Temendo di incorrere nelle facili accuse di superficialità che il portare al cinema un personaggio come Barbie poteva scatenare, il film si avventura in letture inedite che possano ispessire un approccio diretto a un pubblico che comprenda anche gli adulti. Non era tuttavia semplice caricare di qualsivoglia messaggio un mondo di plastica nato con l'unico scopo di fornire alle adolescenti una bambola meno legata all'infanzia e all'istinto materno. L'intuizione della Mattel non sottintendeva necessariamente recondite rivoluzioni femministe, cosa che invece il film suggerisce in modo palese per non apparire solo un futile stratagemma con cui mascherare un'operazione nata in fondo...Leggi tutto per risvegliare la nostalgia nei confronti di un microcosmo in miniatura che tante ragazzine ha fatto sognare.
Così, fin dall'incipit che riprende Zarathustra e Kubrick sostituendo Barbie al monolite, le ambizioni sono evidenti; ma si scontrano con la scarsa capacità di declinarle in concetti articolati ordinatamente. Alcuni di essi arrivano a colpire nel segno, è indubbio, ma la maggioranza si perde in un caos di cui non è sempre agevole cogliere il senso, lasciando che in definitiva a restare impresso sia lo strabiliante lavoro scenografico, che davvero riesce a trasporre su grande schermo Barbieland mescolando nei colori, nei costumi, nei sorrisi della splendida Margot Robbie tutto quello che anche gli scarsi conoscitori della bambola Mattel non possono che associare in pieno al suo mondo. E' talmente seducente, originale nella sua messa in scena, ricca di particolari gustosissimi la caramellosa città di Barbie, che è un'autentica gioia per gli occhi; e il Ken di Ryan Gosling, scelta azzeccata pure in chiave ironica, vi si sposa al meglio, contribuendo a risvegliare in buona quantità gag e battute talora sorprendenti.
A deludere semmai - e non lo si poteva proprio prevedere - è Will Ferrell CEO della Mattel, a testimonianza di una secondarietà avvilente delle fasi legate al mondo reale, in cui la Barbie sterotipo (Robbie) e Ken s'intrufoleranno su consiglio della Barbie stramba (McKinnon) per risolvere problemi di... cellulite e piedi piatti, drammi a cui Barbie non era proprio preparata. L'avventura temporanea in California (prima dell'auspicato ritorno a Barbieland) cede in fascino, non acquista in spessore e anzi mette a nudo i limiti di una sceneggiatura verbosa e farraginosa, macchinosa da seguire e che scarse soddisfazioni offre a chi s'impegni a farlo benché contenga idee nient'affatto peregrine sul ribaltamento dei sessi al potere e non solo. Molto meglio funziona il film quando il villaggio sulla spiaggia di Barbie - spesso pompato al punto giusto da musiche incalzanti - sa rendersi travolgente, buffo (centrato anche lo sfigatissimo Allan di Michael Cera), profondamente autentico nella sua finzione “giocattolosa”.
A svilire la potenza dell'operazione sono insomma i personaggi del mondo reale (dalla donna che progetta Barbie tristi a sua figlia che ha sempre odiato la bambola fino al citato Ferrell, mai in grado di mettere a frutto le proprie apprezzate potenzialità comiche), contraltare ordinario drasticamente perdente rispetto al concentrato di strepitose invenzioni visive e concettuali che carburano la magia di Barbieland (e di quella terra di mezzo che funge da transizione per raggiungere gli "umani"), dal font immediatamente riconoscibile al rosa che travolge un luogo virtuale in cui l'avvenenza fisica è abbacinante e trasmette gioia pura attraverso gli straordinari occhi "vivi" della Robbie.
Adamo ed Eva. Pardon, Eva e Adamo: lui riflette la luce di lei. Un'utopia capitalista, ciliegina sulla torta del patriarcato in cui imperversa la guerra tra sessi. Poveri entrambi: di identità, Lui, di prospettiva, Lei. L'autoconsapevolezza, è la forza direttiva di Gerwig che monta, su un'effimera stringa narrativa, uno spaccato sociologico sugli stereotipi da convalidare, puntuale, ambizioso, condivisibile. Peccato per i bellissimi personaggi marginali: una fiera di occasioni sprecate. Grande sfoggio di filologia, tra cromie impossibili, logorrea e balletti spumeggianti. Divertente.
Stravaganza interpretata e prodotta da Margot Robbie, che si cala perfettamente nella vesti di Barbie, anche se non è da dimenticare la prova di Ryan Gosling nel ruolo di Ken. Poteva essere un'avventura tutta ambientata a Barbieland, dove tutti recitano in un mondo ideale e perfetto, invece ci sono intermezzi nel mondo reale, con una Barbie che entra in crisi e si pone delle domande. Divertente, colorato, musicale, ricercato nei costumi, il film si avvale anche delle performance di Will Farrell e Rhea Perlman, con una graffiante satira sul patriarcato maschile.
Progetto ambizioso quello della coppia Baumbach/Gerwig e in larga parte riuscito perché, almeno nella prima parte, ci si diverte, la satira graffia e le parti musicali sono deliziose. Nel secondo tempo l'atmosfera è un po' rallentata da qualche inutile spiegone sugli effetti (indiscutibilmente veri) del patriarcato ma il Ken smarrito che non sa più quale sia il suo ruolo è ancora efficace nel descrivere una società in cui i ruoli sono diventati fluidi. Gosling davvero molto bravo e in forma fisica invidiabile, ruba spesso la scena alla Robbie. Non un capolavoro ma gradevole.
Freschi di visione verrebbe da dire tanto rumore per nulla. Barbie, interpretata da Margot Robbie, non convince appieno, ma la colpa non è sua ma di una storia che viene subito a noia tanta la limitatezza dell'argomento che Greta Gerwig vorrebbe sviluppare. C'è poi la beffa che la scenografia statica di "Barbieland" crea un non so che di claustrofobico, di voglia d'evasione che quei pochi minuti a Los Angeles, nel mondo reale, sembrano - per quanto poverelli - una boccata d'ossigeno. Unica nota dilettevole, al cinema, può essere l'hype delle ragazze in sala vestite in rosa.
Lasciano perplessi le avventure di Barbie: dopo un primo quarto d'ora piuttosto divertente la Gerwig sembra perdere la bussola, tra innocue gag ad alto tasso di puerilità che cozzano con goffe pretese autoriali che affondano in un apologo femminista piuttosto banale. Alcuni spunti sarebbero anche interessanti, ma tutto rimane sempre in superficie in un plot squinternato in cui gli eventi sembrano susseguirsi con poca logica. Un inno al conformismo con imperdonabili citazioni alte (Kubrick, Coppola) che tradiscono la presunzione della regista: sotto il marketing (quasi) niente.
Un grande applauso all'impianto scenografico e alla splendida forma degli attori, ma non c'è altro da salvare: il film lascia senza parole. È un'accozzaglia di temi mal bilanciati, di idee non contenute e plasmate, di bozze di personaggi mal sviluppati e mal delineati. La sceneggiatura non funziona, alcune scene sono incastonate come tasselli di un puzzle in uno spazio che non combacia. Potenzialmente poteva essere un film geniale, è solo un'occasione sprecata.
Veramente brutto e deludente, questo film dedicato alla bambola più influente degli ultimi anni, che vede alla regia e alla sceneggiatura due persone con le quali si poteva sperare in qualcosa di diverso; ma niente da fare: personaggi scritti male, tutto è piatto e demenziale; si trattano temi complessi legati al femminismo e alla emancipazione del ruolo della donna, ma se non lo si fa in maniera seria, purtroppo, il messaggio positivo alla base si perde in questi colori rosa pastello e nel kitsch, che giova soltanto al marketing della Mattel.
Ininfluente. Un film che al netto di tante buone cose (scenografie, costumi, una protagonista perfetta) si perde proprio nella sceneggiatura, che vorrebbe dare un colpo al cerchio e una alla botte, alternando (ma mal amalgamando) demenzialità a pistolotti sul ruolo dei sessi. Ha un buon ritmo, ma non lascia quasi nulla a fine visione; anzi, Barbieland spesso finisce anche per schiacciare le ambizioni restituendo troppo l'idea di posticcio. Gosling fuori parte ma tutti gli altri bravi. Per chi si accontenta.
Il kitsch e il camp tanto decantati dalla Gerwig non si vedono, sono esseri mitologici, evanescenti, totalmente assoggettati dalla, invece, grazia, perfezione, linearità di un set-design costato milioni di dollari. Il messaggio politico e lo sbandieramento femminista sembrano più che una missione una marcia forzata nel deserto. Un film sovrabbondante, presuntuoso, fatto dai soldi e per i soldi.
Seguendo le (tragiche) regole del politicamente corretto, si mette in scena la bambola più bambola di tutte ma le si aggiunge una caratterizzazione femminista assolutamente posticcia. Nonostante la bravura e la bellezza di Margot Robbie, il film non riesce a emanciparsi da questo accostamento "sacrilego", che però sembra funzionare forse perché almeno non ci sono troppi effetti speciali fracassoni.
Interessante produzione cinematografica dedicata alla bambola più famosa del pianeta. Ottimo il lavoro in termini di scenografia e costumi, buoni gli spunti di riflessione, discreti i momenti comici. Qualche pecca nella sceneggiatura che non riesce a valorizzare i personaggi secondari e le loro storie. Nel complesso, però, siamo di fronte a un film riuscito.
Barbie manifesta dei pensieri di morte. Più che un film è uno spot della Mattel, che si fa il verso ma non riesce a nascondere l’idea capitalistica di fondo. L’indigestione pop si fa sopportare per le simpatiche trovate tra un pistolotto e l’altro. Addirittura il personaggio di Ken, piagnone rimbalzato perenne, riesce a tramettere meglio le dinamiche uomo/donna e la lotta dei sessi che poi accontenta tutti. Conclusione per un pubblico adulto anche troppo sofisticata (idem per le citazioni di Kubrick e Coppola). La Robbie viene perfezionata dal digitale e soddisfa i feticisti in sala.
MEMORABILE: I giochi realistici; I pattini gialli; Il telecomando; La chitarra col falò; Barbie incinta.
Né capolavoro né bidone, ma semplicemente un film medio sorretto da un fenomenale e riuscito lavoro di marketing. Si parte col botto, citando 2001, e si continua in maniera abbastanza divertente, con alcuni momenti e battute pienamente riusciti, per tutta la prima parte. Nella seconda il ritmo cala, ma non ci annoia. I pistolotti ideologici erano previsti ma l'impressione è che si voglia anche dare un colpo al cerchio oltre che alla botte e manca sottigliezza. Robbie abbagliante, come le scintillanti e splendide scenografie che lasciano di stucco per il lavoro di ricostruzione.
Il film-evento del 2023 si rivela una pellicola simpatica, ancorché le velleità di ambizione minino il risultato finale. Se la ricostruzione scenografica di Barbieland ruba gli occhi e il duo Robbie/Gosling funziona, lo stesso non vale per la scrittura del film: troppi i temi, seppur corretti e interessanti, che si affastellano sino a sovraccaricare la visione. Vi è, inoltre, un abuso di musichette-spiegoni e monologhi "spezza-film" per assicurare il veicolo del messaggio; anche l'eccessivo utilizzo di promozioni commerciali tradisce l'esercizio autoironico del progetto.
MEMORABILE: Barbieland; Ken scopre il patriarcato; Ken cerca un lavoro; Barbie in fuga dalla Mattel; Barbie e Ken non sanno cosa fare da soli (alla sera).
Barbie si catapulta nel mondo degli umani e affronta una serie di disavventure improbabili quanto sciocche. Film brutto e inutile: perché andare a scomodare un personaggio così iconico per mettere su una commedia sciatta, incapace di far sorridere e di suscitare interesse, male interpretata e peggio diretta che si trascina stancamente per quasi due ore? La messinscena è povera e palesemente fittizia (basta dare un'occhiata a trucco e costumi per farsi un'idea) e la protagonista non ha né lo stile né il fisico della nota bambola (non le somiglia nemmeno in volto, in verità).Triste.
Forse sarebbe stato più appropriato un musical, per questa operazione commerciale che celebra il mito della celebre bambola della Mattel pur cercando di ribaltarne ironicamente gli stereotipi. Così invece il plot narrativo si rivela pretenzioso e banale, oltre che ripetitivo e confuso. A parte le sfavillanti e coloratissime scenografie, nel complesso delude e poco diverte.
E' un film che vive perlopiù dell'estetica, indubbiamente abbacinante nei suoi rosa e nei colori che richiamano fedelmente le vecchie pubblicità Mattel e i noti giocattoli, specialmente del periodo anni '80; ma l'ambizione della regista porta la vicenda dalla commedia brillante a una riflessione sul patriarcato e sulla guerra dei sessi che lascia il tempo che trova, confusa come le idee di chi ancora propaganda concetti vecchi di 50 anni. Un po' musical, un po' film sentimentale, ha momenti divertenti, un bel ritmo e buoni interpreti, ma il successo clamoroso resta inspiegabile.
Un buon film per la prova della Robbie, per le trovate di scenografia e costumi che valorizzano bene le peculiarità del soggetto, per alcune riflessioni non banali nella parte centrale. Ovviamente si paga dazio al volemose bene finale, agli spiegoni didascalici ma la Gerwig dimostra comunque di saper maneggiare la materia e di non accontentarsi del compitino. Insomma, l'opera dimostra una sua anima e non è possibile ridurla a una semplice operazione di marketing.
MEMORABILE: L'incipit; Le Barbie fuori produzione.
Film che lascia il tempo che trova: non ignobile, ma neanche sufficiente. L'inizio riesce a stupire con la sua citazione di Kubrick, segue una parte abbastanza vivace, ma poi la storia si affloscia irreversibilmente. Ciò che rimane sono i colori sgargianti e la discreta prova sia di Gosling che della Robbie (perfetta per interpretare Barbie), ma questo è tutto. Quasi due ore sono davvero esagerate; una maggiore concisione, forse, avrebbe aiutato.
Un fugace pensiero di morte incrina il mondo perfetto in cui vive l'altrettanto perfetta Barbie che per porvi rimedio deve incontrare la bambina che gioca con lei nel mondo reale... Per mettendo in conto la riuscita operazione di marketing, il clamoroso successo commerciale resta un mistero: esteticamente curato fino alla stucchevolezza ma poco divertente nelle parti più leggere, banalissimo nella critica al patriarcato, irritante nella rivendicazione fasulla del diritto a non essere omologati. Poche le sequenze da salvare, tutto il resto è un spottone pubblicitario di quasi due ore.
MEMORABILE: L'inizio che cita 2001 Odissea nello spazio; Il balletto nel finale con i Ken vestiti in nero.
Attraversata da pensieri negativi, Barbie compie un incursione nel mondo reale. Cinematografia mescolata a (furbissima) operazione di marketing, il film di Greta Gertwig ha fatto il suo (ricco) dovere al botteghino, ma lascia pochissimo allo spettatore, oltre ad una scenografia d'effetto ma alla lunga stucchevole, e un casting davvero brillante per l'ottima scelta del duo protagonista. Alla fine il film è però davvero poca cosa, con le sue evidentissime e didascaliche metafore, e poteva essere oltretutto "sforbiciato" almeno di mezz'ora.
Inspiegabile successo clamoroso di un film che per l'interminabile durata di due ore cerca di mettere insieme in malo modo fantasia e realtà. Tutto appare estremamente finto e artificioso e, se in un primo momento lo si può accettare, a lungo andare la cosa diventa estenuante. Difficile comprendere come un attore del calibro di Gosling si sia impantanato in un film senza capo né coda che con la scusa di voler trasmettere messaggi legati alle differenze di genere e al patriarcato propina tutta una serie di situazioni stereotipate che non portano a nulla di concreto. Pessimo.
Deliziosa fiaba postmoderna, in cui la bambola più famosa del mondo, emblema di un femminile al contempo sciocco ed emancipato, scopre la vita reale e è costretta a lottare. L’idea è intelligente e fulminante, la sceneggiatura regge bene, la scelta di un linguaggio ultra-pop è vincente e le tirate contro il patriarcato ben assestate. Insomma, un film divertente e pensoso, tarato sul mondo adolescenziale-adulto, anche se a tratti appesantito dalla morale e un po’ gioiosamente scombiccherato in alcuni passaggi. Ma proprio gustoso.
Commedia con venature drammatiche sorretta da una clamorosa campagna di marketing (non poteva essere differente, visto l'iconico personaggio) che le ha portato un successo straordinario. In realtà, pur lontano da vette cinematografiche, il film tutto sommato intrattiene il giusto, malgrado un calo di ritmo nella seconda parte. La Robbie è sempre bellissima e brava, ma Gosling come personaggio comico finisce per rimanere più impresso. Divertenti alcune trovate.
