sacchi. Musiche di Morricone. Film da godere appieno per il perfetto mestiere di Lenzi, che trasforma un soggetto piuttosto anonimo in un prodotto di tutto rispetto. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Il film più violento della storia del cinema italiano al punto da non essere passato in tv per oltre 30 anni. Tomas Milian impersona il personaggio di Giulio Sacchi, uno psicopatico-omicida molto debole psicologicamente (forse anche omosessuale), che si sente il padrone del mondo quando ha la mitraglietta in mano. Sensazionale la scena dell’uccisione delle vittime appese al lampadario dopo che queste avevano accusato Milian di essere un assassino perché aveva ucciso la loro figlia sparando a casaccio. Il ruolo più bello e più intenso di Tomas nel nostro cinema.
Film che palesa grande professionismo da parte di Umberto Lenzi, ricco di scene indimenticabili, ma un po' troppo schematico. Sarà che ho appena visto La vittima designata, ma Milian lo preferisco quando dà vita a personaggi più composti. Bella la Strindberg (però farla parlare con cadenza lombarda fa davvero ridere), ma la donna più affascinante e di classe, in questo film, è la c.s.c. Rosita Toros (talvolta "Torosh"), che finisce, pregevolissime poppe in bella vista, appesa al lampadario, in una scena che è pure stata scelta antologicamente in un documentario sul nostro cinema di genere.
La ragione del film è Giulio Sacchi (Tomas Milian), psicopatico imprevedibile dal grilletto e dalla lama facile. Da palo per una rapina, dopo essere stato pestato, si trasformerà in belva cinica e sanguinaria. Giusta colonna sonora che sottolinea bene le scene violente o d'azione, aumentando la tensione e buon ritmo. La storia conta davvero poco, ma Tomas dà il meglio di sè (anche quando sorride non sai mai cosa aspettarti; e come liquida la sua donna...). Silva (l'ispettore) è la solita faccia di cuoio. Notevole.
Riuscitissimo film iperviolento di Lenzi sul tema della presunta impotenza degli organi di controllo verso la dilagante ondata di criminalità nell'Italia dei primi Anni Settanta. Questa volta il protagonista, interpretato magistralmente da Tomas Milian, è un disadattato che maschera la propria debolezza dietro atti di inesplicabile ferocia. Duro, forte e crudele, è un film che raccomando agli amanti del cinema di genere.
Un Tomas Milian dalle mille sfaccettature: bastardo, cinico, violento ma anche delirante e divertente (nella scena in cui detta la lettera alla prigioniera). Un film che ti rimane dentro per la crudeltà delle situazioni e per la violenza gratuita, un grande noir dell'ottimo Lenzi. Il film è solo Milian, ma anche gli altri attori svolgono bene le loro parti. Avvincente è la parola più giusta.
Il miglior noir italiano e uno dei film più cinici e violenti del nostro cinema. Grande la sceneggiatura, crudele e coinvolgente. Straordinaria la regia di Lenzi, che crea un clima angosciante e disperato che non dà scampo. Tomas Milian, con un'interpretazione esagitata e sopra le righe, è assolutamente indimenticabile; bravi Santercole e Lovelock, adatta la Strinberg, perfetto Henry Silva (qui in una parte inedita). Peccato per la colonna sonora di Morricone, non troppo riuscita. Imperdibile.
Bello bello bello: dannatamente bello questo noir di Lenzi, che punta tutto sulla validissima interpretazione del talentuoso Tomas Milian, "condannato" a vestire i panni (sporchi) di un lucido, cinico calcolatore chiamato Giulio Sacchi: un lavativo, intento solo ad oziare e a pensare come "fottere" il prossimo. E lo fotterà, il prossimo (quasi rivoltante il macello con i cadaveri appesi ad un lampadario), ma solo per essere a sua volta giustiziato senza raziocinio da chi, invece, dovrebbe rappresentare l'ordine costituito (un bravissimo Henry Silva). Ottimo.
Violento come pochi, questo film di Lenzi ci regala un ritratto di fuorilegge davvero memorabile... Il Giulio Sacchi interpretato da Milian rimane talmente impresso nella memoria da far passare in secondo piano il film stesso, che pure è più che buono (anzi, si potrebbe tranquillamente annoverare tra i migliori prodotti del genere). Henry Silva, scelto evidentemente fuori parte, risulta più che accettabile come commissario tutto d'un pezzo, anche grazie alla sua mimica legnosa che qui è funzionale al ruolo. Da vedere.
Da ricordare: l'inizio, la scena del lampadario, alcune battute e la carica psicopatica del Sacchi (Milian), il caratterista Santercole. Da dimenticare: il commissario inespressivo (Silva), il bandito buono (Lovelock) e la storia, banale e didascalica. Il film coincide quindi con la buona prova di Tomas Milian (merito anche del doppiaggio di Amendola) ma il resto sembra più fumetto che poliziesco. Anche la tanto famigerata violenza è troppo caricaturizzata, complice il cattivo montaggio delle scene che pregiudica una vera tensione.
MEMORABILE: Quando s'impasticcano: "questa roba l'hanno inventata quelli dell'università per non far preoccupare troppo quelli come noi"
Uno dei capolavori del poliziesco all'italiana. In questo caso il nostro cinema non ha niente da invidiare a quello di oltre oceano. Film violento, spietato e crudele. Quel camaleonte di Tomas Milian che in questo film impersona Giulio Sacchi (uno psicopatico sanguinario) è perfetto, nella sua interpretazione. Rimane memorabile per la sua violenza la scena in cui Giulio Sacchi massacra a mitragliate le vittime appese ad un lampadario. Un cult.
Senza alcuna ombra di dubbio il capolavoro del genere e del regista, insieme al di poco successivo Napoli Violenta. Violentissimo per l'epoca, con un eccellente uso della suspense e del ritmo, ha nel diabolico personaggio di Giulio Sacchi il punto forte della pellicola. La sua ferocia è impressionante e più che un uomo sembra una bestia assetata di sangue umano. Alcune scene sono entrate nella storia e il resto del cast è più che discreto, ma è oscurato dalla grandissima prova di Milian.
MEMORABILE: Il primo incontro, sulla scena di un delitto, tra Sacchi e il commissario; L'uccisione a sangue freddo degli anziani coniugi; La strage nella villa.
Sporco, livido e violento come, forse, non accadrà mai più, purtroppo, nel nostro paese. Con questo film Lenzi gira il suo film migliore oltre che uno dei più straordinari noir all'italiana di sempre. Merito non solo della splendida regia ma anche della perfetta miscela di ingredienti assolutamente esplosivi a partire dalla bella, tesa e coinvolgente sceneggiatura che crea un clima di violenza che non lascia tregua allo spettatore. Stratosferiche le musiche di Morricone. Milian è sublime nella sua follia sanguinaria. Imperdibile!
Se visto in lingua inglese, questo poliziesco-noir lenziano palesa ancor di più i suoi legami con il cinema di genere americano e i modelli del duo Siegel-Eastwood. Crudo, esasperato, nichilista (l'epilogo sembra indicare che il male può essere distrutto solo uscendo a propria volta dalla legalità), si avvale di una straordinaria prova di Milian, spaventosa e repellente "belva col mitra", e di un granitico Silva, che offre una piacevole alternativa ai coevi e futuri commissari del tipo Nero-Merli.
