Il difetto di molti film di Sergio Martino è la mancanza di personalità. Tecnicamente sono spesso ineccepibili, come in questo caso, ma non sempre riescono a trovare gli elementi che riescano a caratterizzarli e farli brillare di luce propria. I CORPI PRESENTANO TRACCE DI VIOLENZA CARNALE mostra la faccia che conosciamo tutti, del thriller all’italiana: ci sono il solito shock infantile, l'immancabile spruzzatina di splatter (la più notevole è l’investimento barbaro di un disgraziato), l'assassino di nero vestito, le telefonate minatorie, le soggettive, la violenza programmatica di ogni omicidio, qualche scena di nudo… Insomma, l'intero campionario...Leggi tutto del genere, compreso il prevedibile finale. Martino la cinepresa sa come muoverla, è indubbio, si lancia anche in inquadrature azzardate, ma non riesce a rendere “vivo” il suo lavoro. E la colpa non la si può dare al cast, che pur non brillando è composto dai tipici “divi” del poliziesco nostrano (Luc Merenda, Suzy Kendall…), che quindi il ruolo lo conoscono. Sarà anche che qui Martino si scrive tutto da solo (soggetto e sceneggiatura sono suoi) a mettere in luce ulteriori limiti nello script, ma a noi in questo caso non resta che apprezzarne lo stile e l’ottima capacità di assemblaggio. Suzy Kendall, per la cronaca, l'avevamo già vista nell’UCCELLO DALLE PIUME DI CRISTALLO, il primo grande spaghetti thriller. Modesto.
Non male. Parte piano, ma quando la scena si sposta da Perugia a Tagliacozzo il film decolla. Martino azzecca un paio di colpi di stile: il brusco stop all'orrore nella casa della mattanza e l'operazione di recupero della chiave si ricordano bene. Fantastico il gineceo. Patrizia Adiutori è stupenda. Gli occhi della Aumont bucano lo schermo e trapassano lo spettatore. E la Brait e la Covello mica sono da scartare... La Kendall convince più qui che con Argento. Scena della chiave e del giornale presa da Grazie zia!
Un giallo molto intenso per l'epoca, che genererà tutta una serie di emulazioni estere (Venerdì 13): il killer incappucciato, i feroci delitti di coppiette in effusioni amorose, l'elettrizzante finale sorretto dalla bravissima (e bellissima) Suzy Kendall. Tutta le sequenza con il testimone imprigionato all'interno della casa sarà citata decine di volte, anche in titoli recenti (Wrong Turn, Alta Tensione, ecc.) Martino firma il suo thriller più efficace e sferra un violento pugno allo stomaco dello spettatore dell'epoca...
Aggressivo.
MEMORABILE: Suzy Kendall assiste, suo malgrado, all'omicidio e successiva amputazione (con sega) di alcune giovani vittime prigioniere nella dimora del massacro.
Capolavoro di Martino, un film di sotterranea ma tenacissima influenza, che esce (con un piede) dai collaudati canoni del giallo all'italiana per contaminarlo con altre atmosfere. Ci sono scampoli di gran cinema (l'inseguimento fra le brume è meraviglioso), un eccellente uso delle locations, il meccanismo di tensione innescato nella villa è ineccepibile, la Kendall bravissima, le attrici bonissime. Ammirevole.
Ottimo giallo martiniano, che unisce mirabilmente gli stilemi di Argento (particolare rivelatore, trauma, armi bianche) con il proto-slasher baviano. Notevole l'omicidio nella palude, in cui il killer sembra svanire sotto gli occhi dell'Airoldi obnubilati dalla droga e, soprattutto, l'intera seconda parte dove, nel chiuso della villa, la tensione raggiunge i massimi livelli. La scena della chiave verrà ripresa, con leggere variazioni, in Gatti rossi di Lenzi.
Ha la fama di essere un capolavoro ma è tutt'altro che tale. Colpa di una sceneggiatura troppo zoppiccante e piena di buchi (specie nella prima parte). Tuttavia l'atmosfera c'è e gli attori anche. Se poi aggiungiamo la raffinata regia di Martino, che riesce miracolosamente a legare il tutto, allora capiamo perché la baracca regga e non crolli inesorabilmente. Col senno di poi potrebbe essere definito un capolavoro involontario, per via di come utilizza una sceneggiatura "a mosaico" tipica dei film di Corman: molte tracce ad effetto, ma sconnesse tra loro.
Giallo all'italiana riuscito solo a metà. Dopo una prima parte scialba e scontata, piena di sviluppi narrativi prevedibili, inizia la seconda parte della pellicola che da sola vale il prezzo del biglietto e che mostra le ottime potenzialità di Martino. Egli, infatti, con grande coraggio stilistico, sceglie di girare una parte di film quasi del tutto muta, cosa assolutamente rara per un giallo, riuscendo a creare una grande, continua e crescente tensione, prima di arrivare allo stupido scioglimento finale. Molto amato e imitato in America.
Il giallo con miglior tensione (costruita scena dopo scena nell'angosciante finale) di Sergio Martino, che rinuncia alla musa Fenech per sostituirla con l'altrettanto valida Suzy Kendall. Ottimo anche il cast di contorno (Alighiero, Aumont, Brait, Richardson e in un ruolo ambiguo Luc Merenda); tra i caratteristi segnalo Giuseppe Terranova (un benzinaio) e Ermelinda De Felice (una contadina). Indispensabile la colonna sonora di Guido e Maurizio De Angelis.
MEMORABILE: Tutti i delitti, tra cui quello nella foresta anticipatore di numerosi slasher americani.
Il miglior film di Sergio Martino insieme a La coda dello scorpione. Film di culto, bellissime ambientazioni tra Perugia, Tagliacozzo, Cascate di Monte Gelato (vedi in alto il relativo "approfondimento") e Orte, stupende donne che non sto qui ad elencare, grandi scene d'omicidio (soprattutto quella nel fango), di grandissima tensione il finale.
Prima parte noiosissima, soprattutto perché i personaggi non hanno spessore, sono carne da macello, perciò la storia non coinvolge e le scene degli omicidi, pur ben girate, restano fini a se stesse. Questo è nella logica dello splatter, ma allora doveva essere tutto molto più violento... Bella la suspence dell'ultima mezz'ora, ma ridicoli lo "spiegone" e la scazzottata finale. Per me, una delusione.
Senza dubbio il migliore tra i gialli diretti da Sergio Martino. Anche piuttosto teso e violento. Bella l'ambientazione umbra, dove un serial killer colpisce tra gli studenti universitari, con l’ultima mezz'ora di primissimo livello, ricca di colpi di scena e di tensione e con Suzy Kendall davvero in gran forma.
Un film dalle belle premesse che, ahimè, non mantiene appieno le attese. Interessanti le location, il modus operandi del serial killer, le musiche, e, fondamentale per il genere, una forte dose di nudo, ma si percepisce che manca qualcosa. In buona sostanza, Merenda, ad esempio, non disdice ma galleggia per tutto il film per, poi, rivelarsi il paladino. Inaccettabile il delirante background foriero di pazzia del mostro, così come la battuta finale della Kendall. Un po' deludente, ma 2 pallette e mezza le merita!
MEMORABILE: La monoespressività, che diverrà marchio di fabbrica, di Crocitti.
Intricato giallo con risvolti mediamente splatter e l'immancabile connubio col sexy. Il film, a mio avviso, risulta troppo macchinoso e complesso e, probabilmente, la mancanza di un attore di rilievo non aiuta molto. Ma il film è pur sempre ben diretto dalle mani esperte di Sergio Martino. Ottime le location, per altro piuttosto variegate, con scorci della nostra bella Italia centrale. Molto sangue e un finale forte. Film riuscito parzialmente, ma ebbe gran consenso in tutto il mondo.
Difetti di questo film: gli effetti speciali. Pregi: tutto il resto. Ottimo giallo di Martino, che vede dei delitti seriali compiuti a Perugia e dintorni. Notevoli ambientazioni, buona recitazione (la Kendall e Richardson in particolare), belle musiche. Finale da brivido: uno dei migliori thriller Anni Settanta!
MEMORABILE: Le bambole orbe, l'handicappato nel pozzo, il maniaco che entra facendosi "precedere".
Quando "guardi" un film te lo devi gustare completamente, lasciarti coinvolgere fin dal primo fotogramma. Il buon regista va valutato in questa opera, senza preconcetti di sorta. Io ad esempio, una volta, giocando a bowling, ho vinto un grande premio. Ora, premesso che sono un pessimo giocatore, devo dire che in quella occasione ho avuto una gran botta di culo. Lo stesso vale per Sergio Martino. Onore al merito: guardando bene si può dire che, nel suo genere, questo film è perfetto!
Film distante anni luce dagli altri firmati Sergio Martino (tranne il discreto La coda dello scorpione). Ottimo esempio di thriller, figlio del suo tempo ma ancora oggi decisamente intrigante. L'ultima mezz'ora è assolutamente una delle più inquietanti mai realizzate ed è elaborata alla perfezione. Senza ombra di dubbio una pellicola da inserire in un'ipotetica top ten dei thriller italici (e non).
Inspiegabilmente assurto a film di culto dagli statunitensi, questo thriller di Martino si allontana parzialmente dai suoi gialli sexy (seppur qualche elemento erotico permanga) per creare un proto-slasher di discreta fattura. Certo, vista l'epoca il film ha i suoi momenti forti in fatto di splatter, ma non raggiunge mai livelli fuori dalla norma. A non convincere però è la sceneggiatura (poco ispirata e con alcuni buchi inspiegabili) e la soluzione finale, davvero poco avvincente. Merenda disorientato, brava la Kendall. Un paio di scene meritano.
MEMORABILE: La camminata nella palude e l'omicidio, unica scena davvero memorabile del film; la Kendall intrappolata in casa col killer.
Un thriller non particolarmente entusiasmante che ha l'enorme pregio di anticipare varie soluzioni visive poi sfruttatissime. La sceneggiatura è davvero poca cosa, fatica a decollare e mal gestisce gli intermezzi ironici o psicologici. Funziona invece la regia, specialmente per le soluzioni sopra citate, ma si tratta di idee che si susseguono senza troppa continuità e che non destano coinvolgimento. Buone dosi di sangue e nudo, ottime ambientazioni, di livello altalenante il cast, scazzottata finale improponibile, musiche deludenti. Così così.
Discreto, con una seconda parte buona, ma penalizzato da una spiegazione finale (con allegata scazzottatura) davvero inaccettabile. Finché l'azione si svolge a Perugia, il film non convince più di tanto, il livello (anche della tensione) sale notevolmente quando le ragazze si spostano nella casa di campagna... poi il finale, come spesso accadeva in questo genere di film, che come già detto è "rovinoso". Rimane sicuramente uno dei migliori lavori di Martino, onesto mestierante ben lontano dall'essere grande regista. Due pallini e mezzo.
MEMORABILE: Il recupero della chiave da parte di Suzy Kendall
Pregevole giallo argentiano che preannunciò con gusto lo slasher che, già una decina d'anni dopo, ebbe una gran diffusione. Girato con un uso ricercato del grandangolo, gode di un'ottima e volenterosa regia e d'un cast femminile di un certo rilievo: bellissima la Covello, maliziose la Brait e la Aumont buonanima, bravissima la pimpante Kendall. La notevole fotografia e l'ottima musica danno una confezione di tutto rispetto; peccato per i pessimi SFX, tallone d'achille dei film di Martino. Eccellenti le tesissime scene finali nella villa. ***!.
Partendo dal titolo, enunciato d'impressione, Martino svolge un lavoro interessante, con qualche pecca a macchia di leopardo. Uno slasher senza dubbio tosto, in particolare nell'ultimo tratto, sostenuto da una storia interessante e dalle potenzialità ulteriori. Non c'è quell'abbandono totale all'ultraviolenza, che forse avrebbe generato un maggior mito, ma il genere è comunque innovativo, anzi sperimentale. Interpretazione sopra la dignità dei ruoli per tutti, con una buona espressione del dolore e della paura, quando necessario. Alla fine, un buon film.
Il primo film italiano che possa fregiarsi della definizione di slasher (stile Halloween o Venerdì 13, per intenderci) è proprio questo: un'opera bizzarra e violenta quanto innovativa, almeno per l'epoca. Ci sono elementi dell'italian giallo, ma in questo caso sono abilmente mischiati alla tensione tipica dello slasher movie, pur senza svilire il risultato finale. Vi sono dei difetti e oggi può apparire un po' datato, ma andrebbe anche visto con lo spirito di allora.
MEMORABILE: Il rumore dei corpi che vengono sezionati che risuona per le stanze.
Sceneggiatura ricca di incongruenze e in particolare i dialoghi gridano vendetta... Ma l'uso della suspense è davvero notevole. Il look dell'assassino (molto più punk dello stereotipo argentiano in trench nero) è davvero un prototipo per gli anni a venire. Colpisce la capacità di creare tensione in location a dir poco squallide (l'omicidio del guardone). Luc Merenda come medico sembra l'omologo maschile di un'infermiera sexy in autoreggenti bianche. Chissà perché umbri e abbruzzesi parlano ciociaro. Tema musicale riciclato in Milano trema.
Uno dei film migliori di Martino. Un giallo ricco di suspence e con inquadrature incentrate al gusto del dettaglio. Il film ha scenografie molto curate e una sceneggiatura efficace pregna di tensione. Le location italiane sono splendide e il cast all'altezza.
Tedioso giallo con poco sugo di Sergio Martino, che punta sul titolo per attrarre spettatori: in verità non si vede molto (ma quel che mostra è piuttosto disgustoso). La tensione latita e Luc Merenda dallo sguardo beffardo non aiuta; alcune scene osè un po' spinte sono fuori luogo. Suzy Kendall si guarda attorno con un'espressione spaventata: come ho fatto a finire in una scemenza del genere?
MEMORABILE: I pantaloni a zampa dell'assassino mascherato (vagamente alla Venerdì 13).
In pieno boom argentiano il poliedrico Sergio Martino firma un altro notevolissimo giallo avvalendosi di un cast femminile di tutto rispetto (Tina Aumont, Suzy Kendall, Patrizia Adiutori, Conchita Airoldi) e dà un ottimo saggio della sua abilità tecnica girando alcune scene memorabili, su tutte la lunghissima sequenza nella villa. Finale un po' tirato via con scazzottata francamente evitabile, ma si tratta di un peccato veniale. Gli amanti del genere non resteranno delusi. Ottime, al solito, le musiche dei f.lli De Angelis.
MEMORABILE: Il recupero della chiave caduta dalla toppa...
Rivisitato come slasher ante litteram e sorvolando sull'ingenuità di certe convenzioni narrative autoctone (l'umorismo greve, la scazzottata finale), il film di Martino è di una bellezza grafica fulminante che ne giustifica il culto conseguito in America. La schematicità del racconto rende desiderabile la morte di ogni personaggio, coreografata in scenari sempre differenti - culminante la sequenza nella palude - mentre il lungo e silenzioso finale monta un'attesa puramente filmica. Zozzissimo e spudorato, con un defilé di attrici in gran spolvero. Adrenalinico lo score dei De Angelis.
