"Il commissario Corso" episodio per episodio

13 Ottobre 2018

LA PAGINA DEGLI ESPERTI

In questa pagina sono raccolti i commenti pervenuti sui singoli episodi di "Il commissario Corso". Per cercarne uno in particolare è sufficiente selezionare tutto il testo e cercare il titolo (italiano o inglese). Chi volesse contribuire commentando un unico e preciso episodio non ha che da CLICCARE QUIe farlo, scrivendo nel forum il proprio commento e facendolo anticipare dal numero dell'episodio, dal titolo e dal relativo pallinaggio. Il commento verrà prelevato “automaticamente” (per via umana, cioè da me) dal forum e trasferito in questa pagina nel punto esatto.
 
INTRODUZIONE (a cura di Mco)
Nel dicembre del 1991 la seconda rete Rai fece conoscere al grande pubblico un inedito Diego Abatantuono nei panni del commissario Corso. Questi, di chiare origini meridionali, vive con la mamma (Rosalia Maggio) e il figlio che l'ex moglie gli ha lasciato in custodia. Il suo mestiere lo mette sulle tracce di piccoli e grandi delinquenti che gravitano nella sua area d'azione, da spacciatori a delinquenti abituali. E non mancano le belle donne sul suo cammino. Va detto, ad onor del vero, che il progetto da cui tutto ha inizio riporta a qualche anno prima, alla serie di film polizieschi dal respiro internazionale denominata "Eurocops". Gli episodi di Corso "Notte di luna", "Nel cuore della notte", "Piccoli angeli" e "Stelle cadenti" ricadono infatti all'interno del progetto stesso, tutti girati tra l'autunno del 1987 e il 1989. La serie completa prevede in totale dodici episodi, con Alberto Sironi e Gianni Lepre in cabina di regia. Il ricco cast vede impegnati, tra gli altri, Chiara Caselli, Lino Troisi, Gioia Scola, Franco Angrisano, Luigi Diberti, Lucrezia Moretti, Nicola Di Pinto.

 
01. PICCOLI ANGELI (aka "Piccoli angeli della notte")
** A Milano il commissario Corso (Abatantuono) indaga assieme al collega su una babygang di spacciatori entrata da poco in azione. Vendono eroina al Castello Sforzesco per conto di due brutti ceffi, l'ha detto al commissario un tossico che poco dopo viene trovato morto per overdose (provocata, come sempre in questo casi). Qualcosa forse sa l'insegnante del figlio di Corso, che ha in classe anche i due piccoli spacciatori. Lo stesso figlio di Corso verrà utilizzato in un frangente come esca dal (poco assennato) padre. L'atmosfera decadente resa anche da una spenta fotografia coglie nel segno, ma la recitazione complessiva è scadente (non parliamo poi dei bimbi) e non basta il solo Abatantuono, che ogni tanto riesce a infilare qualche simpatico tocco ironico, a risollevare il tutto. Siamo in ambito prettamente poliziesco comunque, e la storia ha l'unico colpo di scena quando deve svelare l'identità del boss di turno. Si nota molto l'assenza dei reggiseni dietro a certe canottiere... (Zender)

** Milano. Due ragazzini spacciano droga per conto di alcuni delinquenti... Prima puntata dello sceneggiato poliziesco con protagonista l'allora "nuovo" Abatantuono (promosso ad attore serio). La vicenda, non propriamente brillante, arranca attraverso personaggi di maniera (la cattiveria di Mattia Sbragia, qui in versione "capellone" con fronte alta). Aiuta non poco la professionalità di Abatantuono e della Maggio, ma la brutta fotografia e una non memorabile interpretazione da parte dei coprotagonisti danno qualche disagio alle spettatore. Girato con molta probabilità sul finire degli Anni '80. (Markus)
 
**! Una gang di ragazzini alle prese con affari troppo più grandi di loro. La droga porta al disagio, alla morte e Corso ci si imbatte ben presto. Il ritmo è altalenante ma il tema delicato dell'arruolamento minorile fa salire il livello di interesse. Abatantuono parte un po' contratto ma pian pianino si libera del fardello, mentre la Maggio è gran mattatrice nel ruolo di mamma (e nonna) attenta quando non proprio "vigilante". Piccole concessioni erotiche con qualche maglietta troppo attillata. (Mco)


