Uno dei Verdone più divertenti dell’ultimo decennio: senza porsi troppi problemi di fronte all’introduzione di vere e proprie macchiette (il fratello cocainomane cui dà vita Giallini, ad esempio), a momenti da farsa e break di gusto discutibile, Verdone confeziona una commedia vivace e a tratti spassosissima (soprattutto quando in scena sono i due perfidi fratelli), lasciando per sè e la conturbante Laura Chiatti i dialoghi meno sguaiati e di un certo peso. Lei è la figlia della badante con cui il padre di Carlo (Verdone) si è risposato facendo imbestialire la famiglia, lei è l’unica che il vecchio ha scelto come erede “legittima”....Leggi tutto Carlo, sacerdote di ritorno da una missione africana pieno di dubbi che nessuno vuole ascoltare (i problemi sono sempre altri, per chi gli sta intorno) vivrà con lei una relazione che tuttavia non entra nel solito campo dell’inevitabile attrazione sessuale da contenere causa celibato forzato ma tenta di inserirsi in una discussione più matura. Non ci riesce troppo, ma per una volta il rapporto tra i due protagonisti non pare affatto centrale, visto che il film è piuttosto corale e basato molto sulle divertenti caratterizzazioni del parentado. Con qualche richiamo al vecchio Verdone (ad esempio nel tratteggiare la nipotina “emo” e l’amica discendenti dirette, nella loro programmatica malinconia, dei due hippie di UN SACCO BELLO), il film procede incerto ma forte di una sceneggiatura che offre numerosi spunti comici. Certo, non tutto è di prima mano, l’ultima parte comincia a zoppicare un po’ troppo e la cena con ospiti (la Finocchiaro) ai quali nascondere la vera situazione familiare è un classico della nostra commedia risolto altre volte con maggiore brillantezza, però nel suo complesso Verdone si conferma autore capace, comico di rango in grado di gestire con intelligenza i tempi giusti. Ci si diverte, in sostanza, se non si ha la pretesa di cercare il film impegnato, l’originalità delle situazioni, il Verdone che costruiva storie articolate e intelligentemente malinconiche, perché qui tutto è risolto con maggiore semplicità (pur senza dimenticare di dare comunque spessore ai personaggi). Più bella che brava la Chiatti, formidabile la coppia di fratelli Bonaiuto/Giallini, simpatico Sergio Fiorentini (il padre). Abuso del romanesco come dialetto che unisce abbattendo le inibizioni e favorendo da subito toni “confidenziali” (in discoteca, sul bus...) con risultati talvolta esilaranti.
Il buon vecchio Carletto ci prepara la solita commedia, un po' malinconica, un po' superficiale, un po' divertente: però è parecchio tempo (forse da Maledetto il giorno che t'ho incontrato) che ho sempre l'impressione di stare a guardare una fiction invece di un film, vuoi per la fotografia vuoi per alcuni scivoloni. Meglio comunque rispetto agli ultimi lavori, anche se la sensazione permane.
Verdone è sempre preferibile se ripropone il format a episodi con i vecchi personaggi, oppure se si lancia in autocitazioni più o meno evidenti come in questo caso: c'è spazio per Borotalco, per Maledetto il giorno..., per Viaggi di Nozze e qunant'altro. La storia in sè è di pura marca Verdone, le gag non mancano e neppure la solita perplessità nei confronti di costumi e tendenze (come gli hippie in Un sacco bello, qui è la volta degli "emo"). La Chiatti è bella, ma sul set è un disastro; funziona bene, invece, la coppia Giallini/Verdone. Gradevole.
Premetto che ho riso parecchio, perché le situazioni strappavano la risata (su tutti mr. Sniff Giallini); comunque rilevo una sceneggiatura piena di buchi paurosi, una fotografia a dir poco sciatta ed una storia che attendevo più malinconica. Un brevissimo accenno a problemi gravi (il preservativo in Africa sì o no) e poi Verdone torna a spingere il pedale sulla scenetta, a volte stramba (la Finocchiaro!!!). E poi c'è sempre la solita ragazza che scombina la vita (Chiatti efficace nel ruolo).
Io: Verdone è tirato, commosso per la perdita del papà sa emozionarsi ed emozionare. Loro: ottimi Giallini e Bonaiuto, che hanno i tempi comici; pessimo Fiorentini, macchietta imbolsita. Lara: la miglior controparte femminile per Carlo da tempo immemore: spontanea e sensuale pur se a disagio con le scene hot. Nonostante l'usanza da fiction per cui tutto va spiegato allo spettatore-beota col dialogo (chi sono gli Emo, che vuol dire "tirare") un film che intrattiene. Ma non morde, non scava. Crescerà (forse) con le reiterate visioni e l'assimilazione degli sketch. Come tutti i film di Verdone.
