(BABY VINTAGE COLLECTION) Steno si è sempre dimostrato regista di buon talento, affinando la sua tecnica film dopo film. Cosicché, dai tempi di Totò fino a questo LA PATATA BOLLENTE, si è facilmente guadagnato la stima, se non di tutta la critica, perlomeno del pubblico. Constatato l'enorme successo cinematografico de IL VIZIETTO, il film si inserisce nello stesso filone sfruttando tutte le capacità di un Renato Pozzetto allora in netta ascesa. Azzeccando l'idea di affiancare al simpatico comico milanese il sempre bravo Massimo Ranieri e di condire il tutto con quel pizzico di pepe datogli dall'esposizione...Leggi tutto delle grazie della splendida Edwige Fenech, Steno, coadiuvato nella stesura della sceneggiatura dal già promettente figlio Enrico Vanzina, confeziona un prodotto scorrevole e quasi sempre divertente, lontano dalla trivialità che contraddistingue certe pellicole interpretate da Pozzetto ( pur sussistendo il suo consueto turpiloquio). Dopo aver elogiato la notevole prova d'attore di Pozzetto bisognerebbe però soffermarsi su quella offertaci da Massimo Ranieri: perfettamente immedisimatosi nel ruolo dell'omosessuale, l'attore napoletano non manca di recitare con toni ed espressioni tipicamente teatrali, non potendo dimenticare i suoi trascorsi davanti alle platee italiane. Questo forsennato istrionismo recitativo, che potrebbe sembrare eccessivo e fuori luogo in un film del genere, ha tuttavia l'effetto di rendere l'insieme più serio e credibile, regalando al nostro cinema una pellicola destinata a rimanere nel tempo come una delle più lucide analisi di un problema tutt'altro che trascurabile e davanti al quale a nulla serve chiudere gli occhi e fingere di non sentire.
Un Pozzetto in parte nel ruolo del Gandi, l’operaio tutto d’un pezzo, ex pugile, portavoce dei colleghi è l'arma vincente della pellicola. Ma un plauso va anche a Ranieri, in una ruolo che poteva risultare eccessivamente macchiettistico e che invece l'attore riesce a interpretare con una certa bravura. Bei duetti anche tra portinaio e moglie. In questo caso bisogna tener conto dell'anagrafe, visto l'argomento trattato, oppure gli stereotipi sarebbero molteplici, anche se qui era più un pretesto per realizzare gag. Divertente.
MEMORABILE: Pozzetto va a lamentarsi dal direttore sputandogli una serie di colori (giallo paglierino, blu cobalto…); Pozzetto truccato che parla con la Fenech.
Nato sulla scia del successo de Il Vizietto, è uno dei migliori film dell'accoppiata Steno/Pozzetto. Coadiuvati dal bravo Ranieri e dalla bellissima Fenech danno vita a una delle commedie più divertenti di fine anni 70. Divertentissimo, mai volgare, affronta bene l'argomento omosessualità, straordinariamente in anticipo sui tempi. Buoni personaggi di contorno come Scarpetta. La colonna sonora è opera di Totò Savio, ovvero il "musicista" degli Squallor, che "ricicla" appunto alcune loro basi per il film.
Simpatica commedia ben diretta dallo specialista Steno ed altrettanto ben interpretata da Pozzetto e Massimo Ranieri. La prima parte, nella quale si delinea il personaggio di Gandi (Pozzetto), militante comunista tutto d'un pezzo, e del suo incontro con l'omossessuale Cludio (Ranieri) del quale ignora la vera natura, è la più riuscita; poi nel finale il film si siede un po', rimanendo comunque piacevole. Visto a quasi trent'anni dalla sua uscita mantiene comunque una freschezza non comune. Veramente splendida Edwige Fenech.
Bellissima commedia italiana. Ha la capacità di essere divertente pur affrontando con intelligenza (e senza volgarità) un tema scottante come l'omosessualità. Tutto funziona benissimo: la sceneggiatura, piena di dialoghi e situazioni memorabili; la regia, veloce e sapiente; il cast, con un Pozzetto al top (quì al suo film migliore), un Ranieri eccellente e una Fenech indimenticabile; la colonna sonora, simpatica e spassosissima. Molte scene sono da antologia. Da non perdere assolutamente.
Ottima prova per Pozzetto, un'interpretazione grandissima. Una commedia davvero di qualità, sceneggiata perfettamente, divertentissima e anche molto interessante. Mai troppo volgare, mai troppo stereotipizzata, piuttosto coerente. Oltre a tutti i bravissimi comprimari, una segnalazione anche per i guardiani (marito e moglie) del palazzo dove abita Pozzetto. Impossibile ormai togliersi dalla testa la scena della bellissima Fenech in doccia (e comunque molto brava nella sua parte). Valido nell'affrontare la tematica sociale presa in questione.
Piacevole commedia in cui il tema scomodo dell'omosessualità viene trattato con comicità ma senza cadere nell'ovvio e nel volgare. Merito di Pozzetto, candido comunista tutto d'un pezzo e di Ranieri, che dolente illustra tematiche ancora attuali. Troppo simpatica la Fenech che ad un certo punto inizia ad avere dei dubbi sul fidanzato...