A mio avviso questa pellicola può piacere anche a chi non gradisce il genere poliziesco italiano. Un Lenzi in gran forma per il migliore poliziesco italiano; bravissimo Tomas Milian nei panni dell'ormai mitico Giulio Sacchi, così come Henry Silva, ma anche un cast di caratteristi che farà strabuzzare gli occhi all'appassionato degli Anni Settanta: Alberti, Strindberg, Torosh, Felleghy (!), Belli, Lovelock, Pazzafini. Ottimo anche il tema musicale.
Bellissimo film della coppia Lenzi-Milian. Spietato, crudo e cattivo come i migliori dell'epoca. Milian mai così somigliante al Pacino di Dog day afternoon sia fisicamente che per capacità interpretativa. Storia senza speranza fino alla fine. Unico neo la scelta di Silva per la parte del poliziotto: l'imbalsamato attore è nato per fare il cattivo. Capolavoro del genere.
Eccellente noir lenziano, interpretato in modo immortale da un Tomas Milian in stato di grazia, attorniato da un cast che vede svariate glorie e abili caratteristi dell'epoca. Costruito su una storia tutto sommato banale, ma talmente ben fatto nei meccanismi della tensione e nel mostrare la crudeltà del protagonista da passare sopra ad ogni banalità. Violentissimo, privo di speranza e di morale, questo film si candida come migliore poliziesco italiano di sempre e tra i migliori in assoluto anche all'estero. Indimenticabile il tema musicale.
Vetta dello specialista Lenzi che, pur con qualche caduta di tono, crea un piccolo gioiello di crudeltà urbana. Pulp è il termine giusto. La trama scorre via fluida e contrappone due personaggi quello di Milian e quello del, pur monoespressivo, Silva, che restano a lungo impressi nella memoria.
Bravissimo Lenzi nel costruire il film tutto intorno al poliedrico Milian. Ottima atmosfera, attori caretteristi sempre eccellenti, grande ritmo (Tarantino deve molto al nostro cinema...), ambientazione metropolitana con una Milano minore (bellissimo il battello di notte della parte finale), violenza sempre funzionale alla storia. Tutto il resto è Tomas Milian/Giulio Sacchi: una mimica ed un'espressività notevoli, per rendere un personaggio milanese, prima delle estreme caratterizzazioni del Milian Monnezza di matrice romana. Davvero godibile.
MEMORABILE: I tre malcapitati appesi al lampadario seminudi.
Premessa: in genere non amo i poliziotteschi. Nonostante ciò, trovo che sia davvero un ottimo film. A parte alcune deficienze della trama (ma la sceneggiatura è notevolmente superiore rispetto alla [desolante] media) e un messaggio di fondo reazionario, il film si apprezza per la stupenda interpretazione di Milian (ottimamente doppiato da Amendola; bravo anche Silva, comunque), per l'ottima regìa di Lenzi (soprattutto nelle scene d'azione) e perfino per una buona tensione (!) nelle sequenze finali. Eccellente la colonna sonora.
È proprio vero che la classe non è acqua. Se si vuole capire il significato della parola attore si noti la prova dell'istrionico Milian, ai livelli di Pacino in Quel pomeriggio di un giorno da cani. Giulio Sacchi è parente stretto di Sonny Wojtowicz: totalmente pazzo, a tratti ironico e sessualmente ambiguo, ma molto più efferato e crudele. Che dire poi di Ferruccio Amendola alla voce e Morricone alle musiche: i numeri uno in materia! Peccato invece che i co-protagonisti siano delle sagome senza spessore, con Silva che sembra uscito dal museo delle cere.
MEMORABILE: Sacchi, con tanto di boccacce: "Signora Marilù... abbiamo fame!"
Sporco, livido e violento. Lenzi gira uno dei migliori noir italiani di sempre. Merito della perfetta miscela di ingredienti esplosivi a partire dalla tesa e coinvolgente sceneggiatura che crea un continuo clima di violenza che non lascia tregua allo spettatore. Milian è un folle sanguinario. Memorabile per la spaventosa violenza è la scena in cui Giulio Sacchi massacra a mitragliate le vittime incolpevoli, appese ad un lampadario. Ottimo.
Estremizzazione violenta del poliziesco il cui perno è il protagonista Giulio Sacchi (Tomas Milian) di una crudeltà e un cinismo che non ha pari; gli fa da antagonista uno "statuario" Commissario Grandi (Henry Silva) non meno violento con l'aggravante di rappresentare la legge. La scena cult è la violenza in villa: Sacchi dà il meglio di sè e Milian gasatissimo si diverte e ci fa "divertire". Musiche di uno strabiliante Morricone.
Il gioiello nella carriera di Milian (e dalle interviste si direbbe consapevole di ciò), il film che rimane difficile collocare nel poliziesco e nella filmografia di Lenzi, in entrambe i casi ben sopra la media. La musica di Morricone è da annoverare tra gli interpreti principali mentre Henry Silva è così inespressivo da risultare quasi azzeccato; se si considera però che tra i papabili nel ruolo del commissario c'era Enrico Maria Salerno, si può immaginare quale occasione perduta: Milian e Salerno faccia a faccia in un commissariato!
MEMORABILE: Milian appiccicato al finestrino "Abbiamo fame!"; La morte della Strindberg; Milian, come un lupo, guarda la sua vittima giocare a tennis.
Caompiaciutamente eccessivo e volutamente disturbante: irremediabilmente destinato a farsi inghiottire dal suo delirio, a Giulio Sacchi piacerebbe pure essere uno Scarface ("vent'anni da ricco e poi giuro che mi sparo", dichiara), visto che in realtà è solo un nuovo Accattone (ma senza nemmeno quel pizzico di incantato candore di quest'ultimo). Raramente il poliziesco italiano ha saputo rappresentare con tale coscienza neorealista la mutazione architettonica di quegli anni (vedi inquadratura finale).
MEMORABILE: Milian che costringe a una fellatio il povero Francesco D'Adda. Oh, my god!
Splendido noir che sembra uscito dritto dalle pagine di "Diabolik", tanto per la quantità di efferatezze commesse quanto per la trama molto semplice e lineare. Grande cura nella caratterizzazione di tutta la "mala" milanese (il vecchietto contrabbandiere, il boss-biscazziere, ecc...), un po' meno per gli anonimi poliziotti. Ma a farla da padrone è la figura di Milian, psicopatico dalla mitraglietta facile e dalla lingua lunga. Incredibile che quasto piccolo gioiello sia stato relegato al semi anonimato. Da recuperare senz'altro!
MEMORABILE: Milian in fuga dalla polizia su una Citroen "Squalo"; le efferatezze nella villetta (da far impallidire Alex di Arancia Meccanica...)
Non soltanto per il contributo della ottima recitazione di Tomas Milian e quella del risoluto Henry Silva, reputo questa pellicola lenziana la migliore della sua filmografia. Mi piace la maniera in cui il regista intercala, sotto l'ombra del poliziottesco, una storia di vendetta e di efferato rancore nei confronti della società contemporanea con una lecita riflessione sull'uomo e sulle incomprensibilità della sua "bestia ancestrale".