Carino fino ad un certo punto. Non mi ha convinto appieno quest’opera di Verdone, finalmente liberatosi di De Laurentiis. Qual è il senso del film? Che si può vivere felicemente in una famiglia allargata? L’incipit è interessante per come viene mostrato il menefreghismo di oggi di fronte alla sua crisi. Tutti che gli riversano addosso i loro problemi e nessuno che lo ascolti. Verdone, come da diverso tempo, rinuncia alle battute comiche per dedicarsi essenzialmente alla mimica facciale. Giallini in ombra. Brava e bella la Chiatti.
Le innumerevoli interviste rilasciate da Verdone facevano sperare in qualcosa di nuovo... Purtroppo qui non c'è nemmeno qualcosa di "vecchio", se non tanta nostalgia per un autore ormai "spompato". Il bel soggetto si perde in luoghi comuni ripetuti all'infinito (Giallini è sprecato nella stravista gag del cocainomane), c'è poco coraggio non solo nel trattare qualsiasi tema ma anche nel far ridere, mentre il finale è roba da Medico in famiglia! Peccato, da fan di Verdone ci contavo molto.
MEMORABILE: Si ride nel pranzo "organizzato" mentre la cosa più bella (senza ironia) sono le immagini africane dei titoli di coda con tanto di dedica al padre.
Carlo Verdone confeziona una commedia gradevole e divertente senza troppe volgarità. Buono il cast se escludiamo la Chiatti, ormai delegata ai soliti ruoli. Molto divertenti le scene con i fratelli del protagonista. Dò merito a Verdone di continuare ad utilizzare i caratteristi in maniera funzionale (ormai è rimasto l'unico a farlo). Nel film c'è anche un momento per omaggiare il personaggio di Manuel Fantoni. Il film è dedicato al padre del regista recentemente scomparso.
Verdone, secondo me, dopo Sono pazzo di Iris Blond non è stato più in grado di avere quella freschezza che fino ad allora ci aveva mostrato. Fatta questa precisazione, il film in questione è un po’ meglio degli ultimi girati. La vicenda, come consuetudine, gioca sugli schemi della pochade, godendo di un verve tipica romanesca che dà valore comico aggiunto, ma che risulta spesso forzata e discontinua. Di fatto la scansione degli eventi è altalenante e purtroppo pecca del vizio tipico del cinema italiano odierno: non soprenderci più.
Non c'è nulla di particolarmente nuovo, ma tutto sommato questo film fa bene il suo lavoro. Verdone riesce a farci ridere più e più volte, grazie anche ad un cast ben assortito (la Finocchiaro ruba la scena a tutti, ma anche la Chiatti è molto brava). I problemi vanno cercati altrove: in un soggetto non sviluppato pienamente come meriterebbe, che lascia poco spazio alla componente riflessiva e ad una fotografia non proprio eccelsa. Da vedere, comunque. **1/2
Rispetto agli ultimi due film Carlo Verdone migliora decisamente, lavorando però sulla solita storiella tipica delle commedie italiane basate sulle famiglie allargate senza aggiungere niente di più. Divertente, ma solo nella seconda parte e, se non andiamo a cercare il pelo nell'uovo, anche impegnato (ma solo a tratti). Bravo come al solito Verdone attore, che con la sua mimica irresistibile strappa qualche risata. Certamente non all'altezza dei suoi primi film, ma comunque spassoso e simpatico. Simpatici anche i personaggi secondari.
Verdone, fisicamente meno paffutello del solito, in gran forma in una pellicola che prende spunto dall'attualità (vecchi vedovi e badanti, prostitute e sfruttatori, perdite di valori) e ci scherza un po' sopra, ma senza esagerare. Lui si ritaglia anche un piccolo momento vintage quando si appoggia al muro con la sigaretta accennando il famoso monologo alla Giorgi di Borotalco memoria. La Chiatti è splendida e non recita malaccio. La Finocchiaro conferma la sua poliedricità. Bel film.
Buon film questo di Verdone, che coinvolge e diverte molto. Una delle sue migliori capacità è proprio quella di riuscire a far ridere lo spettatore senza per forza scadere nella volgarità. Bravissima, come sempre, Angela Finocchiaro, la quale pur avendo un ruolo più marginale riesce sempre a mostrare la sua bravura!