Tra i film migliori intepretati da Pozzetto. Sceneggiatura da manuale, regia superba di uno Steno in ottima forma e un terzetto d'attori, per non parlare dei numerosi caratteristi, da applausi. Pozzetto disegna un operaio tutto d'un pezzo ma dal cuore sensibile che, suo malgrado, prenderà coscienza di un'altra realtà. Ranieri interpreta quello che, a oggi, resta il suo ruolo migliore. La Fenech è splendida come non mai. Degli altri, memorabile Luca Sportelli nel ruolo del portinaio ficcanaso.
MEMORABILE: Pozzetto, la Fenech e una vasca da bagno...
Sicuramente un bel prodotto, con un Ranieri in gran forma che incarna un gay il quale, nonostante i tempi, nonostante i tic obbligatori da cinema e tv, non assume i contorni della checca esasperata (vedi il Mastelloni in Culo e Camicia) e Pozzetto appare fin da subito in gran forma. Una conmmedia comica che tuttavia strizza l'occhio a tematiche di maggior spessore. La Fenech sempre deliziosa. Bella pellicola che nonostante l'età ancora piace!
Buona commedia che affronta il tema della diversità, con un Pozzetto in grande forma e una sexy Edwige (celebre il suo bagno di schiuma nella vasca insieme a Pozzetto, interrotto da Ranieri), discreto Ranieri nel ruolo di un gay che Pozzetto si porta in casa. Un po' di sano divertimento, da vedere. C'è anche Luca Sportelli portinaio.
MEMORABILE: Pozzetto torna a casa vestito da russo!
Operaio comunista inizia una strana amicizia con un giovane gay, che gli attira il dileggio dei ‘compagni’. La presenza di attori che in altri contesti incarnano una comicità grossolana può ingannare: il film è invece il discreto tentativo di imbastire con ironia una commedia popolare su un tema come questo senza scadere nella volgarità, ma anzi andando a toccare – sia pure in modo timido – alcuni gangli dell’omofobia in diversi contesti. Un bell’esperimento che sa divertire senza offendere. Bravi Pozzetto e il coraggioso Ranieri.
Film che gioca con gli stereotipi di classe e riesce in maniera intelligente a portare avanti un discorso sulla tolleranza, tutt'altro che banale. Ottimi gli attori con un Pozzetto divertente ma misurato, con un Ranieri che riesce a ritrarre l'omosessualità senza scadere nei soliti clichè e con una Fenech sempre mozzafiato. Sceneggiatura con qualche lentezza, ma buona.
Girato alla fine degli Anni Settanta, è una delle opere migliori del regista Steno ed è un film che anticipa i tempi riguardo alla concezione cinematografica del diverso, ovvero alla percezione dell'omosessualità e il moralismo e bigottismo a questa spesso legati specie in ambienti di stampo tradizionale come quelli operai. Il film si segnala per l'ottima interpretazione del terzetto degli attori protagonisti, ben serviti dalla buona sceneggiatura e dall'attenta regia.
Buona commedia confezionata con stile da Steno e che non presenta le cadute di gusto che spesso caratterizzano il genere. Anzi, il tema dell'omosessualità e del latente celodurismo vengono presentate con intelligenza e con una felice prova del Ranieri. Il tutto senza dimenticarsi di allietare la platea con le battute del sempre bravo Pozzetto e le grazie della Fenech, peraltro meglio utilizzata - come attrice, intendo - del solito.
Uno dei classici di Pozzetto, ancora oggi molto divertente. Il tema dell'omosessualità è trattato forse in modo un po' superficiale, ma le situazioni tra Pozzetto, la Fenech e Ranieri funzionano benissimo e si sente la mano di un regista di classe quale era Steno. Molto divertente anche la coppia di portinai Colosimo-Sportelli, che spiano tutti i condomini del palazzo.
MEMORABILE: Avete per caso "Pederastia e coscienza di classe"?
La classe operaia si mette l'ombretto. Pozzetto sindacalista ex pugile scopre che i gay sono persone come le altre, facendo amicizia con Massimo Ranieri, bravo e misurato. Se al grande comico è concessa la ribalta per strappare le risate, a Ranieri Steno affida il compito più difficile in una commedia di costume, ossia offrire un controcanto più riflessivo. Missione riuscita, visto che il film fa ridere (e tanto) e fa pensare (il giusto, visto che sempre di commedia si tratta), senza scadere mai. Sembra girato ieri.
MEMORABILE: Il portiere e Pozzetto che discettano di Cracovia e Mosca.
Commedia degli equivoci divertente specie nella parte iniziale e centrale. Il finale è inaspettatamente più serio e la scena del litigio tra i due l'ho trovata assolutamente staccata da un contesto di commedia. Bravi i due protagonisti, bella e bona la Fenech.
È una di quelle interpretazioni che favorirono a Pozzetto stima e riconoscimenti da parte delle associazioni gay a cavallo degli anni 70/80, come lui stesso ha più volte ricordato con un certo orgoglio. Oltre a questo, il film di Steno conta su di un cast particolarmente ispirato: oltre a Ranieri e la bella Fenech, mi piace ricordare Mario Scarpetta, il grande attore napoletano scomparso nel 2004, qui in versione sarda. Esempio di come ai tempi si poteva realizzare un film commerciale e intelligente.
MEMORABILE: Pozzetto che mena i fascisti e fa pure male!; Il bagno con la Fenech.
L’intelligenza di tutta l’operazione sta nell’aver contrapposto ad una rappresentazione stereotipata dell’eterosessualità maschile, una pertinente e verosimile di quella omosessuale, lasciando emergere più i limiti della prima – il paradosso dell’omofobia - che la bontà della seconda. La semplicità del racconto e dei caratteri – particolarmente l’integralismo infantile di Pozzetto – restituiscono uno sguardo puro che scalza pregiudizi e ipocrisie. Allo stesso tempo vige lo spirito più flagrante e spassionato del cinema popolare che fu. Illuminante.
Un bel film, che affronta un tema ancora oggi "bollente". Soprattutto ci ricorda una realtà storica dimenticata ed abbastanza scomoda: l'omofobia era annidata anche in una certa parte politica che oggi la rinnega (fortunatamente) e anzi lotta per i diritti dei gay... Una commedia intelligente, lontana anni luce dai prodotti odierni sullo stesso tema, tutti ammantati di buonismo e macchiettismo.
Una delle migliori commedie di Steno anni '70: politica di sinistra e omosessualità trattate forse con troppa superficialità, ma con la leggerezza adatta per una commedia di questo stampo. Pozzetto, Ranieri e la Fenech girano a 1000 e non c'è un momento di noia in tutto film. Vota Comunista!
Telefonatissimo, regia impercettibile e ordinaria, pieno di stereotipi. Ma forse, proprio per questo, alla fine, tanti luoghi comuni funzionano. Certo i gay son macchiette (Ranieri a parte) e così i fasci e i compagni son da operetta; ma nel 79 non era così scontato affrontare il tema dei rapporti pregiudiziali tra la sinistra e l'omosessualità, anche in tono leggero. Ranieri efficace, Fenech bona oltre ogni dire, Pozzetto è impagabile e fa ridere anche nello scontatissimo finale. Simpatico, si fa rivedere.
MEMORABILE: Il portiere che sa la geografia; gandhi torna dalla Russia; "Voio diventà 'n froscio!"; le tette divine di Edwige.
Commedia come pochissime non ha un punto debole nemmeno a cercarlo, bella come poche: la sua età se la porta benissimo. L'accoppiata Pozzetto-Ranieri non saprei dire se si ripropose per altri film, ma è assolutamente perfetta. La leggerezza e la classe espressi in questo film sono un valore aggiunto imprescindibile.
Toccare certi argomenti alla fine degli anni 70 non doveva essere tanto semplice: l'omosessualità, la crisi di certa sinistra, il ruolo controverso dei sindacati nelle lotte operaie. Eppure questo film ci riesce mirabilmente, mettendo in discussione con ironia tutto ciò, senza risparmiarsi la battuta anche pesante, ma con un rispetto di fondo. Volendo, è un film sulle minoranze, su chi non è allineato: che si sia gay o fuori dal coro politico, poco importa, bisogna sempre cercare di capire (pare voler dire il film) l'altro, senza pregiudizi.
MEMORABILE: Il discorso surreale con cui Pozzetto cerca di giustificarsi con la portinaia, dopo che gli si è aperta la valigia piena di "accessori" omosex!
Ai suoi tempi, sarà stata una "patata bollente", adesso è una storiella bollita. Che negli Anni Settanta per l'operaio comunista Pozzetto l'omosessualità fosse un tabù, è plausibile, e che per arrivare ad una conclusione di semplice buon senso si dovessero superare resistenze ideologiche non indifferenti, pure. Ma il personaggio di Pozzetto è, all'inizio, fin troppo caricaturale e, nell'insieme, il film non mi è sembrato né particolarmente divertente né particolarmente profondo. Lo si apprezza come una ben recitata commedia degli equivoci.
Pozzetto, nel periodo del suo pieno successo, offre una prova convincente, umana, comica e anche drammatica sotto certi aspetti. Impossibile chiedergli di meglio. Accanto a lui un bravissimo Massimo Ranieri ed una splendida e non meno brava Edwige Fenech. Nella sua ironia e nella sua leggerezza, il film propone temi purtroppo ancora di attualità e mette a nudo le contraddizioni e la ridicolaggine di certi tipi di ragionamenti e di morale. Col merito di non scadere mai nella farsa o nel pesante. Straconsigliato.
Simpatica commedia, firmata da Steno, che prova a trattare il tema dell'omosessualità in modo garbato, senza cadere nella volgarità e senza ricorrere eccessivamente ai luoghi comuni. Certo, a tratti c'è un po' troppo macchiettismo, specie nel personaggio del protagonista ed anche nel modo di ritrarre i gay, ma visti i tempi ed il tipo di pellicola, ci può stare. Interessanti e riusciti alcuni momenti e dialoghi. Pozzetto è in gran forma ma anche Ranieri fa la sua parte più che egregiamente.
Il contesto storico-politico-culturale dell'epoca non deve far dimenticare che la cinematografia va oltre la realtà e oltre le aspettative! Anticipare i tempi su tematiche difficili e che superano confini premarcati non è da tutti. Un film riuscito per un cocktail di combinazioni: attori in perfetta simbiosi e in crescita rispetto al passato (vedi Fenech in un ruolo finalmente attivo!), credibilità nell'interpretazione di Pozzetto e già grande e fresca maestria del giovane Ranieri. Ma il Gran Burattinaio è stato lui, Steno.
MEMORABILE: La portinaia simpaticamente spia con il binocolo i movimenti leggiadri di Pozzetto.
Più noto che buono. È Pozzetto, in grandissima forma (non sbaglia una battuta, un tempo e un'espressione), a salvare il film. Riesce anche a far passare in secondo piano le assurdità dell'ambientazione (se fossero state così le case degli operai Anni Settanta, gli operai avrebbero votato per il Partito Liberale...) e le non poche forzature di quella che è una commedia degli equivoci con un po' di vernice progressista, come dimostra il macchiettismo di gay, comunisti e fascisti. Inizio e centro non male, calo costante dopo il rientro dall'URSS.
MEMORABILE: "Qui sembra d'essere a casa della Wanda Osiris!"
Il pregio dell'opera è sicuramente quello di aver messo alla berlina con ironia la morale ingessata della sinistra comunista. Il difetto: il sapore troppo commerciale, allegro e caricaturale dell'insieme (le ragioni del botteghino sono state purtroppo determinanti). Nel complesso, comunque, risulta una commedia più che discreta con attori ben inseriti nei rispettivi ruoli. Molto anni '70!
Renatone nella parte del Comunista amato dai colleghi e con velleità da picchiatore, in questa sorta di Vizietto più impegnato; si anticipano di almeno vent'anni alcune tematiche, con un Ranieri che dimostra di essere un grande attore in una parte non facilissima; il film affronta anche l'ipocrisia comunista, che sta dalla parte dei deboli ma che discrimina poi i gay; bravissimi anche Scarpetta nella parte del collega sardo e una Fenech che sa recitare meglio del solito e ci fa comunque rifare gli occhi per l'ennesima volta! Buono.
MEMORABILE: La gamma di colori che esce dai polmoni di Pozzetto!
Commedia sulla transizione da ideologie vecchio stampo alle più ampie vedute progressiste, cucita perfettamente sul personaggio Pozzetto e sulla sua faticosa ricerca di una coerenza (politica e umana) irraggiungibile. Steno usa tutti i minuti a disposizione per ritrarre un attento quadro psicosociale dei due protagonisti, enfatizzandone debolezze, perplessità e quotidianità. Pozzetto, naturalmente, ruba la scena a tutti, al contrario di Ranieri che non riesce a fare del suo ruolo un comprimario all'altezza. La Fenech timbra il cartellino.
Probabilmente girato sull'onda del successo de Il vizietto, il film del sempre bravo Steno si dimostra comunque estremamente in anticipo sui tempi, tanto che il suo messaggio sarebbe attualissimo anche oggi; non manca anche una certa satira socio-politica, tipicamente settantiana. Dal punto di vista puramente comico, il film non manca di divertire in tante occasioni ed è graziato dalle interpretazioni eccellenti del cast, con un notevole Pozzetto, un eccezionale Ranieri e persino una brava Fenech. Sicuramente uno dei migliori del Renatone.
Ho sempre apprezzato i prodotti ibridi. Qui la comicità è la facciata importante, alla fine quella che caratterizza il film, ma serve anche per contenere qualche motivo per riflettere. Un grandissimo Massimo Ranieri, un ottimo Pozzetto, con la sua "compagna" in buona forma (ma non mi piace la sua pettinatura, uff!), ci parlano simpaticamente e con equilibrio di importanti aspetti sociali. Vanzina nel 1979 propone una coraggiosa rivendicazione, attraverso una comunicazione semplice e poco estremizzata. Diritti e libertà, anche col sorriso sulle labbra.
MEMORABILE: Il Renato truccato; il ballo liberatorio.
A tutt'oggi di film italiani popolari così complessi e sfaccettati sulla bollente patata omosessuale io non ne rammento uno (probabile ruggine della mia memoria): merito di Steno, ma certo anche sintomatico del "coraggio" di certo nostro Cinema e della società che "riflette". Pozzetto perfetto compagno puro in preda ai dubbi; Ranieri mai macchiettistico e sempre in parte; Edwige ricciolona che ci tira sempre matti; tutto il cast "attorno attorno" (da Scarpetta ai clamorosi Colosimo/Sportelli) non canna un colpo. Cede un po' il ritmo nella seconda metà.
Celebre commedia di Steno indubbiamente riuscita. Merito di una sceneggiatura molto buona, nonostante non si rida mai più di tanto. Pozzetto ottimo come al solito, la Fenech ha un bel ruolo oltre ad essere (si sa) bellissima. Da ricordare la coppia Sportelli-Colosimo (i portieri), davvero divertente!
Uno dei migliori film con Pozzetto, qui al meglio nei panni di un battagliero operaio comunista che si ritrova ad ospitare in casa un omosessuale (Ranieri, altrettanto bravo). Nonostante il clima ironico e leggero, tipico della commedia vanziniana non volgare, c'è spazio per la satira sulla morale del PCI eurocomunista degli anni '70, che tanto all'avanguardia non era - basti pensare all'entusiasmo del protagonista quando visita l'Unione Sovietica. Le risate non mancano. Bella e brava la Fenech.
MEMORABILE: Le espettorazioni variopinte sui vetri dell'ufficio.
Sicuramente uno dei migliori film di Pozzetto grazie soprattutto alla sceneggiatura che riesce a costruire una bella storia intorno ai personaggi principali. L'elemento del'omosessualità è più che altro sfruttato per creare quella serie di equivoci su cui si basa quasi tutto il film (anche se c'è una critica politica apertissima nei confronti di una certa parte del vecchio PCI). Bavissimo anche Ranieri nella sua parte: credibile e mai volgare. Ma anche il cast di contorno è di prim'ordine, con una Fenech con meno spazio del consueto. Da rivedere.
Riuscita commedia di Steno, che tratta senza esagerazioni o iperboli spropositate (piuttosto con ironia) il tema del pregiudizio verso il diverso, all'interno dei movimenti proletari (in particolar modo nel PCI). La sceneggiatura è ottima, senza buchi e l'humuor piuttosto presente. Il cast del film lavora a pieno regime: ottimi Pozzetto e Ranieri, così come anche la splendida, sexy e bellissima Edwige Fenech se la cava molto bene. Nel cast di contorno spiccano senz'altro Mario Scarpetta, Luca Sportelli e Clara Colosimo.
Davvero un bel film: Steno è riuscito nella titanica impresa di realizzare un film sia comico e divertente che impegnato in argomenti difficili da trattare persino oggi (figuriamoci negli anni settanta). Pozzetto è in una forma strepitosa, Ranieri gli fa egregiamente da spalla (perfettamente calato nella parte) e la Fenech è in una delle sue performance migliori. Da non dimenticare anche Scarpetta, trasformato in sardo per l'occasione. Un film notevole, anche con una bella colonna sonora.
Stupisce la sceneggiatura che indaga, senza abbondare in stereotipi, la diversità delle preferenze sessuali e le perplessità che possono insorgere nell'uomo medio quando è alle prese con un mondo a lui sconosciuto. Steno gira alla grande, imprimendo alla pellicola il ritmo giusto per merito dell'assoluta padronanza dei tempi comici. Reparto attoriale perfetto, nel quale spicca la prova di un insolito Massimo Ranieri. Notevole!
MEMORABILE: Lo spogliarello della Fenech; I battibecchi fra portinaia e marito; La battuta finale del film; Il libro "I grandi omesessuali della storia".
Commedia avanti con i tempi in cui mettono alla berlina alcune considerazioni sinistroidi con un certo garbo e una simpatica comicità. La morale è sicuramente edulcorata ma ben si adatta al clima narrativo. Appropriati i tre interpreti principali, con un plauso al coraggioso Ranieri.
Un cult della commedia all'italiana. Un Pozzetto e una Fenech ai massimi livelli. Sottofondo di sinistra anni 70. Alcune scene e dialoghi sono da antologia della commedia all'italiana e Ranieri non è affatto male nei panni del gay. Ambiguità delle parti rappresentata senza pregiudizi e volgarità. Bello e politicamente schierato!
Un bel film dove si affronta in modo divertente e asciutto il tema dell'omosessualità con un trio di protagonisti che danno linfa al film: Pozzetto, Ranieri e Fenech. Una menzione speciale a Clara Colosimo e Luca Sportelli come portieri pettegoli del palazzo. Steno come regista stavolta ha fatto davvero centro. Musiche simpatiche.
Considerando che è un film del '79, pur con le dovute note stonate (gli epiteti con cui vengono definiti gli omosessuali), trattasi di una commedia brillante che sa divertire con arguzia e grande humor. Il fine non è deridere i gay (come nella farsesca trilogia de Il vizietto); sono presenti infatti anche messaggi positivi a favore della diversità. Il divertimento è quindi assicurato grazie anche all'affiatamento dei due grandi attori protagonisti (Ranieri vs Pozzetto) e al tono leggero ma fermo con cui vengono trattate certe tematiche. Valido.
Sinceramente la parte comica non è quella magari più riuscita visto che non tutte le battute di Pozzetto vanno a segno e qualche sbavatura c'è. Notevole aver trattato il tema della diversità in maniera così struggente ma allo stesso tempo distaccata, mai alla ricerca di sentimentalismi o banalità in cui si può incompevolemente incorrere. Alla regia c'è Steno, che gestisce benissimo un cast in cui spicca un Ranieri esagerato, mai alla ricerca della macchietta. Finale poco ottimista e ancora oggi tragicamente attuale. Bello!
MEMORABILE: La scritta sui muri; La rissa con i fascisti; Pozzetto che mostra al capo tutte le vernici inalate; Il libro "I grandi omosessuali della storia".
Una gradevole commedia di Steno che non regge la prova del tempo. È giocato sulla progressiva apertura di Pozzetto al mondo gay, rigorosamente politically correct. Pozzetto e Ranieri se la giocano bene e fa piacere vedere una Fenech una volta tanto valorizzata, ma le scene sono tagliate con la scure e non c'è posto per le sfumature. Peccato perché il soggetto poteva offrire spunti molto più interessanti, con un po` di coraggio in più. Steno ha fatto cose molto migliori. Discreto.
Difficile trattare il tema dell'omosessualità su grande schermo, ma Steno ci riesce molto bene dirigendo una commedia non banale dove l'argomento è trattato alternando umorismo (specie nella prima parte) a momenti più seri. Nel complesso quindi un ottimo prodotto, dove Pozzetto si trova nella prima grande interpretazione della sua carriera e trova in Massimo Ranieri un'eccellente spalla. Non mancano momenti divertenti. Si guarda con piacere.
Gran bella commedia. Superfluo dire che a trionfare è un perfetto Pozzetto (magistrale in ogni singola espressione), meno il notare come funzionino alla grande anche Ranieri e i vari comprimari, dalla coppia di portinai Colosimo/Sportelli (eccezionali...) ai sindacalisti oltranzisti e alle macchiette gay. Ironico ma mai volgare e ancora attuale, fosse stato meno cerchiobottista nella sua critica a costumi e società sarebbe stato un capolavoro. La Fenech? a vederne le grazie, viene il sospetto che il titolo si riferisca proprio a lei. Necessario.
Quasi profetico questo gioiellino di Steno (il cui più grave errore è stato procreare) sull'ambiguità della sinistra in merito al tema dell'omosessualità. Per fortuna, almeno in questo film, Pozzetto darà una lezione a tutto il partito sui diritti civili. Nonostante l'età, dunque, una pellicola invecchiata molto bene, con buone gag e attori particolarmente in forma, compresa l'irritante portinaia Colosimo. Certo, ci sono alcuni stereotipi, ma stiamo parlando di quasi 40 anni fa e si possono perdonare. Da vedere (o rivedere).
MEMORABILE: Pozzetto alla portinaia: "In confronto a lei la Digos è roba da dilettanti" "Ma cos'è 'sta Digos?" "È come una portineria, però in grande".
Commedia che riesce a intavolare lotta di classe, condizione operaia, omosessualità oppressa con la bonarietà proletaria di Pozzetto. Steno rende il tutto filante tra il serio e il faceto aiutato dall'interpretazione delicata di Ranieri e dalla freschezza della Fenech. Arriva al finale col fiato corto, ma riesce a concludere dando una dimostrazione della presenza dell'ipocrisia, anche politica, nel periodo di fine anni 70.
MEMORABILE: La visita al direttore; "Se mi lasci non vale"; La fotografie delle ostriche.
Eccellente e spassosa commedia di Steno, che è riuscito a coniugare la contestazione anni Settanta, l'allora scontro politico/sociale tra destra e sinistra e qualche vezzo sbanca-botteghino del periodo sull'omosessualità (1978: il grande successo de Il vizietto) in modo iconografico. C'è il fatto, poi, che il cast appare molto affiatato: Pozzetto al top della forma (il suo "Gandhi" è delizioso), Ranieri incarna egregiamente un gay senza cliché e la Fenech, per una volta, convince più come attrice che come... "bambola".
Steno firma una commedia in felice equilibrio tra leggerezza e impegno e sorprendentemente lungimirante, per il garbato approccio all’omosessualità lontano dai cliché tuttora abituali (grazie alla misurata interpretazione di Massimo Ranieri) e per la critica all’ambiguità di certi ambienti progressisti. Pozzetto qui è in stato di grazia e finalmente è possibile ammirare la Fenech in un ruolo di spessore. Centrati anche i personaggi e gli interpreti di contorno (Scarpetta, Colosimo, Sportelli).
MEMORABILE: Gli espettorati di Gandi; I due portieri; I libri “Uomo è bello” e “I grandi omosessuali della storia”; Il ritorno dalla Russia.
Evitando da un lato eccessivi pietismi e dall'altro di relegare il gay a solita macchietta, Steno riesce in maniera estremamente apprezzabile ad affrontare con relativa leggerezza il tema dell'omofobia. Il burbero Gandi e il tenero Claudio trovano ottimi interpreti in Pozzetto e Ranieri, attorniati da comprimari in palla anche se relegati a piccoli ruoli (i due coniugi portieri). Pur se con qualche lungaggine, la pellicola si dipana in modo fluido, veicolando il suo messaggio, tra numerosi sorrisi e una bella colonna sonora (Tango Diverso).
MEMORABILE: Pozzetto scopre con sgomento che anche Furia e Zorro erano gay.
E'ricordato come il tentativo, coraggioso e anticipatore, di affrontare il tema delle discriminazioni contro gli omosessuali attraverso il veicolo della commedia all'italiana ma senza buttare tutto in burletta. Purtroppo le buone intenzioni, apprezzabili, non bastano: non si può fare un film contro i pregiudizi potendo al centro della scena un personaggio macchiettistico e poco credibile come l'operaio comunista/sindacalista interpretato da Pozzetto, più ligio ai precetti del PCI del buon Peppone. Meglio Ranieri, non stereotipato, mentre Fenech apporta la quota tette (due) e poco altro.
MEMORABILE: La portinaia con funzioni di Digos condominiale
Brillante sintesi della comicità pozzettiana, qui capace di affrontare tematiche delicate con una pletora di battute sagaci e ficcanti. Ci si burla della politica e dei suoi tetragoni ideali e si smaschera col sorriso l'ipocrisia di una società ottusa. Memorabili alcuni passaggi in fabbrica (il rigetto delle vernici colorate) e certe battute ("vuoi ballare? Allora dovresti uscire con Don Lurio") ma altresì indimenticabile è l'epifania del seno della Fenech, che pare scolpito nel marmo. Un capolavoro del cinema di genere italiano.
Graziosa quanto datata commediola che si regge sulla verve tontolona di Pozzetto. I patemi maschilisti quanto quelli d'ortodossia comunista son oggi superati e solo chi li ricorda può riviverli con un sorriso. I comprimari son discreti (spicca Ranieri con la sua misura) e fanno valere la sempiterna effervescenza regionalista. Renato, con quell'espressione lunare stampata in faccia, sia egli vittima delle circostanze o rodomonte prevaricatore, merita (crepi l'avarizia) mezza palla in più.
Mischiare temi importanti come la discriminazione omosessuale e la sicurezza sul lavoro a macchiette e a gag più o meno riuscite è apprezzabile e coraggioso da una parte, poco convincente dall’altra. Infatti è un film riuscito a metà. Alcune scene divertono e sono spassose, altre diventano quasi noiose e il ritmo ne risente. Al punto che la pellicola sembra più lunga di quello che in effetti è. Pozzetto fa il suo, Ranieri anche, la Fenech pure (al solito mettendo in mostra le tette e poco altro), ma nel complesso... ni.
Pessimo quadro di un Italia che fu (ma che in parte è ancora), ignorante e carica di pregiudizi: in questo filmetto, con un bel cast sprecato, i gay (tra l'altro solo di sesso maschile!) sono rappresentati come malati dall'atteggiamento e il modo di vestire esagerato che spesso si autodefiniscono "donne". Patetico il sacrificio di Claudio (un convincente Ranieri) con un finale truffaldino che strizza l'occhio ai buonisti. Steno dà un colpo al cerchio e uno alla botte con esiti miseri.
Nulla di trascendentale, anche rivisto dopo tempo; si salva il cast, in forma, ma le forzature sono evidenti e il film, inoltre, non è invecchiato benissimo. Bene le intenzioni di tolleranza e progresso, ma si va poco oltre lo stereotipo e la macchietta; regia solo nella media. Successo non meritatissimo, ma tutto sommato intrattiene e diverte. Fu una sorta di apripista/contemporaneo sullo stile di quelli che interpreterà Calà.
Film godibile e divertente che ci riporta alla vita operaia di fine anni '70. Recitato bene soprattutto da Massimo Ranieri che non cade mai in eccessi e volgarità. Pozzetto naturalmente fa la sua parte e a tratti la sua comicità e mimica sono irresistibili. Se la cava meglio del solito pure la bella Edwige, non solo quando è nuda! Buon esperimento (e riuscito) di Steno che riesci a muoversi con leggerezza tra commedia e diversità sessuale.
Replicato a getto continuo per tutti gli anni '80 e '90, il film di Steno parte da un presupposto non banale, soprattutto per l'epoca, ma non riesce poi a convincere del tutto. Piace l'atmosfera generale di critica alle facciate della società e dei partiti, critica che se non può proprio essere considerata corrosiva è certamente intelligente. In questo contesto stonano quindi un po' certe cadute nella macchietta, forse inevitabili sul finire dei '70 ma che paiono oggi irrimediabilmente invecchiate. Piace il Ranieri composto e azzeccato, Pozzetto qua e là al solito geniale.
Divertente pellicola su un tema all'epoca spinoso dominata da un Pozzetto al massimo della forma e della simpatia, con un Ranieri bravo e in parte e una Fenech radiosa e come sempre efficace anche nell'espressività (come quasi sempre, doppiata a causa dell'accento). Regia funzionale, belle battute e sceneggiatura frizzante in un film costruito per esaltare le doti di Pozzetto. Alcuni momenti davvero fenomenali, un lavoro impossibile da tralasciare per i fan del comico milanese, qui in versione mattatore.
Un operaio milanese e un gay napoletano si incontrano a Roma. Come nelle migliori barzellette stereotipate, il tormentone funziona sempre e dà vita a un revival de La strana coppia con Pozzetto che fa anche una sortita a Vladivostok, visto che il ruolo di ragazzo con la valigia gli si confà. A far da contrappunto, la presenza di Edwige Fenech gelosa che richiama quasi Sofia Loren ma sfoggia un doppiaggio meneghino oltre al solito fisicaccio da spogliarello "come consiglia anche Famiglia cristiana", interrotta però da un gruppo di autonomia operaia in visita di cortesia. Eclettico!
MEMORABILE: La buccia di banana!; Pozzetto col colbacco bolscevico; Quando sbrana il pranzo luculliano; Sempre lui col rossetto; Il tango del Primo Maggio.
Per la prima volta l'omosessualità entra in forma non parodistica all'interno di una commedia all'italiana. Una delle migliori interpretazioni per Renato Pozzetto, un soggetto scomodo che Giorgio Arlorio sa rendere fruibile e al tempo stesso capace di far pensare, grazie anche alla regia impeccabile di Steno. La Fenech decisamente autoironica, anche lei al suo meglio.