02. NOTTE DI LUNA
** Indagine tra i rom per il commissario Corso. E ancora partendo dai bambini. Il piccolo Django è recuperato dal commissario che lo salva da un violento pestaggio fuori da San Siro. Non parla l'italiano, ma da lui si comincia a far luce su una coppia che fa arrivare i ragazzini dalla Jugoslavia per insegnargli a rubare. La donna viene poi barbaramente uccisa e partendo dalle confessioni della di lei sorella si riesce finalmente a capirci qualcosa. Non troppo perché la storia appare nei suoi contorni piuttosto confusa e fumosa, a dire il vero, e l'entrata in scena di una giornalista (Maddalena Crippa) che mostra subito di avere un debole per Corso, non aiuta a orientarsi meglio. I dialoghi però sono sommariamente piacevoli, Abatantuono continua a recitare sottotraccia facendoci capire quanto sia ormai diventato attore di rango e l'ambientazione tra la Darsena e zone periferiche di Milano aggiunge un certo fascino. Finale concitato ma piuttosto maldestro. (Zender) 

*! Uno zingaro sequestra "Django", un ragazzino jugoslavo per costringerlo all'accattonaggio... Secondo episodio del commissario Corso, che come il primo fatica a ingranare per colpa di una sceneggiatura in chiaroscuro a cui forse solo un miglior montaggio/durata avrebbe potuto dar risalto. Sa di valore aggiunto la presenza di Maddalena Crippa (bel volto e voce suadente forgiata da tanto teatro e talvolta al cinema), che però resta anch'essa incagliata in una puntata che proprio non vuol girare nel senso giusto. Peccato. (Markus)

*** Primo film della serie, sebbene venga proposto in televisione dopo "Piccoli angeli", essendo stato girato nell'autunno del 1987. Corso se la deve vedere con zingari e imprenditori senza scrupoli in un contesto talmente cupo da rasentare il sublime, a livello di fascino. Ci sono sequenze, come quella del luna park, che fanno sembrare la pellicola più vecchia di almeno dieci anni, lasciando in bocca, però, un retrogusto assai buono. Sono della partita anche Maddalena Crippa e Lina Polito. (Mco)

 
03. STELLE CADENTI
** Un losco giro di ragazze slave, pronte per essere messe sulla strada a far marchette, smuove il nostro commissario Corso. In particolare la storia si concentra su una ragazza polacca, alla quale hanno ucciso tempo prima l'amata sorella. Puntata buia e notturna, in gran parte girata in interni squallidi (un po' come la vita delle future "lucciole" qui rappresentata) che il regista - nonostante un ritmo non elevato - riesce a rendere a tratti godibile. La breve durata dell'episodio e certi raffazzonati passaggi lasciano in ogni caso poco spazio ad approfondimenti psicologici (qui appena accennati), che una storia dai risvolti così drammatici avrebbe potuto avere. Abatantuono, manco a dirlo, è una spanna sopra a tutti. (Markus)
 
** Dall'aeroporto dove qualcuno sta imbarcando per l'Australia un carico di prostitute dell'Est una ragazza fugge, ma viene ripresa e accoltellata. Qualche tempo dopo Corso, dopo aver rischiato di uccidere, investendola, un'altra del gruppo che scappava, comincia a indagare sul caso diventando unico amico e confidente della stessa (sorella della defunta, peraltro). E' nel rapporto tra i due che l'episodio trova la sua ragion d'essere, grazie all'ottima recitazione sottovoce di Abatantuono. Perché invece, per quanto riguarda la parte poliziesca, è evidente quanto la storia sia confusa e mal montata, portando in scena personaggi deboli o solo marginalmente attinenti. Ultima parte "action" e finale concitato (Corso usa la pistola), abituale ruolo macchiettistico per la madre di Corso. Intanto scopriamo che il figlio del commissario se n'è andato a stare a Berlino dalla madre; se non altro non gli toccherà più di rischiare la vita facendo l'esca per papà... (Zender)

