Film fortemente voluto da Sergio Leone, che aveva apprezzato la figura di Trinità nei due western-parodia di E.B. Clucher e ne voleva ridisegnare la caratterizzazione senza forzarne l'aspetto comico. IL MIO NOME E’ NESSUNO doveva insomma essere una versione più seria, ambiziosa e impegnata dei film che avevano sbancato i botteghini due anni prima. Da un'idea di Leone, quindi, Tonino Valerii (collaboratore del Maestro in molti film) ha tratto un western ibrido, in cui la mano di Leone (che ha diretto personalmente una buona parte delle scene) si sente eccome, dalla scelta degli attori (Henry Fonda l’avevamo già visto in C’ERA UNA VOLTA IL WEST...Leggi tutto) alle belle musiche di Ennio Morricone, fino ad arrivare all’esasperante lentezza che contraddistingue molti momenti (vedi il prologo, dieci minuti di silenzio scandito dai rintocchi di una pendola). Se però l'idea di riproporre un Trinità più serioso era buona, perché copiare spudoratamente le gag più celebri (la rapidissima alternanza schiaffo/pistola/schiaffo al saloon, per esempio) aumentandone la velocità fino a far pensare alle vecchie comiche mute? In ogni caso il film di Valerii non ha purtroppo la vivacità, il ritmo, la dirompente allegria dei Trinità e ne risulta quasi come una copia sbiadita (anche nella fotografia). Henry Fonda appare rintronato dall'inizio alla fine, i riferimenti cinematografici a Peckimpah (viene ritrovato il suo nome su una lapide) e al suo MUCCHIO SELVAGGIO sembrano fuori luogo e il soggetto era troppo scarno per estrarne un film di due ore. Terence Hill non ha difficoltà a ripetere gesti ed espressioni del personaggio che l'ha reso celebre, ma la mancanza della controparte ideale Bud Spencer si fa sentire, soprattutto in termini di comicità. Nel complesso un western curioso, molto apprezzato all'estero (è una coproduzione Italo-franco-tedesca) e meno da noi, dove Leone lo si apprezza maggiormente nei film completamente suoi.
Western parodistico con un anziano e taciturno Henry Fonda e un giovane ed esuberante Terence Hill in Trinità style. La violenza tipica del genere lascia spazio al divertimento, con barzellette, prese in giro (indimenticabile la tomba di Sam Peckinpah!) e situazioni comiche ben rese da Hill. Musiche di Ennio Morricone, che cita 'La cavalcata delle Walkirie' di Wagner.
La commistione fra il western classico di Henry Fonda e quello di Terence Hill, cui s'aggiungono alcune soluzioni alla Leone, partorisce un film guardabile, qua e là gradevole, ma il cui totale risulta inferiore alla somma dei singoli addendi, perché essi non sono del tutto compatibili. Ne viene fuori un esito finale ibrido, poco convincente, benché formalmente corretto.
Ci sarebbe molto da discorrere su questo film, nato da un'idea di Leone che voleva vendicarsi di Barboni (reo di avergli oscurato al botteghino il suo C'era una volta il West). Nelle intenzioni il titolo "Il mio nome è nessuno" indicava che Hill (Trinità), al cospetto di un mostro sacro come Fonda, doveva rendersi conto della sua nullità. Ma il regista Tonino Valerii cambiò le carte in tavola trasformando il giovane in un bravo ragazzo che aiuterà Fonda ad andare tranquilamente in pensione. Da vedere.
Capolavoro. Leone (Valeri può dire quello che vuole, ma chi ha occhi per vedere vede) si congeda dal genere, e la staffetta fra due ère del western è persino didascalica, nella lettera di commiato di Beauregard/Fonda. Certo, la mente suggerisce che vi sono degli squilibri non risolti, delle gag troppo insistite, ma il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce, e chi ama questo genere non può che commuoversi nella maestosa sequenza della carica del mucchio selvaggio, commentata da un grandioso tema morriconiano.
