Dopo il ruspante e divertente BOROTALCO (dal quale eredita gli Stadio ad aprire e chiudere con una canzone/simbolo), Verdone passa alla commedia sentimentale, limitando le battute più audaci o sguaiate in favore di una conduzione più misurata, dove il suo personaggio di timido tenerone ha a che fare con una controparte femminile molto meno dominante di Eleonora Giorgi; Natasha Hovey, ragazzina “acqua e sapone” col viso di bimba e il fisico da modella, diventa non tanto l'oggetto da conquistare quanto un'accondiscendente compagna di giochi, figlia di una madre...Leggi tutto che la opprime (Florinda Bolkan) e che crede di averla affidata non a uno scapestrato bidello (cioè il vero mestiere di Rolando/Verdone) ma a Padre Spinetti, insegnante di rango per il quale Verdone si spaccia usurpandone il posto. Nel ruolo di (falso) prete l’attore romano si trova bene e ha modo di contenere l'umorismo più becero. Vive con la nonna (Elena Fabrizi) e ha come vicino di casa un buzzurro invadente (Fabrizio Bracconeri, ben lungi dal trasformarsi nel Bruno Sacchi simbolo quattro anni dopo del telefilm full I RAGAZZI DELLA 3^ C) che insieme straparlano per lui. Con Sandy (Natasha Hovey) vive un rapporto piuttosto infantile e deve sottostare ai capricci di lei, che ha scoperto la sua vera identità e lo usa per fuggire segretamente da una realtà che non le lascia spazi per una vita normale. Un film meno comico del previsto e nemmeno originale, con un Verdone in tono minore e una Hovey poco espressiva. Non c'è grinta, il cast di secondo piano lascia a desiderare (Christian De Sica purtroppo fa solo una comparsata: presenta la sfilata di pellicce Annabella come avrebbe potuto fare chiunque e poi scompare), la storia non convince e le pause si moltiplicano. Verdone attore ce la mette tutta, ma stavolta non basta.
Verdone ripropone la commedia sentimentale fatta a modo suo, quindi con una comicità fatta di alti e bassi che sono voluti per lasciare spazio, tra una risata e l'altra, a quella necessaria pausa di riflessione su situazioni che nella loro apparente assurdità e comicità sono tipiche e vissute del tutto o in parte dalla gente comune. Elena Fabrizi è splendida e fa morire dalle risate nella scena della telefonata (in cui deve fare la donna educata e poi gli scappa un "Sto fijo de na mignotta...").
Il tema del doppio, la voglia di essere un altro è una costante della filmografia di Verdone. Qui l'attore e regista romano si finge un esponente del clero precettore di una modella americana. Pur essendo piacevole, questo film (complice una sceneggiatura un po' fiacca e una coprotagonista non adeguata) è privo di mordente e fa parte del filone verdoniano più macchiettistico. Il regista non manca tuttavia di inserire elementi di satira sociale nell'analizzare il rapporto madre-figlia con la prima manager sfruttatrice della seconda.
Molto divertente. Verdone azzecca sia la scelta degli attori (Bracconeri, la sora Lella, una funzionale Natasha Hovey) sia la direzione del film, che non ha tempi morti e funziona perfettamente. Alcune scene comiche sono tra le più divertenti girate dall'attore-regista romano, che come finto prete regala un paio di gag micidiali.
MEMORABILE: "Pronto... mo' guardo si è rientrato!"
Verdone alle prese con un'ennesima ragazza che gli sconvolge la vita. Malgrado qualche buco nella sceneggiatura (possibile che la madre non avesse mai visto una foto del prete?), è uno dei film più divertenti, merito di alcune gag azzeccate e soprattutto della grande Sora Lella che quando è in scena è sempre un gran divertimento. La Hovey e la Bolkan sono funzionali alla storia, Bracconeri un po' meno, ma la cosa da me più apprezzata di tutte è il mancato happy ending mieloso. Giusto così.
MEMORABILE: Pianto e cambio di calzoni; il latte corretto della nonna; prove di telefonate...
Giunto alla sua quarta regia Verdone si trova alle prese con una gradevole storia di scambio d'intentità, amore all'acqua di rose e tanti equivoci. Carlo finto prete è uno spasso, molto abile a mescolare il romanesco con la sua divertente parlata sforzatamente clericale. Le due spalle comiche, un rozzo (ci fa o ci è?) e giovanissimo Bracconeri e l'inossidabile sora Lella sono valide e simpatiche. Merita due pallini e mezzo.
MEMORABILE: Carlo, sotto lassativi, è costretto a rubare il vestito di una salma...
Film leggero e sentimentale del periodo migliore di Verdone. Molto bella la Hovey allora giovane e fresca. Divertentissima la "Sora Lella" specie nella "lezione" iniziale. Steiner e la Bolkan di bella presenza e storia che scorre via leggera fino al colpo di scena finale.
