Dimenticarsi il Neil Marshall di
The descent (se non che salta fuori nei furiosi corpo a corpo femminili o nell'entrata nella grotta che porta all'epoca medievale
verhoeveniana e con scontri nell'arena del Ridley Scott "
romanesco") , che omaggia in toto il cinema post apocalittico (fin dai nomi dei due soldati
cameroniani: Miller & Carpenter), rifacendo, a suo modo, ipertrofico e tonitruante, un classico dell'apocalisse
made in England , tributando il nostro
Castellari con le moto bardate con teschi e scheletri e il
Deodato atlantideo per quanto riguarda la mise dei reietti sopravvissuti.
Dopo un inizio che porta lo spettatore nel bel mezzo del kaos (la bimba colpita all'occhio, i militari che sparano indistintamente sulla folla impazzita, i linciaggi ai soldati stessi), ci si sposta in area "gangster movie" (l'assalto alla nave, la ragazza nera simil
Coffy) , per poi rituffarsi nella post apocalisse con una Glasgow spettrale e abbandonata di rara e spaventosa suggestione (la distesa di mucche), dove Marshall mette dentro di tutto, dal "recente"
Romero , ai
Monty Python, per passare dalle parti di
Bartertown, fino a d arrivare in zona
Michael Bay.
Tutto viene frullato dal citazionista (e appassionato) regista inglese, che con un budget elevato, non lesina mega feste parafelliniane a base di cannibalismo
deodatiano (ma questa volta ben cotto) con innesti
coppoliani e il delirio sfrenato più assoluto.
Quel che resta davvero godurioso è la deriva splatter, ferocissima e insistita, a cui Marshall si abbandona senza freni (tanto che da noi si è beccato un eccessivo divieto ai minori di 18 anni), cooadiuvato da un Paul Hyett al massimo della forma tomsaviniana; decapitazioni (con le teste mozzate che roteano ancora gli occhi), facce spappolate, devastanti colpi in arrivo, i terribili effetti del virus tra volti deformati dalle pustole e vomitate assortire, mani amputate, gole squarciate, schizzi ematici che sprizzano ovunque, evitando accuratamente CG e gore cartoonesco (nonostante il tono fumettoso del film)
In più la straordinaria figura della letale e ferina Viper (Lee-Anne Liebenberg). amazzone pittata mahori che da fuoco alle danze e si trasformerà in una sottospecie di grottesca bambola di carne mal assemblata, a far compagnia allo schizzatissimo Sol, sorta di imitazione del classico
Wez milleriano.
Non mancano cafonate e tamarrate che , a volte, rischiano pesantemente di mandare il filmaccio in vacca (la Aston Martin nera e tutto il fracasso stradale che ne consegue, per dirne una), ma il divertimento è assicurato e, visto oggi, con una sua cupa e inquietante profezia.
Alla fine Neil Marshall ne ripeterà la formula, in chiave gotico/horror/stregonesca (e riprendendone paro paro la parte medievale al castello di Malcom McDowell e la donna guerriera di Viper nelle vesti della sfigurata e spietata Ursula) nel villipeso e ingiustamente snobbato
The ReckoningNel cinema di Neil Marshall è un attimo passare nei boschi e in grotte inesplorate dove (soprav)vivono esseri mutanti femminei , a foreste, dove d'incanto, sorgono manieri alla corte di Re Artù.