Verdone torna finalmente, dopo l'inguardabile Grande, grosso e Verdone, a livelli di buona commedia italiana, con un film divertente e amaro allo stesso tempo. Ottimi personaggi di contorno (il fratello cocainomane, le nipoti emo, la vicina impicciona) interpretati da ottimi attori (Sergio Fiorentini per primo). Unica nota stonata del cast è Laura Chiatti, molto bella ma incapace di cambiare i toni della voce a seconda delle situazioni.
Salutata da più parti come la rinascita artistica di Carlo Verdone, è una discreta commedia, abbastanza godibile e divertente, grazie ad una sceneggiatura calibrata (anche se il finale è troppo buonista e deludente) ed una sapiente scelta del cast che "pesca" tra alcuni dei migliori attori italiani (tipo la Bonaiuti). Alla fine il risultato è un intrattenimento piacevole, anche se i tempi migliori per Verdone appaiono lontani.
Siamo di fronte ad un film molto valido, con un cast molto armonico e rodato (apparte la Chiatti, troppo da filmetti degli esami). La storia non presenta molte innovazioni o virtuosismi ma, come sappiamo, la faccia di Verdone vale tutto il film. Un buon ritorno, dai temi attuali.
In pochi casi si ride, ma in molti si sorride e comunque ci si diverte. Un film d'intrattenimento, che affronta con tocco leggero tematiche tutto sommato attuali, senza cadere nella retorica, ed anzi con una originalità che il regista romano aveva da qualche tempo smarrito. Un Verdone maturo, non più intrappolato nelle sue macchiette un po' stagionate, che si rinnova offrendo interessanti spaccati di uomini maturi. In tal senso spicca non solo la figura del sacerdote, ma anche quella del fratello "raffreddato" (Marco Giallini). 3 palle.
MEMORABILE: Bravissimo Giallini nella parte del fratello minore, ed in generale buon cast, brava anche l'immancabile Chiatti.
"Io, loro e Lara" è una commedia divertente e ironica che si discosta leggermente dai vecchi lavori di Verdone. Don Carlo, il protagonista, è un sacerdote missionario in crisi spirituale che torna a Roma dalla propria famiglia per provare a schiarirsi le idee e che invece la trova in una crisi ancora peggiore (se questa non è ironia..). È un film che ha poche di quelle gag che caratterizzavano le vecchie produzioni verdoniane, infatti troviamo più spazio per la riflessione: molti i temi di attualità affrontati. Unico neo un finale troppo sbrigativo.
MEMORABILE: Padre Carlo: "Sapete che vi dico?! Che me manca tanto l'Africa!"; il "tentativo" di pranzo con le assistenti sociali di Lara.
Verdone ritorna alla commedia ben fatta, con un casting azzeccato e tempi comici di prim'ordine. Le gag e le tematiche non saranno del tutto originali ma sono graffianti e portano avanti anche un minimo di satira sociale (vedi la simpatia delle assistenti sociali). Come personaggi, devastanti "loro" (il fratello sniffatore e l'avida sorella), bravina "lei" (la Chiatti che si avvicina alla Gerini) e convincente Verdone in un ruolo ben cucito. ***
La prima parte è quasi un lungo prologo dove Verdone missionario spaesato al ritorno nell'isterica Italia fa il verso al Sordi di seconda metà dei '70: il resto del film soffre di sceneggiatura prevedibile e finale tirato via. Ci mettono una pezza i buoni momenti genuinamente comici di cui Verdone è bravo protagonista, l'azzeccata macchietta di Giallini, la classe della Bonaiuto e della Finocchiaro, mentre la Chiatti bella e poco espressiva è decente surrogato della Gerini di un tempo; bel semicameo per la Cardaci. Poetica la dedica al padre.
Il livello del primo Verdone è ormai un ricordo lontano. Questo è l'ennesimo film pieno di personaggi/macchiette romanacci in cui una splendida ragazza scombina la vita di Verdone, poco originale e abbastanza prevedibile (quando entrano in casa le 3 ragazze africane già si capisce come andrà a finire). Ci sarebbe anche uno spunto interessante (il missionario di ritorno dall'africa che cerca un po' di serenità ma si rende conto che si sta più sereni lì), ma non viene sufficientemente coltivato. Divertente la scena a due con la Finocchiaro.
In mezzo a tanta pena, questa pellicola è un fiore nel deserto. Finalmente si vede una sceneggiatura e almeno, a tratti, si ride pure. Verdone abbandona la classica caratterizzazione eccessiva del suo personaggio e lascia il passo, in parte, alla vecchia commedia degli equivoci e delle situazioni imbarazzanti. Gag divertenti e storia con un minimo di fondo. Anche la regia non delude ed il cast funziona bene. Talmente bene che la vera rivelazione alla fine risulta essere Giallini in veste comica. Da rivedere.
Verdone è un missionario in crisi, incerto persino sulla solidità della sua fede, ma la vera crisi lo attende tra le pareti domestiche: difficile comunicare, impossibile riflettere in una famiglia in cui ognuno si parla addosso e pensa a sé, coltiva paranoie, si adagia in pregiudizi! L'alchimia tra comico e malinconico qui riesce male, o almeno è discontinua: la comicità si esaurisce in gag ripetitive, l'amarezza si annacqua di buonismo. Prefinale tirato per le lunghe (ma almeno c'è la Finocchiaro), finale sbrigativo. Soltanto gradevole.
Esaltata da certa critica amica e inguaribili Verdone boys, "Io loro e Lara" è una commediola invero piuttosto mediocre, specie quando tenta con esiti deludentissimi la carta della critica sociale (all'acqua di rose). Ma dove delude di più è sul lato umoristico, dove un Verdone irriconoscibile si affida a gag scontate e a sketch mal costruiti. Un film che non funziona e che fa rimpiangere non solo il Verdone più ispirato ma anche quello già in fase calante di Il mio miglior nemico.
C'è Verdone (che qui fa il prete missionario che torna a Roma per riflettere su una crisi di vocazione) e la giovane attrice in voga di turno, Laura Chiatti, che ovviamente è una ragazza con problemi che il buon Carlo finisce per aiutare attraverso varie peripezie e un po' se ne innamora. Una ricetta stravista dai tempi di Acqua e sapone, passando per Claudia Gerini, Asia Argento, Regina Orioli e ovviamente Natasha Hovey. La storia comunque sta ancora abbastanza in piedi, con alcuni momenti azzeccati, ma anche molti ormai debolissimi.
Non vorrei passare per snob, ma questa commediola, simpatica per l'amor di Dio, ma banalissima, è tutto meno che un film degno del nostro Carlo, pure tra le sue recenti pellicole. Mi han disturbato il luoghi comuni, dalla bella e sfigata Chiatti alle nipotine Emo, alla sorella psichiatra ma stressata (per non parlare del trittico di belle africane. Insomma, si sorride purchè non si cerchi altro che un buon modo per passare una serata e sfuggire ai vari Grandi Fratelli et similia...
Amo Carlo, non gli perdonai Muccino Jr e all'inizio, vedendo la Chiatti, dissi: "Ci risiamo!" Invece mi sono ricreduto, perché non ha lo spazio che di solito hanno le co-protagoniste, anzi, si vira parecchio anche su altre situazioni e personaggi. Dopo i passi falsi degli ultimi due lavori si torna a ridere, seppur con quella malinconia che cominciò da Compagni di scuola. A sprazzi si rivede il buon vecchio Verdone, soprattutto quando è spalleggiato da Giallini e la Finocchiaro (che vedrei benissimo come sua co-protagonista)! Incoraggiante.
MEMORABILE: Il pranzo con la Finocchiaro allibita!
Divertente anche se discontinuo, l'ultimo film di Verdone cerca di tornare ad una
comicità più matura e meno convenzionale (dopo il precedente Grande...) cui il regista aveva abituato più volte in passato, pagando così parzialmente dazio in termini di pubblico. In realtà non ci ho visto chissà quali profondità, ma il film
funziona bene sul versante comico, e non è cosa da poco. Piacevole, con diversi momenti riusciti, qualche pausa ed un finale frettoloso e "facile". La Chiatti è bella, Giallini, la Finocchiaro e la Bonaiuto sono bravissimi.
Credevo che dopo Bianco rosso e Verdone nessun altro film mi avrebbe divertito così tanto, invece ecco spuntare "Io, loro e Lara", una commedia brillante dotata di un ritmo veramente notevole. Verdone decide di inserire temi morali in una commedia, ma senza perdere la briosità di quest'ultima; infatti le gag sono esilaranti e il cast azzeccatissimo (dopo il magnifico Verdone, dà un'ottima prova la Bonaiuto). Insomma, riesce a far ridere e anche di gusto, il che non è poco.
