Sequel diretto di
Offspring (sì, come no), che inizia dove finiva il capostipite (la cannibala persa nella foresta, ferita, dopo lo sterminio del suo clan, e la sua sopravvivenza attacando lupi feriti nelle grotte e aggirandosi alla stregua di
Conan il barbaro, vedendo, in stato onirico, neonati accuditi da un lupo)
Ma dove van den Houten si fermava al mero exploitation indie della solita tribù troglodita cannibale alla
Le colline hanno gli occhi, McKee ne da un valore autoriale, personale e estremamente superiore, facendo suo il concetto di base di Jim Ketchum e proseguendo la sua poetica sull'horror femminile e femminista (altro che misogino) iniziata con
May , continuata con l'episodio dei
Masters of horror Sick Girl e con il suspirioso
The Woods.
McKee azzera le convenzioni e le certezze, e sbatte in faccia l'ipocrisia della famigliola americana tutta torte di mele e biscottini, dove il marcio e il putridume prospera sotto un patriarcato che mette davvero i brividi.
Cannibal movie formato famiglia, sitcom sputata dall'inferno, una via di mezzo tra John Waters e David Lynch, dove McKee ritorna sulle sue ragazze fragili, emarginate e alienate (nella figura di Beverly), dove madre natura (sotto forma della ferina e animalesca McIntosh) è l'unica che si accorge che aspetta un bambino ( o come lei stessa "grugnisce" BAMBINOOOO), un'istinto materno selvaggio e toccante al tempo stesso.
Questa volta il vero mostro ha una villa e gira con un costoso SUV, un'impiego in vista nella società e una famiglia decisamente disfunzionale (moglie succube, figlia problematica, figlio che è già sulla buona strada del novello stupratore, seguendo le orme paterne) e il tutto deflagra in lascivi abusi sessuali, sevizie misogine, violenze domestiche e il terribile sospetto dell'incesto.
McKee sonda il lato oscuro del Mulino Bianco, sottolinea gli eventi con brani musicali straordinariamente disseminati per tutto il tortuoso percorso, segue l'iter associale di Beverly, mentre la donna selvaggia viene costantemente umiliata, violata, tenuta in catene come una bestia, torturata (i colpi di pistola sparati a bruciapelo per tenerla mansueta), angariata (il figlio del padre/padrone arriverà a tormentarle i capezzoli con una pinza) fino alla catarsi estasiatica, alla vendetta femmineo/divina, che riporta la family cannibale a ricomporsi, e dopo la mattanza ultrasplatter orchestrata da Robert Kurtzman a suon di facce strappate a morsi, a cuori estirpati e addentati in puro stile
Ultimo mondo cannibale e a smembramenti, il tutto si ammanta di una poetica surreale quasi fiabesca, dove la donna (e il matriarcato) ricompongono lo status quo sul potere fallocratico, reso ancora più favolistico nelle sequenze burtoniane/svankmajeriane post titoli di coda con la piccola Darlin'.
La McIntosh straborda come novella
Conan il barbaro (anch'essa legata come il Cimerriano segregata e incatenata prima che scateni la sua furia) che passa a mozzare dita a morsi, al nudo integrale mentre viene lavata, alla goffagine di un orrendo vestito messole addosso, ai suoi intensi giochi di sguardi con la moglie sottomessa (straordinaria Angela Bettis, dove i pestaggi del marito sono un'altro duro colpo durante la visione) sull'anello che tiene le catene che si stà per staccare (e di come lo sguardo della McIntosh da complice femmineo diventa di odio quando la moglie avvisa il marito dell'allentamento) che diventerà pura essenza dell'angelo sterminatore, quando il marito/padrone sbroccherà in un delirio misogino ossessivo e distruggitore (quasi caricaturale) al grido di "le donne sono tutte puttane e vanno punite".
Quasi una satira al vetriolo sul finto perbenismo che alberga nella falsa perfezione della famiglia americana (e mi veniva in mente anche
Suburbicon), dove la donna/animale funge da flusso catalizzatore e da dea della vendetta divina, che da semplice troglodita capo clan sterminatrice di famiglie e rapitrice di infanti, si muta e si incarna nella giustizia uterina (altro che reiterara misoginia) che sta tra una differente rappresentazione del rape & revenge e il mito della
Sennentuntschi, costruendo una nuova tribù tutta al femminile (lei, la piccola Darlin', la mostruosa sorpresa che si cela nel canile e , forse, la stessa Beverly).
McKee nel pieno del suo talento autoriale, in quello che forse è il suo capolavoro, in un mix perfettamente centrato di follia, marciume, tenerezza, brutalità, sadismo, violenza, morbosità e lievi, quanto toccanti, bagliori fiabeschi.
Si può anche usufruire come film a sè stante, ma sarebbe consigliato vedere prima
Offspring, se non altro per il background cannibalico, troglodita, selvaggio e ferino della McIntosh, che una volta conosciuta, si apprezza di più in
The Woman, sapendo già chi è, da dove viene e cosa è capace di fare (soprattutto a livello "alimentare" e come predatrice) aumentandone l'empatia.
SPOILERAnche la bellissima parte finale è l'essenza stessa di
Offspring, sterminare le famiglie e aggiudicarsi la prole per incrementare il numero del branco cannibale. Quì con parecchi elementi (disturbanti e destabilizzanti) in più.
FINE SPOILERPer il sottoscritto è già un must, un piccolo gioiellino da custodire nell'animo.
Talmente misogino che gli uomini ne escono con la rogna e le ossa rotte (e non solo).
Sperando che sia femmina alla faccia del patriarcato.