MEMORABILE: Verdone che finge discorsi teologici e la Sora Lella come appare
Divertente, simpatica e gradevole commedia firmata da Verdone che ha il merito di riuscire a far sorridere senza mai essere volgare (cosa non facile già a quell'epoca e poi sempre più rara col passare del tempo). La storia è piuttosto esilina e non particolarmente originale ma si lascia seguire. Ottimo il finale per nulla scontato.
Altra "fuga da fermo" - mediante scambio di identità - del sognatore Verdone, dopo l'impareggiabile Borotalco. Anche stavolta lo seguiamo volentieri, disarmante com'è nella sua frizzante incoscienza, che forma un divertente contrasto col disincantato buon senso dell'ottima Elena Fabrizi. La Bolkan in quel ruolo ci sembra nata, la Hovey sinceramente no, ma neppure stona. Lo stonato mi sembra Bracconeri, davvero... pesantuccio. Finale malinconico, ma senza amarezza. Ben riuscito!
Nonostante la buona interpretazione di Verdone ed alcuni momenti gradevoli, di questo film salverei solo la partecipazione di Sora Lella. La commedia è piacevole, ma la regia è veramente insostenibile, da principiante direi. Finale altamente improbabile e assolutamente inverosimile. Bella la villa, usata anche in Tenebre.
Film che risente del peso degli anni. La dimessa fattura non è raddrizzata dal solito Verdone (come capita in Borotalco) e proprio il suo personaggio è il punto debole del film. Buoni invece i personaggi di contorno a cominciare dalla Sora Lella in forma "mundial" e dall'interessante personaggio del vicino (surreale e disgustosa la sua apparizione in tuta di color rosso acceso, lui rossissimo di capelli e barba). Film venato di tristezza.
MEMORABILE: "Sto fijo de 'na mignotta di un gatto" "25 gocce di guttalax, a me 10 non fanno gnente"
Bellissimo film con un Verdone camaleonte da schermo come pochi altri e che come insegnante è una furia (ATAC Associazione teologica amici Cristo è geniale!!!). Anche la graziosissima Hovey merita di condividerne la scena, non sbracando quasi mai. Comicità tipica romanesca (di quella doc e meritoria, sia chiaro!) e siparietti spassosissimi (in pasticceria con il bombolone "troppo carico" o al drive in) a ripetizione. Musica in sottofondo e balletto completano l'opera...
Non tra i miei Verdone preferiti, tuttavia carino. Il tema è sempre quello del povero cristo che, credendosi furbo, si cala in panni che non gli competono e finisce prigioniero delle stesse fandonie che racconta. Natasha Hovey sarà anche la ragazza "acqua e sapone!" del titolo, ma come l'acqua scorre via e non lascia nulla: troppo acerba. Bravino Bracconeri, divertente amico impiccione assatanato! La Sora Lella ancora nonna affettuosa e finta ingenua. Passabile.
MEMORABILE: La comitiva di Bracconeri, a Verdone: "Ma che... te sei amico der Vichingo?" e Verdone: "No!" e, fra sé e sé: 'A ridaje cò sto vichingo...
Al quarto film, Verdone inscena, con maggior fluidità e stile rispetto a Borotalco, una favola dai risvolti tipicamente nostrani, affrontando un tema caro al decennio in questione senza scadere in facili "macchiettismi", prossimi in filmografia. Tuttavia, la caratterizzazione dei personaggi viene lasciata a se stante (ad esclusione del proprio, sempre pronto alla trasformazione catastrofica), dimenticando ad esempio l'introspezione di quello della Hovey, col rischio così di arrugginire la colonna portante dell'intera sceneggiatura.
MEMORABILE: Fabrizio Bracconeri: "Aò! Vacce delicato cò quella, che è 'na creatura!"
Tralasciando la miriade di gag ormai storiche del film, rimango ancora positivamente impressionata da come una storia paradossale possa esser stata trasformata in una commedia divertente a tratti romantica e tenera, che però serve solo da leggero sfondo ad una serie di situazioni comiche esilaranti. La Hovey non offre una recitazione brillante ma il suo personaggio sembra le sia cucito addosso. Immense le scenette con Verdone e Bracconieri.
MEMORABILE: Inizio film: "Non fate gli spiritosi che ve carico de compiti a casa, ve faccio neri eh!"
Rispetto al precedente - imbattibile - Borotalco, lo sdoppiamento è rovesciato: Carlo non vuole fingersi più disinvolto di quanto sia, bensì è costretto a fingersi più ingessato, rubando l'identità a un prete. Ne escono fuori gag divertenti e godibili, ma alla fine dei giochi non c'è il lieto fine e resta solo un senso di diffusa malinconia e malessere, dove non c'è - come era nel film precedente - spazio per sognare altri mondi possibili. Buona la sponda Bracconieri-Sora Lella, imbarazzante la bellezza della Hovey, raggelante la Bolkan.