MEMORABILE: Il parrucchino color pannocchia del padre!
Verdone realizza questa commedia corale in cui si narrano le vicende di un padre missionario in crisi che torna a Roma e trova una bizzarra situazione familiare. Intimistico e delicato, il film vede nella Bonaiuto e Giallini due macchiette efficaci ma troppo marcate rispetto al solo corpo recitativo della bambolona Chiatti. Verdone regala mimiche facciali da Oscar e la Finocchiaro mantiene il suo standard. Dignitoso.
Don Carlo torna a casa dopo 10 anni in Africa per mettere in ordine i suoi pensieri e si trova ad affrontare il disordine della sua famiglia... Commedia che funziona abbastanza quando graffia (il padre col parrucchino in vena di confidenze erotiche, il fratello cocainomane) ma graffia assai poco, per poi sbracare in un finale che più conciliante non si può. Verdone è sempre simpatico ma il suo personaggio, inconsistente nella sua bonarietà succube, si sorregge tutto sulla mimica facciale, mentre la maggior parte delle gags sono telefonate. Modesto, nonostante i bravi comprimari.
Non è esente da momenti di noia assoluta (laddove è l'autore a voler venir fuori, con malinconie e profondità quasi imposte come da leggi di scrittura di un copione), la battuta, quando non cede il posto alla parolaccia, scade nelle macchiette delle contorsioni di un viso che ripete in continuazione le stesse smorfie. Inoltre il corposo cast non lo aiuta, perché la sceneggiatura non imbocca tutte le possibili porte che si aprono.
Commedia simpatica e divertente, molto verdoniana per certi aspetti ma senza richiami ai primi film del regista romano. Ottimo cast di supporto dove spesso i personaggi assumono il carattere di macchiette un po' eccessive; ma viste alcune gag perfettamente riuscite è un errore più che perdonabile. Risate garantite e comicità alla romana.
Brutto film di Verdone, forse il suo peggiore. Non fa sorridere, purtroppo, né fa riflettere più di tanto. Nonostante la bravura di tutti gli attori (con l'eccezione della Chiatti, la protagonista femminile, che proprio non riesce ad emergere dall'anonimato, il che per un film di Verdone è tutto dire), è proprio la sceneggiatura e anche la moscia interpretazione di Verdone stesso, che deludono ampiamente. A questo Verdone preferisco quello "vecchio" e macchiettista di Grande, Grosso... Poco incisivo.
Non sarebbe male l’idea di fondo: il missionario in crisi che, tornando in Italia, trova nella sua famiglia la vera povertà, quella interiore. Ma nel corso del film la storia perde le sue potenzialità, planando su situazioni piatte o straviste, senza guizzi originali o perlomeno efficaci. Non c’è fantasia così come non c’è lettura della realtà (di cui si riecheggiano gli stereotipi), e alla fine il divertimento latita, anche se qua e là affiorano trovate gustose (la nipotina emo). Gli attori stessi, poi, sembrano recitare in automatico. Opaco.
Ciclicamente Verdone torna sui soliti temi: le macchiette a tutto tondo oppure, come in questo caso, la donna perturbatrice e il recupero dell’unità familiare, riallacciandosi al filo rosso di Io e mia sorella e Al lupo al lupo e lanciando rapide occhiate all’attualità (il pragmatismo dei preti missionari, l’immigrazione). La commedia ha garbo e leggerezza e riconcilia gli affetti davanti all’albero di Natale con Verdone sempre più abile e spontaneo nel plasmare i suoi personaggi e nel dirigere i brillanti comprimari. Dopo Graziani, per il ruolo del padre un altro grande doppiatore: Fiorentini.
MEMORABILE: Verdone: «Ci ho tutta la collezione dei Led Zeppelin, per esempio.». Chiatti: «Un rapper?»; le avances della Finocchiaro.
Quel che più ho apprezzato di questa commedia è il modo garbato con cui è stata tratteggiata la figura di un prete colto da una crisi di fede. Sarebbe stato facile scadere nella volgare banalità o in un'interpretazione eccessivamente ortodossa, invece il personaggio riesce a reggersi con ricercata ed equilibrata misura. Giallini è una forza e aggiunge pepe a una vicenda simpatica, moderna, diversa dalla serie di macchiette di altri film di Verdone.
Un Verdone in grande spolvero riesce a regalare un'ottima commedia dolceamara supportato da un esilarante gruppo di comprimari: Giallini, Bonaiuto, Finocchiaro e Fiorentini. Bravina la Chiatti nei panni di Lara. Il film ebbe un ottimo successo alla sua uscita cinematografica ma fu subito oscurato dall'uscita di Avatar. Da rivedere anche per gustare gli ottimi siparietti con la Finocchiaro e Giallini.
Verdone ricalca in chiave semiseria il personaggio de La messa è finita, un Padre che si riunisce agli affetti ma che fatica a condividerne la realtà e solo in abito talare risulta davvero credibile. Prima parte accettabile per i contenuti (l’associazione con l’Africa) e per l’intrattenimento (grazie a Giallini e Bonaiuto), poi la Chiatti va a convivere e tutto si sfalda e la sceneggiatura sbanda in più direzioni fino alla banale chiusura natalizia. Un minestrone di buoni sentimenti dove era meglio affrontare meno situazioni ma più a fondo.
Gran bel film, il primo di livello superiore diretto da Verdone dal lontano 2003 di Ma che colpa abbiamo noi. Ancora una volta il regista dimostra di poter dare il meglio di sé nei film corali, quale "Io loro e Lara" effettivamente è, seppure con un numero non eccessivo di protagonisti (quattro). Uno sguardo ai limiti della contemporaneità nella società moderna e uno spunto di riflessione.
Una buona commedia che gode di attori in parte e di un'ironia pungente. Verdone interpreta perfettamente il suo personaggio e la coppia con Laura Chiatti (Lara) regge bene. Ottimi anche i fratelli (loro), soprattutto Marco Giallini (perfetto nella parte di esagitato cocainomane). La storia non è delle più originali ma i personaggi di contorno sono ben studiati, inoltre ci sono un bel po' di gag tipiche della verve romanesca. Peccato per un finale un po' troppo sbrigativo, che lascia interdetti.
MEMORABILE: Le sniffate di Giallini; Il parrucchino color pannocchia del padre.
Acqua e sapone 2.0? No, siamo piuttosto dalle parti della Messa di Nanni Moretti e anche se il risultato non è certo indimenticabile, diverte abbastanza. Si apprezzano soprattutto i comprimari, in primis il cocainomane Giallini, ma anche la Finocchiaro e la Bonaiuto. Laura Chiatti invece vorrebbe essere la Gerini, con risultati altalenanti. Alcuni passaggi sono esageratamente macchiettistici (assistenti sociali, nipote emo), altri più genuini (discoteca). Nel complesso non male.
Un Verdone nella norma, deciso a trattare, come spesso gli accade, argomenti piuttosto delicati (in questo caso la mancanza di unità nella famiglia e parecchio altro...). Il film si caratterizza per una buona prova degli interpreti (al di là di Verdone, segnalo un bravo Giallini e un'ottima Bonaiuto, mentre la Chiatti sta sulla sufficienza) e per qualche momento divertente. Meglio la prima parte, ma il finale rivitalizza il tutto, lasciando lo spettatore soddisfatto. Non male.
MEMORABILE: Il primo incontro, a distanza di 10 anni, tra Verdone e il padre.
Dopo il ben più ispirato Al lupo al lupo Verdone torna a riunire tre fratelli per un colpo di testa del padre; per sé riserva stavolta la parte di un prete, senza purtroppo avere né l'intransigenza né la cattiveria del Nanni Moretti di La messa è finita: al contrario, la comicità è grossolana e i sentimentalismi pure. La Chiatti è bellissima ma non funziona, Giallini neanche si sforza di recitare (gli si chiede solo tirare su di naso); simpatico solo papà Fiorentini. Spiace stroncarlo ma il film è - più che brutto - inesistente.
Stavolta Verdone veste i panni di un prete missionario in crisi che, tornato a Roma per ritrovare se stesso e i suoi affetti, trova invece una situazione familiare allo sbando, specchio di un mondo occidentale superficiale e ipocrita. Una discreta commedia, a tratti esilarante, che a suo modo è anche una denuncia della crisi di valori dei nostri tempi.
Forse una delle migliori commedie di Carlo Verdone (i livelli degli anni '80 sono però ormai irraggiungibili). La storia intrattiene e diverte, almeno nella prima parte, poi si cade in un buonismo al limite del banale che incide purtroppo sul giudizio finale. Attori bravi (su tutti Marco Giallini). Laura Chiatti è quella che convince di meno.
Verdone indossa i panni del missionario che interpreta con una certa scioltezza, non fossilizzandosi sulla rigidità che la figura imporrebbe. Dosa le parentesi in romanesco e si concentra sui rapporti familiari, cercando sentieri differenti da quelli battuti in precedenza. Ne viene fuori una bella commedia a cui non mancano i momenti divertenti e qualche piccolo spunto di riflessione, anche se non va alla ricerca di grandi pensieri e mantiene sempre un approccio generalista. Ad ogni modo un film gradevole, che scorre lesto.
Film nella media del periodo per Verdone che dona i suoi soliti irresistibili sprazzi di comicità ad un personaggio ben disegnato. La storia, pur a tratti piuttosto prevedibile, si lascia seguire senza sforzi e il cast molto in palla concilia una visione piacevole. Certo, i tempi in cui il Carlo nazionale faceva ridere a crepapelle sono decisamente lontani, ma la pellicola ha una sua dignità e merita la visione. Probabilmente una durata minore ed una maggiore incisività nei risvolti sociali ne avrebbero elevato il livello trasformandolo in un piccolo classico. Nel complesso buono.
Prete missionario in crisi di fede ritorna dall'africa a Roma per ritrovare tranquillità nell'ambiente familiare. Ma ad attenderlo ci saranno solo complicazioni e indifferenza. La messa è finita secondo Verdone che ovviamente è meno rigoroso e pessimista di Moretti nell'analizzare la crisi di un uomo di chiesa di fronte a una società che sta perdendo ogni valore morale. Alla fine resta solo una commedia simpatica ma priva di mordente e anche sul versante puramente comico si ride moderatamente con gag piuttosto scontate. Insomma, il Carlo nazionale in versione semiseria convince poco.
MEMORABILE: Giallini incallito sniffatore; Le avance dell’assistente sociale Finocchiaro; L’anziano padre che sotterra anche la giovane moglie-badante moldava.
Il film è gradevole, divertente. Verdone al solito si dimostra grande interprete e scrittore sempre valido. Qui regala un film positivo, tra i suoi migliori della sua ultima produzione: innanzitutto è originale nel ritagliarsi il ruolo di un missionario (bandito ogni turbamento e conseguenza sessuale), poi è scelta azzeccata il realizzare un film corale accanto a grandi interpreti come Giallini e la Bonaiuto. Il finale è consolatorio, anche se banale. Bravo Fiorentini, la Chiatti emerge maggiormente per l'avvenenza.
Film imbarazzante per metà, Verdone completamente fuori parte nel ruolo del prete (infatti esce dal personaggio continuamente). La Chiatti è affascinante ma delude nell'interpretazione. Il rapporto fra il prete e la ragazza è totalmente fuori quadro e malamente gestito. Il film si salva nella seconda parte, con la scena della discoteca, della cena (ottima) e della psicologa. Eccellente il cast di supporto, Giallini, Finocchiaro e Bonaiuto. Finale di un melenso nauseabondo. In ogni modo, uno dei film recenti di Verdone meno riusciti, a tratti persino noioso.
È evidente che Verdone abbia perso il brio e l'efficacia comica dei tempi migliori, come è altrettanto evidente che Verdone sia come regista che come attore ci sa fare. Così ne esce fuori un film che non raggiunge vette indimenticabili, ma può essere classificato comunque come un prodotto discreto e sempre godibile. Belle le musiche, ottimo Gialllini nei panni del fratello cocainomane.
Dopo la triste parentesi di Grande, grosso e... Verdone, il regista torna a una commedia più in linea con quello che è da tempo il suo stile abituale; questa volta resta in bilico tra riferimenti a problemi sociali e fede, così come alcuni dei temi classici del suo cinema tipo quello della famiglia e quello della donna che scombussola la vita del protagonista. Nel mezzo, varie gag dai tratti romaneschi e qualche autocitazione; il film è abbastanza riuscito e funziona bene nella prima parte, poi purtroppo si perde un po' nell'ultima. Spiace nuovamente per la confezione da fiction.
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Zender ebbe a dire: Benché assente da diversi dizionari, si registra anche un uso per designare decine di anni (sebbene non comune), leggo su Wiki.
Riferito agli anni, il termine può indicare sia una serie di anni generici (es.: «L'ultima decade è stata caratterizzata da un incremento della temperatura globale»)
Diciamo che il Marcel non è un uomo comune (nel senso che prende tutto il peggio dalle persone non comuni), quindi direi che ci può stare dopotutto.
Credo che i dizionari siano molto più attendibili di wiki... E non ne ho trovato nessuno che riporti questo significato.
Un conto è usare una parola in senso etimologicamente sbagliato ma metaforico (penso al "trittico" di risotti, che farà inorridire l'amante dell'arte pittorica, ma metaforicamente ci sta), un conto è usare un vocabolo nello stesso àmbito semantico (misurazione del tempo, in questo caso) con un significato radicalmente diverso (fra "dieci giorni" e "dieci anni" intercorre una buona differenza...).
Poi, è chiaro, io sono dell'Ariete (prima decade) e sono pertanto un pignolo, come è chiaro che se il Maestro vuole distinguersi modificando l'italiano (ispirandosi all'incontestabile detto montanelliano che "la lingua ha degli utenti, non dei servi"), liberissimo di farlo, ma non si pretenda che nessuno gli faccia notare quello che, volere o volare, è un errore...
Ok, un dizionario lo riporta, come "non comune", e come ultimo significato dopo una serie di valori "dieci giorni"...
A mio avviso usare un vocabolo in accezione non comune e che si presta all'equivoco è da evitare. Se dico "trittico di risotti", è chiaro che è un "tris di risotti". Se dico "ultima decade del secolo" l'espressione significa gli ultimi 10 giorni dell'anno secolare: mi pare un po' dura accettarla per gli ultimi dieci anni, proprio perché crea confusione sul significato.
Io la vedo così.
Cotola ebbe a dire: Per precisione e pignoleria aggiungo che anche il Devoto-Oli 2009 lo riporta col significato non comune di decennio (sebbene all'ultimo posto).
Ahimé!
Corriamo veloci verso la decade[nza] del linguaggio...
Sì Buono, hai ragione. E purtroppo non solo verso quella linguistica (che comunque non è cosa da poco).
DiscussioneZender • 17/05/13 08:09 Capo scrivano - 48356 interventi
B. Legnani ebbe a dire: Cotola ebbe a dire: Per precisione e pignoleria aggiungo che anche il Devoto-Oli 2009 lo riporta col significato non comune di decennio (sebbene all'ultimo posto).
Ahimé!
Corriamo veloci verso la decade[nza] del linguaggio... Il Marcel ha aggiunto un altro mattone alla decadenza del linguaggio, evidentemente, suo malgrado. Direi comunque che nessuno sano di mente potrebbe mai interpretare nel caso specifico "decade" come ultimi dieci giorni, visto che dire "Uno dei Verdone più divertenti dell’ultima decade" e considerare i film di Verdone degli ultimi dieci giorni come più di uno (anzi, più di due, visto che si dice "uno dei") sarebbe follia... Ad ogni modo glielo modifico volentieri in decennio, tanto non lo saprà mai, visto che non ha mai letto il forum e mai lo leggerà (anzi, un mese fa mi ha detto: "Senti Zender, ma tu che ne diresti se mi comprassi un telex? Potrebbe servirmi, per comunicare in modo più moderno").
Metto "decennio", a meno che non si riferisca a dieci persone di nome Ennio e io non lo sappia.
Zender ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Cotola ebbe a dire: Per precisione e pignoleria aggiungo che anche il Devoto-Oli 2009 lo riporta col significato non comune di decennio (sebbene all'ultimo posto).
Ahimé!
Corriamo veloci verso la decade[nza] del linguaggio... Il Marcel ha aggiunto un altro mattone alla decadenza del linguaggio, evidentemente, suo malgrado. Direi comunque che nessuno sano di mente potrebbe mai interpretare nel caso specifico "decade" come ultimi dieci giorni, visto che dire "Uno dei Verdone più divertenti dell’ultima decade" e considerare i film di Verdone degli ultimi dieci giorni come più di uno (anzi, più di due, visto che si dice "uno dei") sarebbe follia... Ad ogni modo glielo modifico volentieri in decennio, tanto non lo saprà mai, visto che non ha mai letto il forum e mai lo leggerà (anzi, un mese fa mi ha detto: "Senti Zender, ma tu che ne diresti se mi comprassi un telex? Potrebbe servirmi, per comunicare in modo più moderno").
Metto "decennio", a meno che non si riferisca a dieci persone di nome Ennio e io non lo sappia.
Certo, ma io non ho detto questo. Qui si parla di un film di Verdone, pertanto "infattibile" in dieci giorni. L'espressione "decade" non è sempre equivoca (difatti io avevo capito che voleva dire decennio), ma in altri contesti lo è, eccome.
p.s. mi viene in mente che se il film fosse stato di Corman, però ci stava pure l'equivoco ...