**! Corso si imbatte (fisicamente) in una ragazza polacca in Italia per soddisfare la bramosia di soldi di spregiudicati affaristi. Il clima che regna permane quello opprimente delle prime puntate della serie, con tristezza e desolazione a imperare per le strade e gli aeroporti di casa nostra. Abatantuono si appropria sempre di più del suo personaggio, malgrado lasci l'ironia agli scambi di battute con la mamma (la sempre eccellente Maggio). Nel cast di puntata Carmen Motz ed Emilio Bonucci. (Mco)


04. NEL CUORE DELLA NOTTE
** Il commissario Corso e il suo fido collega assistono a un feroce pestaggio di un uomo (Maurizio Donadoni, attore di estrazione teatrale un po' sottovalutato) in un parco pubblico milanese. Sarà l'inizio di una losca storia spionistica dagli sviluppi imprevedibili. La quarta puntata ha quasi sin da subito un alone di culto, in quanto riunisce la "strana coppia" Lino Troisi/Diego Abatantuono (stavolta serio, non "terrunciello") de "Il Ras del Quartiere" (1983). C'è anche la presenza dell'allora affascinante Gioia Scola. Puntata complessivamente godibile, ma con ampi margini di miglioramento se avesse avuto più tempo e forse una regia più attenta ai dialoghi (spesso pretestuosi). Complessivamente buon parterre di attori, questa volta. Puntata sicuramente girata nel 1988, in quanto in un cinema del centro di Milano si vedono i manifesti di "Colors - Colori di guerra". (Markus)
 
**! Un ingegnere viene preso a pugni in un parco di notte, ma nega di conoscere i suoi assalitori. Curiosamente abita proprio di fronte alla casa di Corso, la cui madre poco dopo assiste a un secondo pestaggio dell'uomo, forse fatale. Quando però il commissario giunge lì non trova nessun cadavere, solo una ragazza che dice di cercarlo a sua volta. Non si riuscirà dal giorno dopo a ritrovare nemmeno lei. In compenso salta fuori la fidanzata (Gioia Scola) dell'ingegnere, che su consiglio del proprio avvocato (Lino Troisi) si rivolge a Corso per ritrovare il suo uomo. Nel frattempo chi lo scomparso aveva preso a bastonate in casa, viene catturato da due brutti ceffi che cominciano a prenderlo a violente asciugamanate in faccia. Una storia finalmente più gialla che poliziesca, che da spunti hitchcockiani ("La finestra sul cortile") muove in direzione di pedinamenti e scomparse, con la madre di Corso utilizzata come simpatica "infiltrata" (scoprirà una bisca clandestina). Ottimo Troisi come avvocato bonario, splendida la Scola, una sceneggiatura scritta meglio della media che si perde e si fa confusa nella seconda parte, quando c'è da riannodare i tanti fili. Bel finale a sorpresa. (Zender)

*** Un uomo, già aggredito nell'oscurità della notte, sembra essere stato successivamente ucciso davanti alla casa di Corso. Ma, si sa, non sempre ciò che si vede è la realtà. L'intrigo è affascinante, ben ritmato e non così prevedibile. La Maggio è eccezionale, soprattutto quando si offre come aiutante del corpo di polizia. Ma l'acme lo si raggiunge con il dialogo conclusivo tra Abatantuono e Troisi, freddo e toccante al tempo stesso. Dark lady una suadente Gioia Scola. (Mco)

 
05. L'ULTIMA PARTITA
** Un fattaccio di cronaca nera colpisce il feroce mondo sportivo della pelota basca. Prima puntata Anni '90, dopo i primi quattro segmenti girati nel decennio precedente (Abatantuono con capello bisunto e lunghetto; l'entrata in scena di Chiara Caselli come sua - improbabile - collega poliziotta). La vicenda riesce solo in parte a essere coinvolgente, in quanto qualche passaggio in chiaroscuro rende talvolta difficile la comprensione. Si segnalano le presenze "cult" dell'ex Gatto di Vicolo Miracoli, Ninì Salerno e dell'italo-americano Tomas Arana (quest'ultimo molti lo ricorderanno nel felice ruolo di "Gábor" in "Io e mia sorella"). (Markus)
 
** Comincia "ufficialmente" la serie, ben codificata e rinnovata. Siamo nel 1991 (lo si capisce anche dal figlio di Corso, ormai cresciutello) e qualche spolveratina alla confezione è evidente. Allo sferisterio di Milano si gioca la pelota (con giocatori in gran parte baschi) e uno dei partecipanti viene trovato privo di sensi in un auto. Ricoverato, è in pericolo di vita e si scopre che in auto era stato colpito con una bottiglia. Vicenda più lineare rispetto alle puntate precedenti anche perché ampio spazio viene lasciato ai personaggi, con un lungo faccia a faccia tra la nuova assistente (Caselli) di Corso e il giocatore più "umano", un rapporto di amicizia tra il commissario e un affarista di Miami (Arana), una bella caratterizzazione del giocatore spregevole da parte di Gigio Alberti. C'è poco da indovinare al di là del colpevole e ci si diverte semmai per il piccolo ruolo di Ninì Salerno, qui un anatomopatologo amico di Corso reclutato per scoprire se l'agguato è legato alle scommese clandestine: un bell'incontro tra due attori che avevano a lungo lavorato assieme al Derby, quando Salerno faceva parte dei Gatti di Vicolo Miracoli. Finale piuttosto sorprendente e poco altro, con lunghe sequenze di gioco e pure uno scatenato flamengo sui tavoli del bar. (Zender)

**! Un campione di pelota basca muore dopo un breve ricovero in ospedale. A Milano, oltre al gioco, conservava qualche nemico rancoroso nascosto. Curiosa, in questo clima oppressivo ed immerso nello scuro di tonalità, l'indagine allo sferisterio, che a Milano rimase operativo fino alla fine degli Anni Novanta. Tra partite ufficiali, "casalinghe" e amici da mandare in avancoperta (Ninì Salerno) si sviluppa una vicenda che si lascia seguire sino al (tragico) finale. Bello ritrovare una vecchia conoscenza del nostro cinema di genere come Tomas Arana. (Mco)


06. DIECI GIORNI TUTTO COMPRESO
**! Un ispettore tedesco (Heiner Lauterbach) arriva a Milano per indagare su un "caso" di dubbio suicidio di una ragazza interpellando il locale collega della polizia italiana (Corso, ovviamente). Si scoprirà un brutto "giro" di vacanze snuff a pagamento. Puntata complessivamente convincente e a tratti attanagliante, in quanto richiama certi stilemi del cinema di genere italiano Anni '70. Convincenti alcuni degli attori (Gianna Paola Scaffidi e Federico Pacifici). Comparsa "cult" di Claudio Bisio (con barba). (Markus)

*** Una ragazza tedesca è uccisa nel suo appartamento prima di poter consegnare a una televisione un video che accuserebbe persone molto importanti. Il killer è il suo uomo, ahilei invischiato nel crimine da denunciare, che la impicca fingendo si sia suicidata. Un ispettore tedesco amico della ragazza chiede a Corso di riaprire il caso, archiviato da qualche tempo e il superiore di Corso (breve cameo per Claudio Bisio), pur di malavoglia, accetta. Cinti, l'uomo con cui la ragazza viveva, lavora in un'agenzia viaggi e da lì cominceranno le indagini del commissario e della sua bella assistente (Caselli). Una storia meglio raccontata del previsto e ben articolata, non prova di tratti ironici al commissariato e con un'ultima parte rivelatrice sfiziosa e crudele. Ben inserito il consueto siparietto familiare (incidente del figlio di Corso in motorino), insolito il personaggio della sorella ribelle della vittima, una diciottenne bizzosa con look da maschiaccio. La soluzione arriva facilona in modo sbrigativo come per raggiunti limiti di durata, ma la recitazione complessiva è buona e la puntata godibile. (Zender) 

**! Il suicidio di una ragazza tedesca non convince, nelle sue dinamiche, le autorità del suo Paese, tanto da spingerle a mandare un loro rappresentante in Italia. L'inchiesta deve essere riaperta ad ogni costo. L'episodio vede comparire un insolito Claudio Bisio nelle vesti di sostituto procuratore e si contraddistingue per un tipo di vacanza esotica alquanto singolare, le cui sequenze riportano alla mente afrori di "mondo movie". Sensualissima la Caselli, spigliato Abatantuono. (Mco)


07. SENZA PROVE
*! Uno spacciatore va ad incassare il danaro da un gruppo di persone di colore in un appartamento che lui, "pesce piccolo", su commissione dissangua. Lì, dopo un'accesa e repentina lite, un nero viene scaraventato dalla finestra. Interverrà il commissario Corso con l'indizio di presunto suicidio che, ovviamente, capirà sin da subito non essere. La scarsezza della sceneggiatura inevitabilmente si palesa nel risultato di una puntata poco convincente: in pratica ci si trascina da una lite all'altra tra lo spacciatore - un po' sopra le righe - e una ragazza di colore fino a un finale davvero ridicolo. A tratti l'episodio ricorda un po' quei tardi Derrick Anni '90 resi artificiosamente e goffamente "moderni". Guest star della puntata Margaret Mazzantini. Da notare, a mo' di fotografia del tempo che fu, un gruppo di ragazzi che in strada danzano un brano techno con il tipico sound un po' "struggente" annata 1990/91. (Markus)

** Un uomo cade dalla finestra di un alto palazzo in Bovisa, a Milano. Chi stava nell'appartamento con lui parla di suicidio, ma il fatto che abbia infranto la finestra invece di aprirla fa ovviamente pensare a tutt'altro. E infatti... Si scopre che chi bazzica il posto è invischiato in traffici di droga e prostituzione, coi due fratelli Rapa a gestire il tutto: quello mezzo scemo ha messo incinta una prostituta di colore che non vuole abortire, quello "sveglio" si prepara a un prevedibile assassinio per far tornare le cose a posto. Puntata d'impianto poliziesco, porta in scena diversi personaggi che nel complesso intervengono bene nella storia (molto meno a livello di recitazione, ma tant'è). Il tutto non sarebbe nemmeno così male, se non ci si perdesse in un finale straziante tirato per le lunghe che dovrebbe accrescere la portata drammatica dell'episodio, con tanto di malata di Aids (Margaret Mazzantini) che teatralizza il tutto spingendosi ai confini del ridicolo. Sempre ottimo Abatantuono, questa volta in lite con l'ex moglie che vuole tenersi il figlio a Berlino per un mese. Il macello è quello romano, anche se si legge Milano su un manifesto lì appeso, Ninì Salerno fa il suo secondo cameo nella serie come anatomopatologo. (Zender)

***! Incipit drammaticamente spettacolare, con un corpo nero sfracellato al suolo. Siamo nel campo dell'immigrazione, dello sfruttamento incondizionato e delle promesse di bella vita mai mantenute. In altre parole, l'attualità. La Milano descritta è quella che cela il marciume ben lontano dalle vie delle grandi firme, che offre alloggi popolari a chi si presta a servizi pericolosi. Nel cast Belei Cerchiai e Margareth Mazzantini. Abatantuono emerge in un contesto di ottimo livello. (Mco)


08. L'OSTAGGIO
** La giovanissima figlia di una stilista/imprenditrice di una ditta di confezioni viene rapita. Il commissario Corso indagherà con il suo staff (presente anche un giovane Claudio Bisio, allora noto per l'exploit musicale "Rapput"). La puntata segue i classici dettami - più volte sfruttati nel cinema di allora - delle indagini che seguono i rapimenti di persona. La breve durata toglie spazio a eventuali approfondimenti, che tuttavia sono in parte colmati da una regia che cerca di impiegare al meglio - per quanto possibile - quel che ha. La facile lacrima è però sempre dietro l'angolo. Il film è impreziosito (ma ahimè non basta a elevarlo) della presenza della guest star Paolo Quattrini (il suo "fare" teatrale, il suo singhiozzare); un po' più dimesso, invece, Antonello Fassari. Negli insoliti panni di una feroce rapinatrice, la napoletana Imma Piro. (Markus)

**! Sequestrata il giorno del compleanno di sua madre (Paola Quattrini), imprenditrice nel ramo confezioni, la piccola Manuela si rtirova in mano a rapitori che la portano in un casale di campagna. La richiesta di riscatto è altissima e la madre, che sulle prime si era rivolta a Corso sperando di risolvere grazie a lui la questione, dopo un tentativo di consegna dei soldi finito male capisce che il rischio si fa sempre più grande. Le indagini sono ben ramificate e coinvolgono anche la bambinaia, il commercialista della madre (Antonello Fassari) e la sorella zoppa. I rapitori hanno forse un complice? La trama, nonostante i 50 minuti di durata, è studiata con buona attenzione e gli interpreti sanno rendere piacevole la vicenda: Fassari mostra il giusto piglio drammatico, la Quattrini fa quel che deve (con ovvi piagnistei) e l'insieme si inserisce con gusto in un filone da sempre molto battuto dal nostro cinema. Qualche spazio in più per Bisio sostituto procuratore che non sblocca i fondi con cui la madre dovrebbe pagare il riscatto della figlia, cameo di Salerno. Nei limiti, una storia coinvolgente e paicevole da seguire. (Zender)
 
** Storia di rapimenti e di riscatti per il prode commissario Corso. Il temibile procuratore Cludio Bisio blocca i beni alla famiglia e il commercialista Antonello Fassari si ribella. Sorta di pamphlet sull'ipocrisia, sulle apparenze ingannevoli e sull'amore non corrisposto. Abatantuono non partecipa in maniera convinta alla vicenda, la quale si rivela fin troppo prevedibile anche agli occhi dei meno esperti di giallo. (Mco)


09. SPAREGGIO CON L'ASSASSINO
** Un morto trovato tra le rotaie di una linea ferroviaria dà il via a indagini che portano a un "branco" di ultras. Puntata che ricorda "Ultrà" (1990) di Ricky Tognazzi e "Mery per sempre" (1989) di Marco Risi (nella puntata in questione c'è il siciliano Francesco Benigno), incentrando però molto di più la vicenda sul discorso criminologico/investigativo. Non tutto fila liscio: certi momenti appaiono pretestuosi e talvolta raffazzonati e, nel complesso, la recitazione lascia quasi sempre a desiderare. Si riesce in ogni caso a guardare senza impegno e fa piacere vedere qualche volto che di lì a poco diverrà celebre (Alessandro Gassman, Claudia Koll). (Markus)

** Corso rinviene il cadavere di un diciottenne e pare che i motivi della morte vadano ricercati nelle sue frequentazioni con amici appartenenti a un gruppo di ultras (non si dice mai di quale squadra), interrogati dal commissaro durante una partita di biliardo. Poco se ne trae però, e a seguirli di notte viene spedita la bella assistente di Corso (Chiara Caselli), che quasi finisce stuprata dal "branco" fuori da una discoteca (a vendere figurine con l'acido troviamo una giovanissima Claudia Koll). C'è bisogno di approfondire, anche perché attorno agli ultras si aggira un loro conoscente che se ne sta molto sulle sue (Alessandro Gassman). La chiave di tutto sta in un episodio precedente di qualche anno, quando su un treno di ritorno da una partita gli ultras (guidati da un Francesco Benigno "ragazzo perduto" come di consueto) diedero fuoco a un vagone. La storia è esile; si cerca di dare più spazio ai personaggi, ai caratteri ribelli degli ultras lasciando a Gassman il ruolo del solitario maledetto. Qualche scena inserita per riempire (il dramma della madre che ha perso il figlio, l'ubriacone usato come prestanome), Bisio sostituto procuratore e Ninì Salerno anatomopatologo in due brevi passaggi, ma si fatica a rendere interessante il tutto, anche per la recitazione non certo esaltante dei ragazzacci (Benigno e Gassman esclusi). Qualche simpatica battuta di Abatantuono a conferma di un ruolo che gli si addice. (Zender)

***! Uno dei titoli più evitabili per uno degli episodi più belli sella serie. Già l'abbrivio, con il ritrovamento di un cadavere tra le fosse dell'hinterland milanese, preannuncia un buon tracciato. Si aggiunga un cast eccellente, con Francesco Benigno in testa e Alessandro Gassman a ruota, il tema della violenza degli ultrà e una tensione sempre altissima. Abatantuono, pur bravo, stenta quasi a reggere il confronto con gli altri attori impiegati. Camei per Claudia Koll e Sergio Graziani. (Mco)


10. LA SFIDA
*! Un attentato in un'autofficina spinge il commissario Corso a vederci chiaro. Scoprirà che dietro quel fattaccio di cronaca nera c'è un'associazione camorristica. Nonostante l'argomento, che può dar adito a sviluppi sulla carta interessanti, la puntata risulta nei fatti decisamente poco entusiasmante: non riesce mai a essere coinvolgente e l'aspetto drammatico della criminalità è rappresentato attraverso i soliti cliché. La mancanza di una vera e propria guest star affievolisce ancor di più questo decimo segmento della serie. (Markus)

*! Chiuso in casa per i domiciliari, il camorrista Pagliuca riesce comunque a continuare i suoi traffici ma sbaglia a scegliere le persone che dovrebbero dare un avvertimento al proprietario di un'officina: i due fanno esoplodere sì l'auto dell'uomo, ma con lui e la figlioletta dentro! La moglie, che ha assistito alla scena, è ovviamente disperata e implora Corso di trovare i colpevoli. Il comissario fatica a sbrogliare la matassa, al centro della quale sta un traffico di auto tra l'auto e la Spagna e per questo chiede l'aiuto di un suo collega spagnolo. Naturalmente, tuttavia, sarà lui a risolvere la questione, mentre cerca di soddisfare le curiosità del sostituto procuratore (Bisio) e di consolare la vedova. L'episodio è tra i più deboli della serie: una trama tipicamente poliziesca deprivata dell'azione, di estrema semplicità con nulla o quasi da scoprire, chiusa nel modo più banale e con un Abatantuono che segue la sceneggiatura senza riuscire a imporre il proprio carisma come in altre occasioni. Nessuna presenza importante nel cast, assente la Caselli e il solo Lamacchia (Conti) ad affiancare Bisio tra le presenze fisse. Si veleggia senza gloria verso un'ultima parte deludente da telefilm senza speranze. Decisamente sotto la media della serie. (Zender)

** A un pericoloso criminale sfugge la situazione di mano quando "l'avvertimento" che aveva ordinato si trasforma in tragedia. E dall'officina della vittima parte l'indagine del Nostro Corso, poco convincente sin dal suo inizio. Anna Melato è molto brava ma non basta la sua carica drammatica a rendere avvincente questo episodio, dagli esiti largamente prevedibili e con una marcia a bassi regimi. Il tema del potere mafioso sempre attivo, malgrado la misura della sorveglianza speciale, avrebbe meritato miglior fortuna. Nel cast, tra gli altri, anche Alessio Orano e Luigi Di Fiore. (Mco)


11. LA VIA LATTEA
** Un anziano ladro detto "l'ingegnere" (Gianfranco Mauri, cinematograficamente al suo commiato) viene colto sul fatto mentre è intento a scassinare una cassaforte, ma nell'appartamento... c'è anche un morto! Sarà stato il ladro a uccidere? Il commissario Corso indagherà mettendo subito in dubbio questa ipotesi. Episodio inizialmente intrigante sul profilo della storia, ma decisamente improbabile per come viene proposta (passaggi poco verosimili: lo scarceramento dell'ingegnere e la convivenza in casa Corso). Si segnalano le presenze - non molto significative, a dire il vero - di un paio di nomi celebri del cinema e del teatro del tempo che fu: Lou Castel e Carla Gravina. (Markus)

** Nella casa dove un vecchio scassinatore, noto come l'Ingegnere (Gianfranco Mauri), sta "lavorando", arriva la polizia, spedita lì da una telefonata anonima. Oltre all'uomo viene trovato pure un cadavere, forse piazzato lì da altri. Corso arresta come doveroso l'Ingegnere ma non credendolo responsabile dell'omicidio ("Ha settant'anni, non ha mai ucciso nessuno"...) gli chiede di collaborare per trovare i veri colpevoli. Le indagini vanno in direzione di una ditta di Basilea, in Svizzera, che smercia latte condensato. Ci lavorano il tedesco autore della telefonata anonima (Lou Castel) e la vedova (Carla Gravina) del proprietario, due tipi dall'aria furba e poco raccomandabile. Nel frattempo l'Ingegnere, a rischio vita, viene ospitato da Corso a casa sua, dove fa amicizia con la madre e il figlio del commissario. E' lui il valore aggiunto dell'episodio: Mauri è bravo a rendere profondamente umano il personaggio, mentre l'ispettore svizzero a cui Corso chiederà una mano è utile a variare caratterizzazioni dando un tocco di clima mitteleuropeo al tutto. La storia è modesta ma recitata con un certo gusto e si fa notare per un finale molto teso in fabbrica. Si vedono Ninì Salerno sul posto di lavoro (davanti a un cadavere) e Lamacchia, che compra i biglietti per San Siro. (Zender)

*** Mentre sta aprendo la cassaforte, uno scassinatore "quasi pensionato" viene arrestato anche con l'accusa di omicidio. Infatti, nella stanza dell'appartamento accanto a quella dove operava è stato ritrovato un cadavere. L'indagine di Corso è vivace, ritorna la mamma Rosalia Maggio con la sua simpatia e ospitalità e ci si addentra nel sentiero minato delle truffe alimentari ad ampio raggio. La bella Gravina fa coppia con Lou Castel nella parte dei cattivi di turno, riuscendovi più che bene. Ma il punto di forza è l'interpretazione di Mauri, ladro gentiluomo. (Mco


12. PATTO CON LA MORTE (diviso in due parti)
** 
Dopo aver mandato giù la mandorla amara dell'uccisione di due agenti di una pattuglia, il commissario Corso inizia un'indagine che porta a un traffico nell'industria degli audiovisivi. Una specie di "gran finale" diviso in due parti dal sapore non propriamente riuscito. La vicenda, di carattere ovviamente poliziesco, riesce comunque a essere interessante sotto il profilo dell'intricata vicenda fatta di volti, personaggi e vicende umane. Qualche passaggio non propriamente brillante appesantisce la visione. Si segnalano le presenze cult di Luigi Petrucci (Postiglione nel film "Compagni di scuola"), Pier Paolo Capponi, Daniela Poggi e Maria Chiara Sasso (la "bella" in alcuni film con Nino D'Angelo Anni '80). (Markus)

** Vaccalepre e Lamacchia sono sulle tracce di un piccolo criminale, ma mentre lo stanno fotografando di nascosto, qualcuno spara loro nell'auto e gli prende la fotocamera: Vaccalepre muore, Lamacchia finisce in ospedale in condizioni gravissime ma passa a Corso il rullino che aveva appena finito di utilizzare e che teneva stretto in mano. Dalle foto ricavate il commissario passa a indagare su una ricca finanziaria che ha prestato soldi a una società di videoproduzione (e a molti altri) scoperchiando un vaso di Pandora tale che ci voglion due puntate per richiuderlo! E infatti la trama è molto intricata, si estende fino in Austria e Parigi (coinvolgendo i poliziotti locali come spesso capita in Corso) e include traffici di droga e altro senza escludere ramificazioni para-mafiose. Proprietario della società video è Pierpaolo Capponi, che ha come amante la sua segretaria Daniela Poggi, madre della ragazzina non vedente Viola Simoncioni. Bisio più presente del consueto, immancabile particina per Salerno, Ugo Conti nel dramma. Ce n'è abbastanza per chiudere in gloria, anche se l'intreccio risulta essere eccessivamente complesso e faticoso da seguire, con un finale deludente e divagazioni superflue (tutta la parte con Maria Chiara Sasso tossica perseguitata dallo sbirro francese). Abatantuono meno convincente del solito (ripete mille volte "Sono troppo coinvolto per continuare a seguire il caso"), triste il suo arruffato collega austriaco. (Zender)

**! Diviso in due tranche, questo film scompagina l'idea di un lieto fine da assegnare alla serie. Difatti, tra gli altri, anche Ugo Conti fa una brutta fine per mano di un killer spietato e Corso, inizialmente, quasi si allontana dall'indagine. La trama è complessa, forse sin troppo e lo spettatore rischia di perdere l'orientamento, tra società rilevate, Paesi stranieri e personaggi che vengono via via eliminati. La Poggi, frizzante more solito, offre anche uno stacco di gambe da urlo mentre Capponi mostra le espressioni giuste disegnate sul volto. Discreto epilogo. (Mco)

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