Molto particolare come opera, in quanto non emerge come trama e movente dei crimini, ma vince alla grande in curiosità, psicologia, raffinatezza ed estetica. Paesaggistica al top, morbosità fuori dalle righe (esplicitata dalla Brait e dalla Covello e bramata fino all'autodistruzione da Bisacco per l'Aumont), guardoneria con relativi messaggi subliminali, le reazioni incontrollate per un po' di erba, la melma, la nebbia... e su tutto: Suzy che fa da chioccia alle altre tre sprovvedute oltre a fare la studentessa veterana. Al massimo manca davvero poco.
Film interessante per certi versi, portatore di derive sadico-libertine in quantità ma con difetti di assemblaggio. La prima parte appare infatti slegata, indecisa sulla caratterizzazione da dare; l'innesto thriller entra a tentoni e diventa più un voler esibire di tutto un po' piuttosto che la ricerca di qualcosa di solido. Buono l'omicidio nella palude e l'inizio della mattanza finale. Due palle e mezzo.
La cura dell'espressione estetica da parte di Martino è veramente notevole. Sia le scene di tensione che i momenti più forti - gli omicidi e le "affettature" - sono trattati in maniera egregia. L'espressione contenutistica affonda le radici nel sempre solido tema del trauma infantile. Ma se devo fare un bilancio devo anche metterci che gli attori non hanno il giusto spessore (salvo solo la Kendall) e che il finale, momento più atteso, finisce con una banale scazzottata. Le musiche dei De Angelis non adersicono molto al film. Buonino.
Sergio Martino super in questa pellicola che è una specie di preludio al genere che verrà conosciuto come "slasher". Ci sono tutti gli elementi tipici di film cult come Venerdi 13 o Halloween: l'assassino mascherato, un investigatore che gli dà la caccia, vittime smembrate e sangue a litri. Bella l'ambientazione a Perugia in cui in un intricato giallo ci viene mostrata una storia ricca di colpi di scena e di splatter. Ottime le scene finali che ci trasmettono l'ansia di una delle ragazze, fino alla cruda spiegazione finale.
MEMORABILE: Il flashback dell'infanzia dell'assassino.
Dicotomico thriller di Martino, che ad una prima parte nella quale paga il fio, evidentemente, a produttori, pro loco e pubblico, con una sovraesposizione sostanzialmente gratuita di bellezze locali e nudità muliebri, fa seguire una seconda metà nella quale a prevalere è il suo animalesco istinto cinematografico, capace di alternare delirante violenza pro-filmica e pura suspense. Altra deleteria scissione è quella tra il formidabile cast femminile (la Kendall mai così intensa e Tina cerbiatissima) e un moscio reparto virile (Merenda c'entra come i cavoli).
MEMORABILE: L'assasinio tra nebbia e fango; L'ellissi tra ingresso in villa del serial killer e visione della strage attraverso gli occhi della Kendall; La bambola.
Pellicola interessantissima del mestierante Sergio Martino, regista che ha frequentato tutti i generi possibili con discreto mestiere. Assolutamente memorabile in quanto è il primo esempio di slaher movie italiano e non. Gli omicidi sono frequentissimi, realizzati con discreto mestiere e la tensione parte bassa per poi salire definitivamente nell'ultima mezz'ora. Le musiche a firma De Angelis sono davvero azzeccate e commentano il film adeguatamente. Forse Luc Merenda doveva essere usato meglio (un po' spaesato). Comunque da vedere!
MEMORABILE: Il killer nella nebbia; La chiave sul giornale; Le sevizie sui corpi.
Se si sorvola sui buchi di sceneggiatura e gli effetti speciali così così, sul personaggio (quasi muto) di Merenda, sui siparietti comici attaccati con lo sputo, si può apprezzare un tipico giallo settantiano condito di nudi femminili, morbosità spicciola e qualche sequenza condita di buona tensione (nella palude, sola nella villa); la Kendall fa la sua parte come di più famosa e argentiana memoria, le altre sono letteralmente bambole di carne offerte alla visione dell'assassino e degli spettatori.
Martino confeziona un ottimo prodotto, a metà tra Argento e lo slasher puro. C'è il sadico assassino mascherato, ci sono i delitti efferati, i nudi femminili, un finale di forte intensità e anche la figura del colpevole, spinto al delitto dalle consuete turbe psichiche, viene raffigurata meglio di altre volte. Merenda più legnoso del solito, la più brava del lotto è la Kendall, le più belle la Adiutori e la Covello. Cornice umbra ben valorizzata dalla fotografia di Ferrando, musiche adeguate dei De Angelis.
Martino presenta un giallo semplice ma ben strutturato con una serie di papabili colpevoli, come nella migliore tradizione, e inserendo una nutrita esposizione di bellezze femminili per lo più destinate, tranne la Kendall, a mostrare le proprie grazie. Merenda ha un ruolo secondario, sia pur determinante. A completare il quadro, lievi accenni alla gioventù libertina dedita all’uso di droghe e all’amore libero e saffico.
MEMORABILE: Memorabile la macellazione delle vittime.
Splendido e coinvolgente, nonché il miglior film di Sergio Martino. Un ottimo giallo dal sapore argentiano ben confezionato e dalla suspance davvero notevole, così come notevoli sono i nudi femminili e alcune sequenze, davvero magistrali (specie quella nella villa). Solo il finale non è all'altezza, ma va bene così. Bravissima la Kendal, Merenda non funziona più di tanto, mentre se la cava molto meglio Richardson. Ammalianti la Aumont, l'Adiutori e la Covello. Non male le musiche dei De Angelis, location interessanti. ****
MEMORABILE: La macellazione delle vittime; L'omicidio nella nebbia; Le bambole orbe; Il flashback dell'infanzia dell'assassino.
Discreto thriller italico con location perugine e una valida dose di tensione morbosa, nonostante il finale tirato via e una prima parte interlocutoria. Qualche delitto efferato e qualche fugace nudo rendono la narrazione dignitosa. Brava la Kendall, lievemente sottotono Merenda.
Partendo dal presupposto che la sceneggiatura non è certamente all'altezza, come in quasi tutte le pellicole di Martino, tutto il resto del film funziona alla grande. Le inquadrature sono eccezionali, la musica dei fratelli De Angelis è di altissimo livello e tutta la seconda parte del film rappresenta una delle pagine più gloriose del cinema thriller italiano degli anni settanta: infatti, dal momento in cui le ragazze si trasferiscono nella casa in montagna (location fantastica), la tensione sale e le scene da ricordare sono davvero tante.
MEMORABILE: L'assassino che posa la chiave sul giornale.
Giallo di Sergio Martino dal titolo poliziesco che contiene tutti gli ingredienti necessari a una buona riuscita. La suspense non manca, belle le soggettive, le uccisioni e relative mutilazioni; i nudi che abbondano sono quelli delle studentesse, compagne di università della protagonista Suzy Kendall, che insieme a Luc Merenda sono il pezzo forte del cast. Pur mancando di una trama molto originale la pellicola si segue fino alla fine con interesse. Bella la location, musiche poco originali ma funzionali.
Ben diretto, con attori forse con trucco eccessivo da fotoromanzo, il film regge piuttosto bene la tensione anche se, per gli anni in cui è stato prodotto, lascia a desiderare sugli effetti. Si ammira la fotografia, cupa e a tratti addirittura poetica (le sequenze del bosco all'alba con la nebbia che pare naturale), per non parlare del montaggio che raggiunge il suo punto più alto nella sequenza dell'esecuzione del merciaio con l'auto. Anche se il debito verso Argento è evidente nel finale, è un film che si può vedere.
Considerato in America un precursore degli slasher alla Venerdì 13. Gli ingredienti ci sono tutti: quattro belle studentesse dell'Università di Perugia si rifugiano in una villa inseguite da un misterioso serial killer. Solo Suzy Kendall si salva. Come suo solito il regista romano inserisce scene di sesso, a partire dai titoli di testa e piazza alcune efficaci scene di omicidio.
MEMORABILE: L'omicidio di Cristina Airoldi nel bosco; La chiave che cade sul giornale.
Interessante, specie nella (lunga) parte finale, dove tutto il pathos si concentra nel rapporto a distanza ravvicinata tra vittima e carnefice all'interno di un casale. Per il resto il plot sembra un po' stiracchiato, al pari della recitazione del cast femminile (sempre sorridente a dispetto delle compagne via via uccise...). In ogni caso il regista ci mette impegno e idee e il giudizio complessivo è positivo. Intensa anche la colonna sonora (firmata De Angelis).
Martino prende tutti i canoni del giallo all'italiana, li fonde assieme e prepara un prodotto in qualche modo originale, sia come ambientazioni che come tematiche slasher. C'è molta morbosità tipica del cinema del periodo, nudi di un cast femminile pieno di donne stupende, la crudeltà e la suspance. Il film non è giocato su di una trama complicata ma lineare e viene dato spazio all'azione e alla tensione. In questa eccelle la seconda parte del film, quella giocata nella villa, con la Kendall che si nasconde al crudelissimo assassino.
MEMORABILE: La scena dell'omicidio nel bosco; La Kendall e l'assassino dall'altra parte della porta.
Martino si affida ai corpi delle succose protagoniste per tirare avanti la prima parte, volontariamente interlocutoria; un pretesto drammaturgico per far risaltare la tensione dell'ultima mezz'ora, pregevole per la carica di sadico voyeurismo offerta allo spettatore. Peccato che il finale scazzottato depotenzi il lavoro pregresso (per tacere degli esili flashback buoni per motivare la psicopatia del killer). Fastidiosi alcuni inserti provincial-pecorecci. Solo lodi, invece, per gli sguardi della Aumont.
Sorprendente lavoro sul genere di un Martino in stato di grazia che, partendo da un canovaccio da giallo italiano “classico”, lo arricchisce con generose dosi di erotismo e nudità (formidabile il gineceo a disposizione) per poi traghettarlo a un finale proto-slasher di formidabile coinvolgimento e intensità. Nonostante alcuni difetti veniali (alcuni “spiegoni”, qualche momento di humour forzato, comunque poca roba) e nonstante il titolo cialtronesco, si è al cospetto di uno dei migliori e più intriganti esemplari di giallo all’italiana.
Uno dei migliori thriller di Sergio. La location umbro/laziale è azzeccata, il cast femminile meglio di un Playboy dell'epoca, la scena della palude rasenta la perfezione visiva e stilistica. Un film che ha davvero pochissimi difetti e nella bellissima versione in blu-ray è possibile goderci a pieno luci e colori molto pop.
Classico thriller all'italiana, con diversi momenti splatter da evitare per i deboli di stomaco. Parte a rilento, con una prima parte piuttosto noiosa, ma si rifà con un secondo tempo teso e ai limiti dell'orrore. Nel cast buona la prova della Kendall su tutti, mentre mi è parso piuttosto spento Luc Merenda. C'è anche un giovane Vincenzo Crocitti, in una piccola parte. Nel complesso un film riuscito.
MEMORABILE: La Kendall in casa, infortunata, osserva l'assassino all'opera.
A Perugia, un misterioso killer fa strage di belle studentesse straniere, impiccioni e malcapitati. Quattro fanciulle cambiano aria rifugiandosi in un casale di campagna ma... Celebre come uno dei precursori dello slasher, il film di Martino non è certo esente da difetti: come giallo zoppica, la prima parte è noiosa e divagatoria (eccetto un bell'omicidio in palude), la prestazione del cast modesta (nudi femminili a parte, che avranno i loro estimatori). Al contrario, l'ultima mezz'ora quasi priva di dialoghi è ottima per ritmo e suspense, tanto da giustificare ampiamente la visione.
Il ferocissimo thriller sessuofobico di Sergio Martino. Uno degli esempi di magnificenza nella cinematografia italiana degli anni 70. Morboso, sadico e con una straordinaria sequenza da vero cinema dell'orrore: l'efferato omicidio nella nebbiosa palude. Finale adrenalinico e splendida la fotografia curata da Giancarlo Ferrando. Da vedere più e più volte.
L'inizio è un po' confuso e pasticciato, ma poco a poco il film decolla e Martino (abituato a ben altro genere) dimostra di saper padroneggiare bene tensione e paura. Tutta la lunga parte finale con la protagonista chiusa nella villa è magistrale, mette angoscia e fa perdonare qualsiasi faciloneria mostrata nella prima parte. Abbastanza cruenti gli omicidi, scontata però l'identità dell'assassino. Buona la colonna sonora.
La maggiore curiosità, nel vederlo oggi, è l'ambientazione negli stessi luoghi che oltre trent'anni dopo sono stati teatro di uno dei più controversi fatti di cronaca nera degli ultimi decenni. Tecnicamente inappuntabile, soffre di un'accentuata dicotomia fra la prima parte, dove si delineano con scarsissima credibilità i personaggi e abbondano i buchi di sceneggiatura e la seconda con la Kendall in balia dell'assassino nella villa isolata. Spiegone finale irricevibile come di regola. Cast femminile di gran lusso, in testa la mitica Tina.
MEMORABILE: Il droga party nel capannone abbandonato e il successivo omicidio dell'Airoldi nella palude; La Kendall che al risveglio scopre la strage.
Buono anche se imperfetto thriller all'italiana, passato alla storia per i suoi elementi proto-slasher che indubbiamente hanno influenzato molti registi d'oltreoceano. L'erotismo malato e la violenza brutale (non resa nel migliore dei modi a causa di effetti speciali scarsetti e mostrati con una certa vergogna) lo segnano come uno dei più significativi esempi di quel cinema morboso e crudele che il nostro paese un tempo forgiava fieramente. Ottima la seconda parte con la Kendall intrappolata in casa insieme al killer. Finale un po' sottotono.
MEMORABILE: L'omicidio della ragazza alla quale vengono cavati gli occhi; L'assassino inconsapevole della presenza della Kendall che fa a pezzi le sue amiche.
Uscito negli Stati Uniti col titolo “Torso” a riflettere l’abitudine dell’assassino di segare le vittime, il film è composto da due tronconi. Prima parte (un po’ caciarona) set up universitario con presentazione dei personaggi. Seconda parte (eccezionale) proto-slasher con vittima asserragliata in casa di campagna in compagnia dell’assassino. Thriller all’italiana ai suoi massimi livelli di cui restano impressi i nudi squisitamente vintage, la fotografia pop, gli artigianali effetti splatter e, immancabile, l’efficace colonna sonora.
MEMORABILE: Il contadino che, doppiato con accento umbromarchigiano, dice all’ispettore di aver trovato i cadaveri perché era "andato a cacare all’aperto".
Si scrive giallo, si legge slasher (o qualcosa che ci assomiglia molto). Sanguinosa e feroce pellicola di genere di Martino, che rinuncia all'analisi psicologica dei suoi personaggi (il movente del colpevole non è un vero movente) per puntare tutto sulla crudeltà dell'azione: ne scaturiscono i quaranta minuti finali, notevoli anche per l'isolamento della locus amoenus in cui si susseguono gli omicidi e per la scelta di ambientare il grosso della narrazione alla luce del sole (una luce che, anziché confortare, disturba ancor di più).
