Al 71', purtroppo, questo film crolla, con inverosimiglianze e frettolosità che vanno oltre ciò che si è disposti a perdonare. Bellissima la Giancaro, felinamente trojesca la Danning, grottesco il modo di fare di Masè, appiccicata la risata macabra. Tante cose sono favolosamente Anni Settanta, come gli incredibili occhiali della Giancaro e le decorazioni della casa di Pagliai, ma il décor, pur notevole, da solo non basta per fare un buon il film.
Giallo tipicamente anni '70, nato sulla scia del successo ottenuto da Dario Argento. Pur non essendo nulla di eccezionale, il film è discreto fin quasi alla fine, dove ha un crollo improvviso. La spegazione finale è troppo complicata e la storia fa acqua da parecchie parti. Rimane il dubbio che almeno un omicidio (una macchina che trascina un corpo) abbia ispirato una celebre scena di Profondo rosso. Chi ama i film Anni Settanta può vederlo.
Più debole del precedente (e similare) La notte che Evelyn uscì dalla tomba, il secondo (ed ultimo) film diretto da Emilio Miraglia segue il solito canovaccio del giallo mascherato da horror con relativo deragliamento finale dall'uno all'altro genere. Resta titolo interessante per i cultori del bis italiano, non foss'altro per un cast nutrito ed esemplare nel quale brilla la bellezza (non più) acerba di Barbara Bouchet, approssimata al malinconico sguardo di Ugo Pagliai.
Superiore al precedente Evelyn, perde la bella Erika Blanc ma guadagna la presenza della dea Barbara Bouchet (doppiata da Mirella Pace), dell bravo attore teatrale Ugo Pagliai mentre torna la Malfatti (goduria!!!). In più ci sono anche Rudolf Schindler (il professore di Suspiria), Nino Korda e Sybil Danning (che si mostra poco vestita). Ineccepibile il tema musicale del solito Nicolai, ottimi gli effettacci di sangue, la soluzione finale, la scena della Bouchet che rischia di annegare. Colpo di scena finale notevole.
MEMORABILE: La scena nei sotterranei, quando la Bouchet precipita giù dalla casa di famiglia.
Mediocre giallino che cerca, con scarso successo, di riportare in auge le atmosfere gotiche e che, nonostante non presenti elementi particolarmente riusciti ed originali, risulta tuttavia gradevole e ben confezionato, lasciandosi seguire senza problemi dall'inizio fino alla scioglimento finale. Peccato che manchi di tensione e che la regia sia piuttosto ordinaria.
Più ricco e rigoroso in confronto ad Evelyn, si richiama maggiormente ai gialli tradizionali del periodo, da cui riprende l’ambientazione nel corrotto mondo della moda. I segmenti migliori sono quelli di carattere più spiccatamente gotico, come il prologo con le bambine e il quadro, l’incubo della Bouchet e il finale nelle segrete del castello. Nel cast ancora la Malfatti, insieme ad altri professionisti del calibro di Pagliai e Masè.
La sceneggiatura è di Fabio Pittorru, non occorre scomodare gli addetti ai lavori per sapere che egli, insieme al collega Massimo Felisatti, ha firmato alcune tra le più belle pagine del giallo letterario e televisivo italiano. La sceneggiatura di questo film tuttavia è ambiziosa, volutamente articolata ma affidata ad una regia incapace di sorreggerla con dovizia di particolari e di scene; certo, il colpo di scena finale c'è, ma ci si arriva a carponi, dopo una noisa e alquanto prevedibile catena di delitti nei quali, l'unica elemento distintivo dalla massa di pellicole similari dell'epoca, è il manto rosso dell'assassino al posto dei soliti, abusati guanti di pelle.
Ha mille difetti e sbavature, questo giallo, eppure è adorabile, più di altri, nella sua goffaggine. Perché è impossibile non seguire con apprensione le peripezie della ricca orfanella Bouchet perseguitata, fin dalla più tenera infanzia, da: una sorella prepotente, un'altra sorella viscida, un cognato ricattatore, una segretaria stronza, una modella ninfomane, un tossico stupratore e un assassino dalla cappa rossa. Wow! Un pizzico di Edgar Allan Poe, molto Mario Bava... Molto, molto piacevole.
MEMORABILE: l'incubo della Bouchet, la "carrellata" sulla dama rossa.
Titolo poco considerato nel sottogenere thriller all'italiana, eppure è una pellicola che non delude poi tanto. Con diverse incertezze narrative non estranee comunque a molti altri lavori di questo filone, il film contiene comunque un'atmosfera interessante e il finale non è certo male.
MEMORABILE: La ricostruzione del delitto ad origine dei fatti.
Bizzarro e a suo modo originale giallo italiano Anni Settanta. Nonostante una certa mancanza di realismo (specialmente nell'ultima parte) e una sceneggiatura che cerca la soluzione cervellotica a tutti i costi, il film offre comunque un centinaio di minuti del tutto godibili (anche se 10 minuti in meno in verità avrebbero giovato al ritmo). Belle le ambientazioni, interessante l'idea della dama rossa, da urlo il cast femminile, buone le scene splatter. La risata demoniaca della dama fa un po' ridere, ma resta un giallo meritevole di visione: **½.
MEMORABILE: La dama rossa che corre verso la m.d.p. nel lungo corridoio.
Ci risiamo. Con Emilio Miraglia e i suoi due gialli/horror gotici (Evelyn è presente anche qui) è sempre difficile esprimere un giudizio equilibrato, tanta è la sproporzione tra un gusto estetico fuori dal normale e l'inconsistenza del soggetto. Di certo vi è uno stile assolutamente personale, l'uso sapiente della musica per creare la suspence ed un complessivo fascino visivo delle inquadrature. Al contempo sono innegabili le tante illogicità e superficialità in vari passaggi del film. Meglio la forma, dunque, della sostanza. Ma va bene così.
Giallo inutilmente complesso e mal racimolato nel finale - anche incongruo – tutto teso sopra le righe di una narrazione inefficace malgrado intuizioni visive interessanti, che si assommano al numero di due. Il gotico con cui s’imbastardisce è solo una foglia di fico per celare le raggrinzite spoglie del racconto. Il vintage, invece, inerpicandosi con copiosi boccioli negli interni e sui vestiti, rimanda il disinteresse generale di qualche quarto d'ora, prima che l'improbabile infierisca un secco colpo d'ascia sul rantolo finale. Malinconiche musiche di Nicolai; legnoso il cast.
MEMORABILE: Il sogno con la Dama che corre dal profondo corridoio; i topi che si riversano dalle tubature e, per involuta ilarità, la risata isterica della Dama.
Subito dopo aver sventato un accoltellamento fra le sue nipotine, l'imbolsito nonno racconta la storia della dama rossa, che guarda caso anche lei aveva ucciso la sorella. La racconta così, come se non avesse appena dovuto placare gli istinti omicidi delle due pestifere. Dopo un'incipit così demenziale, avrei dovuto spegnere ed optare per una passeggiata; invece, sublimando il mio guilty pleasure, ho continuato a guardare questo bizzarro giallo e fra le ridicole risatine della dama, il sex appeal della Bouchet e una regia dignitosa, mi sono divertito.
MEMORABILE: L'involontariamente comico incipit; il calendario rosso che scorre sui titoli di testa.
Discreto giallo italiano con qualche influsso gotico, caratterizzato da una regia elegante che comunque non lesina in nudi e sangue e da una bella e suggestiva fotografia. Purtroppo la sceneggiatura non funziona altrettanto bene a causa di un soggetto (con vari riferimenti a Sei donne per l'assassino) particolarmente complicato che non riesce a reggere fino alla fine. Notevole il look della Dama Rossa e ottimo il prologo. Bravi gli attori e bellissima la colonna sonora di Bruno Nicolai. Decisamente godibile, soprattutto per chi ama il genere.
Pellicola a mio avviso piuttosto altalenante nel complesso: abbiamo un inizio horror gotico molto promettente, poi si sterza di brutto verso il thriller di matrice argentiana. A tratti risulta di complicata comprensione e il finale è piuttosto sbrigativo. Buonissimo cast, location suggestive e soprattutto presenze femminili da incorniciare.
Lambiccato ma riuscito thriller all'italiana, meno fumettistico dell'altro mini-classico di Miraglia, ma a sua volta di incomparabile sgangheratezza narrativa. Ampiamente compensata, però, da un décor fra i più belli del genere, da un temino musicale efficacissimo e da un'innegabile eleganza visiva. Funesti i baffi di Masè stile calciatore Anni Settanta (alla Breitner?), ma addirittura criminali le giacche di Pagliai, probabilmente all'origine della satanica risata che scandisce il film.
Assimilabile a molta produzione del periodo per pregi e difetti: trama contorta, regia non proprio cristallina, qualche efferatezza degna di nota (vedi la morte sul cancello), donne sinuose e interni art deco tendenti al kitsch. Nel complesso non svetta e non può ambire a posizioni nelle hit cinematografiche, intendo quelle di genere. Ma qualche motivo di interesse e passaggio ambizioso ce l'ha.
La spider di Ugo Pagliai cambia colore un paio di volte e tutto il resto è condotto sulla stessa linea. "Tanto lo spettatore non se ne accorge e anche se se ne accorgesse che gliene frega?", deve aver pensato il regista e non aveva poi torto: questo giallo intersecato con una maledizione di famiglia è piacevole non solo per l'assurdità degli assunti iniziali, ma nella goffaggine di tutto lo svolgimento. Musica e colori distraggono dalle incongruenze; negli ultimi dieci minuti il castello di carte crolla con esagerato e divertente fracasso.
MEMORABILE: Il tossico: "In un viaggio ho capito chi è l'assassino" - "Ma che dici? Tu sei un drogato!". Ma farlo parlare - almeno per curiosità - proprio no eh?
Titolo di culto del giallo all'italiana anni 70. A metà tra il gotico e il thriller, la pellicola offre buone soluzioni fotografiche e ambientazioni, oltre che una buona partecipazione dello spettatore che, è ansioso di scoprire il mistero che si cela dietro le apparizioni e gli omicidi della dama rossa. Effetti speciali argentiani e una intricata storia di omicidi che sembra provenire da una antica leggenda sono gli ingredienti del film. Brave e belle le protagoniste, bravi e di mestiere i protagonisti (su di tutti Pagliai).
MEMORABILE: Carrellata sulla Dama Rossa che corre con un pugnale stretto in una mano. I mitici anni 70 nei vestiti, nelle auto, nella città...
Ottimo giallo che ha avuto un successo strepitoso e che rientra, a mio parere, nella lista dei migliori nel genere. La storia è davvero interessante e i numerosi trait d'union col gotico, col poliziesco e - in parte - con lo slasher rendono il film godibile per tutti, nonostante una regia svogliata che avrebbe potuto metterci più passione. Notevoli i delitti (piuttosto gore), l'incalzante colonna sonora e la sceneggiatura. La Bouchet, a livello recitativo, si mangia tutti. La dama del titolo è già leggenda...
MEMORABILE: Il cast femminile (le donne s'assomigliano tutte!) e il finale con la Bouchet che cerca di uscire dalla cantina allagata facendo gimcane tra i ratti.
Dopo il deludente La notte che Evelyn uscì dalla tomba stavolta Miraglia fa il colpaccio e costruisce un ottimo giallo. L'iniziale ambientazione gotica potrebbe far pensare ad un horror classico con tanto di castello misterioso e fantasma con cappa rossa ma ben presto il film rivela la sua vera natura e coinvolge lo spettatore fino al sorprendente finale. Il cast femminile è da sturbo: la Bouchet, Sybil Dunning, la Malfatti (datemi il nome del suo sarto, vi prego!)... Omicidi fantasiosi e ottime musiche di Nicolai. Consigliatissimo.
MEMORABILE: L'agghiacciante risata della dama rossa.
La dama rosse uccide anche l'incauto spettatore che s'avventura nei meandri del
filone giallo italiano anni '70. Non gli viene data alcuna facilitazione per
indovinare l'assassino, perchè la matassa ingarbugliata della sua trama trova
il suo bandolo verso la fine, grazie a una spiegazione velocissima ed
inverosimile. Credibile Barbara Bouchet, faccia da bambola. Cotonatissimo Ugo
Pagliai.
Un thriller ben congegnato in cui gli interpreti operano in maniera dignitosa. La narrazione avvolta dall'efficace tema musicale mostra scene truculente mai a sproposito, anzi ben inserite nel contesto. Lievemente sottotono la Bouchet, più inquietante e luciferina la Malfatti corredata da coniuge zoppo.
Curiosa (ma non troppo) commistione tra horror gotico e thriller argentiano, con una regia "professionale" ma anonima, discrete ambientazioni (il castello è molto bello, immagino che affittarlo sia costato un botto), recitazione dignitosa e intreccio non particolamente interessante (il "solito" giallo con colpo di scena finale alla "Scooby Doo"). L'unica cosa divertente, degna di nota, è la risata da matta dell'assassina. Insomma, non bruttissimo ma senza nerbo, tedioso, piatto.
Dallo straordinario prologo che racconta la leggenda della dama rossa, in puro stile baviano, sino ai sanguinosi delitti (su tutti l'infilzamento sugli spuntoni del cancello, Margheriti docet), al finale nella cripta invasa dai topi (omaggio tardo gotico), il secondo thrilling miragliano è un ottimo film, denso di atmosfera e momenti macabri (la risata della dama è davvero da pelle d'oca). Trama forse un po' macchinosa, ma con momenti visivi sbalorditivi e un ottimo score (la nenia infantile) del maestro Bruno Nicolai. Una piacevole sorpresa!
MEMORABILE: L'incubo della Bouchet, con la dama rossa vero e proprio ectoplasma; il prologo; il selvaggio delitto del direttore dell'atelier che va a prostitute.
Riproposto da più reti con regolare frequenza e ancor più regolare giudizio di mediocrità assoluta, io, dopo questa ennesima visione, lo valuto ancor più sensazionale. Non c'è un attimo di tregua o di calo emotivo, le sorprese si susseguono; oltre alla Bouchet e alla Malfatti emergono anche la Giancaro e la Danning. Le peculiarità di questo film non si contano, soprattutto la risata, il quadro, le bambine e le punte del cancello... in più un paio di scene avrebbero davvero potuto ispirare un grande maestro. Cosa si può ancora volere?
La chiave di lettura della Dama rossa è il folgorante prologo al castello: il film, come le sorelle coltelle Caina ed Abelarda, non cresce più e resta tutto chiuso nel rozzo ma agghiacciante quadro che il nonno "spiega" loro. Miraglia prova a fare il Bava (l'ambientazione, la forte concentrazione femminile) senza ovviamente riuscirci, ma al film, se pur dozzinale, non si può negare una macabra spensieratezza. Barbara e Pagliai fanno il loro, la Danning si produce in un notevole nudo, la Malfatti e Korda inquietano. Ci son pure il drogatino, la pazza, il guardone.
MEMORABILE: Il prologo ovviamente; la morte della moglie di Pagliai: quasi decollata sulle punte del cancello d'ingresso dell'ospedale psichiatrico.
All'epoca lo vidi con molte aspettative. Stavo scoprendo il genere e avevo visto quasi solamente ottimi gialli dell'epoca e non mi fece impazzire, oggi lo metto sullo stesso piano del precedente film di Miraglia (La notte che Evelyn uscì dalla tomba). Alcune cose riuscite, altre meno. Bravo il cast, gli omicidi insomma, suggestive alcune trovate (l'omicidio del cancello), ritmo un po' lento.
Uno dei cult della mia infanzia, uno dei motivi che mi hanno incoraggiata a (ri)scoprire il giallo anni Settanta, genere che amo. Omicidi efferati, atmosfere Seventies, score musicale ossessivo con un bell'incipit di gusto gotico... ingredienti noti ma ben miscelati, con tocchi originali. Rivisto più di vent'anni dopo non mi ha delusa.
MEMORABILE: L'incipit nel castello; La corsa della Dama Rossa, con risata agghiacciante.
Come giallo italiano ha tutto quello che serve per attirare l'appassionato del genere; purtroppo però, dopo un inizio che prometteva bene, il tutto si perde in una storia troppo arzigogolata che il regista non riesce chiaramente a gestire al meglio. Non male alcune scene di omicidio così come bella resta la protagonista, ma la storia in sè regge poco, spesso ci sono evidenti ingenuità di sceneggiatura e a volte subentra anche la noia. Peccato, perché le premesse c'erano.
MEMORABILE: L'omicidio del tossicodipendente, che ricorda una sequenza di Profondo rosso.
Thriller che si rifà a molti altri film del genere. Tutto sommato girato bene e con una trama abbastanza coinvolgente ed efficace. Non si ricordano bravi attori: Barbara Bouchet più bella che brava, Ugo Pagliai così così. Colonna sonora azzeccata di Nicolai.
Imperfetta ma magnetica unione fra gotico e giallo simil-argentiniano: come viene spiegato nel prologo (una delle sequenze migliori) la dama rossa del titolo perseguita i componenti di una nobile famiglia ad ogni generazione. I tratti del thriller all'italiana ci sono tutti: l'enfasi ossessiva sul colore rosso, il legame con il mondo della moda, le musiche febbrili, purtroppo anche una trama arzigogolata e logicamente non molto salda. Visivamente elegante, trasuda anni '70 da ogni poro.
MEMORABILE: "La Rivoluzione francese ha ghigliottinato gli esteti e ha fatto bene".
Mix notevole di antico e moderno: dal castello vecchio con quadro maledetto alla azienda nuova con "emancipate" presenze. L'atmosfera 70s è palpabile, quasi soffocante, come la bellezza delle protagoniste. Sono avventurosi i suoi delitti, consumati da un assassino in rosso che alimenta il gusto di quel tempo, sovrapponendo il colore del sangue a quello della leggenda. Se poi non si troverà un movente che giustifichi tutto il fascino fino a quel punto ammirato, non ha alcuna importanza perché è il male minore; e le "figure" vengono qui prima della storia.
MEMORABILE: L'inizio, con la lotta tra le sorelle; "l'acqua" finale; Tutte le figure femminili presenti.
Tipico thriller settantiano de noantri (ma girato e ambientato in Germania) in cui Miraglia accatasta una serie di stilemi in voga a quei tempi: uccisioni efferate, spruzzate di gotico, ammiccamenti sessuali con audaci (per l'epoca) scene di nudo e tocchi di macabro (la risata della dama rossa). Peccato che la sceneggiatura faccia acqua, con un finale così esagerato e affannoso da sfiorare il ridicolo, che i personaggi siano delle sagome di cartone lontane anni luce dalla realtà e che i dialoghi e il montaggio siano quasi pietosi. Solo per fan del genere.
MEMORABILE: Nelle battute finali Pagliai e Korda sfoderano delle pistole dal nulla così come se niente fosse...
Ingarbugliata e inverosimile trama basata su questioni di eredità, velata da una noiosa storia di leggenda nera e narrata da interpreti poco coinvolgenti. La Bouchet si salva anche se è costretta a recitare la parte dell’impaurita e dell’urlante per gran parte del film. Anche i delitti non sono un granché, senza alcuna particolare efficacia cinematografica e se poi ci si aggiunge la ridicola risata della dama assassina a ogni fine esecuzione... Buone invece le musiche di Nicolai.
Convincente prova, sia come regia che come sceneggiatura, questa seconda e ultima incursione nel thriller del regista. Senza mai essere noiosa la pellicola si segue con interesse fino all'epilogo rivelatore. Interpreti di buon livello (Pagliai e la Bouchet su tutti), ottima la rappresentazione di alcune uccisioni (quella del ricattatore verrà ripresa da Dario Argento in Profondo rosso), bello il tema musicale di Nicolai. Da vedere.
MEMORABILE: La morte della moglie pazza! Bellissima.
Se vogliamo cercare delle particolarità in questo giallo di inizio anni Settanta possiamo citare l'ambientazione tedesca e le riuscitissime musiche di Nicolai. Per il resto siamo alle solite, che appagheranno gli amanti del genere e deluderanno tutti gli altri: belle protagoniste, un intreccio intricato e confuso, omicidi in sequenza. Il passatempo è piacevole, seppur senza pretese.
Come nel suo thriller precedente, Miraglia sembra strizzare l'occhio al soprannaturale per poi mettere sul piatto una soluzione razionale e abbastanza abusata. Ovviamente la perfezione abita altrove, ma sul piano dell'estetica è uno dei titoli più significativi del filone, qualche scena di buona tensione non manca e le musiche di Nicolai non deludono. Il cast viene retto dalla componente femminile, in cui spiccano la Bouchet, la Malfatti e una Sybil Danning decisamente refrattaria all'utilizzo del reggiseno; Pagliai meglio negli sceneggiati.
MEMORABILE: Il prologo; La morte della moglie di Pagliai; Il finale.
Il punto di forza del film sta nel fatto che fino alla fine lo spettatore è disorientato, non sapendo se trovarsi nel bel mezzo di un horror o di un thriller. Il soggetto è davvero molto interessante, ma la regia è incapace di valorizzare al meglio la trama, finendo così col far sembrare la soluzione finale piuttosto scontata. Anche la colonna sonora di Nicolai poteva essere più accattivante.
Il sensazionale prologo permette subito allo spettatore di calarsi in una angosciante e inquietante atmosfera che si protrae per tutta la durata, calando leggermente nella parte finale dove i nodi narrativi si sciolgono troppo frettolosamente. Miraglia non ha paura di sporcarsi le mani, confezionando delitti efferati e sanguinolenti. Senza dubbio da apprezzare l'eterogeneo e il fantasioso modus operandi della dama rossa. Il tutto è condito dallo score ispirato del maestro Nicolai e dalla bellezza/bravura dell'intero cast femminile.
Miraglia firma una bella commistione tra giallo tipico del periodo “argentiano” e gotico “alla Bava” (agevola in questo senso l’ambientazione in un’algida Germania e in un castello). Se la sceneggiatura può risultare raffazzonata ai fini dello spettacolo, è il ritmo narrativo della vicenda e la buona riuscita delle caratterizzazioni dei personaggi a convincere (a partire dall'affascinante dama rossa assassina con risata beffardo-satanica). Qualche concessione al pruriginoso tipica del periodo.
Interessante e intrigante thriller vintage: il prologo è magistrale, ma anche il resto del film si assesta su discreti livelli: omicidi sanguinosi (la scena del cancello), trama intricata, nudi copiosi (splendida la Danning) e due protagonisti in parte. Bellissimi i vestiti, per chi ama la moda anni 70.
MEMORABILE: L'ispezione nella cripta... ancora oggi paurosa!
Nel pieno fulgore del giallo all'italiana arriva anche questa operetta condotta con la mano sinistra dal mediocre Miraglia. Se è vero che certi momenti possono ricordare (in maniera felice per giunta) alcune digressioni del gotico all'italiana (il margheritiano finale con l'acqua a farla da protagonista), non si possono dimenticare alcune ingenuità decisamente gravi; come non citare ad esempio l'esilarante scena in cui le più che ventenni sorelle (vabbè che si odiavano) si azzuffano come delle bambine nel giardino della loro villa.
Piccola perla del thriller all'italiana con qualche contaminazione da horror gotico. Ritmo non serratissimo, ma con alcuni momenti ricchi di suspence (su tutti la scena con i topi). Omicidi girati ottimamente e spettacolare la soggettiva della dama che corre nel lungo corridoio. Buon cast: bravo Ugo Pagliai, credibile (e bella, come sempre) Barbara Bouchet, bellissima la Danning. Ottime le musiche di Nicolai; perfette la ambientazioni. Notevole.
Se facessimo una media aritmetica tra pregi e difetti il valore numerico sarebbe una sufficienza striminzita e poco più. È interessante la commistione tra giallo all’italiana e gotico, a cui si aggiungono un buon tema musicale e scenari ben riusciti. Alcuni altri aspetti, invece, sono esasperati e la trama fin troppo ingarbugliata, almeno sino a quando si risolve in maniera sbrigativa e raffazzonata.
Giallo anni '70 apprezzabile per il tentativo di distaccarsi dalla produzione di genere italiana quanto a caratteristiche dell'"assassino" e del movente. La trama è complessa, ma ben sviluppata e sostenuta da una scenografia e da interpreti non sempre in forma come Ugo Pagliai, monocorde come sempre. Visto oggi, si apprezza per l'uso della macchina da presa e per le musiche di Bruno Nicolai, molto simili per organico strumentale a quelle di Morricone. Scenografia e location di buon livello, con oggettistica molto interessante oggi scomparsa.
Alla base della popolarità del film è la densa collezione di luoghi comuni del genere: la maledizione, il giallo, l'eredità, le agnizioni, il serial killer, il commissario, le (bellissime e svestite) attrici, il dipinto fatale, il revenant, le musiche incalzanti, il decor settantino, le scene pericolanti sul filo del ridicolo, il groviglio della trama... Miraglia giostra con successo questa solida teoria di cliché, ma lo fa, purtroppo, senza gran mestiere. Il chiassoso finale sgonfia ulteriormente il composito soufflé.
Giallo/thriller che promette bene ma che alla fine delude un po'. Sulla scia dei gialli gotici "argentiani" si cerca di ricreare suspance, tensione e un tocco di horror. Le ambientazioni e le scenografie sono buone, come pure la colonna sonora e parte degli attori. Ciò che non convince del tutto è la trama in sé e la scontatezza di alcune vicende...
Riuscito thriller di Emilio Miraglia, in cui una trama particolarmente complessa (e non del tutto chiara, a dirla tutta...) permette alla pellicola di prendere piede e di reggere sino alla fine. Il cast è nella norma, ma ciò che rende maggiormente sono senza dubbio le location (a partire dal castello che si vede all'inizio e in diverse scene successive). Ben fatti gli omicidi. Con una sceneggiatura più curata saremmo davanti a un buon film. Non male, in ogni caso.
Su una ricca famiglia grava un'antica maledizione: ogni cento anni, la rivalità fra due sorelle provoca una strage. L'anniversario si avvicina... Giallo dai risvolti macabri come andava di moda a quel tempo, per certi aspetti può ricordare un bel film di Bava ma risulta nettamente meno riuscito, con poco da salvare a fronte dei molti i punti deboli: una regia anonima, una sceneggiatura ingarbugliata che però non rende meno prevedibile l'individuazione della mente criminale, una confezione approssimativa ed infine la prova del cast fra l'appena corretto ed il mediocre (Malfatti, Masé).
Ottimo inizio nel castello teutonico dove è in mostra il dipinto raffigurante un'antica maledizione, per poi spostare la vicenda in un più ordinario atelier di moda (a dire il vero abbastanza scarno, non paragonabile a quelli baviani). La vicenda non è sviluppata nel migliore dei modi, pur avendo frecce al suo arco. Belle le musiche, protagoniste, come nella migliore tradizione del cinema italiano. Notevole anche la figura dell'assassina dalla cappa rossa e qualche scena è azzeccata.
Assurdità e incongruenze non si contano in questo thriller che sovrappone il giallo classico a reminiscenze gotiche, ma poco male. Ci si abbandona volentieri alla storia senza preoccuparsi troppo della verosimiglianza, cullati dalla incalzante partitura di Bruno Nicolai, dai colori smaglianti e soprattutto dalla superba parata di bellezze femminili su cui troneggiano, più che una Bouchet piuttosto imbambolata, la Giancaro, la Danning e la Malfatti nel suo eterno ruolo di dark lady. Ovviamente privo di ogni credibilità lo spiegone finale.
MEMORABILE: Le terribili giacche a quadrettoni di Ugo Pagliai.
Miraglia colloca in una cornice gotica una tipica storia thriller all’italiana, con omicidi seriali e ambientazione nel mondo della moda. La leggenda sullo sfondo non manca di suggestione e disorienta quanto basta lo spettatore, con alcuni passaggi che sembrano anticipare Profondo rosso, ma sconta una regia non molto attenta, alcune cadute nel ridicolo (la risata della Dama Rossa) e una spiegazione finale che convince poco, come le prove degli attori (la migliore è la dark lady Malfatti).
MEMORABILE: Il prologo; L’omicidio nel furgone e quello alla clinica psichiatrica; La cripta allagata e invasa dai topi.
Rivoltolamenti narrativi e colpi di scena a go-go in questo giallo gotico dalla buona atmosfera, con una costruzione del whodunit che arriva alla sua - duplice - risoluzione naturale per esaurimento (le altre alternative vengono, semplicemente, tolte di mezzo). A volte eccessivo nel gusto del dettaglio macabro, come nella sequenza finale dello scantinato, ma con una coppia di meravigliosi volti femminili (la Bouchet e la Malfatti) che da soli valgono la visione.
Questi thriller anni 70 (belli o brutti che fossero) sono sempre un'esperienza visiva irripetibile. Qui si parte con la tipica cantilena inquietante (di un bravo Nicolai), bambole decapitate e coltellacci affilatissimi (in attesa dei rasoi). Si prosegue poi in ambienti gotici, tra omicidi macabri e belle atmosfere ricercate, talvolta argentiane, dove manti rossi e neri si confondono. Gli ingredienti tipici ci sono tutti. Sceneggiatura memorabile o trama impeccabile? Francamente no, ma chi ama il genere saprà sorvolare. Imperdibile, per i nostalgici.
Dopo La notte che Evelyn uscì dalla tomba, Miraglia aggiusta il tiro e centra il capolavoro. Forse ispirato dal Mastino dei Baskerville di Arthur Conan Doyle e da I diabolici di Henry-Georges Clouzot, gira un thriller che sembra sfociare nella ghost-story, ma che invece di usare la scorciatoia del soprannaturale per far tornare i conti, si rivela un giallo tanto ingarbugliato, ricco di personaggi e false piste (meriterebbe una seconda visione) quanto affascinante e imprevedibile.
MEMORABILE: Il look della Dama Rossa; Il sogno con la Dama che corre per un corridoio col coltello sguainato; La soluzione del mistero.
Una maledizione torna a colpire dopo cento anni di quiete, misteriosi e macabri delitti si susseguono. Chi ne è il responsabile? Buon thriller, perfettamente immerso nel clima degli anni '70. Fotografia plumbea, recitazione per certi versi sorprendente (la Bouchet dimostra bravura oltre l'avvenenza), musiche accattivanti di Bruno Nicolai. Non mancano le falle, che risultano più evidenti nei momenti chiave. RPiccolo ruolo per Schündler, che l'anno successivo ritroveremo nell'Esorcista (il maggiordomo Karl).
A un anno di distanza dal fiasco di Evelyn, Miraglia torna al giallo d'ispirazione gotica. Il risultato non è così terribile come il predecessore, ma dopo un incipit promettente il film rimane invischiato fra le sabbie mobili della mediocrità e fra situazioni viste e riviste. A poco serve lo spiegone finale, dal momento che si intuisce con largo anticipo chi muoveva i fili del gioco e con quale scopo. Nota di merito per Masé, attore sottovalutato e troppo spesso relegato a produzioni di serie B come questa.
Un'orribile maledizione e un'eredità che pare fare gola a molti sono i cardini su cui si appoggia questo discreto thriller italiano dei primi anni Settanta. La storia si sviluppa su due piani narrativi che si intersecano a mano a mano che gli eventi incalzano. L'intrigo funziona molto bene e il merito va anche a un cast femminile in ottima forma, con bellezze che sembrano essere state scelte appositamente per confondere lo spettatore. Molto bello e sorprendente il finale.
Siamo in pieno periodo del giallo argentiano e questo film contribuisce (tra i tanti) a quella stagione: lo fa con una commistione con il gotico e con ambientazioni suggestive, tra il tetro a base di antichi castelli con l'allora modernità di una casa di moda e con arredi e abbigliamento ultrafashion. Il risultato tutto sommato è discreto, anche se non del tutto riuscito: la trama (specialmente verso la fine) appare troppo contorta e ingarbugliata. Belle immagini e alla fine il tutto risulta godibile per amanti del genere e del periodo.
Giallo anni '70 di ambientazione tedesca con una spruzzata di gotico, che sceglie con precisione le location interne ed esterne e riesce grazie a esse a generare sempre un grande senso di inquietudine, soprattutto lo splendido castello col suo sotterraneo. La storia è complicata e avvincente, anche se ogni tanto cade un po' nel banale e a volte la sceneggiatura corre troppo. Nel complesso comunque è uno dei migliori esempi del genere. Ottimo Ugo Pagliai, qui non male Barbara Bouchet.
Se si dovesse valutare il film dall'idea di partenza (la maledizione della Dama Rossa), dagli efferati omicidi, dall'atmosfera cupa corredata da un'inquietante soundtrack, il volto sarebbe alto. Purtroppo, per quanto sia comprensibile il colpo di scena che stravolge l'intera vicenda, è impossibile non rimanere delusi dall'identità del serial killer, di una banalità sconcertante. A ciò si aggiunge un cast modesto e piuttosto svogliato che non coinvolge lo spettatore. Peccato.
Un finale davvero a sorpresa! Ottimo thriller con pigmento erotico, ben recitato (forse la Bouchet è un po' in ombra), capace di inserire al punto giusto i nudi e gli effettacci e pure di giocarsi atmosfere alla Blow-up non in maniera surrettizia (con la Bouchet fotografa un po' statica). Nel complesso un buonl film, interessante, figlio della sua epoca (gli occhiali pop!!!) ma godibile anche oggi.
Giallo poco brillante che parte bene ma che purtroppo si perde per strada per colpa di una sceneggiatura troppo ingarbugliata. Dopo il bel prologo, che farebbe pensare a un horror tardo gotico, il film torna su binari più tradizionali e a tratti diventa anche banale. Il cast, veramente ragguardevole per quanto riguarda l'avvenenza del cast femminile, è piuttosto sottotono e svogliato. Per fortuna, a risollevare decisamente il quadro, arrivano una buona confezione, omicidi veramente ben girati e la sequenza della cantina allagata. Con un po' di grinta poteva essere un vero gioiellino.
MEMORABILE: La cantina allagata; Il furgone; L'uomo trascinato dall'auto; Il prologo; La ringhiera.
Atipico thriller che si ispira all'horror gotico ma mescolandosi con il giallo italiano (in questo caso italo-tedesco) di quegli anni. Stroncato più volte e marchiato di mediocrità, è invece un giallo riuscito perché, pur nella sua imperfezione, evita di attingere, come spesso accadeva, da Dario Argento, portando avanti una logica tutta sua: niente traumi passati, niente guanti neri, niente rasoi. Qui a fare da padrone è il colore rosso (degli abiti e del sangue).
MEMORABILE: L'omicidio tra i cespugli; La diabolica risata della dama rossa; L'omicidio del tossico contro il marciapiede.
Film (s)cult wannabe gotico - giallo italiano, nei fatti una celebrazione di J&B, Punt e Mes, decor e abbigliamento meravigliosamente seventies collegato da una trama improbabile che mescola maledizioni antiche, bambine scambiate come pacchi e un sottofondo molto prosaico facilmente intuibile dalle prime battute; il cast è composto dalla crema del momento, tra un Pagliai cotonatissimo (la faccia sbigottita da precedenti esperienze paranormali) e donne discinte e maliarde o sull'orlo di una crisi di nervi (Bouchet bellissima e poco altro). Solo per intenditori.
MEMORABILE: Il personaggio di Pagliai che in scioltezza viola l'ufficio del notaio per trafugare disposizioni testamentarie di cui conosce anche la collocazione!
Colpisce la cura delle atmosfere, nell'impianto estetico gotico (il castello in Germania, il maleficio ricorrente, un antico quadro), nonostante l'ambientazione contemporanea. Un giallo in cui si ritrovano gli elementi puri dello slasher. Purtroppo la sceneggiatura non serve sempre bene tutti gli ingredienti, tra lungaggini, spiegoni e qualche sequenza bizzarra; non è nemmeno invecchiato benissimo. Non mancano però gli elementi memorabili (quasi tutti i delitti, che sono numerosi) o le scene di efficace tensione.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni (Ciclo: "Appuntamento con il brivido", Giugno 1985) di La Dama Rossa Uccide Sette Volte:
Anche io amo molto questo film,in assoluto uno dei primi gialli da me visionati (il primo in assoluto è stato La notte che Evelyn il giorno prima di questo) dopo averli registrati dalla mitica duel tv (compreso il minore ragazza tutta nuda di brescia),percui oltre al valore del film,c'è pure la questione affettiva.
Ottimi omicidi,e un cast grandioso (tra cui la regina marina di nuovo a deliziarci in un giallo),un tempo preferivo la dama ad Evelyn (vedi mio commento 2008) ma ultimamente gli preferisco la prima,anche se però la risata della dama rossa è indimenticabile !
Nel primo che citi . la notte che evelyn ....................
Ci sono Erika blank e Marina Malfatti tra le mie attrici preferite. La Malfatti mai doppiata infatti la sua voce e' veramente particolarissima. Direi propio da atmosfere giallesche.
Fa una certa impressione l'assidua presenza di bottiglie di vermuth Punt&Mes in Germania, paese dove il liquore non era affatto diffuso all'epoca (e neanche prima o dopo)...