Un operaio comunista, dopo aver salvato e poi ospitato un omosessuale genera un mare di pettegolezzi, non solo fra i colleghi. Commedia riuscita, anche se un po' troppo lunga. Le dinamiche non sono banali, anzi. Non risulta nemmeno ipocrita o buonista. Le gag sono riuscite, seppur poche. Personaggi ben delineati. Renato Pozzetto davvero in parte. Mediocre la colonna sonora.
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CuriositàPanza • 5/01/14 22:15 Contratto a progetto - 5247 interventi
LETTURA INVENTATA... Il testo della cartolina che il Gandi (Pozzetto) invia ai suoi amici non rispetta la voce della Fenech che la sta leggendo. Fra l'altro il retro della cartolina si vede per mezzo secondo. Grazie a Ruber per il fotogramma. Questo è il testo molto più lungo che legge la Fenech...
Cari compagni,
questa è la famosa piazza Rossa che per noi comunisti sarebbe come lo stadio di San Siro per i tifosi del Milan. La Russia è una bomba, ve lo dico io adesso che l'ho vista. Ci sono i tassì, le macchine, i blue-jeans, i russi, insomma c'è di tutto. Anche il freddo è una bomba. Qui i gelati non si sciolgono mai, bisogna tenerli in bocca delle ore. Ho visitato le fabbriche, i monumenti, la reggia dello Zar. Qui ho conosciuto un russo che è tifoso della Juve e a casa ha un sacco di dischi di Mino Reitano. Tutti mi domandano dell'eurocomunismo e io gli faccio una pubblicità della madonna. Sono stato a teatro a vedere i balletti, qui la gente preferisce i balletti alla musica rock. Le ballerine del Bolshoi sono bellissime.
...ma la cartolina dice solo:
Mosca 26/4/79
Cari compagni, questa è la piazza Rossa con il Cremlino che è bella come il Duomo di Milano. Ho fatto cinque ore di fila per vedere il Mausoleo di Lenin. Qui a Mosca ci sono tutte le case e molte macchine Fiat. La metropolitana è una forza...
La partita al quale fa riferimento la Gazzetta dello Sport in mano a Pozzetto è Jugoslavia - Italia del 13 giugno 1979, amichevole giocata a Zagabria (unica partita dell'Italia terminata 4-1 a Zagabria) e terminata appunto 4-1. Nei fotogrammi possiamo leggere i seguenti titoli:
"La nazionale ha chiuso la stagione a Zagabria" "I gol li abbiamo presi!" "Le punte azzurre co[omissis] sul crollo di tutta la squadra"
Purtroppo non ho più la registrazione, rimpiazzata dal dvd. La scene censurate in prima serata (finale scena della vasca, Pozzetto che scrive sul muro, lo spogliarello) sicuramente c'erano.
Quando Pozzetto torna dalla Russia ha tra i vari souvenir del paese uno strumento musicale a corda (evidentemente spacciato per russo). In realtà si tratta di un sitar, che è uno strumento tipico dell'India e non della Russia!
Si noti anche come la paletta (la zona cerchiata di rosso) sia proprio quella tipica dei sitar, come si può vedere da quest'altra immagine:
DiscussioneDaniela • 17/02/17 07:17 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Kanon ebbe a dire: Quando Pozzetto torna dalla Russia ha tra i vari souvenir del paese uno strumento musicale a corda (evidentemente spacciato per russo). In realtà si tratta di un sitar, che è uno strumento tipico dell'India e non della Russia!
Si noti anche come la paletta (la zona cerchiata di rosso) sia proprio quella tipica dei sitar, come si può vedere da quest'altra immagine:
Beh, con il nuovo fotogramma del film che hai postato lo strumento si vede più chiaramente che nei due precedenti dove la forma mi aveva tratto in inganno... certo che è un errore grossolano da parte dei "trovarobe" o come si chiamano ;o)
DiscussioneAlex75 • 17/07/18 16:47 Call center Davinotti - 710 interventi
Dengus ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: La targa farlocca VS esiste pure in FICO D'INDIA.
ATTENZIONE....Farlocca nemmeno più di tanto, secondo un DPR del 1977, la progressione numerica delle targhe avrebbe dovuto prevedere un cambio delle lettere per ogni provincia, come fanno in altri Paesi; quindi, per Varese, il progetto sarebbe stato VS, a sostituire il già esistente VA!!Quindi dopo VA 99999 si sarebbe arrivati a VS 000001!! Chiaramente qui il regista ha voluto giocar d'anticipo, anche se alla fine della fiera queste targhe non sono mai diventate Legge, ma potevano diventarlo, quindi farlocche si, ma fino ad un certo punto!!
In questo film ne viene comunque inquadrata una molto bene impressa quando Claudio(Ranieri) è dolorante dopo essere stato pestato dai Fascisti. Chiedo scusa della mia puntualizzazione!:-)
Non sapevo di questo DPR. Pensavo che per le targhe VS (che compaiono anche in Fico d'India) il regista avesse preso lo spunto dalle sue iniziali. Peraltro, Steno ha giocato molto d'anticipo: nel 1979 la numerazione delle targhe di Varese era arrivata appena a 600000.