MEMORABILE: La scenografia di Barbieland; Gosling cerca lavoro in California.
Intento e logica del film sono eloquenti fin dalla prima inquadratura, anzi fin dal battage che ha preceduto cotanta operazione cinematografica e commerciale, La Gerwig con intelligenza e intuito (femminile?) declina l'opera come un cartone Pixar, azzerando i gradi dell'allegoria e della metafora per esplicitare visivamente e sintatticamente il discorso su patriarcato e femminismo che il corpo di plastica dell'icona Mattel consustanzialmente veicola. Pregi (Robbie, Gosling, colori, coinvolgimento) e difetti (si possono riassumere nella sua stessa programmaticità basica) imbambolano.
MEMORABILE: Barbie davanti ai doppisensi degli operai del cantiere in pausa segnala che è tutto inutile perché lei non ha la vagina e Ken non ha il pene.
Operazione commerciale non riuscita. Il film risulta di una noia mortale, solo qualche chicca su bambole fuori produzione o qualche battuta sagace sulla Mattel risultano un minimo interessanti. Probabilmente non si poteva fare di meglio per fare in modo che anche qualche adulto guardasse il film, ma se ne poteva tranquillamente fare a meno. Bocciato senza appello.
I primi venti minuti nel tentativo di emulare l'inizio di Truman show, a cui vagamente il film si ispira, sono demenziali come una parodia di Ezio Greggio. Barbie e Ken nel mondo vero rievocano certe commedie americane anni '80, con una spruzzata di grottesco stile Mister Hula Hoop dei Coen. Ma non si ride mai. L'impostazione favolistica rammenta certe produzioni DreamWorks ma senza la simpatia generata dai cartoni animati, peraltro in contesti molto più raffinati sul piano scenografico. Alla fine sembra di rivedere Space Jam senza Michael Jordan e i Looney Tunes.
Adattamento cinematografico della bambola creata dalla Mattel. A fine visione la delusione prevale su tutto. Criticare il patriarcato attraverso un mondo plastificato è un'idea che rasenta l'ipocrisia. Il tutto è affrontato in modo banale. A favore del film una forma visivamente impeccabile e la presenza di Margot Robbie. Ryan Gosling è da dimenticare. Mediocre la colonna sonora.
All'inizio la vita nella plastica è fantastica, tra le scenografie di un mondo volutamente finto e la coppia di protagonisti dalla chimica perfetta. Dopo la prima mezz'ora però la sceneggiatura perde di vista l'equilibrio tra gioco e realtà, imbastendo critiche sociali di carta velina e lanciando un goffo messaggio sull'affermazione di sé stesse che risulta stereotipato all'estremo. Ferrell con la cravatta rosa fa del suo meglio, ma sul film grava come un macigno la Mattel quale oste che garantisce la bontà del vino.
MEMORABILE: La canzone di apertura; La festa interrotta dalla domanda esistenziale.
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DiscussioneDaniela • 12/12/23 05:07 Gran Burattinaio - 5936 interventi
Per Barbie nove candidature al Golden Globe 2024, comprese quelle più importanti (miglior film commedia o musical, miglior regia, miglior attice protagonista). No comment perché sono rimasta senza parole.
MusicheZender • 11/03/24 10:26 Capo scrivano - 48261 interventi
Oscar 2024 per la miglior canzone originale a "What Was I Made For?" (musiche e testo di Billie Eilish e Finneas O'Connell).
Durante la festa organizzata da Barbie nella prima serata, tutti ballano al ritmo di "Dance the Night" di Dua Lipa. La cantante appare in un brevissimo istante con costume da sirena (mermaid) e parrucca, assieme a John Cena (merman). Entrambi non censiti per la brevità del minutaggio, anche se presenti nei titoli di coda.
Tra le altre canzoni, ha ricevuto alcune nomination e anche premi "I'm just Ken" interpretata (canto e danza) da Ryan Gosling. Ken/Ryan Gosling suona alla chitarra acustica (per parecchio tempo, parrebbe) una versione personale di "Push" del gruppo Matchbox Twenty (1996) con la famosa frase "I don't know if I've ever been good enough" (che non è il titolo della canzone) che anticipa l'altra canzone di Gosling.