Blade Runner è un ottimo film, ma decisamente sopravvalutato. La critica, che per una volta vede spettacolosi effetti speciali (del mago Douglas Trumbull, quello di INCONTRI RAVVICINATI) non abbinati alla solita storiella senz'anima made in Usa, è subito pronta a gridare al miracolo, prima ancora di analizzare il film come insieme di più componenti. Certo l'uso della fotografia è magistrale, le scenografie futuristiche impressionano per la loro verosimiglianza, le musiche di Vangelis aggiungono una patina di classe ed originalità non comuni, il regista Ridley Scott dopo ALIEN...Leggi tutto è ormai in possesso di una tecnica di ripresa invidiabile, eppure qualcosa non quadra. Prima di ogni cosa Harrison Ford appare assente, poco convinto, e oltretutto le battute che una sceneggiatura poco arguta e troppo convenzionale gli mette in bocca non fanno che peggiorare la situazione (e dire che Philip Dick, l'autore del racconto "Cacciatore di androidi" da cui il film è tratto, è uno degli scrittori meno conformisti della fantascienza), poi il montaggio è decisamente sbagliato: l'autocompiacimento con cui Scott (ex regista di clip pubblicitari) gira molte sequenze porta al film un ritmo lento che mal si addice ad una storia in fondo "semplice" come quella di BLADE RUNNER, in cui la trama è ridotta all'osso e si abbina a dialoghi fintamente "profondi". L'impressione è quella di aver a che fare con un film studiato apposta per andare incontro a quei critici che quando vedono un'inquadratura di un'ora sullo stesso viso (muto) si commuovono. BLADE RUNNER è un astuccio d'oro che contiene una stilografica di plastica: magari ben rifinita, ma... da guardare quando si è ben svegli!
Foto, immagini e atmosfera sono perfette. Ti proiettano in una realta' ipotetica del futuro ben pensata, e anche se sveglio ne rimani coinvolto. Mi sono piaciuti sia Harrison Ford che Rutger Hauer.
Nota: Hong Kong (visitata in occasione del viaggio matrimoniale) mi ha ricordato questo film: stessa atmosfera, colori, sensazioni ... se ne volete la prova ho giusto con me 4 ore di filmato da mostrare...
E’ una pellicola unica: dura, poetica, a tratti visionaria, quasi onirica, con un bravo Harrison Ford e un superlativo Rutger Hauer. Ci sono scene che restano nella memoria (la visita al fabbricante di occhi, quella al padre dei replicanti, Daryl Hannah tra i pupazzi, il discorso di Rutger). Alcune scenografie sono di rara bellezza e l'atmosfera è sporca, cupa, decisamente azzeccata. Purtroppo ci sono anche pause che frenano il meccanismo, ma piace pensare che servano a far riflettere lo spettatore sulla vera natura dei protagonisti. Un grande esempio di fantacinema con contenuto.
MEMORABILE: il test per determinare chi è umano e chi no (utile fino a un certo punto, visto il livello di perfezione, non solo fisica, raggiunto dai sintetici).
Ridley Scott inaugura la sua carriera cinematografica con 3 film eccezionali: I duellanti, Alien e questo "Blade Runner" poi non riuscirà più a toccare questi vertici. Questa terza opera è uscita nei cinema in una versione diversa da quella voluta dal regista (che riuscirà a mostrare in seguito e ad editarla in dvd) che prevedeva un finale diverso e non aveva la voce fuori campo di Harrison Ford; decisamente riuscita comunque anche l'operazione imposta dalla produzione. Da vedere assolutamente.
Difficilmente ci sono vie di mezzo quando si parla del film: o piace o non piace, così come capita con Philip K. Dick, l'autore del libro da cui è tratta la sceneggiatura. C'è un punto a favore del film... il finale risulta molto più elaborato che nelle pagine del libro, facendo guadagnare quei punti persi togliendo tutti i riferimenti alla situazione sociale degli androidi, che qui ci presentano quasi unicamente come il gruppo di ribelli che il protagonista deve catturare. Che possa piacere o meno, resta comunque un film da vedere.
Difficile dire qualcosa di nuovo, su questo ottimo film. Cercando di percorrere vie inconsuete, segnalo che Hauer, prima di fare il "salvatore" di Ford, si trapassa la mano con un chiodo e che le ventole sui tetti delle case teatro del duello finale sono uno splendido simbolo degli ingranaggi conta-tempo che, marciando incessanti verso la fine, ricordano le eccezionali poesie sugli orologi di alcuni poeti barocchi (Tommaso Gaudiosi, Ciro di Pers). Il salvataggio al volo ricorda Caccia al ladro. Francamente non ho trovato la nuova edizione così superiore rispetto a quella uscita in sala.
MEMORABILE: "Non sapevo di saper suonare". Da brividi.
Uno dei capisaldi mondiali nella nuova fantascienza (di allora), un riuscitissimo connubio tra sci-fi e noir: è la classica storia dell'investigatore privato o bounty killer con una missione da compiere, solo che qui la compie nel futuro. Calato in una sfarzosa scenografia postmoderna è un'autentica gioia per gli occhi e per le orecchie (forse le musiche di Vangelis appaiono un po' datate oggi). Nonostante il suo enorme successo non è un film facile, chi si aspetta un action movie veloce rimarrà deluso. Consacrazione per Ford e rivelazione per Hauer.
MEMORABILE: Ovviamente il monologo finale di Hauer sotto la pioggia.
Blade Runner è Blade Runner. Con la sua megalopoli futuristica ha segnato un punto di riferimento per le scenografie di 20 anni di film di fantascienza. La storia è originale ma il vero punto forte sono le atmosfere cupe che successivamente verranno riprese nei libri di William Gibson. Indimenticale il monologo di Rutger Hauer. Personalmente preferisco il finale director's cut, molto più cupo e pessimista.