MEMORABILE: Rolando giustifica la tessera dell'ATAC: "Associazione teologica amici Cristo!"; i pantaloni rubati al cadavere del propietario della tintoria!
Un film anomalo, poiché da una parte Verdone riprende le tematiche dei suoi film migliori di quel periodo, ma dall'altra lo infarcisce di sdolcinatezze e momenti un po’ fiacchi che rendono la pellicola nel complesso discontinua. Non un brutto film, anzi, lo ritengo molto simpatico e piacevole, ma altalenante. Fu il lancio di una nuova icona di bellezza acerba: Natasha Hovey, la cui carriera non decollò, peccato. Fabrizio Bracconeri qui spaccone e ancora ignaro del suo futuro da "Bruno Sacchi"...
Una commedia divertente ma piuttosto anonima. Carlo riesce sempre a distinguersi tra gli altri, insieme alla Sora Lella che, anche qui, interpreta il ruolo della nonna. Molto ingenua e inesperta la Hovey, pesante e assolutamente non comico Bracconeri. È una sottile critica verso una certa forma di chiesa e contro una società di apparenza (quella degli anni '80), in cui le modelle sono dive mondiali e i laureati sono costretti a fare i bidelli. Si lascia vedere.
Per la seconda volta un Verdone ormai non caricaturiale e leggermente più impegnato, affronta stavolta la "piaga" delle baby modelle nello star system '80, sfruttate fino all'osso da madri senza scrupoli che vogliono che le loro bambine arrivino dove non sono arrivate loro; c'è la Sora Lella nei panni della simpaticissima nonna, una Bolkan presuntuosa e severa, un Bracconeri erotomane e rozzo e una bellissima e dolcissima Natasha Hovey, la vera stella del film, che si comporta molto bene nella sua parte; bellissime le musiche degli Stadio.
MEMORABILE: Le lezioni agli immigrati; Verdone che prega il morto per fregargli i calzoni e dice: "Gino mioo" per non farsi beccare dalla moglie!
Una delle commedie del primo Carlo Verdone che ha il merito d'aver lanciato Natasha Hovey ed il simpatico Fabrizio Bracconeri (il Bruno Sacchi della terza C). Cast di contorno azzeccato, a cominciare dalla Sora Lella (immancabile nonna di Carlo) e da una Florinda Bolkan ancora bella. Simpatico e leggero, il film mi piace non solo per i duetti fra la Hovey e Verdone (impagabile bidello, travestito da sacerdote-precettore), ma anche per i rapporti conflittuali che intercorrono fra la giovane modella e la madre. Adeguate le musiche degli Stadio.
Bel film in cui si palesa definitivamente una certa propensione di Carlo per la commedia sentimentale, genere in cui in futuro l'attore romano darà forse il meglio di sè. Qui è però tutto in embrione e prevale ancora il lato puramente comico; grande spazio poi ai caratteristi, tra cui un irresistibile Bracconeri (perfino più simpatico qui che nei Ragazzi della 3C!) e l'immancabile Sora Lella. Perfetta la Hovey, eterea e irraggiungibile. Un buon film, insomma...
MEMORABILE: A casa di Bracconeri: "A rega', sto attrezzo è Rolando, er mandrillo del palazzo" "Che frequenti il giro del Vichigo a Fregene? " "No... (a ridaje!)"
Perfetto mix di romanticismo e comicità, gustoso e divertente come solo un film del Verdone prima maniera poteva essere. Simpatico e divertente Fabrizio Bracconieri nella parte del classico burino, impareggiabile la sora Lella in quelli della nonna; se la cava benissimo anche la Hovey. Cameo di un giovane Christian De Sica.
Il personaggio un po' ingenuo, che si invaghisce di ragazze "impossibili" e si mette in situazioni più grandi di lui, è un classico della cinematografia di Verdone; questa è una delle sue prime prove sull'argomento e rimane forse una delle più spontanee. Grazie a una recitazione più misurata dei primi lavori ma comunque spassosa (diventerà in seguito una caratteristica dell'attore), Verdone riesce a condurre con un buon ritmo questa vicenda sentimentale che non manca di strappare qualche risata. Molto bravo Bracconeri, perfetta la Hovey.
Un cult della filmografia di Verdone, quando nei primi Anni Ottanta Carlo era un vulcano di idee e scriveva di getto una sceneggiatura perfetta in un mese appena! Oltre che essere maledettamente divertente, il film è pieno di gag riuscitissime, di dialoghi scritti molto bene: un perfetto puzzle che vede sceneggiatura, regia, cast che si incastrano divinamente. Carlo guida una regia assolutamente pulita e un cast che vede tra gli altri la Sora Lella (grandissima caratterista romana), un Bracconeri al posto giusto e una Hovey deliziosa. Imperdibile!
MEMORABILE: La Sora Lella che becca Verdone e Bracconeri a ballare stretti stretti!
Storia divertente, serenamente intrigante e con un buon ritmo. Percorre anche la via dell'improbabile, nei dialoghi stralunati di Carlo Verdone (quelli di sempre, tanto per capirci). L'insieme frutta bene, anche perché i personaggi di contorno sono all'altezza e il mitico motivo degli Stadio piazza il calcio finale che fa decollare la pellicola. Il finale è come una coccola per il nostro amante di superficie, con la sua sigaretta disimpegnata ed i suoi amici che ballano con lui. Assolutamente vedibile in santa pace.
MEMORABILE: La spiegazione del libro; il mandrillo del palazzo..
Tiene bene fino a quando la protagonista scopre la verà identità del protagonista. Il film da lì, da azzeccata commedia degli equivoci che era, scivola verso la commediola sdolcinata-sentimentale-impossibile e perde continuamente colpi, fino al noioso finale in casa di lui. Verdone è adorabile, ma il ruolo di simil-Mimmo, trascinato in una trama senza veri guizzi, finisce per annoiare. Hovey bella e adatta, ma troppo àlgida. Non più di **
Anche giudicandolo con i canoni del tempo questo film convince davvero poco. E alla lunga annoia pure. Tra i primi lavori di Verdone sicuramente il peggiore. Anche se la sceneggiatura è un insieme di luoghi comuni della commedia, non ricordo una sola scena dove abbia riso vermente. Solo la sora Lella riesce a strappare qualche sorrisino per la sua bravura. La Hovey e la Bolkan praticamente inguardabili e Bracconeri calca troppo la mano per essere credibile. Qualche battutta storica qua e là ma niente di più.
MEMORABILE: Bracconeri a Verdone: "Ma quante volta l'hai colpita? E quale è stata 'a meglio?"
Ha il fiato corto il quarto film di Verdone, che sembra quasi un remake allungato dell'episodio di Mimmo da Bianco, rosso e Verdone. La storia del bamboccione che si innamora della modella comincia a mostrare la corda a metà del film; poco plausibile la Hovey come top-model (ma poi possibile che la madre tirannica la lasciasse sola intere giornate con il professore?), prevedibile il finale e nonostante qualche battuta azzeccata alla fine ci si annoia un po'. Consigliato solo ai fan di Verdone.
Si potrebbe suddividere in tre fasi: una partenza giocosa e frizzante con una sorta di Vacanze romane verdoniana – ma la Hovey è certo più Brooke Shields che Audrey Hepburn -, un calo precipitoso quando subentrano sdolcinati risvolti rosa e una tardiva ripresa con l’inaspettata amarezza finale. Verdone attore si sceglie un personaggio di bambinone, convincente soprattutto nei suoi dialoghi timidi e goffi e, come regista, equilibra i comprimari più esagitati (Fabrizi, Bracconeri) con quelli più impettiti (Bolkan, Saxson).
MEMORABILE: Verdone che racconta alla Bolkan le sue improbabili origini italo-inglesi.
Commedia divertente in cui un laureato in lettere si finge precettore per una modella bambina. Risate assicurate nei duetti con la Sora Lella e con gli atteggiamenti macchiettistici del Verdone sacerdote. Analisi sociologica sulle modelle bambine. Buon film.
Non il miglior Verdone, ma comunque gradevole. Il film è una commedia romantica, che inizia davvero alla grande, ma dopo l'arrivo alla villa della Bolkan il ritmo ha un leggero calo e funziona a momenti alterni, anche se si lascia vedere. Merito soprattutto della verve sempre alta di Carlo Verdone, soprattutto nei duetti con la Sora Lella (anche qui sua nonna e bravissima), davvero esilaranti. La Hovey è acerba e inesperta, ma funziona nel contesto, Bracconeri così e così. Bene la Bolkan nel ruolo della madre iperapprensiva. Bella la OST degli Stadio.
MEMORABILE: Verdone che ruba i pantaloni al lavandaio defunto; Sora Lella: "Mo' guardo se è rientrato"; ATAC associazione amici Cristo; Latte+lassativo della nonna!
Buona performance di Verdone, sia come regista che come attore. Storia dal tema abbastanza ricorrente negli anni 80. Sono passati 30 anni e si denota come la società sia notevolmente cambiata. Elena Fabrizi è mitica mentre è graziosa la giovane protagonista. Film visto un mare di volte ma talmente leggero e simpatico che non stanca. Ottima la colonna sonora degli Stadio, che furono "scoperti" da Verdone all'apertura di un concerto del grande Dalla.
Leggera commediola sul tema della doppia identità con un Verdone meno strabordante del solito ma abilmente spalleggiato da una memorabile Sora Lella. Una giovanissima Hovey agli esordi svolge il suo compitino, brava la Bolkan nel ruolo di sua madre, spiritoso Bracconeri nel ruolo dell'amico/vicino di casa di Verdone. In alcuni momenti prevale un po' di noia, ma tutto sommato il film regge discretamente. Sigla celeberrima degli Stadio.
MEMORABILE: Verdone che ruba i pantaloni al morto e Verdone che vestito da prete inizia a dire a un'attonita Bolkan una sequela di "questo Cristo che..."
Altro punto messo a segno da Verdone nella prima parte della sua carriera. Dopo i fasti di Borotalco, dove lo scambio di persona funge da perno per tutta la pellicola, anche qui Verdone adopera il medesimo escamotage per diventare padre Michael Spinetti e assumere il ruolo di maestro privato della baby-modella Natasha Hovey. Tante battute di spirito della ritrovata Sora Lella e un Verdone che gestisce le sue smorfie e cambi d'umore in un modo molto piacevole. Finale un po' tirato via (parla di lavoro... ma non era stato licenziato?).
Saranno i duetti con la Sora Lella, le situazioni comiche, il confronto con la piccola donna-bambina Hovey, ma rispetto al precedente Borotalco, dove Verdone riprende un po' l'equivoco dello scambio di persone, la commedia è più divertente e filante. Buona la colonna sonora degli Stadio. Non male Bracconieri e la Bolkan.
MEMORABILE: La telefonata della Sora Lella e la scena finale.
Americana di passaggio a Roma assume un sacerdote come precettore della figlia adolescente, top model professionista, ma sotto le vesti del compunto reverendo si cela il comicamente inadeguato Verdone che con la sua parlantina intontisce la madre ma si fa subito scoprire dalla ragazzina... Commedia riuscita a metà, sia per quanto riguarda le gag che per quanto riguarda il cast: Verdone assai simpatico, ma Bolkan, pur attendibile come militaresca madre-manager, sembra recitare in un altro film, e la graziosa Hovey è partner inconsistente.
MEMORABILE: Lo sproloqui del finto padre che parla di spiritualità, ripetendo sempre la stessa frase
Un Verdone leggero leggero, che rielabora temi e personaggi già visti nei suoi primi tre film, tra gag simpatiche e una storia scritta su misura per il suo personaggio ingenuo e bonario. Il punto di forza più grande sono i validi caratteristi, dalla sora Lella al verace Bracconeri, che strappano risate in più di un'occasione. Finale amarognolo che fa presagire i film della maturità.
Dopo l'ottimo Borotalco Verdone ripropone il gioco degli equivoci scivolando ancor più verso il sentimentalismo e finendo per trasformare la storia in un gioco a due fra adolescenti o quasi. Rolando fa il Mimmo della situazione (con tanto di nonna) e Bracconeri l'amico trucido e un po' più scafato. Nel corso della visione spesso si ha la sensazione del già visto, eppure sulle note degli Stadio, guardando gli aerei, non si può non provare una certa nostalgia per gli amori passati o per quelli mai nati veramente.
Un film del primo periodo verdoniano, in cui il regista/protagonista è in formazione e si destreggia tra momenti comici e altri più seri (vedi il finale). In ogni caso il film non è niente male e vede, oltre al citato Verdone, un'ottima Sora Lella e un Fabrizio Bracconeri giovanissimo e molto divertente. Bella ed elegante Florinda Bolkan. Promosso.
Il primo crollo del Verdone anni '80. La tematica è ancora una volta di grande originalità e profondità, ma è sviluppata in modo troppo smielato in una serie di vicissitudini prive dello spirito creativo dimostrato dal regista nei lavori precedenti. La Hovey è totalmente inespressiva, ma ha un viso particolare adatto allo scopo. Colonna sonora monotematica e finale banale. Vedibile, nulla più.
Dopo l'ottimo film precedente, Verdone sfrutta al massimo la sua buona ispirazione confezionando una commedia che ne ricalca per certi versi lo stesso schema (ossia il tema del doppio) riuscendo ugualmente a ottenere risultati positivi. Come in precedenza l'attore romano viene spalleggiato da una figura femminile, la giovane Hovey, attrice che poi si rivelerà una meteora; meglio il resto del cast: la ruspante sora Lella e l'insolente Bracconeri ci regalano i momenti più divertenti del film. Piccola apparizione per De Sica.
MEMORABILE: ATAC? E' l'Associazione Teologica Amici Cristo.
Simpatica commedia, ma nulla di più; certo non è il miglior Verdone. Il film comincia bene e diverte, soprattutto grazie alla mitica nonna e continua su questo livello fino alla trequarti, dove si ammoscia diventando un'insipida storiella d'amore un po' impossibile. Film leggero leggero che si fa guardare ma che non dice assolutamente nulla.
Un bidello suo malgrado (laureato, vorrebbe insegnare) si sostituisce come prete precettore per una giovanissima modella americana della quale si innamorerà. Come nel precedente, anche in questo film Verdone tenta la carta dello sdoppiamento e, pur non essendone il film sullo stesso livello, si lascia guardare perché ci fa ridere senza parolacce e con molta simpatia. La Hovey non è la Giorgi e sembra capitata lì per caso, ma molte gag sono comunque comiche ancor oggi. Spettacolare la Sora Lella, Bracconieri odioso. Finale agrodolce.
MEMORABILE: Verdone e la Hovey mangiano paste ripiene di crema in un bar suscitando lo sdegno dei proprietari.
Un Verdone per alcuni versi ancora acerbo ma che già fa intuire dove andrà a parare in futuro è regista e protagonista di una garbata commedia che gira a corrente alternata. Prima parte divertentissima con Carlo che per fare da insegnante a una modella si traveste da prete duettando in maniera perfetta con una grande Sora Lella. Battute ed equivoci come da copione strappano parecchie risate. Poi entra in scena la parte romantica e il ritmo si sgonfia trascinandosi abbastanza fiaccamente verso un finale che spara ancora qualche buona cartuccia.
Il titolo si applica bene sia alla giovane co-protagonista (la graziosa ma impalpabile Hovey) che alla natura rarefatta del film, dove il registro si alterna fra commedia e storia sentimentale senza scadere negli eccessi. Un po' di mordente in più, però, non avrebbe guastato; invece la storia fatica ad avanzare in più di un'occasione. Per fortuna Verdone sa come destreggiarsi e può contare su buoni comprimari, in primis la sempre azzeccata Sora Lella.
MEMORABILE: Il furto dei pantaloni durante il funerale.
Quarta esperienza registica di Verdone, perfettamente in linea con la commedia italiana degli anni 80. Una storiella semplice semplice trattata con il garbo e la consueta dolcezza verdoniana. Natasha Hovey sembra una bambolina (ma forse era voluto così) e non convince più di tanto, bellissima ed enigmatica come sempre la Bolkan, Bracconeri nella parte ci sta bene. Grande la sora Lella.
Non è fra i titoli più riusciti di Verdone ma regala comunque diversi momenti divertenti, soprattutto nella prima parte. La Fabrizi è - al solito - irresistibile, Bracconeri è - al solito - insopportabile, Natasha Hovey è ornamentale (così come in Compagni di scuola). Molti gli stereotipi, specie quelli relativi al mondo della moda, ma in fondo è una commedia romantica senza alcuna pretesa se non quella di intrattenere e ci riesce senza mai (s)cadere in volgarità. Memorabili le musiche degli Stadio.
Un buon film, ma inferiore rispetto allo standard delle prime tre pellicole verdoniane. A spiccare è senz’altro la ricercatezza degli ambienti, valorizzati da un’ottima fotografia, insieme alla solita fantastica interpretazione di Verdone. Il film, però, soffre di una sua ripetitività interna che lo rende statico, pur presentando delle scene piuttosto riuscite. Memorabile il finale.
Alcune trovate spassose si alternano ad altre più banali. Peccato anche per il finale sdolcinato e scontato. Ottime le incursioni delle sempre divertente Sora Lella, che strappa grasse risate e vince la palma dei "quadretti" più divertenti. L'incipit non sarebbe male, ma per allungare il brodo si rischia il sapore, che alla lunga diventa scialbetto, complice anche una Hovey troppo acerba. Un film comunque godibile che ben regge i tanti anni che avanzano. Certamente, senza troppe pretese.
Simpatica commedia sentimentale e di accusa (lo sfruttamento dei giovani nel mondo dello spettacolo da parte dei genitori), che inizia a invecchiare ma non perde quanto di buono mostrato sin dall'inizio. Verdone è mattatore totale, grazie al giusto mix di comicità e momenti agrodolci e seri, dando il meglio in entrambe le occasioni. Il lato comico è vincente grazie alla scelta e all'uso sapiente della Sora Lella e di Bracconeri, a dir poco perfetti ogniqualvolta vengono inquadrati. Piacciono meno la Hovey e il suo immobilismo facciale.
MEMORABILE: "Ma che bazzichi er giro der Vichingo, conosci Manlio... ; Il terribile autodoppiaggio della Bolkan; Il tema principale cantato dagli Stadio.
Un Verdone in discreta forma dirige e interpreta un’ennesima variante di Vacanze romane, senza raggiungere particolari picchi a livello umoristico (né registico o contenutistico) ma mantenendosi scorrevole e piacevole per tutta la durata, con qualche leggera caduta (le sfilate) ma anche certi riusciti momenti (il finale, sconsolato ma ironico) che lasciano intravedere l’arrivo, da lì a poco, della fase più malinconica e introspettiva dell’attore-regista. Bracconeri improbabile seduttore tutto sommato non dispiace. Datate musiche degli Stadio.
Quarta regia per Carlo Verdone e quarto bel colpo cinematografico. In realtà il film non è una novità assoluta e prende un po' dai precedenti tre film del regista, ma a vincere è il modo in cui Verdone riesce sempre a raccontare le sue storie con la sua ironia pungente e quel tocco di sentimentalismo mai smielato, proprio come in questo caso. Nel cast manca forse una spalla adeguata, anche se la classe di Florinda Bolkan resta intatta. Film divertente, che si chiude però con troppa fretta.
Sulle note degli Stadio inizia un’altra straordinaria commedia strabordante di momenti divertenti. Non c’è solo Verdone a dare spettacolo perché la presenza di Bracconieri e di Elena Fabrizi aggiunge quel quid di cui si sarebbe sentita la mancanza. Si percepisce l’intenzione di non voler temporeggiare troppo nei dettagli della vicenda, scegliendo un approccio più orientato a una forma di lirismo nascosta tra le righe, a suo modo poetico nel narrare il rapporto sentimentale tra i due. Merita di stare tra i classici degli anni Ottanta.
MEMORABILE: A.T.A.C. – Associazione Teologica Amici Cristo; Il balletto con Bracconieri.
Tra i Verdone vecchia maniera (per lo meno fino a C’era un cinese in coma) è quello fra i più deboli, complice un soggetto già visto e un personaggio femminile un po’ sciapo (compreso anche tutto il contesto che le ruota attorno) e una deriva melensa cucita su misura sull’imbambolata ma comunque bellissima Hovey. D’altro canto si ride eccome: la comicità del regista-attore romano è sempre sul pezzo coadiuvato dalla mitica sora Lella e un ruspante e giovanissimo Bracconeri. Non si riesce a bocciarlo.
Atteso alla controprova dopo Borotalco (che fu test decivisvo) Verdone fa centro, garantito ancora da Oldoini in scrittura. Rimischia le carte tenendosi stretto l'atout del mascheramento. Dopo Manuel Fantoni ecco il finto prete: i personaggi diventano sempre altro, fungono da alter ego dell'alter ego. Si ride di gusto e non per freddure, anche se la mimica verdoniana inizia a peccare di ricorsività. La sora Lella infila una serie di match point che le valgono il David. La Hovey, una post-lolita spirito dei tempi, non caricaturale, è rimasta la donna bambina di una generazione.
MEMORABILE: Il prof Ferrazza agli alunni: 'Vi devo fa' 3 appunti. Primo, non vi applicate; secondo...non scaricate. E terzo: quanno me pagate?'
Commedia pulita, come da titolo, che mostra un buon equilibrio tra le due anime del cinema verdoniano, anche se quella più comica e popolare (pur riproponendo il tema di Borotalco) trova migliore espressione anche grazie alle “spalle” Fabrizi e Bracconeri; il côté più sentimentale e sofisticato, con le malinconie della maturità, è meno convincente: la Hovey non ha forse grandi doti recitative, ma è fresca e adatta al ruolo; la Bolkan, nonostante abbia una parte interessante (quella della madre manager) che sembra fatta apposta per lei, purtroppo incide poco.
Verdone alla quarta regia si stacca definitivamente dai suoi personaggi teatrali cercando nuovi percorsi narrativi, ma gli esiti di questa commedia tinta di rosa sono piuttosto fiacchi. La storia, esilarante e vivace nella prima parte, tende ad afflosciarsi quando sfocia nella love story, piuttosto scontata e priva di mordente, a causa anche di una protagonista non abbastanza coinvolta. Buoni i personaggi di contorno (la Fabrizi e Bracconeri) e sufficientemente curata la confezione, con una bella ost degli Stadio. Una prova nel complesso discreta, che merita una visione.
MEMORABILE: La scena iniziale con gli studenti di italiano; La prova di Lella Fabrizi, nella sua parte migliore al cinema.
L'istintiva simpatia del primo Verdone dà un senso al film più di ogni altra cosa, anche perché la moraletta di fondo sui genitori delle giovani star lascia il tempo che trova. La prima parte del film è spumeggiante e a tratti irresistibile con il romano a imperversare e a colpire in ogni scena, poi inizia l'empatia con la Hovey (bellissima ma gelida) e il film inizia ad affievolirsi, fino a un finale discreto ma nulla più. Con uno script migliore ci sarebbe stato da parlare molto meglio di questo film, anche perché Verdone appare in forma e si ritrova perfettamente nel personaggio.
MEMORABILE: Verdone che ruba i vestiti al morto; "Cos'è l'ATAC?" "Associazione teologi amici di Cristo!"; Tutti gli interventi della mitica Sora Lella.
Bidello si finge prete per dare ripetizioni a una modella. Si punta sull'equivoco di chi cerca lavoro sulla graziosa ragazza di turno. Sceneggiatura dai pochi risvolti che come consuetudine evita il finale buonista. L'ultima parte ammicca a una minima fase di maturazione dei personaggi che non dispiace. La Hovey è carina ma non le si può chiedere troppa profondità, Bracconeri è al limite del fastidioso, bene la sora Lella.
MEMORABILE: Le ripetizioni in casa; "Famo un conclave"; Al drive in; Le vanterie delle prestazioni.
Piacevole commedia sentimentale ben diretta da Verdone, il quale puntella una storia concentrata molto sul romanticismo con la simpatia e lo spirito della Fabrizi, vero fenomeno del film, nonostante siano buone anche le presenze della Hovery e della Bolkan. La sceneggiatura inizia con un forte impatto comico per poi puntare molto sul sentimento e il romanticismo, dei quali Verdone è buon interprete del personaggio un po' goffo e sfigato. Non sarà sicuramente la sua opera migliore, ma resta da vedere per passare una serata leggera e spensierata.
Quarto film di un Verdone ormai staccato dai personaggi da macchietta con i quali ha esordito. Al netto di qualche buon momento comico, delude per la pochezza della sceneggiatura e per la presenza di alcuni personaggi deboli. La prima parte magari è anche divertente, con una Sora Lella in grande forma, ma poi il melenso prende piede e la trama scade di parecchio. Sprecata la Bolkan, insipida la Hovey.
MEMORABILE: La lezione agli stranieri e al carabiniere; La telefonata con improperio della Sora Lella.
Abbastanza fiacco, se si pensa al lavoro che ha preceduto questo film. Il personaggio di Verdone è inizialmente gradevole ma in seguito fastidioso. Buono il cast di supporto, sempre immensa la Sora Lella, che recita le uniche battute valide del film, legnosa la Hovey. La sceneggiatura scorre senza picchi, scadendo nel finale. Regia poco incisiva. Resta l'idea di un film messo su in modo affrettato, senza particolare convinzione, per riprendere il cliché di Borotalco ma senza ispirazione e voglia. Manca il necessario contorno di attori e un/a coprotagonista di rango. Peccato.
Visto il periodo prolifico di Verdone, il film risulta ancora più inconsistente del dovuto, con una sceneggiatura rivolta tutta a un sentimentalismo slavato e fuori portata degli interpreti, Carlo compreso. Che poi sia lui ad accollarsi l'intera pellicola non basta a salvarla, anche perché sia la severa Bolkan che la patinata meteora Hovey proprio non funzionano. Bidello bamboccione si spaccia per ecclesiastico educatore privato al servigio di una giovane modella repressa; equivoci e siparietti scontati e poco riusciti, Nonna Lella sprecata. Le "olive greche" sono lontanissime.
Un Verdone che preferisce concentrarsi su aspetti più leggeri, con questa commedia sentimentale, rispetto ai temi sociali o drammatici che aveva affrontato in precedenza. Si punta più sulla comicità e Verdone da questo punto di vista è in gran forma, con alcuni momenti davvero spassosi. Il film regge molto bene fino a quando si scopre la verità, da lì in poi il calo è abbastanza evidente. La Hovey è bella e funzionale, valido il cast di contorno con citazione per la solita Sora Lella e per la Bolkan. Finale particolare ma azzeccato.
MEMORABILE: La Sora Lella; "E questo Cristo che si immola..."; I pantaloni rubati al cadavere durante l'elegia funebre.
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DiscussioneColumbo • 8/08/11 16:51 Pulizia ai piani - 1097 interventi
A parte qualche battuta all'inizio, il resto è fiacco.
DiscussioneZender • 8/08/11 17:25 Capo scrivano - 48353 interventi
Anch'io lo ricordo come fiacco rispetto, che so, a Borotalco. Però credo si possa dire che in generale è piaciuto parecchio.
DiscussioneColumbo • 8/08/11 17:31 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Verrò deriso nella pubblica arena, ma trovo fioco e superficiale pure Borotalco. Il Verdone sentimental-zuccheroso non mi convince (escluse ottime battute che qua e là fanno capolino).
La scelta del Collegio Nazareno come location di questo film probabilmente non è stata casuale. Verdone lo conosceva per avervi studiato nel suo Liceo Classico, dove ha avuto come compagno di banco il suo futuro collega e cognato Christian De Sica.
DiscussioneAlex75 • 18/06/20 19:22 Call center Davinotti - 710 interventi
E' stato il primo film di Verdone che ho visto, all'età di 11 anni. E' più debole e meno memorabile rispetto ai precedenti, ma l'ho rivisto volentieri.
E' stato il primo film di Verdone che ho visto, all'età di 11 anni. E' più debole e meno memorabile rispetto ai precedenti, ma l'ho rivisto volentieri.
“Più debole e meno menorabile”???
ne sei sicuro...
Il poster presente nella stanza Rolando (Verdone) è quello relativo al decimo Festival International di Montreux tenutosi nel 1976. L'autore è Milton Glaser: