Piuttosto sopravvalutato. Notevole l’idea di rileggere il Medioevo in chiave minore, sottraendo l’enfasi tipica del kolossal hollywoodiano in costume e sostituendola con un’allegra bonarietà tutta italiana. Notevole anche la performance di Vittorio Gassman, che potendo finalmente dare sfogo alla propria indole teatrale si inventa novello Don Chisciotte e trascina la sua sgangherata “armata” (sei persone) in imprese destinate sempre a finir male. Cos’è però che ha reso memorabile questa farsa caciarona di Monicelli tanto da far entrare nel linguaggio comune il titolo e nella nostra memoria musicale il tema portante di Rustichelli (Branca, Branca,...Leggi tutto Branca…)? Non è ben chiaro, perché in fondo il film è ripetitivo, largamente prevedibile nei suoi slanci comici, prolisso nelle battaglie a spada e lancia, monotono e improntato ad avventure picaresche modeste. Eppure il successo di pubblico e critica è stato grande: tutti ad elogiare (a ragione) lo "slang" italo-latino del protagonista (dimenticando che i più assurdi equilibrismi verbali li compie Ugo Fangareggi, inventando un esilarante incrocio tra veneto e tedesco), la novità dello sberleffo di classe all’establishment del cinema pomposo di cappa e spada... Vero, il problema è che L’ARMATA BRANCALEONE, a tratti geniale e recitato benissimo (ma Catherine Spaak, seconda nei titoli solo a Gassman, fa una parte di soli venti minuti), è tedioso, mal supportato da una sceneggiatura (di Monicelli, Age e Scarpelli) strutturata con vaghezza, dispersiva. Non basta un’eccellente veste esteriore per fare un buon film, tantomeno un film comico. Le pretese intellettuali degli autori non si sposano col desiderio di fare un film popolare e a tutt’oggi, ahinoi, L’ARMATA BRANCALEONE ci appare come un’opera datata.
Interessante "operazione cinematografica" diretta, come il sequel, da Mario Monicelli che combinò gli umori della commedia all'italiana di stampo classico (ovvero rassegna di caratteri per realizzare una riflessione sulla società) con i toni della farsa e del film in costume. Il risultato è un film molto divertente (ma che offre parecchi spunti di riflessione grazie all'arguta sceneggiatura) anche grazie all'introduzione di un simpatico linguaggio misto tra latino ed italiano arcaio/volgare. Grande Gassman,particolarmente istrionico.
Film che accrediterà Gassman come personaggio amato anche dai bambini. La pellicola soffre qua e là qualche lungaggine, ma ciò che la rende strepitosa sono le caratterizzazioni: lo sgangherato miles gloriorus Norcino, il vecchio e avido Abacuc (il mitico Capannelle de I soliti ignoti), lo Zenone invasato di Maria Salerno; tuttavia mi piace ricordare di questo film Volontè in un raro ruolo comico, per il quale accentua la sua erre moscia per delineare un depravato bizantino e tutta la sua genia (scena molto divertente).
Spesso considerato (a torto) una delle tante e semplici commediole italiane dell'epoca, è in realtà un film ben più complesso, ricco di riferimenti (alti) cinematografici, musicali e letterari. Notevolissime le invenzioni linguistiche, così come pure la fotografia di Carlo De Palma, i personaggi (alcuni dei quali irresistibili), le interpretazioni degli attori, i titoli di testa e di coda, i costumi, le musiche e chi più ne ha più ne metta. Un capolavoro ricco di idee, inventiva e fantasia. Da vedere e rivedere ed assolutamente da non perdere.
Rari i film che fan tuttuno con il cinema, eccezionali quelli capaci di identificar per antonomasia il carattere di un popolo. Brancaleone è un compendio di tali atipicità: da un lato cinema allo stato puro quanto a acume produttivo, scaltrezza registica, rigoglio del cast, estro di scrittura (ode ancor ad Age/Scarpelli), peculiarità tecnico artistiche (scene/costumi di Gherardi); dall'altro radiografia (con straniamento temporale) di un attitudine tutta italica. Detto ciò a mio parer paga pegno alla modernità del suo gemello "contemporaneo": I soliti ignoti.
MEMORABILE: I titoli di testa di Luzzati; La performance atletico-linguistica di Gassman; Il per me sempre indimenticabile volto di Folco Lulli.
Fantasia coloratissima, sgargiante e tanto, tanto divertente imitatissimo sino al pessimo Attila con Abatantuono. Questo neologismo costante, questo carnevale goduto e godurioso è ricco di trovate (la corte bizantina, il paese degli appestati, la doppia esecuzione, la consegna della "vergine"), vero e proprio compendio in chiave comica di storia della seconda liceo. Monicelli memore dei Soliti Ignoti (quasi un remake questo film, a tratti) inventa una compagnia di pezzenti guidati da un Gassmann in excelsis, pezzente e valoroso, sfigato e idealista.
MEMORABILE: La R moscia di un impagabile Volontè, in un ruolo insolito e però perfettamente a suo agio.
Brancaleone da Norcia è un cavaliere di ventura al rovescio, alla testa di un manipolo di cialtroni. Rubato l'atto di investitura di un feudo, partono alla volta dello stesso, imbattendosi in numerose disavventure. Tutti i personaggi, interpretati da attori e caratteristi di consumata bravura, sono usciti fuori dall'inventiva di Monicelli coadiuvato magnificamente da Age e Scarpelli. Ne nasce un Don Chisciotte all'italiana in una commedia dove il serio si mescola al faceto. Un esercito così popolare da diventare proverbio. Sublime.
Cavaliere di mezza tacca guida un gruppo di sfigati tra paesi, duelli e battaglie. Monicelli (con Age e Scarpelli) è un Cervantes grottesco che crea un Medioevo trucido e cialtrone caratterizzato da un italiano maccheronico e burino: ne viene fuori uno squinternato e spassoso romanzo cavalleresco, che ha in Gassman un eccellente interprete e nei paesaggi dell'Italia centrale il sapore di una storia che si può irridere, ma anche usare come metafora grottesca della nostra realtà fatta di fanfaroni e litigi sotto l'ala incombente della morte.
Insignissima opera de lo bravo Monicelli e de li sceneggiatori sua, qui ponet a loro agium magna actora quali lo Gassman e lo Volontè (graditam sorpresa in rolo non solito) et una serie bravorum caratteristi (intra quali lo Pisacane fora rolo est). La pelicula denunziat nu poco de ripetitivitas temorum et lentezzam di fondum sed le multa felix trovatam, lo cantum e lo idioma latino vulgaris mirabili sunt. Tanto che puro lo criticum contagiatus est.
MEMORABILE: "Cedete lo passo tu!" "Transitate lo cavalcone in fila longobarda" "No, no.. ite anco voi sanza meta, ma de un'altra parte..."
Penso che questo sia il genere di film che Monicelli preferiva dirigere, visti anche i simil-autoplagi futuri. Un manipolo di sfigati fieramente capeggiato da Brancaleone scorrazza per lo Stivale combinando divertenti disatri a ripetizione. Belli i costumi e la ricostruzione medievale. Domina su tutti un Gassman teatrale fin sopra i capelli, che sfoggia imperiosamente un linguaggio aulico che è musica per le orecchie. Volontè invece si accontenta del ruolo di spalla occasionale. La colonna sonora ormai precede la fama dell'opera stessa.
MEMORABILE: Il piano di difesa dai Saraceni che fallisce pietosamente...
Non mi ha fatto impazzire. Ha cose meravigliose: innanzitutto il lessico delizioso ("fromboliere", "folgore", "proietto"...), poi i costumi, le superbe località agresti dell'Italia Centrale e Meridionale, la grande interpretazione di Gassman, la piacevolissima parte di Volontè, ma quello che manca è la tipica vivacità della commedia all'italiana, della quale questo film è ritenuto uno dei vertici. La vicenda è però lenta, non appassionante, fatta di avvenimenti prevedibili, con parentesi di troppo. Forse sono io che non ho capito bene il film.
Brancaleone e il suo scalcagnato gruppo di zotici vaganti. Io credo che Monicelli, Age e Scarpelli (non mi si accusi di dietrologia patologica) abbiano voluto canzonare l'Italia degli anni del benessere economico e involontariamente abbiano descritto quella reale. Il cast apporta un gran contributo: Gassman avrebbe forse lavorato gratis, in un ruolo a lui tanto congeniale. L'uso di un lessico di fantasia è semplicemente geniale: pensate solo alle brutte copie nei vari "quando i film avevano la coda".
Un film pittusto noioso con una sceneggiatura che, con l'espendiente del linguaggio inventato, è quasi inesistente. Una scelta pessima di attori (tranne che per un ottimo Gassman, che sembra fatto apposta per la parte di Brancaleone), una regia banale ma soprattutto una quasi assenza di comicità, che dovrebbe invece caratterizzare il film. Infatti più che una commedia sembra una pellicola a tratti grottesca, in cui i momenti in cui si ride davvero si contanto sulle dita di una mano. Troppo sopravvalutato.
Una delle rare invenzioni "pure" e realmente originali della "commedia all'italiana". In altra sede mi capitò di notare curiose similitudini fra Brancaleone e il personaggio di Kikuchiyo (Toshiro Mifune) de I sette samurai, una somiglianza che non riesco a considerare casuale. Strepitosi gli altri personaggi: Volonté delizioso ("li pivati savacini!"), Pisacane ebreo vecchio (a) bacucco e ovviamente avaro, per tacer degli altri. Un classico evergreen del nostro cinema, da vedere e rivedere.
Grande film di Monicelli in vena creativa che trasporta grandi attori (Gassman, Volontè, Enrico Maria Salerno) in un medioevo semiserio e li lascia divertire come matti con un linguaggio (inventato anche dallo stesso Gassman) che si rifà all'italiano arcaico con molta ironia. La durata è considerevole, ma grazie al cielo i tempi morti sono pochi e non pesano. Mitici Volontè con la erre moscia e il motivetto del film ("Branca-branca-branca... leon-leon-leon, fiii, bum!").
MEMORABILE: "Transitare lo cavalcone in fila longobarda"; "Ite anco voi, sanza meta... ma de un'altra parte!"
Monicelli prende la commedia all'italiana e la trasporta nella farsa boccacesca medievale: il risultato è notevole, i momenti divertenti sono davvero tanti, così come tanti gli incontri che l'armata fa nel suo tragitto verso una certa Aurocastro. Il cast è all'altezza, Gassman è ancora una volta perfetto nel ruolo di eroe bugiardo e fanfarone, i caratteristi gli fanno buona spalla a partire da Pisacane e Volontè. Stupenda la Spaak giovanissima così come la Buccella, un po' eccessiva la durata, ma comunque è un film degno di nota.
MEMORABILE: La colonna sonora cult; il primo incontro con Zenone; folco Lulli e l'orsa; il piano per sconfiggere i Saraceni e il suo imprevisto svolgimento.
Il film di Monicelli è senz'altro pieno di trovate originali, ed alcune anche divertenti. Il linguaggio con un italiano stile latino-medioevale volutamente maccheronico, è forse la peculiarità più notevole. Rivisto oggi si ha l'impressione di un montaggio di diverse scenette, abbastanza slegate tra di loro, con sparizioni e apparizioni di personaggi, che da un ritmo a singhiozzo a tutto il lavoro. Gli interpreti, Gassman e Volontè in testa, sono adeguati, anzi il film sembra fatto proprio per sfruttare le capacità verbali e teatrali di Gassman.
MEMORABILE: Le difficoltà di vita dei ceti bassi in quell'epoca evidenziate durante la morte di Abacuc, invidiato per la "vita" che andrà ad incontrare.
Si mischiano una buona dose di Boccaccio e di Cervantes, si aggiunge una spruzzatina della fantasia ariostea, ci si scorda di quel tristone del Tasso e della medievale magnificenza di sir Scott ed ecco che salta fuori Brancaleone da Norcia, un istrionico e compiaciuto Gassman. Monicelli dà sfogo alla sua fantasia nei costumi, nella lingua dei dialoghi (questi sì geniali), nella creazione di alcuni personaggi (Volontè bizantino). Peccato però che alcuni passaggi siano eccessivamente statici e che la storia sia abbastanza prevedibile. Buono ma non di più.
MEMORABILE: Pavato!; -'Ndo ite? -Così sanza meta -Venimo? -No, ite anco voi sanza meta... ma de un'altra parte
Quae nocent docent, ovvero le cose che nuocciono istruiscono (e rendono più furbi); ne sa qualcosa Brancaleone da Norcia (un fantastico Gassman) sorta di ideologico, ingenuo, talvolta maldestro carattere derivato -né più né meno come pure si intuisce dal nome- dall'ispanico Don Chisciotte della Mancia. Age e Monicelli non celano le referenze letterarie, ma anzi imprimono italianità (e quindi genuinità) ai protagonisti: una brigata di (s)ventura sulla quale si abbattono le iàtture del passato (la peste su tutte) ma animata da stimoli, intuizioni, riflessioni e -perché no?- paure ancestrali.
Quando un titolo diventa allocuzione significa che è riuscito a toccare un punto nevralgico, il questo caso del nostro carattere nazionale: quante volte abbiamo avuto l'impressione di essere guidati da un'Armata Brancaleone, per nostra disgrazia molto meno divertente dell'originale? Film collettivo in cui è difficile distribuire i meriti fra regia, sceneggiatura e cast, senza dimenticare gli splendidi costumi e la colonna sonora martellante. Geniale in particolare l'invenzione di un lessico fra il colto e l'inclita, di mirabile castroneria.
MEMORABILE: Il duello fra Gassman e Volontè con relativa mietitura del campo - La corte bizantina
Monicelli ci regala un vero e proprio cult del cinema italiano. L'armata Brancaleone è uno di quei film che vedi sempre volentieri e che ogni volta ti fa ridere. Le straordinarie interpretazioni di Gasmann (Brancaleone da Norcia), Volonté (Teofilatto dei Leonzi), ed Enrico Maria Salerno (Zenone), insieme al linguaggio inventato ad hoc, conferiscono all'intera pellicola unicità e bellezza. Per chi non lo avesse mai visto è un film assolutamente da recuperare.
MEMORABILE: Le scene con "lo cavalcone"; La cura per il mal di fegato proposta da Teofilatto a Brancaleone.
Visto oggi alla lunga mi ha fatto fare qualche sbadiglio... Che all'epoca fosse una novità rileggere il medioevo in questo modo non lo metto in dubbio, ma oggi, dopo 45 anni, alcune cose come l'orso palesemente finto fanno ridere (o tenerezza). Il film spesso è divertente, ma alla lunga un po' stanca. Grandi Gassman e Salerno come prete allucinato, la Spaak è solo di contorno. Rimane nel mito il motivo della colonna sonora.
Il titolo fa ormai parte del linguaggio comune, la canzone è conosciuta da tutti e il film di Monicelli contribuisce a rinnovare la commedia tricolore con una reinterpretazione paesana e chiassosa (ma anche realisticamente cupa) del Medioevo dei prodi cavalieri e delle compagnie di ventura e stuzzicandola persino con truculenze ed erotismo (di quest’ultimo i pungoli sono la Spaak, la Buccella e la Steele). Perfetta la sinergia tra la masnada del forbito e cialtrone Gassman, i paesaggi italici, il racconto picaresco e i pregi artistici dei costumi di Gherardi e della fotografia di Di Palma.
MEMORABILE: Salerno frate “pezzente”; la presentazione della corte bizantina; la Steele sadomaso; Lulli e l’orsa; la trappola per i saraceni.
Per molti versi sente decisamente il peso degli anni: il ritmo è lento, specie all'inizio e molte gag appaiono oggi telefonate e puerili. Eppure rimane un grande esempio di commedia, girata in location da cartolina e con un manipolo di protagonisti indimenticabili (Gassman da Oscar, irresistibile anche Pisacane nel ruolo del vecchio ebreo). Ma la vera trovata geniale resta l'italiano fittizio, accompagnato da accenti ed equilibrismi lessicali irripetibili. Notevole anche la colonna sonora. Forse inferiore al suo mito, ma comunque un buon film.
MEMORABILE: La trappola per i Saraceni; Brancaleone alla corte dei Bizantini; Il matrimonio di Matelda e Guccione.
A distanza di tempo non appare più datato di altri film dell'epoca, anche quelli più impegnati e già nati noiosi. Ora siamo abituati ai film americani (quelli italiani contemporanei non esistono), che sono formalmente più curati, dove in un minuto succede di tutto e dopo un'ora e mezzo non si sa più di dove s'era partiti. Riflette la sua epoca scanzonata, gli interpreti sono fra i migliori (la Spaak era una presenza fissa pure lei, chissà perché) anche per esigenza di cassetta. Ma chi preferisce Antonioni non perderà certamente tempo qui...
Fa parte di un personale elenco di film osannati dalla critica che mi hanno convinto poco. Ma non perché il film demeriti, anzi è divertente, pur se non in modo eclatante (con i diversi episodi che risultano eterogenei); è una parodia curata nei dettagli e offre diverse allusioni grottesche interpretabili in senso moralistico. Ma film con apprezzabili qualità ce ne sono diversi e di svariati generi, solo che non tutti hanno avuto la fortuna di avere un apprezzamento osannante dalla critica a cui la critica successiva si è accodata. ***
Divertentissima commedia ambientata in un medioevo italiano inedito (fino a quel periodo) per il nostro cinema. I punti di forza sono molteplici: sicuramente i dialetti dei personaggi, ma anche la selezione scenografica costantemente deliziosa e soprattutto un Vittorio Gassman molto espressivo e teatrale nei panni di un simil Don Chisciotte a capo di una "armata" di straccioni condannati in imprese fallimentari. Anche i comprimari non sono da meno. Spicca tra i vari una bellissima Barbara Steele nei panni di Teodora.
Film entrato nella memoria colettiva in particolare per il titolo che è diventato un modo di dire e per il leit motiv orecchiabilissimo. La trama è buona e il linguaggio maccheronico gustoso (a volte risulta un po' incomprensibile), ma non mancano lungaggini che rendono le battaglie in parte prolisse. Bravissimo e istrionico Gassmann in un ruolo perfetto per lui, ma non gli sono da meno Volontè, Salerno e Pisacane. Il reparto femminile è sostanzialmente sprecato, a eccezione di una spiritosa Buccella che però appare in un cameo.
Un interessante esperimento di Monicelli che tenta con Age e Scarpelli una rivisitazione semiseria, ma nel complesso reale, di un Medioevo trascurato dal cinema (e anche dai libri di storia). Gassman gigantesco mai così "in parte" nel cinema, Volontè gli sta al fianco egregiamente, belle le musiche di Rustichelli, le scenografie, la fotografia, splendidi i costumi. Non ricordo punti morti o falle di regia a parte qualche imprecisione storica. Ma non era questo l'intento del film. Fondamentale!
Il cavaliere Brancaleone da Norcia cerca di riprendersi quello che gli spetta (un feudo tutto suo) in un'Italia sporca, meschina e violenta. Durante il viaggio verso Aurocastro riunisce un gruppo di uomini (chiamarla armata è troppo), ai quale riesce a insegnare la nobiltà d'animo e i giusti comportamenti che deve avere un cavaliere. Ottima l'interpretazione di Gassman, che crea un personaggio e un linguaggio rimasti nell'immaginario collettivo.
MEMORABILE: Le continue botte al cavallo da parte di Brancaleone.
Molti pregi ma anche qualche difetto; bellissimi sono i dialoghi forbiti tra i personaggi e minuziosa la ricostruzione del periodo medioevale, con castelli e costumi veramente fantastici; il difetto maggiore è sicuramente l'eccessiva durata, che in certi punti è veramente noioso. Comunque quando nel cast hai gente come Gassman e Volonté è impossibile che venga fuori qualcosa di non riuscito.
Ennesima grande prova che solo un regista come Monicelli poteva avere le capacità e il coraggio di mettere in scena. Un ritratto del medioevo italiano molto più veritiero di quello sfarzoso ed eroico presentato in altri contesti, dove ad avere voce non sono santi o poeti ma poveri disgraziati ed emarginati. L’idea, poi, di girarlo in una lingua a metà strada con un ipotetico dialetto volgare gli restituisce quell’anima popolare e genuina. Da vedere senza esitazione.
Mi par cosa maravigliosa che una pellicola datata dieci lustri possa ancor esser oggi fonte di diletto, nonostante l'ambientazione in infelice epoca. L'inizio non mi ha entusiasmato assai e avevo già previsto un paio d'ore di noia, ma Monicelli si riprende subito grazie a un Gassman in formissima accompagnato da un inedito ma comunque ottimo Volonté e Pisacane, che fa il suo. Tutto è parodia in questo film, a partire da Brancaleone, Don Chisciotte del Centro Italia in cerca di gloria ma circondato da miseria. Piacevole, suscita qualche risata.
MEMORABILE: L'intera sequenza della trappola ideata da lo ingegno del condottiero e uomo d'arme Brancaleone.
Celeberrima pellicola ricca di elementi riusciti, dalla sgargiante fotografia allo spassoso lessico medievaleggiante, ma il passo è lento almeno quanto quello dell'armata e l'episodicità del soggetto intacca ulteriormente la fluidità. Rimane il piacere di ammirare un Gassman a briglia sciolta e una serie di grandi nomi del nostro cinema piazzati dove non ci si aspetterebbe, a partire da un Salerno (doppiato) mai così spiritato. Arcinota (e azzeccatissima) la marcetta. Visione meno leggera del previsto riscattata da indiscutibili pregi.
Clamoroso culto cinematografico che sfoggia riferimenti classici (la struttura romanzesca a episodi del Satyricon di Petronio) e contemporanei (I soliti ignoti, del quale rappresenta una sorta di riscrittura medievale). L'incontro tra l'ampollosità di Gassman, l'insolito Volonté in chiave comica, il coro di facce grottesche da Pisacane in giù, è cucito da una sceneggiatura che mischia latinismi liceali al lessico pedantesco che fu anche delle canzoni di De André e Villaggio. Forse non è irresistibile come si vorrebbe, ma unico e da conoscere.
MEMORABILE: Mordivoi sifonai, non v'avessi visto mai...
Vero e proprio film di culto che sostiene col suo falso ciarpame il peso di mezzo secolo. Monicelli fa un interessante incrocio fra la commedia all'italiana di stampo classico e una boccaccesca versione del medioevo, fra ampollosi neologismi e tanto fracasso. Il cast era ed è quanto di meglio immaginabile. Le uniche pecche sono da cercarsi in una lunghezza un po' eccessiva acuita da una certa lentezza. Gagliardamente ormai Treccaniano.
MEMORABILE: "Ite anco voi, sanza meta... ma de un'altra parte!"; "Dammiti prendimi cuccuruccu!"; L'amplesso sadomaso.
I primi minuti sono quelli più duri da reggere. Monicelli ci schiaffa in faccia del grottesco allo stato puro ambientato in una scenografia da teatrino scolastico. Ma se si riesce ad accettare tutto questo e a entrare nel pieno spirito del film, allora ci si diverte spassionatamente nel turbine di linguaggio maccheronico, situazioni comiche e personaggi improbabili. Non tutti gli episodi reggono, ma il film nel complesso certamente sì. Gassman perfetto col suo stile enfatico, Volontè un po' a disagio. Memorabile Pisacane nel ruolo di Abacuc.
MEMORABILE: Il motivetto, ovviamente; "Brancami, Leone!".
Drappello di sventurati capeggiati da un cavaliere punta al possedimento del paese di Aurocastro. Divertente già nell’idioma aulico che dà gran ritmo ai dialoghi, è arricchito nelle vicende dalle conseguenze nefaste delle azioni della brigata. Gassman ha fisicità da vendere e nota per Enrico Maria Salerno; Volonté non sembra azzeccata come scelta (Monicelli gli avrebbe preferito infatti Vianello). Ottime location campestri, costumi sgargianti o eccentrici.
MEMORABILE: Il passaggio dei cavalconi; Gassman che miete il campo di grano a colpi di spada; Le frustate amorose; La sepoltura del cassettone.
Classico della commedia italiana rimasto nell'immaginario degli spettatori per le musiche originali e per il suo stile medioevale revisionato in chiave parodistica. Il cavaliere Brancaleone da Norcia (un espressivo Gassman) e la sua "armata" goffa e impacciata incontrano una serie di peripezie, ben rappresentate scenograficamente da Monicelli, il quale non esagera con i momenti puramente comici ma si concentra molto sul linguaggio particolare dei personaggi. Non un capolavoro, ma molto importante per il cinema nostrano.
Commedia che ha fatto storia e ha lasciato il segno anche nella nostra lingua. Gassman tratteggia ottimamente il personaggio di un nobile decaduto e miserabile e diventa il simbolo del film, col suo fare da italiano guascone. Monicelli dirige con maestria e crea un'atmosfera da novella del Boccaccio (con una lingua ridicola ma credibile), facendo ridere di gusto. Gli attori secondari reggono bene (in primis Volontè e Spaak); peccato per qualche inesattezza storica, ma conta poco.
MEMORABILE: La celeberrima colonna sonora; La "strenua" difesa della rocca.
Altro gioiello di Monicelli, che qui combina uno script già comico di per sé a un linguaggio talmente assurdo che rende divertenti anche le situazioni più deboli. Gassman giganteggia ma Volontè - pur in un ruolo minore - fa sfoggio di grande versatilità. La Spaak, la cui "virtù" è motore degli eventi, in realtà recita poco ma i suoi duetti col protagonista sono memorabili. Colonna sonora perfetta, i costumi - talvolta davvero sgargianti - sottolineano l'approccio parodistico a un certo cinema epico. Operazione geniale e spassosa.
In un medioevo immaginario una sgangherata compagnia di ventura attraversa l’Italia per prendere possesso di un ricco feudo nelle Puglie. Uno dei film più divertenti e fantasiosi della storia. Ma sotto la superficie comica emerge quella vena stracciona e antieroica con cui Monicelli rilegge la storia dalla parte della gente comune e capace di restituire un’epoca storica oscura e violenta meglio di certe bolse rappresentazioni cavalleresche hollywoodiane. Mitici il gergo classico-dialettale inventato da Age & Scarpelli e i costumi di Piero Gherardi.
MEMORABILE: Zenone prova la resistenza del cavalcone; La sfida con Teofilatto; “Dammiti prendimi godiamo e pecchiamo”; Mai coverto!; L'elogio funebre di Abacuc.
Veramente ottimo, maggiormente apprezzabile dopo averlo già visto una volta. Il cast ne denota il valore: Gassman, Volonté e Salerno in un unico film sono garanzia perlomeno di notevoli interpretazioni; tra questi, oltre a un istrionico Gassman, emerge Salerno, in una differente visione di sé e dei personaggi misurati spesso proposti. Piacciono la sceneggiatura, molto ricca, le ambientazioni e la colonna sonora, con un motivetto che arricchirà i cori da stadio negli anni a seguire. Il linguaggio è arguto e molto divertente.
Sgangherata e carnascialesca epopea che celebra l'intero diapason cromatico dell'esistenza, articolandosi narrativamente lungo tutti i registri del comico, del tragico e del farsesco, a tratti con risultati esilaranti (il patois volgarizzante dei dialoghi: le interazioni fisiche fra i protagonisti Gassman e Volontè; il personaggio di Abacuc interpretato dalla maschera parlante Pisacane), altrove con segmenti che hanno risentito del passaggio del tempo (gli incisi boccacceschi: la grottesca silhouette posticcia dell'orsa). Nel complesso, ancor oggi, opera di grande solidità corale.
MEMORABILE: Chiosa di Pecoro (Lulli) all'elogio funebre di Abacuc (Pisacane): "Beato lui!".
Uno dei migliori film di Mario Monicelli, che sceglie un Medio Evo all'italiana per ambientare la sua storia. Un racconto picaresco in cui accanto all'inevitabile comicità, veicolata da dialoghi irresistibili, trovano spazio anche il dramma, la riflessione sulla morte, un pizzico di storia vera e tanta ironia di fondo. Cast straordinario, non solo per la presenza di giganti quali Gassman e Volontè ma anche per tutto il resto degli attori. Bellissime le location rurali dell'Italia centrale. Un'avventura surreale e indimenticabile. Da vedere assolutamente.
L'inizio è addirittura splatter, poi il film prende i caratteri più tipici da commedia italiana, ma sembra esserci pure l'influenza del “Don Chisciotte” di Cervantes. Divertente il linguaggio utilizzato, riconducibile direttamente al Medioevo, senza dimenticare le inflessioni dialettali. Belle le location medievali di cui l'Italia è prodiga. Anche gli attori sono azzeccati: tra di loro una breve parte per Barbara Steele, che non tradisce il suo status di icona macabra. I costumi forse sono troppo fantasiosi rispetto all'epoca narrata.
Uno dei grandi capolavori della commedia all'italiana, un successo di pubblico straordinario e anche la testimonianza di un'epoca in cui registi e produttori sapevano osare. Chi farebbe oggi un film tutto recitato in un maccheronico latino medievale, in cui i costumi sono completamente incoerenti con l'epica e riflettono il gusto pop dell'epoca e tutti i personaggi sono gran cialtroni? Eppure una volta si faceva, e il nostro cinema era il migliore del mondo.
Commedia firmata Monicelli su un medioevo straccione e violento esaltato da una sceneggiatura basata su una riuscitissima parlata volgare e da una galleria di perdenti ottimamente caratterizzati. Eccellente lavoro di ricostruzione storica, cast pazzesco in cui spicca il solito Gassman ma tra Volontè, Pisacane e Salerno c'è l'imbarazzo della scelta. Brilla anche la divina Barbara Steele. Ironico, grottesco e divertente, talmente grande che il termine "Armata Brancaleone" è entrato di forza nei dizionari italiani.
MEMORABILE: "Cedeto lo passo tu"; Gassman.
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DiscussioneZender • 2/10/14 19:17 Capo scrivano - 48946 interventi
Sai, non mi ha mai fatto impazzire sto film. E' una vecchia storia, di sicuro ne parlai nella discussione generale...
Il sommarietto contiene gravi errori. Nell'articolo non si fa cenno, infatti, a nessuna molestia sul set del film. A meno che non sia molestia stare zitto durante un viaggio in auto...
HomevideoRocchiola • 14/03/20 17:36 Call center Davinotti - 1320 interventi
In attesa di una riedizione in bluray che ci starebbe davvero bene, bisogna accontentarsi del DVD della Medusa ormai risalente al 2004. Io posseggo la prima edizione con una bella confezione digipak dotata di slipcase in cartoncino. Il video è stato restaurato e viene presentato nel corretto formato 1.85 pulito e brillante nei colori. Permane qualche alone e ombreggiatura di fondo e la definizione in alcuni passaggi non è molto incisiva, però per un prodotto di oltre 15 anni fa non ci si può davvero lamentare. Unica traccia audio monofonica di media potenza ma un pochino chiusa, forse una rielaborazione a più canali avrebbe aperto maggiormente il suono. Pur non avendola visionata eviterei la successiva edizione della 01 nella serie “Italiani da culto” che notoriamente presenta versioni qualitativamente pessime. Entrambe le edizioni sono fuori catalogo ma ancora reperibili on-line a prezzi medi.
Il produttore Mario Cecchi Gori, dopo che Monicelli gli ebbe parlato del film, pensò di rinunciare a realizzarlo, temendo un grosso flop commerciale. Il regista Monicelli riuscì a convincerlo rinunciando al compenso e si "accontentò" di una partecipazione agli utili. Scelta che poi si rivelò vincente, alla luce dell'enorme successo ai botteghini.
CuriositàApoffaldin • 13/04/25 09:59 Pulizia ai piani - 276 interventi
IL FURTO DEI MANIFESTI SPECIALI
L'8 marzo 1966 a Roma e Bologna furono rubati da ignoti ladri i manifesti del film appena fatti affiggere dalla Titanus.
I motivi del gesto erano ignoti. Certo invece era che la Titanus per la prima volta aveva tentato un esperimento molto interessante. I manifesti infatti erano stati concepiti con unatecnica del tutto nuova che non aveva mancato di suscitare "negli ambienti pubblicitari un vivo interesse". Su di essi infatti era stata applicata una soluzione plastica che consentiva di dare rilievo alle forme normalmente piane. Praticamente l'immaginetendeva a balzare "dal piano dell'affisso per creare una figura prepotentemente visiva". Per questi motivi l'anonimo giornalista non escludeva che il furto fosse stato fatto o commissionato per motivi di studio o collezionismo.
FONTE: I ladri hanno attaccato "L'armataBrancaleone", in Paese Sera. Edizione Ultim'ora, 9 marzo 1966, pag.13.
I furti, specialmente a Roma, continuarono anche nei giorni successivi.
FONTE: Ignoti ladri continuano ad attaccare"L'armata Brancaleone", in Paese Sera. Edizione Ultim'ora, 26 marzo 1966, pag.9.
Qui sotto un'immagine dei manifesti che venivano continuamente trafugati: