Note: Fred Fleck ha girato le scene finali. Soggetto dal romanzo The Magnificent Ambersons dello scrittore statunitense Booth Tarkington pubblicato nel 1918.
Fortuna e declino di una ricca famiglia americana. Una delle tragedie della storia del cinema: Orson Welles, atteso da fucili spianati dopo Quarto potere, si vide scempiare questo grande affresco di oltre 40 minuti (il misfatto fu compiuto su ordine dei produttori dal futuro regista di West side story R. Wise), poi andati perduti in un incendio! Pure così il film è bellissimo, e Welles dimostrò di cavarsela anche con una regia "classica", rinunciando al barocchismo del suo esordio. Da vedere.
Il secondo film di Welles si segnala per un taglio registico più semplice ed elegante, per la modernità del linguaggio e per la riflessione sulla Storia, il cui corso inesorabile lascia indietro e annichilisce la ricca famiglia protagonista. Eccellenti tutte le interpretazioni: dall'intraprendente Cotten alla derelitta Moorehead, dal viziatissimo e ottuso Holt alla dolce Baxter, passando per i solidi Costello e Collins. Welles non è presente come attore, ma la sua voce narrante diventa un vero e proprio personaggio principale.
MEMORABILE: La vivace descrizione del tempo che passa attraverso i cambiamenti nell'abbigliamento; i battibecchi zia-nipote; al capezzale della madre.
Welles reinterpreta Via col vento: più incisività e meno miele. Già nelle scene drammatiche e nei primi piani c'è molta personalità e stile. Ma anche nei momenti frivoli: le lunghe chiaccherate tra George e Lucy o i cittadini intenti a spettegolare. La madre, figura angelica ma anche artefice del proprio destino per come ha viziato il figlio. La zia Fanny perennemente intricata negli eventi e splendida protagonista della scena simbolo che segna la decadenza della famiglia. E un finale incollato dalla produzione che in effetti stride parecchio.
Caduta di una famiglia di possidenti nel sud degli USA, travolta dalla modernità e dall'insolente superbia del rampollo di famiglia. Dopo Citizen Kane, Welles gira quello che, dopo l'intervento della produzione, è un gotico con tanto di villa con scala a chiocciola, abuso di chiaroscuri e personaggi che vagano completamente oscurati per i corridoi. Molte cose interessanti, come sempre nei film di Welles, ma nel complesso la storia è convenzionale e francamente non mi ha appassionato.
La versione originale era secondo Welles addirittuta superiore a Quarto potere. Quella rimaneggiata (40 minuti tagliati, poi andati bruciati e finale posticcio) è invece molto lontana dal capolavoro. Sorvolando sull'ignominia di doppiaggi e ridoppiaggi (passi la spledida voce di Locchi, ma sorvoliamo sul resto), la storia appare visibilmente incompiuta e molti passaggi non convincono. Rimane una grande regia (stavolta senza virtuosismi) e alcune ottime soluzioni (l'inizio), ma il massacro produttivo rimane evidente. Welles lo ripudiò.
Il film che segna la fine di Welles ad Hollywood e l'inizio della sua leggenda di reprobo genio apolide. Estremo capolavoro di delicatezza registica che neanche le forbici e la mannaia della RKO son riusciti a recidere. Se in Kane c'era la foga del ragazzo Orson, negli Amberson c'è la sapienza da arcano incantatore capace di delineare, in un florilegio di dissolvenze, grandangoli e profondità di campo (geniale lavoro di Cortez), la crepuscolare parabola di una famiglia aristocratica. Nel formidabile cast, nota di mertito per Dol Costello. Sbalorditivo!
MEMORABILE: I titoli di coda, "narrati" e chiusi dal director Orson Welles, beffardo (vista la mutilazione del film) suggello di un'opera straordinaria.
Violentato da più di mezz'ora di tagli e da un finale decisamente posticcio, al lavoro di Welles rimane l'originalità di alcune sequenze e il tocco innovativo dell'autore che, per quanto a fatica, si percepisce. Il prologo, divertente e interessante, come pure i beffardi titoli di coda narrati dallo stesso Welles, è seguito tuttavia da più e più parti che non mantengono lo stesso livello narrativo, facendo calare un po' lo spettatore in una coltre di nebbia attraverso la quale è arduo penetrare la pur semplice trama del film.
La caduta degli Amberson (e in particolare di George) segue la civiltà nel corso dell'evoluzione storico-sociale; grande raffinatezza e stile da parte di Welles, con un cast effettivamente d'eccezione, ma quello che nel film rimane impresso e ricordato oggi è la tecnica innovativa (grandangolo, sequenze e uso di voce fuori campo, con la particolarità dei crediti di chiusura "narrati"). Il soggetto è un romanzo omonimo di Booth Tarkington: non mi ha appassionato e l'ho trovato a tratti noioso.
Secondo film del grande Orson Welles. Pur non raggiungendo i livelli di Quarto potere, questo si fa ammirare per come è diretto, per come è scritto ma anche per l'interpretazione degli attori (superlativa la Moorehead). I titoli di coda non letti sono la prova dell'intelligenza artistica di Welles.
Nonostante i tagli sulla durata originale siano ben percepibili nella parte conclusiva, è un signor film, con sequenze virtuosiostiche ed interpretazioni di vaglia. Fotografia splendida. Colpisce la capacità di rendere vera tutta una serie di complesse dinamiche, interfamiliari e intrafamiliari, sia nel dipanarne gli aspetti reconditi sia nell'evitare di cadere sul vistoso quando si trattano quelli più appariscenti.
Magistrale ritratto di una potente e ricca famiglia tratteggiato in maniera cinica, ironica e al tempo stesso compassionevole da Welles. Nel film sono presenti tutti gli elementi tipici del cinema wellesiano a partire dalle inquadrature (spesso dal basso verso l'alto), che chiudono all'interno di uno spazio quasi claustrofobico i personaggi della storia. Il carattere di ogni singolo protagonista è delineato in maniera accuratissima, perciò lo spettatore tende a immedesimarsi totalmente in ciò che vede. Gran cinema.
Sebbene Welles sia stato costretto dai produttori a tagliare ben 40 minuti di pellicola, il suo secondo film raggiunge grandi risultati. La tecnica è magistrale e sopraffina grazie alla regia del Maestro che regala magnifiche scene e splendide inquadrature a profusione. Si aggiungano una storia che coinvolge piacevolmente ed ha un ottimo "ritmo" e degli attori che sono un vero piacere a vedersi e sentirsi (in originale, off course). Ovviamente il finale conciliante è stato imposto dalla produzione.
MEMORABILE: i titoli di coda che vengono enunciati da Orson Welles.
Un'opera straordinaria per i dialoghi così realistici e incisivi che rimandano al genio indiscutibile di Orson Welles e alla sua capacità di raccontare senza mai banalizzare niente. La storia è quella di un Via col vento avvelenato e al maschile, in cui l'amore contrastatissimo fra due persone alla fine riesce comunque a superare le barriere del tempo, quelle sociali e incontrate via via per un destino avverso. Attori di gran pregio, fra cui primeggiano la Moorehead e Tim Holt. La decima musa qui fa una bella figura.
Rispetto al capolavoro d'esordio, un film più tradizionale nello sviluppo narrativo che ricorda quello dei romanzi ottocenteschi e in cui l'intervento proditorio della produzione si avverte nello scippo del minutaggio complessivo e nella frettolosità di un epilogo montato da un altro, ma anche così questa storia della progressiva rovina di una famiglia un tempo potente e orgogliosa conquista ed emoziona per la composizione delle inquadrature, l'uso della profondità di campo, la capacità di sintetizzare il passare del tempo in una manciata di inquadrature, le belle interpretazioni.
MEMORABILE: I cambiamenti nell'abbigliamento; La gita sulla neve carrozza contro macchina.
Opera purtroppo rimaneggiata dalla produzione che ne tagliò oltre 40 minuti e ne stravolse il finale. Nonostante questo resta un film di grande fascino, con personaggi memorabili e una recitazione incredibile (sono molti e lunghi i piani sequenza), per non parlare della splendida fotografia. La mano di Welles è evidente, così come il suo messaggio sulla vacuità e lo scollamento dalla realtà di certa aristocrazia, immobile mentre il mondo intorno cambia. Bellissimo e moderno il monologo del vecchio sulla Terra che nasce dal Sole e noi dalla Terra, alla quale siamo destinati a tornare.
Il film che fa scoprire ai tecnici l'importanza della profondità di campo e al mondo l'intelligenza di Orson Welles, anche se la critica coeva lo tacciò molto spesso di essere barocco. Invece è un film straordinario, con una messa in scena superba e recitato benissimo, capace di trasmettere anche oggi fortissime emozioni e di tenere lo spettatore inchiodato alla sedia.
L'inizio è divertente poi, man mano che procede la storia, tutto diventa più cupo e il polpettone che ne esce risulta un po' pesante. Sicuramente rovinato dalla produzione, il film di Welles rimane comunque da vedere, soprattutto per la bella fotografia in bianco e nero che tocca toni tipici del gotico. Buone le interpretazioni e da elogiare la regia di Welles. La colonna sonora è di Bernard Herrmann, anche se non accreditato. Interessante la scelta dei titoli di coda "narrati".
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CuriositàFabbiu • 24/09/12 16:45 Archivista in seconda - 661 interventi
Ne è stato fatto un remake televisivo, nel 2002, per la regia di Alfonso Arau.
Le scene finali aggiuntive sono state girate da Fred Fleck (n.c.).
Vàluti Zender se aggiungerlo al cast.
DiscussioneZender • 29/11/13 08:27 Capo scrivano - 48851 interventi
Ok, aggiunto con nota.
DiscussioneRaremirko • 9/10/18 22:22 Call center Davinotti - 3863 interventi
In effetti rimane la rabbia/fastidio per i tagli censori e per i 43 minuti persi...
Anche così l'opera è splendida; la regia e la personalità di Welles, aiutati dal montaggio di Robert Wise (proprio come avvenne per Citizen Kane), si respiran eccome...
Spaccato spietato su dinamiche sociali e familiari e, oggi come allora, non credo sia cambiato molto, sia per i nobili, sia per i non nobili.