Simpatico, scanzonato (il motivetto principale ne è una riprova), ma con un Fonda (pistolero sul viale del tramonto) che non perde la sua dignità. Hill gli si appiccica addosso, perché vuole fargli fare l'impresa della vita (chiedere al mucchio selvaggio). E' un film leggero ma girato bene, con un Terence in palla (come pesca, il tetto da sorreggere, dal barbiere come Fonda ma...). Bello il duello finale con tanto di fotografo. Tra il serio (Fonda) e il faceto (Hill), ma con equilibrio. Ogni tanto rallenta e diventa troppo clownesco (gli specchi, il pupazzo), ma resta comunque buono.
MEMORABILE: La storia dell'uccellino; L'idea delle fibbie luccicanti da utilizzare come...; Il dito puntato.
Ai classici temi del western leoniano si aggiunge lo scanzonato stile di Terence Hill, ben sottolineato dalla partitura di Morricone, sempre fondamentale per il genere. Accanto al serioso Henry Fonda (reso qui più umano rispetto a C'era una volta il West) Hill se la cava bene, modulando bene il suo ruolo di "apprendista" già scafato e senza eccedere sul comico. Alcune belle trovate, ma nel complesso è inferiore ad altre opere di Sergio Leone.
Nonostante il dècor lussuoso e le memorabili musiche di Morricone (ma il tema del Mucchio Selvaggio è un brano che scrisse anni prima per Tenco e qui riciclato), vedere Hill che spara ai trampoli di un clown o prende a schiaffi un pistolero togliendo e rimettendo le pistole dalla fondina irrita non poco. E così una bella idea, in parte girata da Leone e si vede (l'inizio e lo scontro Beauregard-Mucchio Selvaggio e credo il duello finale) va perduta; e irrita che si giri un film contro Peckinpah (che sicuramente è migliore di Leone).
MEMORABILE: "Nobody was faster than him", lapide con gioco di parole per il "trapassato" Beauregard.
Risulta esser un piacevolissimo film pur non avendo cose che brillino in particolare e pur mostrando alcune falle. Eppure... eppure ha momenti che scivolano da puro divertimento e relax verso un forte senso di malinconia. Il passaggio Fonda/Hill piace, così come il vecchio pistolero che lascia al giovane. Piacciono, ma non c'era bisogno alcuno di aggiungerlo, le musiche del grande Ennio!
Evidentemente Leone (consegnando la regia al bravissimo Valerii) ad un certo punto si è reso conto di aver scandagliato ogni passione e pulsione del mondo western, eccetto una: il tono scanzonato e sardonico che solo Terence Hill in quegli anni poteva rendere. Lirismo, grandi temi morriconiani, silenzi, distese sterminate, ma anche schiaffoni ed un po' di buonismo. Tutto gustosissimo. Un altro modo per raccontare la fine del west, ed il pensionamento dei suoi eroi. Hill irresistibile e Fonda unico. Nella storia del cinema italiano. 3 pallini e mezzo.
MEMORABILE: Il duello finale col trucco (c'è anche il fotografo ad immortalare la scena), scimmiotta i classici duelli leoniani. Un pizzico di autoironia di Leone.
Simpatico. La regia di Valerii è indice di qualità e la coppia Terence Hill-Henry Fonda funziona alla grande: entrambi sono molto bravi. Le scene dello scontro tra Fonda e i ladroni sono da gustare e anche il finale non è male. Sicuramente da considerare.
Simpatico western presentato da Sergio Leone, diretto da Valerii e interpretato da Fonda e Terence Hill. Ricco di significati e scene ironiche ed interessanti. La storia di un uomo che racconta il mito di un personaggio e che vuole che rimanga tale fino alla morte, in modo da divenire un esempio per le prossime generazioni. Buona la fotografia così come i risvolti che intercorrono fra una landa e l'altra. Ottima come sempre la musica di Morricone. Accettabile e godibile.
MEMORABILE: Quando Terence racconta la storia dell'uccellino.
Da un'idea di Sergio Leone nasce questo spaghetti western di tutto rispetto. Terence Hill si dimostra un buon attore per questo genere di film. Henry Fonda non fa altro che confermare quello che ha fatto in C'era una volta il west. Le musiche di Morricone sono "simpatiche" e se Valerii non è Leone, credo che il film non vada comunque sottovalutato.
Film molto riuscito e simpatico: viene da pensare che il protagonista Nessuno altri non sia che Trinità, che grazie all'incontro col suo eroe di sempre, veterano del West, trova la sua strada e diventa finalmente "qualcuno". Ma è anche un affresco sulla fine di un'epoca, quella del West, che forse nella realtà non è nemmeno mai esistita. Lo si capisce anche dalle musiche, malinconiche e allegre come mai in un western.
MEMORABILE: La lettera finale di Fonda; il Mucchio Selvaggio, che corre nella prateria con annessa colonna sonora Morriconiana (da urlo!).
Per anni, guardando questo film, noi amanti di Leone ci siamo detti "...Certo che si vede dove ha messo mano il maestro...", poi, ascoltando testimonianze importanti, si scopre che forse è accaduto proprio il contrario, ovvero che le scenette al luna park e i peti vari siano quelli frutto di Leone, intento a frenare il progetto... C'è ovviamente di che leggere sulla rete... Ciò che importa è che il film rimane un atto d'amore verso il western: i due protagonisti ben rappresentano i loro differenti mondi, Morricone fa il resto...
MEMORABILE: il cimitero indian; lo scontro col mucchio selvaggio; il finale, da lacrimuccia per chi rimpiange un certo cinema.
Il giovane pistolero Nessuno vuole prendere il posto del suo idolo Jack Beauregard, che se lo ritrova aiutante suo malgrado. Sergio Leone affida un suo soggetto al suo ex aiuto Valerii, ma il risultato è talmente deludente da costringerlo a girare nuovamente alcune scene, tra cui l'ultima che è anche una sorta di epitaffio dello spaghetti-western, genere che Leone considerava apocrifo e col quale non intendeva essere confuso, tantomeno con il filone comico di Trinità. In effetti, il film è diseguale e pieno di infantilismi. Superfluo.
Giovane avventuriero spinge vecchio pistolero a un'impresa leggendaria contro il mucchio selvaggio. Curioso ibrido fra Leone e Clucher, con un omaggio a Peckinpah, che riesce - a parte qualche lentezza - a dare evidenza ai pregi dei registi evitando la ridondanza delle loro peculiarità stilistiche. Insomma, un film che ne riecheggia tanti altri, ma che alla fine sa ricavare una propria identità all'insegna della godibilità sullo sfondo di un tema più alto come il confronto tra mito e realtà, cioè tra passato e presente.
Commistione tra il cinema di Leone e il nuovo che avanza, incarnato dall'esuberanza di Terence (poche chiacchiere: si scrive Nessuno, si legge Trinità). Sequenze à la C'era una volta il west (l'incipit è leoniano al 100%) si alternano agli sberleffi di Hill, ralenti peckinpahiani fanno capolino tra le moviolate da film comico, il tutto all'insegna dell'armonia. Molto suggestive le immagini del mucchio selvaggio. Ultimi 20 minuti da assaporare: è il canto del cigno del vecchio West, sottolineato dalla struggente lettera di Fonda (che buca sempre lo schermo).
MEMORABILE: L'avanzata del mucchio selvaggio con Fonda, indeciso, ad aspettarli.
La contrapposizione tra il giovane nessuno (Terence Hill) e il vecchio pistolero Jack Beauregard (interpretato dal grande Henry Fonda) è l'asso nella manica di questo pregevole e divertente spaghetti western che si "gioca" l'epica del genere (con tutti i suoi archetipi narrativi) adoperando un tono scanzonato e quasi parodistico che coinvolge e diverte lo spettatore. Perfetto il cast, mitiche le musiche di Ennio Morricone. Buona la regia di Valeri.
Bel western a metà tra i toni scanzonati tipici dei vari Trinità e l'epicità classica dei film firmati Sergio Leone (che dirige parte delle scene). Il ritmo è diseguale, la scena nel saloon un po' ridicola e troppo lunga ma il film si apprezza comunque molto, soprattutto per le grandi musiche di Morricone e la stupenda interpretazione di Henry Fonda, ben supportato dal sempre simpatico Hill. Il finale è originale e ben girato e lo scontro contro il mucchio selvaggio davvero memorabile.
Troppi film contenuti nella stessa pellicola: si spazia dalla classicità fordiana al ralenti a la Peckinpah, dallo stile "leoniano" - chiaramente visibile - all'umorismo del filone di "Trinità". Perfino i due protagonisti sembrano recitare in due film diversi: il solenne Henry Fonda ripete il personaggio di C'era una volta il west conferendogli maggiore umanità, mentre Terence Hill è come al solito burlesco e guascone, con una vena di malinconia in più. Insomma una pellicola squilibrata e disorganica, ma simpatica. E poi c'è Morricone...
Qualche sprazzo di western epico, un bellissimo motivetto di Morricone e gli ultimi 20 minuti. Ecco cosa offre di bello il film; per il resto si tratta di un esperimento che partiva da un'idea interessante (unire gli idoli di due generazioni), ma che non funziona più di tanto. Le scene comiche sono troppo esagerate per sposarsi bene con il cinema di Fonda. **!
Film interessante che rimane a metà tra il classico e la parodia del western. La mano di Leone in alcune scene è visibile, ma il resto è tutto di Valerii, regista capace ma poco apprezzato. Le musiche vivono lo stesso dubbio tra serio e faceto, donando ad immagini suggestive un'aria leggera che a volte stride. Buona la prova degli attori e il contrasto tra due personaggi marcatamente diversi fra loro. Atto d'amore e malinconia di un autore (Leone) che in un certo senso non riusciva ad abbandonare un genere ormai avviato al tramonto.
C’è il vistoso zampino di Leone in questo divertissement crepuscolare e ibrido, dalle influenze classiche alle gag sboccate passando per personaggi sornioni (dall’alto il Terence Hill “trinitizzato” per l’occasione) che si diverte a contrapporre la leggenda, il passato, il viale del tramonto, la fine di un’epoca, col presente, il nuovo che avanza ammirato dalle gesta storiche di un uomo e per questo intento a scolpirlo per sempre nella Storia, quell’uomo. Al solito, grande colonna sonora di Morricone per un film a suo modo elegiaco.
Trinità con la lentezza (non nel manovrare pistole e pugni) di Sergio Leone e direi anche con una saggezza non barbosa, ma sempre illuminata da un sorriso. Un passaggio di testimone alla rovescia; non è Beauregard che dà il bastone a Nessuno (giovane cresciuto nell'ammirazione di Jack), ma è Nessuno che indica all'anziano giustiziere come uscire in bellezza dal suo stesso personaggio. Le scene dei 150 cavalieri al galoppo su distese desertiche compensano i momenti di stanca, come pure le imprese di Nessuno, purtroppo già viste tante volte.
Pronunciando la frase "Smettere, a volte, è più difficile che cominciare", il buon Jack Beauregard firma la sua condanna, ritrovandosi contro, oltre chi lo vuole morto, anche un signor Nessuno che smania di vederlo nei libri di scuola. Bel western atipico, un ibrido tra il prototipo serio e quello comico di impronta italiana, al quale non si può negare la sua dignità. Grandioso Fonda, ma nota speciale per il Mucchio Selvaggio: alzi la mano chi non ha sobbalzato vedendolo apparire lontano sulle note pseudo-wagneriane di Morricone. ***!
MEMORABILE: Il gioco degli specchi; Il cimitero indiano; La lettera.
Curiosa contaminazione di generi cinematografici: lo spaghetti western declinato nelle forme più ieratiche e autoriali (C'era una volta il west), tanto solenne da sfiorare talvolta il ridicolo, che si mescola con il western farsesco e scoreggione di Trinità & co.; il tutto nobilitato dalla presenza del monumentale Henry Fonda, da citazioni di Sam Peckinpah e dalle inevitabili musiche di Morricone. Il risultato: una insalata messa insieme con gli avanzi, a tratti divertente, altrove noiosa e inutile. In sostanza, una appendice trascurabile.
Bellissimo western crepuscolare, comico ma allo stesso tempo profondo e intelligente; una sorta di congedo da parte di Leone (perché di Valerii sembra esserci poco) dal genere western. Congedo che assume le sembianze del tributo, quando si cita Sam Peckinpah e il Mucchio selvaggio. Grande merito della riuscita del film va alla coppia Hill-Fonda, uno dei binomi più riusciti dello spaghetti western. Fotografia mozzafiato, movimenti di macchina eccezionali, musiche del maestro Morricone sublimi: grandissimo film.
Film che va a collocarsi esattamente a metà strada tra il western "alla Leone" e la nuova frontiera dello spaghetti western anni '70 inaugurata da Trinità. Il risultato finale è una sorta di ibrido con lunghe scene dai tempi dilatati, panoramiche e inquadrature favolose che ricordano i classici “leoniani” che vanno poi a mescolarsi con altre situazioni e gag più vicine al Barboni-style. Tonino Valerii dirige ottimamente un Terence Hill ispirato e un Henry Fonda perfetto. Il loro scontro generazionale è il cuore del film. Musiche sublimi.
MEMORABILE: Il prologo dal barbiere; La favoletta del pulcino; La cavalcata del muschio selvaggio.
Film notevole, che sarebbe potuto essere perfetto se non si fosse calcata troppo la mano sulla comicità: alcuni momenti sono fin troppo buffi, come la scena degli specchi, e altri troppo lunghi (il tiro ai bicchieri è eterno)! Tutto però si dimentica quando c'è il mucchio selvaggio: musica straordinaria, riprese da manuale e uno straordinario crescendo nel pre-finale, magistrale, quasi epico, impossibile da scordare. Bella la caratterizzazione dei protagonisti, antitetici ma indispensabili l'un l'altro. Grande film.
MEMORABILE: I dialighi tra i protagonisti; Il mucchio selvaggio; "Finirai nei libri di storia!"
Seccato con E. B. Clucher che, per lui, ha ammazzato il western all'italiana con Trinità, Sergio Leone chiama proprio l'interprete del cowboy più sozzo d'Italia, Terence Hill, per fargli interpretare una commedia western, diretta a quattro mani con Tonino Valerii. Al posto di Bud Spencer c'è quell'Henry Fonda che fu il cattivo di C'era una volta il west e che qui torna a essere buono. Una coppia strana che funziona, grazie ai siparietti di Terence Hill e alla malinconia di Henry Fonda. Grande la carica dei 150 cowboy di Ennio Morricone.
MEMORABILE: Vuoi andartene, Jack? Lo devi fare con stile, facendo un'impresa che ti farà entrare nei libri di storia. Tu da solo, contro i 150 cowboy cattivi!
Film gradevole che rappresenta il canto del cigno di un certo tipo di western. Regia agile con una trama scanzonata sostenuta da un'adeguata interpretazione da parte di Hill e Fonda, che danno quel tocco di ironia che non guasta. Sempre presente il grande Mario Brega. Ottima la colonna sonora di Morricone.
Tra il mito e la parodia si pone questa pellicola di Valerii, pregiata e pregevole dal punto di vista tecnico; merito di un'abile regia che ci regala qualche inquadratura straordinaria (la ripresa dallo specchio nel salone da barbiere) – si avverte l'influenza di Leone –, di una buona fotografia e della meravigliosa colonna sonora di Morricone. All'anomala direzione del film corrisponde un'anomala coppia: Hill e Fonda, il primo giovane e pimpante e scherzoso, emulo del secondo, saggio e temprato. Una storia piacevole e stimolante.
MEMORABILE: Le due paia di occhi celesti, qui emblema di vitalità, che risaltano su quei visi sozzi e scuri e sull'arido deserto; La sequenza dei bicchieri.
Un grande film western che ne ha ispirati molti. Leone produce Valerii che dirige Hill e Fonda perfettamente in sintonia. Se ci aggiungiamo che alla colonna sonora c'è il maestro Morricone si può capire che il film è perfetto: alterna momenti comici riuscitissimi affidati a Terence ad altri più seri con Henry Fonda.
Forse l’ultimo grande western italiano, in cui l’epica leoniana s’incontra felicemente con la declinazione scanzonata del genere: un epigono di Trinità guida un simbolo del vecchio West verso la leggenda per l’ultimo passaggio di consegne di un mondo destinato alla fine. Terence Hill, in una delle sue prove migliori, divide degnamente la scena col solido Henry Fonda. Le musiche di Morricone bene esprimono le due anime del film e contribuiscono alla sua grandezza.
MEMORABILE: La storia dell’uccellino; Il Mucchio Selvaggio; Il duello finale; La lettera di Beauregard.
Nello sterminato West un killer dall'aria misteriosa ripulisce la feccia che gli si para davanti. Incontrerà Nessuno, un abilissimo pistolero che lo condurrà alla leggenda. Se da una parte ci sono tutti gli elementi del cinema di Leone (gli sguardi, la storia, le musiche di Morricone), dall'altra ci sono quelli del cinema fagioli-western con scazzottate, scene in velocità e gare di tiro all'ultima bevuta. Siamo di fronte a una via di mezzo che si dimostra un esperimento ben riuscito. Un classico evergreen.
MEMORABILE: La storia della mucca, dell'uccellino e del coyote.
Terence Hill in uno spaghetti western è una garanzia, anche se interpreta il suo solito personaggio spavaldo, sicuro di sé, furbetto e finto tonto. La sceneggiatura è azzeccata, con toni malinconici e altri di genio. Non è un film epico, ma rimane molto interessante e godibile, con scene che sono diventate cult. Memorabile interpretazione di Henry Fonda. Notevole l'allegoria del passaggio di generazioni utilizzando il cambio di un'epoca.
MEMORABILE: Il furto della locomotiva; Il lancio della torta; Il duello.
Western unico nel suo genere che si avvale dell’ottima regia di Valerii e di un Fonda crepuscolare, pieno di malinconia, davvero grandioso. Ogni tanto si aprono squarci di Leone che sono come raggi di sole che bucano un cielo in tempesta ricordando le sue grandi capacità. Le note di Morricone, poi, riescono a valorizzare le immagini come nessun altro autore al mondo e anche questa volta cattura tutte le differenti sfumature della pellicola compiendo un lavoro strepitoso. Commovente.
MEMORABILE: Lo scontro tra Fonda e il mucchio selvaggio; La lettera di Fonda.
Valerii, complice Leone, vuole sancire ufficialmente la fine del western decostruendone gli standard classici (rappresentati da Fonda che si prende sempre sul serio) fino a caricaturizzarli attraverso la figura di Hill. L'operazione stilistica è in realtà intrigante e ben costruita, ma toglie forse il piacere della visione allo spettatore medio e credibilità alla vicenda narrata. Buono il cast che fa quel che gli si dice, ma è Morricone quello che ha capito tutto fino in fondo.
MEMORABILE: Le infinite citazioni sia del western classico americano che di quello italiano, spesso rilette in chiave comica.
La zampata di Leone si vede e Morricone aiuta non poco, Fonda è grandioso e Hill è a suo agio nel ruolo di sempre. Ne risulta un film piacevole, con un soggetto semplice ma che non manca di epicità e sequenze divertenti (la favola del pulcino è un cult). L'atmosfera crepuscolare che permea tutto il film (e in ispecie lo sguardo di Beauregard) pare quasi metafora consapevole del declino dell'intero genere spaghetti-western, che infatti da qui in avanti avrà poco o niente da dire. La carica del mucchio selvaggio è da pelle d'oca.
Simpatico, scanzonato, parodistico con cognizione di causa, qua e là divertente ma non imprescindibile. Due registri: umoristico caldo, dove l'autocrate è Terence Hill; meditativo algido, dove è Henry Fonda a dare le carte: l'amalgama riesce, più o meno, ma gli esiti non sono da estasi cinefila. Impossibile non ammirare la tecnica di fattura, con preziosismi di genere che danno soddisfazione; impossibile, anche, non ammirare la bravura dei due protagonisti.
Il sottovalutato Tonino Valerii dirige un western pregevole, forse il suo migliore, ricco di spunti interessanti e di nostalgia per un periodo storico e per un genere che di lì a poco avrebbe cominciato la sua caduta nel dimenticatoio. Sergio Leone dichiarò di aver girato alcune scene del film. Non si sa quanto sia vero, ma la sua mano è evidente, specie nella scena iniziale. Terence Hill mai così convincente nei suoi film senza la spalla Bud Spencer. Henry Fonda leggenda. Buono.
Gli ingredienti sono tutti di alta qualità, ma la ricetta finale consegna un gusto dolceamaro. Da apprezzare il tentativo di unire quel modo di fare arioso e mastodontico di Leone con quello più scanzonato e terra terra del western all'italiana, però a lungo andare i momenti comici e parodistici sono esagerati: Hill è sempre stato bravo a far ridere senza dover fare il completo buffone, qui invece a volte si esagera proprio e si tende quasi al trash. Peccato perché la storia è di una epicità rara e di alto livello nelle sparatorie.
Giovane pistolero vuol convincere un mito del west a finire in bellezza. Commistione tra il genere scanzonato di Hill e quello epico di Fonda: nel complesso regge, sebbene alcuni segmenti sembrino slegati. Qualche schiaffone è effettivamente di troppo ma viene compensato dall'idea di abbattere il mucchio selvaggio (notevoli le riprese dei candelotti esplosi tra i cavalli) e da un duello finale diverso dal solito. Leone partecipa solo in parte alla regia ma si nota la differenza.
MEMORABILE: I giochi del luna park; I cavalli che cadono dopo le esplosioni; Il fotografo che testimonia il duello.
Un Valerii, ahi lui, inadeguato, Un Leone, se è vero che fu il vero demiurgo del film, spento. Un Fonda totalmente spaesato. Non c'è nulla in questa pellicola che meriti la considerazione da cui è circondata, a parte il main theme di una colonna sonora di Morricone per il resto mediocre. L'idea di Terence Hill protagonista di una nuova mini epopea western certifica la morte del genere dopo il C'era una volta che l'aveva sublimato. La salsa comica con cui lo si vorrebbe rivitalizzare giustifica solo la connotazione di "spaghetti" con cui verrà da ora definito. Due pallini a stento.
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dico la mia,
penso che una regia multipla sulla scheda del Davinotti debba essere concessa solo in situazioni particolari:
il subentro di un regista ad un altro (per problemi di salute o per il licenziamento dello stesso, sempre poi che il materiale girato finisca nel montaggio finale)
e potrebbe essere il caso di Cameron-Assonitis in "Piranha Paura" o di Cukor-Fleming in "via col vento"
o nei casi in cui ci siano degli inserti di girato in un secondo momento che modifichino la struttura del film, tipo la "casa dell'esorcismo" o quando la paternità dell'opera è di dubbia assegnazione tipo "l'ultimo uomo sulla terra"
questo di Leone con "il mio nome è nessuno" è un caso limite, in quanto Leone era anche il produttore ed ha avuto il final cut sull'opera (se non ricordo male Valerii si lamentò in un'intervista dell'inclusione nel montato di una scena per lui superflua da parte di Leone), e poi sinceramente non vedo molto Leone nella parte del semplice regista della seconda unità che si fà dare indicazioni da Valerii su come debba girare una scena.
ripeto questo è un caso limite, in linea generale un regista della seconda unità non dovrebbe essere incluso come regista nc, ma in questo film ci può stare, nonostante alla fine sia un film comunque ascrivibile a Valerii (se l'avesse girato Leone sarebbe venuto meglio IMHO)
Concordo in pieno con Zender e Blutarsky. Ed anche con Galbo (perchè ho capito solo ora cosa intendesse... mea culpa!). Aggiungo solamente che, a volte, il citare chicche del genere potrebbe rappresentare un vero e proprio guilty pleasure, quindi... perchè privarcene? ;-)
HomevideoGeppo • 11/06/10 22:57 Call center Davinotti - 4349 interventi
Per i fan di Bud e Terence:
Ecco a voi la fascetta della VHS tedesca di "Il mio nome è Nessuno".
Pochi giorni fa ho recuperato l'edizione Mondo Home che è ormai da tempo fuori catalogo, che ha rieditato la pellicola dalla CVC nel 2007. Ottimo lavoro, l'edizione italiana migliore che ci sia in giro
"Terence Hill aveva reso ridicolo l'western all'italiana, e i suoi film come i due Trinità avevano incassato più dei film di Sergio Leone.
Leone doveva in qualche modo vendicarsi come artista, quindi Hill doveva subire una punizione adeguata, cioè interpretare la controparte di una leggenda del western come Henry Fonda e riconoscere la propria nullità. Da qui il titolo Il mio nome è nessuno".
Tonino Valerii dixit
Fonte: I migliori film degli anni 70, pagina 149, scheda di Il mio nome è nessuno. Taschen edizioni