Rivisto di recente in occasione della final cut, esco dal cinema ancora appagato. La magia e le impressioni della primissima visione, da ragazzo, sono mitigate; la pellicola è effettivamente lenta, ma i lunghi minuti che Scott si prende per dipingere l'atmosfera della città degli angeli del 2019 sono tutti ben spesi. Poiché questa città di palazzi neri e informi, di luci al neon, caotiche chinatown, smog e luci filtrate da persione nella polvere, sotto a una pioggia incessante da noir resta impressa nella memoria. Così come la riflessione sul rapporto uomo-Dio che dal testo scaturisce.
MEMORABILE: Rutger Hauer semi nudo sotto la pioggia, nel monologo finale.
Ridley Scott è garanzia di regia seria, attenta e meticolosa. Il budget di cui il film si avvale permette di realizzare scenografie imponenti e verosimili. La città futuristica nella quale si svolgono gli eventi è tracciata come resa al caos, alla decadenza ed all'anarchia: elementi sorretti da una messa in scena a luci sfocate, labili e sovrastate da piogge imponenti. Il titolo diventa un caposaldo della fantascienza, ma scorre però con lentezza e potrebbe essere mal digerito da chi -il genere- non lo apprezza.
Per ingerenza della produzione – non soddisfatta del lavoro di Scott a fronte dei capitali investiti – Philip K. Dick evapora tra le luci al neon di un melò cyberpunk declinato su reminiscenze cartesiane - cogito ergo sum? – e melanconie noir – la chandleriana voce off. S'impone un immaginario inedito: la metropoli fagocitante e oscura, babelica metastasi in ipertrofica ascesa verso uno spazio funereo che precipita piogge acide, alienazione e rabbia. Chiusura su barbagli e scorci edenici che quietano la coscienza ecologista ma non negano l’entropia esistenziale in una fuga solo possibile.
Una nitida fotografia e una grandiosa scenografia affrescano una Los Angeles che, pur futurista, la regia di Scott ci fa vedere come fosse dietro l'angolo: non futuro bensì semplice domani. La cupezza dell'atmosfera riverbera il malumore del protagonista, così disincantato da apparire a tratti stralunato e meno vivo dei replicanti che ha il compito di terminare. La trama non è proprio lineare, ma il ritmo certo non teso impresso al film lascia allo spettatore il tempo di porsi le domande giuste (prima su tutte da che parte stia il bene).
MEMORABILE: La casa del giocattolaio; la morte di Hauer.
Semplicemente mitico. Ogni ingrediente di questo film è entrato, a giusta ragione, nella storia del cinema di tutti i tempi: la regia di Scott, la splendida sceneggiatura, le meravigliose scenografie (in parte debitrici del Metropolis langhiano) copiate in numerosissimi film, l’indimenticabile colonna sonora di Vangelis, l’intensa interpretazione di Hauer. In poche parole: uno dei più bei film di fantascienza di tutti tempi forse secondo solo al 2001 di Kubrick.
Giustamente diventato un cult, il film di Ridley Scott è portatore di significative novità nel campo della fantascienza; la prima (e forse più importante) è l'avere dotato l'opera di bellissime atmosfere (e contenuti) noir, a partire dalla suggestiva e molto originale ambientazione, totalmente lontana dall'immaginario collettivo del cinema di fantascienza classico. L'interpretazione di Ford, che si richiama chiaramente ai migliori ruoli di Bogart, rafforza l'impressione, insieme alle bellissime musiche di Vangelis.
Un film spartiacque della fantascienza. La perfetta combinazione di fotografia, musica e atmosfera (la pioggia costante, il paesaggio antropologico della città) hanno creato giustamente il mito, anche grazie a una storia universale, cioè il rapporto fra uomini e replicanti, declinabile all’infinito in ogni sfumatura scientifica o psicologica. Personaggi scolpiti con precisione e potenza. Pessimo il finale imposto dal produttore.
Classico assoluto della fantascienza. A partire dal mondo descritto nella pellicola (davvero molto fantasioso e coinvolgente), per arrivare agli ottimi protagonisti Harrison Ford e Rutger Hauer. Ridley Scott firma un piccolo capolavoro, che merita di rimanere nelle videoteche.
Chi ha letto il libro sa che il film non gli è molto fedele. Però non delude, anzi affascina quel mondo che comunque si rivela come un classico ambiente dickiano. Harrison Ford, anche se non è molto impegnato nella parte, prende bene la figura che gli è stata incaricata. Rutger Hauer è grande e rimane nella storia come Lugosi per Dracula. Il finale è accettabile, nonostante quello del libro sia migliore.
MEMORABILE: Ne ho viste cose io, che voi umani non potete neanche immaginare...
Indiscutibilmente impianto visivo ed effetti sono di prim'ordine e disegnano un'atmosfera che verrà presa a modello. La storia però assume movenze da film orientale e non migliora neanche rivedendolo. Tra gli attori poi, eccetto la scoperta Hauer, regna un distacco eccessivo. Per carità, tutte cose volute da Scott e funzionali all'atmosfera ma che è un peccato mantenere per tutta la durata del film. E pensare che per il ruolo di Ford volevano scritturare Dustin Hoffman... Come sarebbe stato? Tripalla.
MEMORABILE: La città dall'alto e la morte di Hauer: inizio e chiusura del film.
Questo film, in qualsiasi forma lo si guardi (tagliato e non) rimane un capolavoro della fantascienza. Già sapere che la storia viene dalla mente di uno dei maggiori scrittori del genere (Dick) lascia ben sperare. E anche se ha poco in comune con essa, la sceneggiatura è stata scritta in modo da non deludere i fan dickiani. Harrison Ford in una (forse l'unica) delle sue migliori interpretazioni. Ottima la colonna sonora.
Deve tantissimo al genio di Dick, ma è anche vero che il risultato cinematografico è complessivamente superiore al racconto originale, perché più completo, organico. Cupo, uggioso, magnifico nella resa in immagini. Fantastici gli attori. E poi evocativo, offre poche pennellate per lasciare il resto all'immaginazione, alimentando inoltre le ricostruzioni più fantasiose anche in termini di trama (ma siamo nell'ambito della speculazione pura, su tutte: qual'è la vera natura di Deckard?). Uno spartiacque tra prima e dopo. 4 pallini e 1/2.
MEMORABILE: Il dionisiaco Rutger Hauer umilia nel confronto il resto del cast. Ma tutti sono grandi, in ordine di bravura: Daryl Hannah, Ford e Sean Young.
Tra i migliori film di fantascienza, dalla scenografia più copiata in assoluto, un vero e proprio cult. Gli ingredienti ci sono tutti: attori, musiche, storia, sceneggiatura, fotografia con una menzione d'onore per l'atmosfera che tutte queste variabili contribuiscono a creare. Ottimi Hauer e Ford nella prova di recitazione, ma è del primo che non si riesce a dimenticare la frase che è ormai nella memoria collettiva. Spettacolare.
Cult per eccellenza, non è un film che amo alla follia, pur riconoscendone la grandezza e i meriti. Affascina soprattutto l'ibridazione fra noir e fantascienza e la resa angosciosa degli scenari futuribili. La suggestione, insomma, sta a mio parere più nell'ambiente che nella storia, del resto espansa all'inverosimile a partire da un succinto racconto di Philip K. Dick. Giustamente celebrate l'interpretazione di Harrison Ford e - soprattutto - quella davvero immensa di Rutger Hauer.
Gli uomini costruiscono se stessi e lo fanno talmente bene che anche questi prodotti sono destinati alla morte; non solo, questi "esseri" sono provvisti di un forte istinto di sopravvivenza, sono anche generosi e possono amare, ma possono anche uccidere con facilità, come l'uomo uccide loro con facilità. Al di la di tutte le considerazioni che si possono fare, questo film rimane un buon prodotto con tutti gli ingredienti giusti miscelati per creare atmosfere di un futuro prossimo che si porta dietro anche molto del presente. Diventato un cult.
Un film col quale ci si pone delle domande. Ha cambiato i film di fantascienza con la religione. Quale è la paura più grande dell'uomo? La morte. E' questo che rende un replicante un uomo? La paura? In un futuro in cui l'umanità è sempre più culturalmente primitiva, il Dio "sopra" (il palazzo-piramide) e lo schiavo "sotto" (gli uomini poveri e i replicanti), gli unici veri umani sono gli ignoranti del mondo, i replicanti, bambini che chiedono a loro padre (o Dio) di non farli morire. Da vedere più volte per capire.
MEMORABILE: Roy: "...E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire".
"Blade Runner" non è una semplice storiella cyberpunk, ma qualcosa di più. Lo spettacolare involucro che l'avvolge, ricco di scenografie suggestive, ha forse l'unica pecca di mettere in secondo piano alcune importantissime chiavi di lettura del film come: l'umana paura per la morte, l'impossibilità di distinguere l'essere umani dal solo "cogito" Cartesiano o il rapporto tra soggetto ed oggetto. La trama soffre di qualche rallentamento di troppo ed alcuni personaggi forse andavano strutturati meglio. Rimane comunque un cult della fantascienza.
MEMORABILE: E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia.
Fortunatamente faccio parte di quelli che Blade Runner l'hanno visto la prima volta nella versione final cut. La voce fuori campo e il finale sdolcinato della versione originale fanno capire come la legge del "più commerciale" può far soccombere anche un capolavoro. Su tutti gli attori trovo che Sean Young interpreti Rachel in maniera splendida e affascinante nel suo stile così retrò. Un vero cult per chi ama la fantascienza e il suo dilemma più ricorrente.
MEMORABILE: Rachel: "Questo test è per decidere se sono un Replicante o una lesbica Sig. Deckard?"
Grandissimo film di fantascienza, che per la prima volta dà un'anima a degli androidi (o come li si vuole chiamare) e che si avvale di una splendida fotografia e di una delle migliori intepretazioni di sempre di Harrison Ford, ben supportato dal cattivo (ma con riserve) Rutger Hauer. Ottima e veloce la regia di Scott, dialoghi (soprattutto il monologo finale di Hauer) rimasti nella storia e grandissimo combattimento finale, quasi un incubo. Non stona nemmeno la storia d'amore con l'androide: un capolavoro!
Pietra miliare (almeno secondo me). Ridley Scott rilegge il noir di Philip Marlow e Sam Spade e lo applica alla fantascienza, in una visione trasudante anni '80, ispirandosi (con moderazione) a un romanzo di Philip Dick, portando però ad una storia molto più fluida e interessante della fonte d'origine. Harrison Ford è un antieroe con sentimento; il biondissimo Rutger Hauer un replicante perfetto. Meglio il finale originale che quello, ambiguo e spiazzante, della "director's cut".
MEMORABILE: Le pubblicità semi-occulte (Atari, TDK...); gli ombrelli-neon; l'atmosfera notturna e piovosa; naturalmente il discorso finale di Rutger Hauer.
Non solo uno dei capisaldi della fantascienza, ma di tutto il cinema. Ridley Scott in irripetibile stato di grazia non sbaglia una sola inquadratura, regalando immagini tra le più belle mai girate. Gli effetti speciali (ottimi) passano nettamente in secondo piano di fronte alla statura di questi personaggi, tutti superbamente interpretati; su tutti giganteggia Hauer, artefice di uno dei più bei personaggi della storia del cinema. Capolavoro senza tempo, è dei primi anni 80 ma potrebbe essere uscito ieri, tanto non è invecchiato. Da vedere assolutamente.
MEMORABILE: Tutta la sequenza del "ritiro" di Pris e ovviamente il monologo di Roy Batty: di una bellezza sconvolgente.
Film di fantascienza del 1982, diretto da Ridley Scott, che, all'epoca, sopratutto in USA, non ebbe un immediato successo. Sci-fi, poliziesco e noir si fondono in una pellicola visivamente e perfetta, dove uno stanco cacciatore di androidi, impersonato da Harrison Ford, s'innamora della bella Sean Young, che è in realtà un'androide. Film di culto, dove né Harrison Ford né Rutger Hauer si possono etichettare solo come buono e cattivo, perché i perfidi sono altri. Difficile non innamorarsene, nonostante la voce fuori campo di quest'edizione.
MEMORABILE: Rutger Hauer: "Può l'rtefice ritornare su ciò che ha fatto?"
Pietra miliare del genere fantascientifico. In una cupa atmosfera sospesa fra malinconie noir ed eleganti effetti speciali in stile cyberpunk, Scott dipinge il plausibile futuro di un'umanità in declino, che invece di cercare la salvezza il progresso preferisce sfruttarlo e poi ripudiarlo come "inumano". Ecco così che il sogno della singolarità tecnologica si distorce in una tetra allucinazione. Pur risentendo di certe imposizioni commerciali, rimane un grande classico. Grande prova del cast.
MEMORABILE: L'atmosfera blu e melancolica che permea l'intera città; il leggendario monologo finale di Hauer.
L’uscita del final cut, epurato del taglio esplicativo dell’io narrante e dell’happy end consolatorio non previsto dal progetto originale di Scott, ha raggiunto l’optimum assoluto senza appannare la fama di questa versione dell’82: una fama poggiante sulla sintesi perfetta tra la natura filosofica - le tetre visioni distopiche e le incognite esistenziali – e un possente apparato scenografico che attraverso barocche architetture futuristiche riscopre e rivitalizza le memorie dei noir anni Quaranta e i loro personaggi malinconici e disillusi. Il cinema sci-fi alla sua massima maturazione. Unico.
MEMORABILE: «Io, ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi […] e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia.».
Tra i vertici della fantascienza anni 80, un capolavoro di fascino e atmosfera, il cui ritmo dilatato (snellito leggermente dalla voce narrante) risulta fondamentale alla discesa nel clima da incubo (ricreato grazie a scenografie, pur con qualche concessione all'estetica anni 80, stupefacenti) del mondo "noir" di Scott e all'immersione dello spettatore nelle psicologie dei personaggi, di una profondità (anche filosofica) piuttosto estranea al cinema mainstream. Straniante il finale, imposto dalla produzione, eliminato delle edizioni successive.
MEMORABILE: Il monologo più famoso della storia del cinema. Inutile citarlo l'ennesima volta.
Fantascienza punto e a capo! Scott riscrive completamente i canoni del genere (siamo nel lontano 82) sfruttando un romanzo (manco a dirlo) di Dick. Ne viene fuori un capolavoro assoluto che anche visto oggi, a 30 anni di distanza, non sfigura affatto. Anzi, resta ancora inarrivabile. Questo perché Scott riesce a ricreare un universo visivo che già da solo basterebbe ad appagare lo spettatore. Ma se a questo ci si aggiunge anche un cast artistico in stato di grazia, un OST azzeccatissima e una sceneggiatura che regge fino alla fine... Imperdibile.
La cosa che più mi piace di Blade Runner è l'estetica dell'ambientazione, questa società angosciosa con architetture di diverse epoche, piena di luci ma in costante penombra, cupa come cupo è il carattere di ogni personaggio, sia umano o replicante. Ford sbattuto e stanco va contro i suoi principi in questa missione che si interroga sul valore dell'umanità; fantascienza allo stato puro, ma che a mio parere nei fatti non è articolata in modo entusiasmante. Buono, ma un po' sopravvalutato; le diverse "versioni" ne danno un valore aggiunto.
L'ho visto con curiosità e dalla prima inquadratura mi sono reso conto di avere a che fare con uno di quei film imperibili perché essenziali nell'evoluzione del genere. Bravissimo Hauer, gelido e cinico, che riesce a surclassare tutti gli altri del cast, nonostante la buona performance. Ho riscontrato però anche il difetto di una lentezza forse accessiva, che finisce per ingolfare un po' la meravigliosa tensione latente. Sicuramente merita un voto alto, ma non credo che arriverò mai ad amarlo.
Un film di altissima qualità; impossibile non apprezzarlo per la suggestiva ambientazione davvero curata in ogni minimo dettaglio, per le deliziose atmosfere di luci e colori. Difficile non apprezzare la filosofia sull'esistenza, sulla morte e la religione. Se poi il tutto è reso magnifico da effetti speciali straordinari, un cast ottimamente assortito e in forma e dalle stupende musiche di Vangelis, è inevitabile riconoscere a questo film lo status di piccolo capolavoro.
MEMORABILE: Lo scontro con il replicante Pris, che inizialmente si confonde fra i giocattoli; Lo strumento che "scava" nelle fotografie; Lo scontro finale.
Opera unica, di rara bellezza. La fantascienza tocca la sua massima intensità visiva e sensoriale. Emozionante fin dalle prime immagini, il film si sviluppa in modo egregio fino all'immaginifico finale. Siamo nell'82, ma l'opera è strepitosa ancora godibilissima. Menzione speciale pure per la colonna sonora, che scandisce in modo impeccabile lo sviluppo della trama.
