Alvise è il ribelle rampollo di una famiglia di industriali. Affetto da una paralisi (psicosomatica?) è affidato a una piacente zia dottoressa, con cui Alvise instaura un rapporto morboso... Samperi al debutto, un simil-Pugni in tasca efficace per l'atmosfera di malata sensualità, per l'interpretazione formidabile di Lou Castel (odiosissimo), e con tutti i vezzi del cinema sessantottardo che amiamo nonostante le ragnatele. Pezzo immancabile in una rivisitazione del cinema dell'epoca.
MEMORABILE: Lou Castel gioca coi soldatini sulle note di una delirante canzone sul Vietnam di Sergio Endrigo e Morricone!
Ribellistico e morboso, ben reso dai volti-simbolo di Lou Castel e Lisa Gastoni, impegnati in continui giochi erotici. All’epoca trasgressivo, oggi appare assai datato, anche per la costante monotonia di fondo; ma lo stile di Samperi è colto e il film è capostipite del filone intellettuale-antiborghese. Musiche di Ennio Morricone, con cori di voci bianche che anticipano quelli di Chi l'ha vista morire?.
E chi poteva essere, se non il detentore d'una mente proiettata parecchio oltre i limiti moral-cattolicheggianti (e bigotti assai) d'un periodo censorio (pur se in pieno clima '68) a concepire un titolo che è fondatore di una lunga sequela (destinata a raggiunger l'apice sulla metà del decennio successivo) di pellicole circonvicine (quando non affondate) nel tema dell'incesto? Caposaldo (pur datato) di un genere, reso imbattibile per la buona prestazione degli attori (la conturbante Lisa Gastoni) e per la "straniante" polemica antiborghese.
Discreta pellicola in bilico tra influssi sessantottini e dramma erotico/morboso. A tratti noioso, a tratti intrigante, ben diretto ma piuttosto irrisolto, trova i suoi maggiori punti di forza nei due ottimi protagonisti (la Gastoni e Lou Castel) e nella notevolissima (e assolutamente inventiva) colonna sonora di Morricone. Piuttosto datato, ma si può vedere.
Svogliato rampollo affetto da paralisi psicosomatica viene affidato alle cure di una zia piacente: il tutto culminerà non in eros ma in thanatos. Sebbene l'inizio incerto possa far sospettare l'operetta erotico-manieristica, il film recupera ampiamente nella seconda parte con la descrizione di una borghesia dominata da pulsioni autodistruttive. Da segnalare la colonna sonora firmata da Morricone, quasi da musicarello, incredibilmente beffarda.
Exploit del padovano Samperi; a starci attenti si capisce dove sarebbe andato a parare. Il film, documento d'epoca, è invecchiato abbastanza anche se rimpiango certe arditezze che all'epoca erano quasi cosa comune. Più che la polemica sessantottina e derivando da Pugni in tasca, Samperi focalizza la storia di un rapporto a due anomalo. Il film è illuminato dagli ochi straordinari della Gastoni, peraltro brava. Castel consolida il suo personaggio di ribelle impotente. Fa strano sentire le verbosità di Ferzetti.
MEMORABILE: Castel fa strage di Vietcong giocattolo col sottofondo di una bella canzone politica dell'Endrigo "guevariano"; La musica di Morricone, inesauribile.
Lugubre fim musicatissimo (ottima e invadente colonna sonora), luna di fiele tra zia piacente e compiacente e nipote finto paraplegico che usa la sua sedia a ruote come arma nella sua personale guerra. Guerra contro il suo mondo già piccolissimo, che sempre più si restringe, guerra dalla quale spera di uscire sconfitto, dopo aver vinto giusto qualche battaglia, finta come quelle dei soldatini giocattolo. Si capisce l'importanza che ebbe ai suoi tempi: ben costruito, giustamente sopra le righe, ma, nell'insieme, manieratamente contestatario e irrisolto in certi snodi.
MEMORABILE: Alvise alla sua sedia a rotelle: "Faremo grandi cose, insieme, bella mia!"
Il serpentino, capriccioso, impertinente Alvise e l'annoiata, sensuosa, protettiva Lea reagiscono alla fissità borghese che li circonda, instaurando un rapporto ludico-erotico che non può che consumarsi sotto l'ala di Thanatos. Dotato di una genuina carica politica, il film di Samperi funziona a tutt'oggi come ritratto impietoso e sentito di due "vittime" della noia e del malessere sociale. Castel ricalca il suo Alessandro de I pugni in tasca. Funzionali le neniose e bambinesche note di Morricone.
Autoconfinatosi su una sedia a rotelle per sancire il suo disprezzo verso il mondo, Alvise riverserà nella relazione con la zia le sue pulsioni di vita e morte. Sintomatologico: perché della somatizzazione del disagio esistenziale il film definisce innanzitutto le apparenze senza preoccuparsi di conferire al protagonista un corpo motivazionale coerente. Ne deriva un vago senso di gratuità. Tuttavia, dopo un avvio incerto ed episodico, Samperi costruisce con vigore la relazione incestuosa, e riesce a erotizzare le aberrazioni familiari senza indulgere in facili estetismi. Musiche stranianti.