MEMORABILE: Lei: "Oh, Giulio, non avrai mica fatto scemate?", Sacchi: "Nooo... ho solo ucciso tre uomini, due donne e una bambina".
Uno dei polizieschi più belli e violenti che abbia mai visto. Con un Tomas Milian straordinario, che recita un uomo accecato di rabbia e dal grilletto facile. Uno dei personaggi che rimarrà nella storia del cinema italiano (e non solo). Ottime le musiche. Lenzi, esperto del mestiere, sa come intrattenere il suo pubblico.
Umberto Lenzi non delude mai e qui prepara per bene un'opera fatta di violenza e ironia, di un odio che a Milano persiste nei confronti delle autorità e non. Milian sopra le righe. Da perdente a pazzo squilibrato con incursioni fuori programma durante tutta la sceneggiatura. Risvolti inaspettati. Unica pecca è Henry Silva, che con il suo mascellone ricorda l'ispettore Zenigata di Lupin.
MEMORABILE: "Giulio mica avrai fatto scemate?" "Macchè. Ho ucciso solo due uomini due donne e una bambina".
Solamente nero... Bella la sequenza iniziale della rapina e dell'inseguimento, bellissimo tutto il film. Gelido di cinismo, incandescente di rabbia, con Milian che fa paura perché da subito si vede che è un morto, è un morto che uccide. Ha lo sguardo fisso, si muove a scatti come una marionetta pazza: è una marionetta assassina. E' impotente e frustrato quanto il suo antagonista, il commissario Grandi, i loro percorsi paralleli si intersecano nell'implacabile finale, quando li inghiotte la medesima ombra.
Uno degli stupendi film degli anni 70, tra i migliori di Lenzi. Marcio, violento, tremendamente realista con un Milian in forma strepitosa che guida praticamente tutto il film. E pensare che al suo posto ci sarebbe dovuto essere Silva (con Richard Conte commissario, la sua morte però fece saltare tutto). Un film meraviglioso che è piaciuto persino ai non appassionati di poliziesco all'italiana. Da vedere e rivedere.
MEMORABILE: Il rapporto Sacchi-Maione, il finale, la rapina...
Un classico nel suo genere; la brutalità di Giulio Sacchi, interpretato magistralmente da Milian, rende il film crudo e dinamico. Le situazioni veritiere si susseguono nella narrazione e la violenza emerge in maniera belluina. Sacchi rappresenta il prototipo del malvivente, rifiuto di una società consumistica che lui affronta maledettamente. Enigmatico e poco espressivo Silva, nella parte del Commissario, peccato che Merli ancora non era ancora in ballo. Notevole l'algida bellezza della Strindberg.
Il film di Lenzi ha il grandissimo pregio di disegnare, anzi d'incidere, un quadro veritiero dell'Italia anni '70 permeata da una violenza dura, spietata e senza senso. Grandissimo Milian che, impazzito e allucinato, passa tutto il film a sparare, ad accoltellare, a tradire spinto dal desiderio di sovvertire il destino, non già per far spuntare il sol dell'avvenir quanto per potersi gustare uno sciampagnino ghiacciato vicino a dei cassonetti. Punto più alto sia di Lenzi (non c'è un'inquadratura sbagliata) che del cubano ed ottimo cast (tranne Silva).
Trucido (ma efficace) poliziottesco di Umberto Lenzi, con Henry Silva commissario solo un po' nervoso (rispetto al classico Merli) che appare poco nel film. La scena infatti è solo di Tomas Milian: vigliacco, drogato, cinico, ma non stupido; invero, ha dei picchi di ferocia inaudita (spara anche a una bambina). Forse un po' troppo gigionesco, ma il personaggio è maledettamente centrato. Ray Lovelock "faccia d'angelo" e Gino Santercole del club Celentano sono spalle discrete e brave.
MEMORABILE: L'inseguimento, riciclato da Milano trema; le musiche di Morricone.
Opera dannatamente bella ed estrema, senza dubbio uno dei migliori momenti del "poliziottesco" (anche se qui lo stile è un po' differente). Lode a chi ha scritto la sceneggiatura, riuscendo nella pur generale povertà di mezzi e tempo a tratteggiare un personaggio estremamente interessante e controverso come quello di Giulio Sacchi. Il resto lo fanno un regista esperto e vivace, qui molto più coraggioso del solito, come Lenzi e un fantastico Tomas Milian in una delle sue prove migliori. Imperdibile
Lenzi è un autore che, nelle sue opere, ha sempre preferito soffermarsi sul binomio action&crudeltà piuttosto che sulla resa prettamente psicologica, finendo il più delle volte per essere liquidato con sufficenza dai nostri cine-pasionari. "Milano odia" è una pellicola stilizzata, lineare, volutamente schematica, turpe ed efferata in molti passaggi ma proprio in tutto ciò risiede la sua forza attrattiva e catalizzatrice. Milian, eccessivo e debordante, ossequia aderentissimo il tenore stilistico del film, interpretando in maniera feroce il suo spregevole e perverso Giulio Sacchi.
MEMORABILE: L'orsacchiotto della bambina che rotola tristemente per le scale, un'immagine che tanto ricorda quel palloncino solitario nel capolavoro di Lang (M).
Misfatti di un personaggio senza nessuna luce che alla fine pagherà (anche se il finale è assurdo): film sporco, teso, ma non esente da buchi di sceneggiatura e che latita nel ritmo quando non compare in scena Tomas Milian, anima nerissima e sconvolta. Intorno a lui si muovono il solito Lovelock buono (personaggio analogo in Banditi a Milano) e un dignitoso Gino Santercole. Premio fissità e tetraggine per Silva. Appassionante e (giustamente) disturbante. Buone musiche.
MEMORABILE: Tutti gli omicidi di Sacchi; i monologhi "politici" pre Scarface e pazzoidi analoghi.
Serial killer travestito da malavitoso rapisce sciuretta milanese, lasciandosi dietro la più classica delle scie di sangue. Tutti i dettagli in cronaca (nera). Film di culto, a me sembra molto più derivativo (cfr. Il caso Scorpio) che innovativo. Il personaggio di Sacchi non è male (anche se è un ammazzasette senza moventi), ma la sceneggiatura ha almeno una voragine (perché Silva non aspetta di vedere chi ritira le valigie in riva al fiume?) e nel complesso le osservazioni socio-politiche sembrano appiccicate. Comunque uno dei titoli migliori del genere.
Il grande trucido dei film polizieschi italiani (sia umoristici che piu seri) è proprio lui: Tomas Milian (io credo che debba molto all'indispensabile Ferruccio Amendola), qui nel personaggio della iena Giulio Sacchi, assassino di strada ma geniale finché non fa i conti con la polizia (non con la legge però). Personaggio caratterizzato bene nella sua spietatezza ma pur sempre senza mai abbandonare quell'espressività cinica che in fin dei conti è presente in egual misura in quasi tutti i personaggi (dal Gobbo a Nico Giraldi).
Forse un titolo diverso, meno convenzionale e modaiolo avrebbe tributato un successo più ampio e un destino diverso per questo piccolo capolavoro di Lenzi. Un film nero come la pece, come i romanzi di Scerbanenco, con un Tomas Milian ai limiti della trance interpretativa, strabiliante. Realistico e schizofrenico, brutale e claustrofobico, spietato e convulso. Credo il massimo tetto stilistico raggiunto da Lenzi, una summa nella quale ha condensato l'esperienza dei generi in un solo, oscuro abisso narrativo.