Noir californiano ambientato nel lontano 2019 (com'è vicino, ora e come sono andate diversamente le cose!) con i migliori ingredienti. Trattandosi di fantascienza, non stiamo a gingillarci con il verosimile o il futuribile e forse neanche con i "messaggi". C'è tutto del noir californiano: scene notturne con pioggia, più interni che esterni, violenza improvvisa, scene romantiche sofisticate (è chiaro che la storia d'amore è con una replicante), scene angoscianti. Il grande sonno posdatato.
il tempo è l'argomento centrale del film. Argomento più che sfruttato nel cinema ma qui messo in scena in maniera eccellente. Il tempo, la richiesta al dio Tyrell di vivere ancora, le domande di sempre: da dove vengo, quanto mi resta? Trovo i personaggi perfetti, dal cacciatore di replicanti all'ultimo dei nanetti amici di JF Sebastian. Un film di fantascienza lungimirante... Pioggia continua, città invase da popolazioni asiatiche, musiche orientaleggianti: la multietnicità 30 anni prima degli accadimenti reali.
MEMORABILE: Tyrell a Roy (Hauer): "La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da due parti, Roy".
Fin dall'incipit con la splendida fotografia di Cronenweth capiamo che lo schermo davanti a noi ci regalerà un viaggio tortuoso e sublime in un cinema superiore. Ogni momento del film è intriso di polisemia narrativa che ci dà la gioia incondizionata propria dei bambini. Difficile selezionare individualità in un perfetto lavoro corale. Da vedere almeno un paio di volte per capirlo meglio. Un grande cult che ha cambiato il cinema, passato come molti altri capolavori per infinite complicazioni in fase di produzione. Per serate molto speciali!
La visione del futuro previsto oltre trent'anni fa da Ridley Scott sembra sempre più attuale: città multietniche, piogge acide che cadono... Il regista inglese trae dal libro di Philip K. Dick un film epocale: la fantascienza si contamina con il noir e il thriller... una caccia all'uomo spietata quella di Deckart (Harrison Ford stile Bogart) contro gli androidi sopravvissuti (Rutger Hauer, Daryl Hannah e Joanna Cassidy memorabili), il tutto sottolineato dalle musiche solenni di Vangelis.
MEMORABILE: L'inseguimento di Harrison Ford e Joanna Cassidy; Il finale sul tetto e il monologo di Rutger Hauer.
Blade runner (qualunque sia la versione) è probabilmente il miglior film di fantascienza della storia del cinema; un film che ha segnato un'epoca, che a ogni visione mostra qualcosa di nuovo. Opera profonda, che parla dell'importanza della vita e di come qualunque essere vivente ne abbia diritto, pure i replicanti che non sono assolutamente visti come personaggi negativi (anzi, forse sono loro i veri buoni). Gli effetti speciali sono stupendi e realistici e il cast, con un Rutger Hauer che mette in ombra Ford, è fenomenale. Capolavoro!
MEMORABILE: Io ne ho viste di cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione [...] nella pioggia.
Bellissimo l'effetto della fusione noir investigativo/fantascienza, interpretazione di Harrison Ford sufficiente, buona la sceneggiatura che scorre senza particolari problemi, tenendoti sempre attaccato allo schermo. Ciò che non mi ha particolarmente colpito è proprio la trama in sé, non particolarmente originale. Regia di Scott valida e riconoscenza per l'eredità lasciata al resto dei film di fastascienza che seguiranno.
Cult dall'incredibile fascino visivo e non solo, un mito per tantissimi fan del genere e capolavoro del suo regista. Volendo ben guardare non c'è praticamente nulla in questo film che risulti fuori posto o sbagliato: un protagonista ambiguo e carismatico, personaggi senza una sbavatura, ambientazioni da urlo e una colonna sonora giustamente entrata nella storia. Quando il film riesce a superare il valore del romanzo dal quale è tratto non va assolutamente perso. Geniale.
MEMORABILE: Deckard appeso al grattacielo con due dita rotte.
E' il film di fantascienza che ha cambiato il modo di vedere e di gustare un genere cinematografico. Siamo di fronte a un vero e proprio cult, o meglio a un capolavoro. Il cacciatore di androidi Harrison Ford si muove in un mondo dominato dallo smog e dalla pioggia incessante, dove ogni barlume di umanità scompare sotto il grigiore di un mondo ostile. Forse saranno proprio gli androidi a far scoccare la scintilla dell'amore negli umani. Scene epiche, musiche di Vangelis ipnotizzanti e un finale mozzafiato. Questo è cinema.
Rivisto più volte mantiene inalterato il suo fascino visivo e (mi scuso per la parola grossa) filosofico. La domanda cardine "cosa è l'umano?" (che è nella poetica di Philip K. Dick) è magistralmente interpretata in celluloide. La risposta non è nei personaggi umani ma nei replicanti. Da vedere assolutamente nella versione con il finale non rassicurante, l'altro potrebbe non avere senso.
La poesia della fantascienza. Unico, azzarderei. Inarrivabile, suggestivo. Risulta difficile trovare delle falle. L'atmosfera dark, la pioggia che cade, Chinatown... tutto scivola verso un senso di sconfitta, come i diritti inalienabili che muoiono estirpati dall'uomo e da chi aspira a esserlo. Una grande bolla di malinconia e malessere che forse è solo un sogno di un androide.
Scott regista al suo livello più alto, in un mix di noir e sci-fi di ottimo livello scenografico e di effettistica. Una Los Angeles futuristica, un poliziotto della Blade Runner mezzo alcolizzato (un Harrison Ford non al massimo) alle prese con una banda di replicanti Nexus 6 che stanno diventando sempre più umani. Tutto è grande spettacolo e, scena dopo scena, il film non scade nella banalità che può esserci magari in un racconto che sembra scontato, bensì è condensato in una serie di vicende e situazioni introspettive davvero convincenti.
Il film sa di capolavoro riuscito solo a metà. Il mondo del futuro è ricreato a opera d'arte, immerso in una fotografia cupa, pregna di morte e descritto da meravigliose scenografie ispirate a Metropolis. Eppure Scott si crogiola un po' troppo in questo paradiso cinematografico e racconta una storia piuttosto confusa che avrebbe meritato un contesto un po' più approfondito, forse sforando le due ore. Le scene memorabili sono molte, ma a tratti ci si annoia o non si riesce bene a seguire il filo. Anche Harrison Ford è altalenante.
MEMORABILE: La bellezza di Rachael e dei suoi occhi nel test iniziale.
Un'esperienza sensoriale e un tuffo in un mare di interrogativi, questo è Blade Runner. Se il Charloton Heston dei 70s, dalle scimmie in giù, incarnava l'eroe della fantascienza politica, questo Ford combattuto, indecifrabile, enigmatico, è l'emblema del versante più filosofico, direi teologico, del genere. Scott mette in scena un mondo, un'"epoca", destinati a diventare paradigmatici per la letteratura, per il cinema, per la cultura occidentale tout court. Brividi puri. Orgasmi intellettuali multipli.
MEMORABILE: La pioggia e i neon; Gli edifici; Le musiche.
Apprendo con stupore che sia stata necessaria (più di) una director's cut per sancire la legittimazione critica di un culto che si era già imposto autonomamente; aggiungo anzi che proprio le parti qui incriminate sono quelle che trovo più irrinunciabili: la voce-off da pulp chandleriano e il famigerato happy-end (che non trovo affatto così happy nella sua poetica precarietà). Per il resto solo lodi sperticate per uno scenario futuribile di ineguagliata potenza pittorica, in cui perfino il product placement viene reinventato alle basi.
MEMORABILE: "Non sapevo quanto saremmo rimasti insieme... ma del resto chi è che lo sa?"
Che sogni l'unicorno (director's cut) oppure no, Deckard rimane comunque uno dei personaggi più iconici di tutti i tempi. Il merito, prima ancora che a Ford, va a Scott che gli costruisce attorno un universo memorabile, punto di riferimento per tutta la fantascienza a venire e che neanche Villeneuve, 35 anni più tardi, riuscirà a far dimenticare. Il monologo finale di Rutger Hauer è il più famoso della storia del cinema, ogni inquadratura è un affresco, le musiche sono perfette. Sean Young incantevole. Pietra miliare.
MEMORABILE: Il test è per stabilire se sono una replicante o una lesbica, signor Deckard?
Tradendo a man salva la fonte letteraria, Scott gira un capolavoro e inventa il noir-scifi. Suo malgrado, dato che la voce over chandleriana è frutto di un'imposizione/negoziazione con i produttori per rendere più fruibile il film. In effetti, il vecchio trucco impone un'immedesimazione con Deckard, un Marlowe del futuro con più cicatrici che medaglie, cacciatore di esseri sintetici che sognano pecore elettriche e vite (più) umane. Rispetto al "final cut" alcune sequenze (la morte di Roy) sono stravolte, ma l'atmosfera resta unica. Film del cuore.
Dopo più di trent'anni il film ha perso poco della sua potenza fantastica. I difetti oggi appaiono con più evidenza poiché si è dissipata l'aura mitica dei primi Ottanta quando le visioni (rarissime e non replicabili) ingigantivano nella memoria e nel desiderio. E però l'uso delle luci, la fotografia, gli ambienti desolati e notturni e l'afflato romantico (in senso pieno: come scontro tra la finitezza della vita e la Morte) rimangono indimenticabili, quasi commoventi.
Film sicuramente significativo e innovativo, per i temi proposti (il rapporto, carico di dilemmi morali, tra umani e androidi) e per l’inserimento di elementi noir in un contesto fantascientifico. Eppure, malgrado questi motivi di interesse e il cast carismatico, il film di Scott è spesso difficile da seguire e raramente entusiasma, a causa di un’andatura spesso letargica e una freddezza di fondo. Molto suggestiva la colonna sonora di Vangelis, con molti brani da antologia.
MEMORABILE: Il monologo di Rutger Hauer, soprattutto il famosissimo incipit.
Ho rivalutato la director's cut del 1992, forse più vicina all'idea dickiana, con sottintesi che nella versione del 1982 si vanno un po' a perdere, specie alla fine, diluiti nella quieta sequenza mutuata da Shining. Nell'originale la voce fuoricampo non spinge lo spettatore a uno sforzo di comprensione aggiuntivo tale da inserirlo appieno nell’atmosfera del film. Anche il sospetto che il protagonista non sia quello che appare qui è meno marcato rispetto alla director's cut. Differenti chiavi di lettura per un solo capolavoro.
Replicanti umani sbarcano a Los Angeles e un cacciatore di taglie dovrà eliminarli. Concentrato in toto sull’effetto fantascientifico, mantiene in ogni scena il clima pessimistico di umanità oppressa che deve munirsi di cloni. Oltre a ciò vi sono accenni filosofici (si vuole comunque vivere più a lungo), poche schermaglie fisiche e una storiella d’amore per arricchire la trama. Hauer ha le battute migliori. Finale non in linea con la drammaticità e qualche brand pubblicitario di troppo.
MEMORABILE: Hauer che si infilza il chiodo nella mano; La Hannah mescolata in mezzo ai manichini.
Ci sono pochissimi film che oltre ad avere regia, trama, azione, mistero e impatto visivo eccezionali, diventano anche un modello per il futuro. Blade Runner è uno di questi. La sua città che rievoca Metropolis è l'ambiente ideale per una caccia spietata ai replicanti e Harrison Ford in stato di grazia ne è il cacciatore. Un risultato praticamente perfetto e mai equagliato. I sentimenti di umanità usciti dai replicanti lasciano l'amaro in bocca per la tragica fine.
MEMORABILE: Le scene della città dall'alto; Il monologo finale conosciuto oramai a memoria da tutti gli appassionati.
Classico sci-fi in cui iniziano a vedersi i pericoli dello stile estetizzante di Scott, che rinunciando al ritmo selvaggio e alle metafore di Alien crea un film intimista e romantico di struggente bellezza visiva sul tema della riscoperta dei sentimenti in un mondo freddo e disumano. Il commento off del protagonista aggiunge un tocco di fatalismo noir. Hanno fatto epoca soprattutto le scenografie gotico-futuristiche di una Los Angeles al neon buia e piovosa ripresa in controluce. Un plauso a Hauer angelo-vendicatore edipico.
MEMORABILE: “Ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”; Ford aggrappato alla trave; L’accecamento del creatore Tyrell; Il test al replicante Leon.
Non solo fantascienza ma una cupa e notturna epopea metropolitana futuribile. Harrison Ford in uno dei suoi ruoli migliori è il cacciatore di replicanti e Rutger Hauer il replicante spietato, che non poteva esser più calzante al suo sguardo vitreo. Scott sforna un capolavoro immortale; un incedere lento e oscuro in un futuro in cui il confine tra macchine e uomini è sottile e la metropoli trasuda una modernità fosca e tetra. La director's cut cambia in poche mosse il significato del film in maniera molto interessante.
MEMORABILE: Lo scontro tra Ford e Hauer; Il monologo di Hauer alla fine; La scena di sesso con Rachael.
Capolavoro di Ridley Scott che riesce nell'ardua impresa di far coesistere in maniera armoniosa fantascienza e noir. Se lo sfondo psichedelico, infatti, rientra nell'ambito fantascientifico, il contenuto esistenzialista che mette in evidenza vite, umane e non, destinate inesorabilmente a rientrare in una dinamica di lacrime nella pioggia, è a tutti gli effetti eredità del genere noir. Ottima la prova del cast. Fotografia, scenografie e musiche di livello eccelso.
Oltre la storia che lo vuole capolavoro letterario, per cogliere pienamente la portata della narrazione dickiana è necessario calarla nel tempo in cui venne elaborata, una vera e propria cesura tecnologica tra mondi caratterizzati da reciproca incomunicabilità. Così la trasposizione di Scott, che accentua le ambiguità etiche insite nel disegno dei personaggi: se c'è un giusto e uno sbagliato, è difficile capire cosa stia dove e, soprattutto, cosa venga rappresentato da chi. Filosofia fantascientifica che non soffre il passare del tempo.
Cult movie di fantascienza noir retrofuturista, si apprezza per la cura delle inquadrature, la recitazione dei protagonisti, la ricostruzione di un futuro così terribile da risultare affascinante, una colonna sonora meravigliosa. Peccato aver tolto nella director’s cut la voce over, una scelta che limita la comprensione del film, mentre il nuovo finale è più vicino allo spirito di Dick. Il film ruota attorno a una domanda: che cosa ci qualifica come esseri umani e ci distingue dai replicanti?
"Il" film di fantascienza. Difficile aggiungere qualcosa su un capolavoro su cui si è detto e pensato tanto. La qualità migliore è l'avere aggiunto altri racconti e altre sfumature a un genere solitamente freddo come la fantascienza. C'è di tutto, dall'avanguardia a qualche riferimento punk. C'è l'amore, c'è il futuro, c'è il rapporto dell'uomo con la macchina, c'è il sogno. E c'è un monologo da brividi. Ottimo il cast, ma le atmosfere sono la cosa più riuscita. La prima versione con la voce fuori campo di Harrison Ford è la migliore. Giù il cappello.
Strano questo “futuro 2019”, ove ci sono le macchine volanti ma anche i ventilatori a pale nelle stanze. Queste ultime sono ben oscure, ma segnate da fasci di luci intensi e fastidiosi. La pioggia copre un mondo intermedio, che conserva note del passato (le foto, i locali), con elementi del futuro, come le scoperte scientifiche (i nuovi organismi). Per dare la sensazione di grande cinema bastano alcune frasi dei protagonisti riguardanti le cose mai viste dagli umani, l’apprezzamento della vita anche degli altri e lo stare insieme senza sapere fino a quando. “Un po’ come tutti”.
Quarant'anni dalla prima visione: replay obligatorio anche se non necessario, dato che pochi film restano impressi nella memoria come questo nonostante la sua imperfezione o forse proprio in virtà di essa. Una città simile, fatta di luci notturne e pioggia, non si era mai vista prima come non si era mai visto un personaggio come il replicante Roy, reso iconico dall'interpretazione di Hauer e da un epilogo di struggente poesia, idimenticabile come la sontuosa ost di Vangelis. Un capolavoro a cui poco o nulla hanno aggiunto le versioni successive dettate da esigenze commerciali.
Grande film, tra i più famosi di sempre del genere fantascienza. Ottima la prova di Harrison Ford nei panni del cacciatore di androidi, ma la vera forza della pellicola è data da una regia sapiente e a una scenografia pazzesca, adattata perfettamente alla trama. A ciò si aggiunga un finale ai limiti del capolavoro, con il discorso di Rutger Hauer che ha segnato un'epoca. Forse non un capolavoro assoluto, ma di sicuro un film che non si dimentica. Da vedere e conservare.
MEMORABILE: Lo sguardo impietrito di Ford dinanzi al discorso di Hauer, con tanto di riflessione finale.
In una Los Angeles del futuro (oggi oramai oltrepassato da anni), fumosa, acquitrinosa, si dà la caccia a esseri replicanti, in tutto e per tutto uguali agli umani, ma freddi distruttori. Il conflitto si apre quando inspiegabilmente scattano emozioni fra il cacciatore e le sue temibili prede, una in particolare. Scenograficamente interessante e anticipatore per quei tempi, il film oggi appare noioso e lento, troppo lento per sopportare la scarsa espressività di Harrison Ford. Opera sopravvalutata.
Il capolavoro assoluto di Ridley Scott, a prescindere dalle millanta versioni uscite negli anni: tetro come i noir Warner Bros anni '40, gelido come la pioggia d'inverno, robotico ma umanissimo, crepuscolare, cinico e romantico come pochissimi altri film, con un cast in assoluto stato di grazia, effetti speciali non invasivi, fotografia e decor ai massimi livelli. Come se non bastasse, la colonna sonora di Vangelis è sublime ed entra nelle ossa, quasi fosse un film nel film. Il tutto per far appassionare e commuovere lo spettatore fino a spaccargli l'anima.
In un futuro tetro e umbratile gli androidi hanno raggiunto un livello di perfezione da avere una forma di sviluppo emozionale tale da renderli potenzialmente antagonisti all’uomo: per questo un agente è incaricato di eliminarli. Divenuto fin dall’esordio un cult movie sopravvalutato, è un film molto semplice, blandamente rivestito di pseudocontenuti, che merita soprattutto grazie alle ambientazioni futuristiche che in effetti trasmettono un senso di greve e latente angoscia. Ma il ritmo narrativo è sovente rallentato senza costrutto e i dialoghi talvolta rasentano la banalità.
Dilata interrogativi spirituali e dilemmi morali senza sottrarsi al fascino estetizzante del cinema d’intrattenimento. Contemplativo, ipnotico, privo di accumuli narrativi, un noir fantascientifico-futuristico dall’animo dark e dall’ambiguità incalzante. Sbalordisce ancora oggi nonostante i suoi 40 anni e più sul groppone. Cast perfetto, con Hauer e Young sul podio.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
DiscussioneZender • 22/08/18 18:30 Capo scrivano - 48251 interventi
Molto curioso in effetti. Ha dato forma visiva a un "luogo comune" che lo vuole impostato appunto come un noir.
Alex75 ebbe a dire: Franz ebbe a dire: Il brano della colonna sonora intitolato "Tales of the future" ha una serie di interventi vocali (vagamente arabeggianti...) che sono eseguiti nientemeno che dal grande Demis Roussos, amico di Vangelis, nonché - come Vangelis - ex degli Aphrodite's Child.
Il testo è uno scat improvvisato da Demis Roussos in una sorta di arabo-egiziano. Secondo un utente di Quora, gli ultimi due versi potrebbero tradursi:
Tell me my dear?
Tell me my mother?
https://www.quora.com/Can-anyone-translate-the-lyrics-of-Tales-Of-The-Future-by-Vangelis-from-the-motion-picture-Blade-Runner grazie, non lo sapevo proprio. E' assolutamente un dato di fatto che Demis nacque e visse fino all'adoloscenza ad Alessandria d'Egitto, e che crebbe in un contesto interculturale greco-arabo-egiziano. In diverse interviste ebbe occasione di dire che da bambino aveva avuto modo di interagire con coetanei parlanti arabo, e, almeno in quegli anni, aveva imparato un po' a parlarlo. Perciò chissà, forse anche nel brano di Vangelis può aver inserito, un po' storpiandolo, qualche termine esistente, in quella lingua.
CuriositàFauno • 6/02/19 00:01 Contratto a progetto - 2748 interventi
Dalla collezione cartacea Fauno, un flano del film:
HomevideoRocchiola • 14/04/19 10:12 Call center Davinotti - 1274 interventi
La versione cinematografica del 1982, per intenderci quella con il commento off del protagonista, è divenuta ormai un oggetto di difficile reperimento. Mai uscita in bluray, in DVD è ormai un oggetto da collezionisti ed in TV non viene più trasmessa. Chissà se mai verrà ristampata. Speriamo in quanto è ancora quella che preferisco maggiormente.
Riguardo al celeberrimo monologo. La battuta "è tempo di morire" finale è pronunciata da Hauer fuori campo, mentre la mdp stacca a più riprese su Ford imbambolato. Chiaramente sconta il fatto che uno fosse la star e l'altro un attore emergente, ma ho sempre pensato che sia stata una scelta di montaggio sbagliata: il monologo così perde di efficacia proprio al suo culmine.
Secondo questo articolo del Guardian, William Burroughs aveva scritto una sceneggiatura con lo stesso titolo del film tratto dal romanzo di PK Dick e che racconta un futuro altrettanto distopico.
Il testo è tratto da un (per me oscuro) romanzo dello scrittore Alan Nourse ed è stato poi trasformato da Burroughs in un vero e proprio romanzo.
Sempre secondo l'articolo, Hampton Fancher (primo sceneggiatore del film) aveva letto il libro di Burroughs e prese da lì il titolo provvisorio del film, che piacque tanto a Scott da finire poi sui cartelloni (previo pagamento dei diritti agli autori).
DVD
Nel primo DVD il film commentato da Ridley Scott e una seconda versione commentata degli autori e realizzatori dell’opera (attenzione: tutti e tre i filmati sono in inglese e non hanno sottotitoli).
Nel secondo DVD (con sottotitoli in italiano) la ricostruzione dell’intero iter compiuto per dare vita a Blade Runner: a partire dalla stesura della sceneggiatura e dalla ricerca dei fondi necessari per il film, la scelta degli attori, la progettazione e costruzione dei set, dei veicoli, le tensioni emerse tra quanti lavoravano sul set, gli effetti speciali, la post produzione (con l’inserimento del contestato lieto fine) e l’arrivo sul grande schermo, con le impressioni degli spettatori, dei critici e di quanti hanno lavorato a dare vita ad un’opera monumentale.