Nonostante gli anni trascorsi dall'uscita di questo film, è notevole come ancora funzioni il lato erotico-trasgressivo di questo rapporto incestuoso che non si finalizza con il sesso, bensì con la morte. L'interpretazione riuscitissima della Gastoni e di Castel, più alcune chicche di critica sociale nei confronti della borghesia e della guerra in Vietnam, ne fanno un piccolo capolavoro del suo genere.
Conturbante ancor oggi l'esordio di Samperi, con una Gastoni perfetta nella parte della procace zia che avvolge il nipote (ottimo anche Castel finto paraplegico) in una spirale di sesso (mai consumato) e di morte. Incomprensibili i titoli di testa che fanno pensare erroneamente ad un filmetto leggero e notevole la somiglianza della Gastoni di allora con la Bellucci di oggi.
Una soundtrack ipnotica, un bianco e nero suggestivo, una storia autentica. Samperi, evidentemente attratto da certe tematiche incestuose, visto lo spazio a queste dedicate nella sua filmografia, realizza un'opera venata da una strana melanconia. La regia fredda e asettica riflette lo stato d'animo del protagonista immobilizzato su una sedia a rotelle come le sue da troppo tempo sopite pulsioni. La Gastoni brava, perfettamente calata nel ruolo. Lo scandalo è nella testa di chi lo recepisce. Ottimo.
Scopiazzatura dei Pugni in tasca, con tanto di superficiale simbologia esibita: il figlio della buona borghesia, ribelle e paralitico, replica stancamente una quasi inattuale rabbia generazionale. Al primo tempo dimostrativo ne segue uno che vira sul gioco morboso della sadica seduzione della zia, più originale e potenzialmente interessante. A rimanere è soprattutto l'insinuante musica di Morricone (c'è pure una filastrocca vietnamita!), qualche scena (la stupidella che canta con ritmo beat “Auschwitz” di Guccini) e una bella eleganza formale.
A parte la splendida colonna sonora, è lampante la dimostrazione che le emozioni sopite troppo a lungo da logica, raziocinio o educazione, scoppiano tutte in una volta e possono far compiere o accettare giochi non solo erotici fino a poco tempo prima ritenuti inconcepibili. La parte del leone è della Gastoni, nell'ultima mezz'ora, ed è sensazionale, in quanto ci ripete, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che è sempre la componente femminile della coppia a lanciarsi, ad andare oltre, a dire l'ultima parola; perfino in situazioni che rasentano l'incesto...
Dramma iintellettual-borghese in cui si avvertono latenti pruriti erotici. Colonna sonora importante e confezione inquieta. Sfolgorante la Gastoni e cinicamente disturbato Castel. Bello il clima sessantottino che emerge nel colloquio durante il pranzo.
Un po' film con velleità politico sociologiche, un po' opera appartenente al filone erotico/morbosa, l'esordio di Salvatore Samperi non è invecchiato benissimo. La prima parte in particolare appare estremamente velleitaria e noiosa. Un po' meglio la seconda, dove viene maggiormente valorizzato (anche per la bravura indubbia dei due protagonisti) il "duetto" tra i personaggi principali. Nel complesso poco originale.
Inizia come un mesto dramma di tragedie familiari piccolo-borghesi (come si diceva una volta), impersonate dal finto malato Alvise, per poi abbandonare il discorso sociologico e calarsi sempre più nella deriva regressiva e autodistruttrice dei due pur bravi protagonisti. Al di là della visualizzazione morbosa e insistente, c'è forse un film contestatore, che però rimane indeciso, come la fotografia grigia e mesta con cui è realizzato. Fece comunque epoca. Finale interessante.
Opera prima di Samperi, che si ispira chiaramente a I pugni in tasca di Bellocchio, che evidentemente ammira. Non a caso il protagonista è il medesimo: Lou Castel, anche qui in una buona prova attoriale (anche se le movenze sono praticamente identiche a quelle utilizzate nel film del regista piacentino). Lisa Gastoni, nel ruolo della zia, è una presenza conturbante. Nel complesso una pellicola godibile, per certi versi inquietante.
MEMORABILE: Tutti gli incontri amorosi tra zia e nipote.
Forse va qui ravvisata l’inconsapevole madre della commedia sexy 70’s, della quale l’opera sembra avere 3/4 dei geni, con un bell’occhio di riguardo per parte paterna, tra pugni (chiusi) fuori dalla tasca e l’incesto quale pretestuoso viatico di teoremica contestazione. Il gioco funziona proprio in virtù del corto-circuito dato dallo scontro di atmosfere torbide e insieme troppo implosive per sfociare nello scabroso, e un sottotesto politico grigliato da una bunuelite che ne trascende e al contempo raddoppia l’epocalità. Più che per propulsione drammaturgica, funziona per la calcolata ambiguità.