MEMORABILE: L'uccisione a freddo del metronotte, quella della strindberg con sadico preavviso e la strage nella villa.
Nel panorama del poliziesco all’italiana questo gioiello di Umberto Lenzi si è senz’altro ritagliato (e con pieno merito) un posto di assoluta rilevanza, vuoi per la sua estrema violenza e brutalità (per anni è stato bandito in tv a causa del divieto ai minori di 18 anni), vuoi per la straordinaria interpretazione di un Tomas Milian mai più così folle e sanguinario: il suo Giulio Sacchi, schiavo della violenza fine a se stessa e di stravizi quali droga e alcool, è davvero agghiacciante, disturbante, malsano. Un film bello e dannato. Stupendo.
MEMORABILE: I primi piani di Rosita Torosh appesa al lampadario e la susseguente strage nella villa.
Se questa sorta di imitazione italica e "a rovescio" de Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo si è imposta negli anni come cult lo si deve soprattutto al formidabile istrionismo di Tomas Milian, che si accolla il peso dell'intera pellicola a cui riesce a trasmettere un'impressionante e irripetibile carica di follia, violenza e rabbia. D'altronde questo poliziesco a tinte orrorifiche rimane impresso nella memoria per le reiterate scene a base di sevizie e sadismo. Nota particolarmente negativa: l'ingessato e imbalsamato Silva come commissario.
Grande Tomas Milian, in questo film scopre tutte le carte del suo talento e con la sua presenza rende ogni scena emotivamente terrificante. Lenzi ne esalta le doti con l'ottima regia che eleverà questo lavoro trasformandolo in uno dei migliori poliziotteschi-noir all'italiana. Dosi di violenza a raffica come le mitragliate sparate sugli inermi innocenti, simbolo estremo della lotta di classe che in quegli anni dilaniava l'Italia.
Non male, anche se ammetto che non è propriamente il tipo di film che preferisco. La regia di Lenzi è valida e tiene alto il ritmo del film nel suo crescendo di violenza. Sicuramente buona la prova di Milian e non male il comprimario Santercole, meno mi sono piaciuti Lovelock (più per colpa del suo personaggio piuttosto che sua) e Silva, attore monoespressivo che non mi ha mai troppo entusiasmato. La trama risulta abbastanza banale ma va detto che il film ha una "cattiveria" veramente impensabile al giorno d'oggi, suo vero punto di forza.
Quanta violenza, quanto estremismo! Milian è sporco, cinico e psicopatico all'inverosimile riuscendo così a donarci un'interpretazione ottima e delle sequenze indimenticabili. Silva gioca il ruolo del commissario "che non ci sta!" e lo fa molto bene anche se messo un in secondo piano dal ruolo esuberante del protagonista. Ottimo in tutto e per tutto.
L'assoluta empietà del personaggio magistralmente interpretato da Tomas Milian colma le carenze di un plot troppo semplice e prevedibile quasi fino all'ultimo. La tensione viene infatti a mancare quando, già dopo le prime coltellate, si intuisce la completa mancanza di scrupoli da parte del protagonista, coadiuvato da un insicuro e stereotipato binomio d'improvvisati malavitosi. Davvero buoni i dialoghi, intensa la regia nel complesso. Amendola, qui più che mai, concorre alla parziale riuscita del film.
Ideologicamente reazionario e cinematograficamente sensazionale. Al manicheismo della rappresentazione caratteriale (il resto del mondo è "sano" solo in rapporto alla patologica follia di Giulio/Milian) fa da contraltare una visione filmica di elastico iperrealismo e una capacità subliminale perversamente polimorfa. Lenzi gira un capolavoro che ha il merito di macinare verosimiglianza con l'unica giustificazione della resa spettacolare. In tal senso la vera forzatura resta il finale, che solletica non il ludibrio cinefilo ma infimi istinti catartici.
MEMORABILE: I tic di Milian; Il viaggio verso i laghi con Anita Strindberg; La strage nella villa; L'assassinio di Papà Starnazza.
Ricordavo solo il finale, adesso certe scene chi se le dimenticherà più? Segna il tripudio della violenza gratuita, strafatta e schifosa, del sociopatico che sembra un spot per la pena di morte. Lui può sparare agli innocenti, colpevoli d'esser ricchi borghesi o solo di pensarla diversamente da lui. Lenzi sfrutta con grandissima abilità l'enorme prestazione sopra le righe di Milian, la più riuscita di quelle viste fino ad allora. Incredibile come da una storia classica, strabusata, esca un film teso come un arco da gara e violento come una guerra inutile.
Grande poliziesco di genere. Ha come unica pecca il troppo spazio dato al personaggio principale (interpretato magnificamente da un istrionico Tomas Milian) rispetto a quelli di contorno, ma è una scelta registica e come tale va rispettata. Grandi movimenti di macchina, una Milano così con le sue periferie si era vista raramente, prima. Sinuoso lo score di Morricone. Riuscito.
La prestazione di Milian ha dello straordinario (forse la sua migliore in assoluto), tanto che quando è bevuto e impasticcato incute timore perfino ai suoi complici, che ne restano in balia. Silva invece è toppato in pieno nel ruolo del commissario. Indubbiamente uno dei capostipiti del poliziottesco, non però uno dei miei preferiti, specie perché gli ammazzamenti procedono costantemente in un'unica direzione, quindi se la prima volta mi è piaciuto molto, le visioni successive me l'han fatto un po' calare...
4 palle meritate. Non dico che siano il minimo, ma perlomeno il giusto, anche se sarei tentato di dare persino di più. Io ho trovato pochi difetti: il protagonista è eccezionale (una delle migliori caratterizzazioni della storia per quanto riguarda il genere), la sceneggiatura di alto livello, la regia e il montaggio impeccabili, le musiche adeguate. Tensione ai massimi livelli. Realistico e credibile. Anche Silva benissimo. Pazzesco pensare che un tale gioiello non sia passato in tv per 30 anni...
MEMORABILE: Il finale: inaspettato e sopratutto molto significativo.
Pellicola essenziale per Lenzi e per il poliziesco all'italiana in generale. Qui Tomas Milian (doppiato da Ferruccio Amendola) interpreta cinicamente e magistralmente il criminale Giulio Sacchi, un poco di buono che con i suoi amici teppisti organizza un rapimento per ammazzare il tempo e guadagnare qualche soldo. Sulla sua strada si metterà il commissario tutto d'un pezzo Henry Silva. Grande intrattenimento e tanta azione. Musiche di Morricone che fanno il verso a Elio Petri. Cè anche Santercole! Fondamentale poliziesco/noir all'italiana.
MEMORABILE: Il rapimento; Le frasi sboccate di Tomas; La roulette russa umana; Gli omicidi a sangue freddo.
Violentissima pietra miliare del poliziottesco interpretato da un Milian/Vernellone sadico, paranoico, complessato, vigliacco, viscido; un buco nero che distrugge quanto e quanti gli si avvicinano. Silva interpreta un poliziotto molto umano (niente superomismo come altri esempi contemporanei) il cui gesto finale suona come una brutale sconfitta, solo in minima parte personale, piuttosto che come atto vendicativo. Uno dei poliziotteschi più intrisi di pessimismo cosmico.
MEMORABILE: Pur nella sua crudezza, senz'altro l'assalto alla villa.
Come si può non amare questo film? A me piace davvero tanto, ed è sicuramente uno dei migliori gangster/noir del periodo. Splendidi gli inseguimenti, notevole l'azione, così come precisa è la descrizione della violenza e dei disagi delle periferie milanesi, oltretutto magistralmente fotografate (come tutto il resto ovviamente). La magistrale interpretazione di Tomas Milian (alias Giulio Scacchi) rappresenta il fiore all'occhiello di un film superlativo. Bene anche Silva, Santercole e Lovelock. Bella la OST.
MEMORABILE: I tre malcapitati appesi al lampadario; Omicidio della Strindberg con macabro preavviso; Strage alla "Scarface"; Il finale imprevedibile.
Dovevo immaginarlo che con un diavolo come Umberto Lenzi dietro alla macchina da presa ne uscisse un film sopra le righe. Pellicola amara, che dipinge lo squallore sociale e umano di chi opta per "vie alternative" con consumata cattiveria. Questo è Giulio Sacchi, interpretato da uno splendido Tomas Milian, attore versatile capace di essere amato od odiato a seconda del personaggio che interpreta. Ottima la prova di Silva in un ruolo inconsueto. L'accurata regia, le musiche e un cast ben assortito lo rendono un bel gioiello noir. ****
MEMORABILE: La faccia di bronzo di Giulio Sacchi al commissariato. Milian: "Dimmi che cosa pensi di me".
Violentissimo poliziottesco incentrato quasi unicamente sulla figura di Giulio Sacchi (un fantastico Tomas Milian), pazzo rapinatore impasticcato al quale interessa solo ed esclusivamente una cosa: il denaro. Il film è caratterizzato da una massiccia dose di pessimismo nei confronti della giustizia, la quale sembra potersi ottenere solo tramite l'utilizzo della pistola. La colonna sonora di Morricone è eccezionale e alcune scene sono davvero architettate in maniera magistrale.
MEMORABILE: Giulio Sacchi che spara alla porta e il peluche del bambino che rotola sulle scale.
Uno dei noir più malsani e violenti del cinema italiano, girato con mano concreta e al tempo stesso spettacolare; il mattatore assoluto della pellicola è, manco a dirlo, Tomas Milian; poco importa se la sua conversione da "autista per rapine" ad assassino non è molto credibile, poiché dalla scena del rapimento in poi il film cambia faccia e trascina lo spettatore in un incubo fatto di puro cinismo e deviazione. Ruoli inediti per Silva e Santercole; bella la colonna sonora di Morricone, numerosi (e nostalgici) i richiami alla Milano anni 70'.
Il miglior poliziesco di Lenzi parte da una solida sceneggiatura di Gastaldi e offe una delle interpretazioni più sorprendenti di Tomas Milian nella parte di Giulio Sacchi, sadico, feroce e nichilista ma anche scaltro. L'unico che puo fermarlo è l'integerrimo commissario interpretato da Henry Silva ma non sarà facile. Ottimo il cast di contorno, Santercole, Lovelock, Strindberg, Belli e le musiche di Morricone.
MEMORABILE: L'efferata strage nella villa, Giulio Sacchi che va denunciare la scomparsa della sua donna (da lui uccisa nel lago)
Non proprio un poliziottesco d'ordinanza ma una vera e propria pietra miliare dei film violenti italiani. La mano di Lenzi si fa sentire soprattutto quando c'è da scavare nella psicologia malsana di Milian/Sacchi, così drogato e via di testa da far impallidire vari "mostri" del cinema statunitense. Henry Silva gioca di rimessa ma è sempre solido.
Uno dei titoli più riusciti del poliziesco all'italiana: un film talmente moderno che potrebbe essere stato realizzato oggi, visto che tutte le tematiche usate qui, nel 1974, sono ancora tremendamente attuali oggi, nel 2014. Pellicola incredibilmente violenta non solo per l'epoca ma anche per i giorni nostri, un caposaldo del genere e una dimostrazione della validità di un regista come Umberto Lenzi, tanto talentuoso e capace quanto bistrattato (all'epoca) e ingiustamente dimenticato (oggi).
Dopo l'uccisione senza fronzoli del vigile urbano, nell'incipit del film, si intuisce già chi è il personaggio e cosa ci aspetterà nel resto del film. Le fredde uccisioni arrivano a non suscitare più nessuna reazione o sensazione. Iperviolenza mutuata da diverse parti e assemblata piuttosto bene in una storia che offre i punti migliori nei suoi contorni. Il personaggio di Giulio Sacchi è abbastanza centrato, più vittima che carnefice, perdente pericoloso, nullità che trova realizzazione nel decidere della vita altrui. Finale perfettamente in linea.
Un Umberto Lenzi in stato di grazia realizza il miglior film della sua carriera. Henry Silva se la cava bene nei panni del commissario, ma la vera forza è data da Milian, un bandito violento, freddo e spietato che non avrà pietà per nessuno. La grandezza della pellicola è data, oltretutto, dalla notevole dose di violenza che pervade tutta la vicenda. Magistrale il doppiaggio di Amendola. Finale da pelle d'oca.
Il film mi ha sempre colpito per l'estrema violenza e per il fatto di entrare subito "in medias res" nella vicenda. Forse il miglior film di Lenzi per intensità e ritmo. Spicca sicuramente l'interpretazione di Milian (ma Amendola fa la sua parte), che ha come alter ego il commissario Grandi interpretato da Henry Silva. Una pietra miliare, per gli amanti del genere.
La violenza fine a se stessa è il filo conduttore di questa ottima pellicola di Lenzi nella quale il cast - di tutto rispetto - vede Silva nel ruolo, a lui congeniale, del commissario e un bravissimo Milian nei panni del bandito psicotico e sanguinario. Le musiche composte da Morricone e dirette da Nicolai sono notevoli, come anche la confezione è di ottima qualità. Senza dubbio uno dei migliori polizieschi italiani di sempre.
Contende la palma di miglior poliziottesco di sempre a Il grande racket di Castellari. Una pellicola fondamentale, che riassume e sublima tutti gli stilemi del genere: l'ideologia nichilista, il discorso sulla giustizia, la violenza sopra le righe. E sotto questo punto di vista si può benissimo definire il personaggio di Giulio Sacchi come il perfetto prototipo di antagonista simbolo di tutta un'era (gli anni 70), la sadica e cruda anima nera del film che con la sua splendente voluttà negativa lo fa vivere di un'abbacinante luce spettrale.
Poliziesco nel quale fa da padrone la figura del cattivo Giulio Sacchi (Milan): spara e ammazza anche più del dovuto, lasciando in secondo piano la figura del commissario Grandi (Henry Silva), che nel film ha meno intraprendenza (come suggerisce la sua interpretazione) di quella di un impiegato del catasto di un piccolo comune di provincia. Il doppiaggio di Amendola non è proprio perfetto: si sente la parlata romana, ma rispetto al commissario Giraldi Sacchi sembra proprio un cittadino del Nord.
Tesissimo e archetipico noir dominato dalla figura ripugnante del brutale e vigliacco “solista del mitra” Giulio Sacchi (a cui dà corpo e anima – nera – un caricatissimo Milian). Le squallide ambientazioni e l’accentuato pessimismo reazionario contribuiscono all’atmosfera tetra del lavoro di Lenzi, tra i migliori nel suo genere. Milian segna il film con tic e battute trucide, ma non sfigurano Silva (legnoso, ma funzionale), il sorprendente Santercole, il torvo Catenacci e l'intensa Torosh.
MEMORABILE: Il pestaggio iniziale, da cui si capisce quanto vale Giulio Sacchi; L’ultraviolenza alla villa; La”gita” al lago; L'emblematico seppur assurdo finale.
Il fatto che all'epoca azzeccato un titolo ne comparivano tanti simili può penalizzare questo film, confondendolo o assimilandolo con altri. Invece questo è a suo modo unico: grande azione e con un personaggio (quello di Milian) di una crudeltà senza pari e perciò da incorniciare. C'è pure la Strindberg... e un po' di scene crudelissime e veramente epiche. Grande cinema.
MEMORABILE: L'invasione della casa con quello che consegue...; L'uccisione della fidanzata; Il regolamento di conti finale.
Capolavoro assoluto del poliziesco all'italiana. Film straordinario: regia perfetta del grande Umberto Lenzi, il cui stile si riconosce (molti primi e primissimi piani), fotografia eccezionale di Zanni e claustrofobica musica del Maestro Morricone. Immenso Tomas Milian (nella sua miglior interpretazione) e credibile Silva, buono il cast di contorno. Violentissimo, realistico e inquietante. Capolavoro.
Un Tomas Milian così laidamente cattivo non l'avete mai visto: spietato nel perseguire i suoi desideri esaltati, incurante di qualunque sentimento. La storia gira attorno a un rapimento con richiesta di riscatto, ma la follia esecutiva supera ogni logica "etica". Alla fine la storia rimane troppo "inventata", così come il finale teatralmente pleonastico. Naturalmente si lascia guardare, eccome...
MEMORABILE: La faccia da delinquente nato del commissario...
Senza dubbio una delle migliori opere del decennio in Italia e non, con un Lenzi in stato di grazia che non sbaglia nemmeno un'inquadratura e che conferisce al film un ritmo forsennato. Si gode alla follia per la cattiveria e il cinismo della vicenda, per un Milian pazzesco e magnetico che dipinge un personaggio senza scrupoli e senza morale. Sono molteplici i momenti di puro cinema, di quello che esalta senza se e senza ma. Non raggiunge il massimo dei voti per l'imbarazzante pochezza dello score morriconiano e per l'incapacità attoriale di Silva.
Uno dei vertici del poliziesco italiano d'antan: sicuramente il più allucinato. Milian, reduce da quindici anni di grandi prove d'attore, disegna il ritratto indimenticabile d'uno psicopatico, sanguinario e feroce nella sua ansia di riscatto sociale e il cui irriducibile vitalismo non rifugge da alcuna bassezza. Nel film stupisce, ancor oggi, l'assenza o l'inefficacia d'ogni norma e morale; a nulla valgono le leggi di Dio, figuriamoci quelle dei codici democratici. Grande il Morricone seconda maniera.
Milano Odia è Tomas Milian; senza di lui il film probabilmente avrebbe avuto un esito differente. Semplicemente perfetta la caratterizzazione di Giulio Sacchi che incarna alla perfezione il cattivo più violento, drogato e infame che non ha alcuna intenzione di compiacere il pubblico. Lenzi ne gode di rimando e firma uno dei suoi migliori lavori calcando la mano quando necessario e senza mai concedere un attimo di pausa. Forse non un poliziesco in senso assoluto, ma capace lo stesso di lasciare un segno nel genere.
Viaggio all'inferno guidati dalla paranoia di un impeccabile Milian, perfetto nell'incarnazione del male assoluto. Lenzi disegna un noir a tinte molto forti, dispensando violenza gratuita come il prodotto di una società malata, in cui ognuno alla fine pensa al proprio tornaconto e la lotta titanica per la giustizia del commissario Grandi si svolge in solitario, fino all'epilogo necessario. Critica sociale che lascia il segno, azione al livello del miglior Lenzi, caratteri cesellati col bulino: un film bellissimo che merita almeno una visione.
MEMORABILE: Henry Silva nel finale con un bastone adatto a una persona almeno mezzo metro più bassa di lui. Non si può proprio guardare...
Poliziottesco che sfocia nel noir intriso di nichilismo, qualunquismo e morale reazionaria (da buon poliziottesco, insomma). Lenzi riesce a imprimere un ritmo serrato, freddo e spietato in ogni inquadratura. Delude invece la sceneggiatura, perché mentre le mosse dei rapitori sono ben costruite, "l'indagine" del commissario (un monoespressivo Henry Silva) sfocia spesso nell'insensato o nel ridicolo (l'epifania finale). Bravo Milian, il cui personaggio ricorda a tratti il Volontè di Banditi a Milano.
Sotto le apparenze di un perdigiorno malmesso si cela un criminale che, nel corso del rapimento della figlia di un ricco industriale, non esita ad uccidere tutti quelli che potrebbero compromettere il suo piano... E' questo personaggio fuori misura, con la sua violenza ad un tempo ragionata e folle, a dare una marcia in più a questo che altrimenti era da rubricare fra gli anonimi poliziotteschi forcaioli del periodo. Rispetto a Milian, in una delle interpretazioni più truci del periodo action della carriera, risulta meno convincente Silva in un ruolo per lui desueto di duro ma onesto.
MEMORABILE: Il gioco sadico con le vittime appese al lampadario
Uno dei migliori di Lenzi, se non il migliore addirittura: al di là del poliziottesco canonico, un crime violentissimo e cattivo che non risparmia niente e nessuno. Il limite che separa buoni e cattivi non è delineato, Giulio Sacchi è un protagonista e un antagonista al tempo stesso, spietato, eppure quasi si parteggia per lui. Henry Silva è un eroe, ma fallito; a lui è riservata una fine amara, priva del senso di giustizia per il quale ha combattuto. Gli innocenti non sono sempre tali e comunque sono destinati alla morte. Crudo, bellissimo.
MEMORABILE: L'incursione nella villa, che culmina con la "roulette" umana e finisce in un massacro, scena degna di un horror home-invasion.
Capolavoro del poliziottesco all'italiana, il miglior film di Lenzi, giustamente rivalutato da Tarantino. Il modello è chiaramente il primo Callaghan di Don Siegel, con un sistema garantista che tutela gli assassini e un poliziotto che sfida la legge trasformandosi in giustiziere. Ovviamente Silva non è Eastwood, ma è granitico quanto basta, ben supportato dall'efficace doppiaggio di Nando Gazzolo. Tomas Milian strepitoso: la sua immedesimazione è totale, il paragone con l'Al Pacino di Scarface non sembra azzardato.
MEMORABILE: Giulio Sacchi che confessa alla fidanzata la strage e la fa cadere nel lago con l'auto
Oggi, ahimé, girare un film simile è impensabile. I rari polizieschi all'italiana rimasti sono infatti prodotti patinati e ripuliti per la televisione. Niente a che vedere con la ferocia di Giulio Sacchi (uno straordinario Milian), capace di un'autentica strage che non risparmia affetti, amicizie e neppure i bambini. Lenzi dirige con ritmo strabiliante e tuttavia svela le carte con parsimonia mantenendo alta la tensione fino alla fine. Silva perfetta nemesi ma menzione anche per Ray Lovelock, recentemente scomparso. Grande cinema.
Supervalutazionismo spicciolo: subito dopo l'accoppiata Beatles-Stones c'è quella Milano calibro 9-Milano odia. Dalla roulette russa se ne esce in due modi: scegliendo un terzo incomodo, oppure buttandosi alla cieca. Se proprio si deve scegliere chi scrive opta per quest'ultima strategia, privilegiando la prima alternativa: ma si tratta di due film profondamente diversi - duro e decadente l'uno, scorticante e nichilista l'altro. Forse eccessiva la nomea di "dramma sociale", ma Milian-Sacchi è un personaggio irripetibile nel noir italiano.
Film di agghiacciante e cruda brutalità, nel quale non c'è spazio per altro se non per la violenza. Un ritratto perfetto dell'Italia buia di quegli anni, con un cast in gran forma (strepitoso Tomas Milian, grande Henry Silva, anche se si fa preferire nei ruoli "cattivi") che Umberto Lenzi dirige alla perfezione, toccando una delle vette più alte del suo cinema. Stona un po' all'inizio il continuo richiamo al folklore milanese nei dialoghi, che non sempre sono perfetti. Ma il film è grandissimo.
Tre delinquenti sequestrano la figlia di un commendatore. Una spirale di violenza urbana con un ispirato Milian, balordo ai margini che parla sboccato e non esita a sparare. Appropriato a volte anche l’uso del milanese stretto. Così come altre figure (Santercole, Strindberg e Belli); Silva sembra una maschera e anche Lovelock è poco adatto come cattivo. Le sonorità di Morricone si notano fin da subito anche se risultano pesanti, alla lunga. Regia perfetta come scelta dei tempi.
MEMORABILE: Il bambino in ostaggio; Appesi al lampadario ammazzati; La dettatura della lettera di riscatto; La pantomima al commissariato.
Umberto Lenzi dà vita a un noir violento e nichilista che scivola in certe sequenze nello splatter e nell'horror puro. Milian e il suo sguardo allucinato contribuiscono a rendere Giulio Sacchi un personaggio indimenticabile per gli appassionati del genere poliziesco italico e del cinema in generale. Poi c'è la Milano fredda e glaciale sia di giorno che notturna, la musica di Morricone, una ventina di scene cult... Bellissimo e spietato.
Ottimo film di Lenzi. Sacchi/Milian nei panni di un delinquente sadico spietato tossicomane, emarginato dalla mala che non scherza, convince due balordi al rapimento della figlia di un industriale. Poi la violenza che caratterizza il personaggio, che non esita ad uccidere persino la fidanzata. Ottima l'ambientazione nella Milano anni 70 grigia e plumbea, in cui sono le armi ad avere ragione su tutto. Discreta la sceneggiatura (vedi i morti trasportati via dopo l'assalto in villa o il ripescaggio nel lago della mini, o la scena della macchinetta delle sigarette). Brava la Belli.
MEMORABILE: Millian a Catenacci: "Cosa fai, tu minacci a me? Ma io ti metto due metri di terra sopra! Mandali a da' via il cul, mandali a da' via il cul!".
Da un lato il personaggio più truce interpretato da Milian, dall'altro un commissario che riesce a mettersi sulla pista giusta ma con le "mani legate" a causa dei troppi cavilli formali dei suoi superiori. L'antagonista, che è in realtà il vero protagonista, è una bestia dal grilletto facile, per il quale ammazzare per pochi spiccioli o per mezzo miliardo non fa alcuna differenza, e infatti durante il film saranno almeno quindici le persone da lui uccise. E se la giustizia... zoppica, un modo per farla camminare salta sempre fuori, anche a duro prezzo.
MEMORABILE: L' inseguimento iniziale; La "caccia al tesoro" per la consegna del riscatto; La decisione del commissario per portare a termine l'indagine.
Milian e Lenzi nella versione più truce e sanguinaria. Probabilmente uno dei migliori lavori nel genere. Violento nelle immagini, perfido nel protagonista (Milian si diceva che abusasse di sostanze per entrare nei panni di Sacchi) e nichilista nel finale. Una Milano metropolitana che oggi si fatica a vedere. Scene di violenza sessuale che poco lasciano all'immaginazione. Fantastici gli attori e i caratteristi che, specie in questo genere, sono fondamentali. Un noir metropolitano come pochi.
MEMORABILE: La mattanza nella villa; Il viscido Giulio Sacchi; Il finale tra i metaforici sacchi dell'immondizia.
Dopo aver fatto le prove generali col discreto Milano rovente, Lenzi torna al noir e sforna probabilmente il suo miglior film. Forte della sceneggiatura di Gastaldi (che evidentemente non sapeva scrivere solo gialli) e di musiche del solito infallibile maestro Morricone, il regista toscano aggiunge un tocco di mestiere e confeziona una pellicola cattiva come poche, a volte al limite del gratuito, ma che resta impressa per sempre. Milian con la faccia da schiaffi dei tempi migliori è sadico e delirante come non mai, per la Belli un ruolo simile a quello in La polizia ringrazia.
Il poliziottesco più crudo insieme a Il grande racket, ma se il film di Castellari è più spettacolare, Lenzi vince sul piano della compattezza narrativa, grazie alla tesissima sceneggiatura di Ernesto Gastaldi. Echi del miglior poliziesco americano nella rappresentazione delle periferie e nell'epilogo amaramente giustizialista, ma l'esasperazione della violenza e i richiami alla lotta di classe sono ancora più accentuati. Milian talmente ben calato nel ruolo da risultare disturbante a più riprese, ma non c'è un solo attore fuori posto. Azzeccato il tema musicale di Morricone.
Il capolavoro lenziano è un crudele poliziesco che trova in Milian un protagonista indimenticabile: il suo Giulio Sacchi incarna il male assoluto, un uomo repellente che lascia una scia di sangue tutto in nome di del Dio denaro e che non esita a tradire chiunque senza rimorsi pur di rivalersi nei confronti dell'alta borghesia. Non ci sono raggi di sole a squarciare un cielo plumbeo, il regista calca sul pedale della violenza senza remore e il clima di angoscia e tensione è tangibile e palpabile. Belle musiche di Morricone, nel resto del cast Silva sottotono (ma ci sta), bene la Belli.
MEMORABILE: La parte nella villa con la roulette umana; La Mini che vola nel lago; Il simbolico finale tra la spazzatura.
Eccelso noir con un Milian in stato di grazia. Regia puntuale, storia con qualche fase di stanca ma efferata e riuscita. Qualche piccola ingenuità nel finale, ma ci sta. Il film è dominato dal dualismo Milian-Silva, fra i più riusciti del poliziottesco. La violenza è molto accentuata, soprattutto nella scena della casa, quasi splatter, e nel finale. Molto interessante il personaggio di Sacchi/Milian: l'attore cubano tratteggia in modo magistrale le diverse personalità del mostruoso delinquente. Comprimari nella norma. Finale forte e senza speranza.
Ladies and gentleman, giù il cappello davanti al miglior poliziesco lenziano e forse a uno dei migliori in Italia. Giulio Sacchi, interpretato da un Milian mostruoso, dovunque e qualunque cosa fa, semina terrore, sangue e morte. Non si dimentica tanto facilmente. Intorno a lui, solito sontuoso cast di comprimari che fanno il loro dovere, ma ovviamente sono tutti oscurati dalla performance del cubano. Una sola falla: Milian, con la polizia alle calcagna, riesce a tornare in città e a crearsi un alibi, senza che nessuno se ne accorga. Ma viene da dire: chi se ne importa? Perfezione.
MEMORABILE: La "gita" al lago; Tutta la sequenza nella villa; Felleghy che "fa solo il suo lavoro".
Feroce noir all'italiana diretto da un Lenzi in stato di grazia, supportato dalla titanica performance di Millian. Viene restituita una Milano squassata dalla criminalità, sorvegliata da una giustizia inopinatamente apatica e disarmata. Il ritmo serrato, la violenza (fisica e psicologica) e la buona scrittura dei film - in particolare taluni dialoghi - lo elevano a cult assoluto del cinema italiano di genere.
MEMORABILE: L'incipit con il carabiniere; Tutta la sequenza della villa; Il convincimento dell'ostaggio; Il finale.
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Zender ebbe a dire: Ho preso il bluray Shameless, netto passo avanti rispetto al nostro vecchio dvd NoShame. E' lo stesso identico master, ovviamente encodato in bluray :)
HomevideoZender • 12/11/18 09:29 Capo scrivano - 46913 interventi
Saimo ebbe a dire: Zender ebbe a dire: Ho preso il bluray Shameless, netto passo avanti rispetto al nostro vecchio dvd NoShame. E' lo stesso identico master, ovviamente encodato in bluray :) Buono a sapersi, grazie. Comunque il passo avanti rispetto al dvd che ho (anche se lo metto nel bluray e me lo "upscala") si vede.
Ne ho sentito parlare più che bene di questa monografia. Qualche annetto fa lo stesso autore aveva già dedicato un volume simile a Napoli violenta (1976), altra gran prova action del maestro Lenzi.
Adesso mancherebbe solo il tomo in onore di Roma a mano armata (1976).
DiscussioneAlex75 • 19/05/20 14:15 Call center Davinotti - 696 interventi
Gugly ebbe a dire: Gaetano ebbe a dire: Vita e opere di Giulio Sacchi, il balordo più folle e famoso di tutto il poliziesco all'italiana. Se il film viene considerato come "l'Arancia meccanica" di casa nostra, Umberto Lenzi, con la fattiva complicità dello stesso Milian, riesce a tratteggiare il suo Alex in maniera ben peggiore dell'originale
Il parallelo tra Alex Delarge e Giulio Sacchi è stato posto spesso, però credo che il malvivente milanese si avvicini di più alla "negatività assoluta": alla sporcizia (fisica e morale) e alla ripugnante cattiveria Sacchi unisce l'ignoranza e l'assenza di qualsiasi interesse che non sia terra terra: se Alex si esalta con il dolce Ludovico Van, per Giulio l'unica musica è il suono del suo mitra. E le sue malefatte mescolano meschinità e vigliaccheria: credo che la definizione più calzante del personaggio l'abbia data Ugo Maione/Luciano Catenacci, apostrofandolo con l'impietoso appellativo di "mezza m..."
DiscussioneAlex75 • 19/05/20 14:18 Call center Davinotti - 696 interventi
Gestarsh99 ebbe a dire: Il Dandi ebbe a dire: ...Poliziottesco è un termine che personalmente uso senza nessun intento spregiativo...
Questo è chiaro.
Al giorno d'oggi, a parte qualche critico ottuagenario, nessuno usa più il termine "poliziottesco" con intenti o accezioni negative. E ci mancherebbe pure.
Quello che a me da fastidio è l'origine stessa di questa definizione e tutto il sottotesto ghettizzante che continua a portarsi appresso sin dagli anni '70.
Il fatto che poi la gente ne ignori la radice originaria e lo interpreti in maniera campanilistica ed affettuosa è tutto un altro paio di maniche. E ci sta tutto.
Comunque, solo ora mi rendo conto che stiam discutendo di poliziottesco nel settore di Milano odia, che a mio parere è un film molto più attiguo al noir metropolitano (d'altronde il protagonista vero e proprio non è il marmoreo commissario Henry Silva bensì il criminale Milian).
Concordo in pieno. Anch'io sono sempre stato restio a usare, per questi motivi, il termine "poliziottesco", preferendo quello di "poliziesco all'italiana" o di "western urbano". Però qui siamo effettivamente più dalle parti del noir.
DiscussioneAlex75 • 21/05/20 18:21 Call center Davinotti - 696 interventi
Rogerone ebbe a dire: Aggiungo qui una mia considerazione sul film che va oltre il mio commento ufficiale che ho rilasciato oggi sul Davinotti.
Questo è il tipico film che se fosse stato di produzione americana sarebbe idolatrato e considerato un capolavoro a livello mondiale.
Cos è che non va in questo film :
1) sceneggiatura senza falle
2) credibilità autentica
3) regia e montaggio di alto livello
4) interpretazione fenomenale di Tomas Milian degna del più grande Al Pacino
5) Caratteristi impeccabili
6) scenografia da brividi
C'è tutto in questo film.
Forse il soggetto un po banale? ma può darsi, ma racconta alla perfezione la natura psicopatica di un essere umano.
Ripeto : se il film - uguale - fosse stato americano e al posto di Milian ci fosse stato De Niro ora sarebbe considerato una pietra miliare a livello globale, e non solo italiano.
Come gran parte dei polizieschi italiani dell'epoca, anche questo fu massacrato dalla critica (in particolare la prova di Tomas Milian, vedi ad esempio le recensioni di Aurora Santuari e soprattutto di Morando Morandini). Mi viene da pensare che ci fosse un certo pregiudizio di fondo nei confronti di questi film.
DiscussioneAlex75 • 21/05/20 18:30 Call center Davinotti - 696 interventi
B. Legnani ebbe a dire: Cangaceiro ebbe a dire: Ma questi C.S.C.,erano così negati a recitare da meritarsi delle comparsate così infime??
Alcuni erano bravissimi (Oppedisano e la Torosh, per dire i primi due che mi vengono in mente). Il fatto è che la cosa veniva vissuta dalle produzioni come un obbligo, quasi un male necessario...
p.s. non offenderti, ma non si dice "così infime", perché "infime" è superlativo assoluto.
Effettivamente Oppedisano e la Torosh spiccano sugli altri C.S.C. Credo che la Torosh sia stata l'unica ad avere un ruolo di protagonista (nel film I pugni di Rocco), mentre Oppedisano, oltre ad avere piccoli, ma significativi ruoli, è probabilmente il C.S.C. che ha avuto le maggiori frequentazioni col "cinema d'autore" (mi vengono in mente Leone, Bolognini e Lizzani), ed è memorabile il suo Gobetti nel Delitto Matteotti di Vancini.