Film precursore, con pregi (nello stile) e difetti (nella trama) che rivedremo successivamente in altre pellicole di genere. La confezione è eccellente: buona la mano in regia, ottime la fotografia e la gestione della mdp, stupende location ben valorizzate. La prima parte, più lenta, poggia sul (delizioso) versante femminile del cast; si decolla però nella seconda, innestando la componente thriller/morbosa e mantenendo alta la suspense. Finale affrettato e un movente che lascia perplessi.
Sopravvalutato thriller italiano che ha più di una lacuna. Innanzitutto certi personaggi vengono presentati con un certo vigore (lo sbirro Luciano De Ambrosis) salvo poi sparire inspiegabilmente dalla scena, mentre tutta la parte finale con la Kendall sola nella villa tende a prolungarsi un po’ troppo, il che va a depotenziare notevolmente la suspense, facendo serpeggiare il tedio. Certo, il livello di violenza – per l’epoca – è piuttosto alto e alcune scene sono indubbiamente riuscite, ma resta un film che non convince del tutto.
Un’opera non proprio esente da difetti, in particolare a livello di scrittura e non perché la sceneggiatura di Gastaldi sia deprecabile. La prima parte appare poco quadrata e con qualche vuoto di troppo, mentre bisogna attendere che la vicenda si sposti dentro la magione per entrare veramente nel vivo. All’interno della casa si crea una discreta suspense e l’efferatezza di alcuni omicidi permettono a Martino di cavarsela discretamente, nonostante la gestione dei tempi non sia sempre ottimale e l’estetica predomini sui contenuti.
C'è poco da fare, i gialli negli anni '70 li sapevamo fare. Anche questo film, pur con i suoi difetti, cattura lo spettatore sino al finale. La prima parte in realtà è piuttosto noiosa, poi il film va a migliorare sempre di più sino all'ultima mezz'ora, in cui la tensione si taglia veramente a fette e subentra il mestiere del grande Sergio Martino. C'è qualche momento di stanca e qualcosa di scontato, ma resta un buonissimo esempio del genere. Ottima la fotografia. Da vedere.
Bella ambientazione umbro-abruzzese. La prima parte si svolge a Perugia tra studenti d'arte provenienti da tutte le parti del mondo e viene chiamato in causa anche il pittore Perugino. La seconda è più provinciale ma presenta le situazioni più riuscite alla villa, con le ragazze protagoniste in balia dell'assassino. Non male i delitti, soprattutto la donna uccisa nella palude e le varie scene di violenza all'interno della villa. Poco appropriato il titolo, però in sintonia con l'erotismo tipico dell'epoca.
Una delle punte del giallo all'italiana, ispiratore del filone slasher "giovani e chiusi in una casa sperduta". L'ambientazione perugina in un ambiente studentesco internazionale è particolarmente azzeccata, così come incredibilmente le scene erotiche sono non solo riuscite, ma anche funzionali, con le ragazze che vivono il loro corpo camminando tre metri sopra il bigottismo di paese. Se si perdona qualche difetto (alcuni effettacci, le botte finali...) rimane un ottimo thriller, con punte d'angoscia indimenticabili nella villa sulla rocca.
MEMORABILE: L'omicidio nella palude; Le scene in villa, prima e dopo il fattaccio.
Uno dei gialli meno convincenti di Martino, che si salva soprattutto grazie alla lunga lotta finale fra l'assassino e la Kendall barricata in camera. La prima parte però è davvero poco incisiva (la polizia che chiede di segnalare chiunque indossi un foulard rosso è paradossale) per quanto - come sempre - ben girata. La Brait, già abbastanza nuda nelle Strane gocce, qui è addirittura protagonista di una audace scena lesbo. Simpatici i dialoghi in perugino relativi alle ragazze, un po' sottotono gli Oliver Onions. Non male.
Ottimo esempio di cinema di genere, particolarmente apprezzato anche oltreoceano, da parte di un regista che ha percorso tutti i sottogeneri dell'epoca, sempre con stile proprio. Tensione ed erotismo sono ben dosati e nella seconda parte, caratterizzata dalla splendida ambientazione nella villa isolata in cima ai monti, si sconfina nello slasher più duro. Molto buono anche il variegato cast femminile, anche se purtroppo la Kendall, ovvero la migliore, è l'unica che non si spoglia.
MEMORABILE: L'omicida alle prese con la dissezione dei cadaveri col seghetto.
Clima morboso, omicidi efferati, un serial killer crudelissimo e dal look quasi punk, location originali e un po' di “Sic transit gloria Lesbi” sono (probabili) motivi del successo del film (tra i primi slasher) anche all'estero. Ma anche una magistrale tensione nella seconda parte, un ottimo uso della mdp e qualche scena di grande virtuosismo (l'omicidio nella palude) rendono il prodotto assai pregevole. E poca importa per il plot giallo fiacco, l'identità del colpevole intuibile, il cast modesto (brava la Kendall) o qualche caduta nella caciara (la scazzottata). Buone le musiche.
MEMORABILE: La lunga scena nella palude; Il sordido ambulante di Colli e la sua fine; Le location perugine; La bellezza delle attrici; Il lungo climax finale.
Più che l’ingranaggio ad eliminazione del tipico thrilling, a battere sul nervo scoperto è il viaggio che Sergio Martino fa sia nella psicosi del trauma infantile, sia nella fenomenologia dell'ossessione erotica. Ed ecco quindi una sorta di decomposizione formale del genere, volgare, chiassosa, brutale e moralmente angosciante. Ambigua e virginale Tina Aumont.
In un ateneo perugino si aggira un killer di studentesse. Thriller condito da varie nudità in cui il trauma infantile si scontra con la sfrontatezza settantiana. Niente di originale: Martino propone delle idee registiche di livello e mantiene la tensione escludendo le musiche. Per la risoluzione del caso il colpevole è intuibile (dopotutto restano in due). Conclusione senza spunti particolari, che ricalca il trauma iniziale.
MEMORABILE: L'uccisione nel fango; La testa sfondata; Lo zio ambiguo.
A Perugia viene brutalmente uccisa una coppietta appartata in macchina da un assassino con il volto coperto. Quando un'altra ragazza viene assassinata in un bosco, pare immediato un collegamento tra i delitti. "I corpi presentano tracce di violenza carnale" non solo non è affatto male come giallo all'italiana, ma è una pellicola importante anche dal punto di vista dell'horror, essendo il precursore di molti slasher che nasceranno di lì a poco.
MEMORABILE: Lo smembramento dei corpi con il seghetto sotto gli occhi della Kendall.
La premessa è buona. Scene erotiche a parte il film sembra inizialmente aver preso la strada di uno splatter godibilissimo condito con giovani fanciulle destinate alla morte e germinali elementi di giallo. Ma già si avverte che qualcosa manca e che qualcos'altro è di troppo: la regia sembra aver paura di indugiare sulle scene più violente, disfando così la tensione creata e punta più del dovuto sulle scene erotiche cui si accennava. Di certo non sembra il massimo come inizio, ma riempie di speranze. E invece... nella seconda metà degenera in un giallo sempre più sterile. Deludente.
Film reso celebre negli USA dal fatto di essere stato proiettato insieme a Non aprite quella porta. È in ogni caso un buon prodotto, forse il migliore di Martino, sulla falsariga del più celebrethriller fulciano in cui la suspense per la scoperta dell'assassino si lega a qualche momento splatter e a una minima aura erotica. Prima parte ambientata a Perugia, sfruttandone il lato gotico, seconda in ambiente claustrofobico (la villa) che anticipa un cliché di tanti horror successivi. Prove attoriali agevolate da una sceneggiatura scabra di parole e tesa a massimizzare i tempi di azione.
Giallo di Martino (ma di fatto è un pre-slasher) che rappresenta uno dei punti più alti, per il regista romano. Martino mostra di saper usare la mdp tra soggettive e grandangolo, prende uno stuolo di belle fanciulle e le mostra praticamente sempre nude, alterna sesso a qualche scena di sangue e a qualche trivialità che riesce tutto sommato a strappare un sorriso. Non mancano ottime intuizioni e un paio di trovate indubbiamente da ricordare. Peccato per il finale. L'intreccio funziona ma ci vuole poco (per esclusione) a capire chi sia l'assassino e il movente è banale.
MEMORABILE: L'omicidio nella nebbia.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Mi sembra che questo sia l'unico film in cui il Castello di Corcolle si presenta con le arcate accanto all'ingresso murate.
Negli avvistamenti successivi l'ingresso recupera il suo aspetto tradizionale con triple arcate aperte. Chissà se è un artificio scenografico e per quale ragione.
DiscussioneZender • 4/04/20 08:48 Capo scrivano - 48440 interventi
O magari stavan facendo dei lavori di ristrutturazione, dentro, chissà...
Il meccanismo della chiave recuperata (con aiuto) grazie al giornale è preso di peso daGrazie zia (1968), film del quale mostriamo sotto il fotogramma.
Il meccanismo è il seguente: 1) la persona chiusa in una stanza infila uno strumento sottile nella serratura per far cadere la chiave all’esterno; 2) fa passare sotto la porta un foglio di giornale, sul quale far cadere la chiave, per poi recuperarla; 3) la chiave cade, ma oltre il giornale; 4) la persona all’esterno prende la chiave e la mette sul giornale, per fare sì che l’altro la possa recuperare senza che l'altro sappia dell'aiuto.
DiscussioneFauno • 9/10/23 17:57 Contratto a progetto - 2749 interventi
SPOILER
Se per violenza carnale intendiamo lo stupro allora ok, ma se coinvolgiamo l'affossamento digitale dei globi oculari, almeno nei primi omicidi, allora il titolo ci sta tutto. E poi chi dice che nel triplice omicidio non si sia divertito ad ampio spettro d'azione...
Se per violenza carnale intendiamo lo stupro allora ok, ma se coinvolgiamo l'affossamento digitale dei globi oculari, almeno nei primi omicidi, allora il titolo ci sta tutto.
Non entro in dettagli da esame di Medicina Legale, ma quella non è violenza carnale. Il titolo viene preso da una battuta del film (senza il NON), se ben ricordo, in cui si usa l'espressione nel suo significato reale.