Molto datato e non solo per un cambiamento della morale. La storia, vista ora, fa sbadigliare in molte sue parti ma chiaramente a suo tempo aveva altro spessore. Viene ben sorretta dalle buone interpretazioni del cast: la Gastoni è bellissima e austera, Castel semplicemente (e volutamente) insopportabile. Le musiche di Morricone sono talmente inadeguate da farle apparire (d'altra parte come metterlo in dubbio?) fantasticamente (e volutamente) poco aderenti. Si lascia vedere ma, privato della sua spinta trasgressiva, è poca cosa.
Samperi inaugura il suo stile personale realizzando una commedia amara e controcorrente in cui la pazzia, frutto malato di una borghesia capitalista, sembra non avere riscatto alcuno. Ricordato più per le situazioni erotiche, il film è in realtà ben altro, regalando alla bella e capace Lisa Gastoni un posto fra le stelle del cinema. Soffocante e difficile da seguire, si lascia vedere per le innegabili intenzioni politiche.
Il 17enne Alvise ha problemi di deambulazione e la madre ritiene che mandarlo dalla sorella Lea, una dottoressa, possa fargli bene. Samperi esordisce con un film in tema con gli ideali di ribellione di quel periodo, che contiene diversi riferimenti di analisi sociale e psicologica. Il gioco che si instaura tra la zia e l’astuto nipote va oltre le tentazioni erotiche e mostra come il condizionamento psichico origina solo sentimenti contorti. Brava Lisa Gastoni in un ruolo impegnativo. Musiche di qualità firmate Morricone.
Sulla scia di Bellocchio, contro la famiglia tradizionale (e non solo), senza averne la capacità dissacratoria, ma non privo di fascino. Il protagonista (l'ottimo Castel) rifiuta proprietà e potere che la vita gli offrirebbe (sorride convinto solo una volta, nel finale). La Gastoni (che resterà poi imprigionata dal ruolo) psicanalista tutt’altro che acuta (direi in dose quasi inaccettabile), ma perfetta, come Ferzetti, sbertucciato nella sua saccenza di ex-uomo della Resistenza. Fra i personaggi minori lascia ricordo la canterina De Santis, che evoca a Castel lontani giochi proibiti.
MEMORABILE: Commenti e partenza delle domestiche; “Auschwitz” cantata alla beat; Il padre (mai inquadrato in volto) doppiato da Gigi Ballista.
Un film che mostra la vitalità del cinema italiano negli anni Sessanta, capace di produrre un film come questo che mescola i temi sociali dell'epoca (il conflitto generazionale, la critica al capitalismo, la guerra in Vietnam) con il pigmento erotico fortemente sostenuto da una straordinaria Lisa Gastoni e un iconico Lou Castel. Vero specchio di un'epoca, con tutti i suoi pregi e difetti.
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La scena dei soldatini infuocati, accompagnata dalla ballata di Sergio Endrigo, è un chiaro rimando all'attuale (all'epoca) esperienza del Vietnam.
Pure la rilettura, in chiave beat, della canzone Auschwitz (orig. di Francesco Guccini), cantata da una fanciulla in minigonna è ulteriore elemento di profondità che il film, al di là del sottotesto lieve, si porta dentro.
Stampa originale italiana promozionale su etichetta CAM (AMP 40) del 1968. Desirabile e rara colonna sonora. GUERRA E PACE POLLO E BRACE è un altro brillante esempio dell'eccentrica sonorità funk in voga a Cinecittà. Molto simile alle interpretazioni de I Cantori Moderni di Alessandroni, cantato da bambini ma con in più minacciosi breaks B-boy - batteria boom bap - beats funky hip hop / rolls & fills. Il coro è angelico ma perturbante e si amalgama perfettamente con il groove delirante dell'orchestra di Morricone. Mood music simile ad una nenia infantile schizofrenica su una strumentazione psichedelica (spinetta elettrica o cembalo / fender bass / chitarra distorta / campane, ecc.) e una sezione batteria fenomenale. Presente nella compilation "B-Music Drive In, Turn On, Freak Out", uscita su etichetta Finders Keepers di Andy Votel. Il tema GRAZIE ZIA, lievemente disturbante, è altrettanto superbo. Spettrale e molto d'atmosfera con voci e un finale lounge barocco magnifico. Potrebbe sposarsi perfettamente come singolo alla colonna sonora di "Chi l'ha vista morire?" su etichetta Gemelli, che aveva l'altrettanto spaventevole "Coro di voci bianche di Paolo Lucci" di bambini. Artwork iconico in stile pop art per questo singolo promozionale molto raro. Grazie a Lucius per la scannerizzazione della sua copertina.
Dalla collezione cartacea Fauno, il flano del film:
CuriositàApoffaldin • 20/04/25 09:51 Pulizia ai piani - 264 interventi
Il giornale che Alvise (Lou Castel) fa scorrere sotto la porta dopo 1 ora e 20 minuti dall'inizio del film per tentare di recuperare la chiave caduta dalla toppa è Il Giorno del 29 agosto 1967.
Per una più completa visibilità della pagina non aggiungo il fotogramma nel quale si vede il piede di Lea (Lisa Gastoni) che spinge la chiave sul quotidiano ma ne posto un altro ancora successivo che consente di intravedere anche la parte alta della pagina del giornale per un confronto più completo: