The specials - Fuori dal comune - Film (2019)

Bruno e Malik, uno ebreo e l'altro musulmano, gestiscono a Parigi, con pochi mezzi ma con dedizione assoluta, due organizzazioni no-profit tra loro collegate finalizzate alla gestione di ragazzi autistici gravi, rifiutati dalle strutture istituzionali. La coppia di registi Nakache/Toledano torna ad occuparsi di disabilità dopo Quasi amici, stavolta con un film di denuncia, autentico al limite del documentaristico, seppur venato di ironia e di grande umanità. Toccante e istruttivo, con un Cassel sorprendente.

A Parigi, due case-famiglia accolgono ragazzi autistici gravi respinti da ospedali e case di cura perché occuparsi di loro è dispendioso e richiede troppo impegno... Il film affronta un tema delicato con un approccio quasi documentario che, mentre solleva interrogativi pesanti sulla latitanza delle istituzioni, riesce a coinvolgere e commuovere senza mai cadere nel patetico o nel sentimentale ricattatorio. Bravi gli interpreti, molti dei quali non professionisti, ed eccezionale la prova di Cassel che si cala con grande sensibilità in un ruolo assai diverso degli abituali.

Sentito e doveroso omaggio agli operatori sanitari che spesso lavorano per la comunità e la protezione di emarginati e indifesi, osteggiati e ostacolati da burocrazia e interessi privati. Girato come un documentario, con un flusso di immagini che racconta efficacemente tante micro storie coinvolgenti pazienti, famiglie e operatori, un film essenziale e nello stesso tempo completo, in cui nessuna parte è fuori posto, con l’ultimo quarto d’ora letteralmente da antologia. Attori (tra professionisti e non) straordinari. Da vedere. 

Ennesima scommessa vinta dal duo di registi francesi, che tornano a parlare di disabilità con un taglio più impegnato. Non cambia la loro bravura nel maneggiare la mdp e nel dirigere attori famosi e non tirando fuori una spontaneità non comune, progettando scene corali di sicuro impatto. Il ritmo è buono ma si avverte più di una pausa nella parte centrale; Il tutto viene però riscattato da un finale trascinante in cui le note musicali del pezzo "Bloodfollow" si fondono a meraviglia con le immagini e le grida di denuncia sull'inerzia delle istituzioni.

Due associazioni no-profit, autonome e senza fondi pubblici, si incaricano con grande coraggio e spirito di solidarietà di accogliere e di reintegrare ragazzi in grande difficoltà psicologica, seguendoli anche al di fuori della struttura, in collaborazione con le famiglie. Il taglio è documentaristico ma non toglie nulla alla vivacità e al ritmo di un racconto corale, fatto di tante microstorie dolorose ma gestite con sensibilità e vitale ottimismo. Una grande prova di tutto il cast, sia dei non professionisti (i ragazzi) che di Cassel in una parte molto diversa dal solito.