Stallone ha fatto un film nello stile dei primi due e quindi di essi vero naturale seguito. Rocky, appesantito e pugile pensionato, è tornato nei bassifondi e ha aperto un ristorante italoamericano. Fa il pupazzo tra i tavoli raccontando le sue gesta ai clienti, ha problemi col figlio, Adriana è morta e Paulie, purtroppo per Rocky, no. Un po' troppo amarcord, malinconico, ma Stallone sa abilmente evitare il ridicolo almeno fino al match, dimostrando una certa classe e molta autoironia. Più che dignitoso.
La motivazione che porta Balboa a combattere alla sua età non regge. Ancor meno perché sostenuta e incoraggiata inspiegabilmente da amici/parenti tra cui il figlio che, "illuminato", molla il lavoro a lui poco adatto per fare da portaborse al padre: "illuminazione" inutile. Il resto è appena accettabile. Cosa rimane del film? I trailer che seguono la fine, guardateli con attenzione.
Ritorno in grande stile per Stallone. Un film alla vecchia maniera, dai toni introspettivi e malinconici, basato sul ricordo e la nostalgia, ma anche sul riscatto finale. L'allenamento e il combattimento passano in secondo piano e rivestono più che altro una funzione simbolica, metaforica, perfettamente coerente con lo spirito del film. Privo di volgarità, a differenza di tanti film moderni. Sempre grandioso Burt Young.
Il primo Rocky è stato il film che ha indirizzato la mia adolescenza, spiegandomi che a vincere sono i campioni e che impegnandosi non si vince per forza, ma si deve dare il massimo e - se si riesce - farsi trovare in piedi all'ultimo gong. Rocky Balboa non è l'ultimo combattimento, ma solo l'album dei ricordi d'un vecchio, confuso con un sogno, con i personaggi che erano Spider Rico o Marie. E per quanto riguarda la recitazione di Rocky, sentitevelo in inglese.
Ciò che colpisce di più del film, al di là della facile morale e dell'atmosfera alla Capra, è la confezione. Veramente ben fatta: fotografia, montaggio e musica sono ottime. Non scivola nel ridicolo come gli ultimi episodi, e questo è già un bene. Stallone sfigurato e appesantito è pure più simpatico, ci si affeziona subito a lui, come nel primo episodio. Scorre via liscio senza intoppi, forse è giunto il momento di considerare Stallone più come un regista che come un modesto attore. Fenomenale Burt Young!
Il ritorno di Sly al suo personaggio "storico" ha generato un film interessante, girato con lo stile classico che ha sempre contraddistinto lo Stallone regista. Forse il suo peccato più grave è quello di aver messo troppa carne al fuoco in fase di scrittura e certi passaggi (vedere il sottofinale) sono davvero telefonati, ma nell'insieme il film ha un suo perché. Paradossalmente funziona meglio prima del match finale che nelle intenzioni dovrebbe essere l'ovvio vertice emotivo, ma che in fin dei conti lascia in bocca il sapore ben noto del déjà vu.
MEMORABILE: Il discorso di Rocky al figlio su quanto sia importante saper "incassare" nella vita, in piena coerenza col suo stile di pugilato.
Film condotto sul filo della nostalgia, Rocky Balboa è più riuscito di quanto potesse apparire sulla carta (e sicuramente più di alcuni orribili sequel del bel film originale). Ottima l'idea di centrarlo sulle debolezze umane del personaggio che sono però il punto di partenza del suo riscatto. La buona regia e l'interpretazione di Stallone rendono il tutto credibile e godibile. Piuttosto riuscita (anche se digitalizzata) la sequenza del match di pugilato, clou emotivo del film.
Rocky Balboa è un film che mi è piaciuto moltissimo nella parte centrale, ovvero laddove si racconta la vita giorno per giorno del'anziano Rocky (eccezionale la prova di Sylvester Stallone) che vive insoddisfatto gestendo un ristorante (l'Adrian's restaurant). Nella parte iniziale ci sono troppi flash back e il combattimento finale è un po' ridicolo (ma con finale azzeccato). Ottima l'idea dell'incontro simulato al computer. È, alla fine, una ulteriore prova che Stallone ci sa fare come regista e sceneggiatore (proprio come in Rocky I).
MEMORABILE: Il personaggio di Paulie con un Burt Young che sembra sempre uguale a se stesso. Forse è anche nato così: con broncio e sigaro in bocca!
E chi se lo aspettava che il vecchio Sly riuscisse a fare un sesto Rocky senza scadere nel ridicolo? Credo nessuno,eppure...
È davvero un bel film, quasi ci si commuove a vedere questo Rocky vecchio, triste, pieno di rimpianti, con la mente immersa in sbiaditi ricordi del passato e ridotto (come Jack La Motta) a raccontare aneddoti ai clienti del suo locale (dedicato alla moglie morta).
Ma un incredibile riscatto avverrà, prima virtualmente, poi nella realtà... un gran ritorno. Grande anche Burt Young.
Dopo i primi due Rocky, il declino dello Stallone Italiano sembrava non avere più termine, invece il Nostro riesce a recuperare qualche buono spunto per tirare avanti un'altra pellicola affidando all'ex-pugile un ruolo di ristoratore molto credibile, un figlio con cui è difficile costruire un rapporto, un vero amico come Paulie e l'incipit di una storia d'amore che ricorda quella con Adriana. Poco credibile l'incontro finale con il campione dei pesi massimi in carica. Gradevole.
MEMORABILE: A Phila non c'è più la statua di Rocky, segno del tempo che avanza, ma il pubblico continua ad adorare un pugile che ha sempre combattuto col cuore.
Sorprendente ritorno di Stallone al suo celebre personaggio. Nessuno si aspettava un seguito degno di nota, dopo i vari sequel poco riusciti (dal terzo al quinto), eppure Sly dirige e interpreta con rinnovata passione (nonostante i segni dell'età siano ormai evidenti, se non nel fisico nei lineamenti). E in effetti il film centra il bersaglio, con un primo tempo più riflessivo davvero ben fatto e un secondo quasi commovente, sul filo della nostalgia, con gli allenamenti di Rocky accompagnati dalla mitica canzone e con un bel match finale.
A me ha detto poco; o meglio, ha una sua dignità nel rappresentare il declino di un mito, una sua intelligenza nel non calcar troppo la mano su scontri psuedo epici, ma non può non creare un certo disagio. Un fastidio dovuto ai fasti dei primi due seguiti da una tendenza al peggioramento esponenziale. Riassumendo direi che il film è decisamente bolso, come il suo protagonista, lento ed un po' malinconico, che certo non è un disvalore, ma a margine di un mediocre film non è nemmeno un pregio. Spero sia l'ultimo!
È un film che emoziona, che fa leva sui buoni sentimenti, la prima parte della pellicola è una continua lacrima che scende sul viso, perché tutti quanti abbiamo amato il personaggio di Balboa. Tornando alla pellicola in sè, perde un po' grazie ad un doppiaggio piuttosto scarso ed a un taglio troppo televisivo. Da vedere nostalgicamente parlando.
Stallone decide di chiudere i conti coi suoi personaggi storici, prima Rocky e poi Rambo. Questo ultimo capitolo è lento, uggioso, agli antipodi rispetto alla costruzione del mito dell'eroe americano dei primi capitoli. Stallone è la maschera di se stesso (come il Rourke di The wrestler), con la sua emiparesi ed i quintali di epo e gh assunti per ritornare ad avere il fisico di Rocky. La pellicola risente, in positivo, dell'immedesimazione piena tra attore e personaggio. Conclusione, giocosa, gigionesca, assolutamente degna di un'epopea.
MEMORABILE: Gli allenamenti di Rocky e le scene del ristorante.
Sedici anni dopo aver lasciato Rocky Balboa trionfante in strada, dopo aver gonfiato di botte il traditore Tommy Gunn, Sylvester Stallone dirige il sesto capitolo della saga, chiudendola con i numeri e intitolandolo semplicemente "Rocky Balboa". Rocky, ormai sessantenne e vedovo di Adriana, vivacchia a Philadelphia nel suo ristorante intrattenendo i clienti con i suoi ricordi ma, spinto da due manager, viene invitato a risalire sul quadato per affrontare Mason Dixon, il campione in carica.
MEMORABILE: Rocky Balboa che si riconcilia con il figlio e che gli ridice, prima dell'incontro, la frase di Ivan Drago: Ti spiezzo in due!
Stallone torna sul ring (a 60 anni) in tutti i sensi: si, perché il film, oltre a essere il ritorno di Rocky, testimonia la sua rinascita artistica dopo 3 anni di assenza dagli schermi (ed escludiamo il ridicolo Spy Kids 3D). Il film dà nuova linfa a lui e alla saga, rendendolo il migliore (insieme al primo) e più commovente episodio della serie. Stupendo finale per una serie intramontabile e grande (nuovo) inizio per Stallone.
Stallone non soddisfatto del V capitolo voleva restituire al suo personaggio più amato un degno finale. C'è riuscito? solo in parte. La trama non regge ed il combattimento, fulcro di tutti i Rocky, lascia inevitabilmente molto a desiderare. Ma i panni del pugile in pensione nostalgico del suo passato glorioso Stallone li veste bene; forse esagera in qualche dialogo auto-celebrativo di troppo, ma nel complesso non dispiace affatto. Si rimpiange il Rocky monolitico dei tempi andati ma si fa apprezzare l'uomo che c'era dietro al pugile. Nostalgico.
Sembra di tornare ragazzini e rivivere le emozioni di un tempo... Tutto questo è Rocky Balboa, un film che riporta ad un passato, ad una generazione, a emozioni che rinascono uguali a quelle di un tempo, questo è il cinema. Dopo il primo capitolo il più bello. Complimenti.
Sequel nostalgico che non stona nelle intenzioni nonostante una serie già satura. Stallone non demerita alla regia e sa trasformare una prima parte lenta nella riflessione umana di un campione al tramonto costretto a vivere coi fantasmi non sempre positivi del passato. Prima del finale incontro di box, dal pathos sempre efficace e che fa da sponsor a coraggio e motivazione, c’è una bella lezione morale di un padre che rimette in equilibrio la vita del figlio. La nascita di un nuovo amore per Rocky completa il discreto valore sentimentale.
Per ora l'ultimo episodio di una saga mitica. Rocky oramai imbolsito e vedovo gestisce un ristorante ove racconta le sue memorabili gesta. Stallone appare malinconicamente positivo anche se sembra privo della verve passata; tutto ciò cambia nella seconda parte in cui emerge la rabbia del vecchio combattente che nonostante l'età sfodera rabbia e coraggio in un finale epico. Tuttavia inferiore ai precedenti.
Impensabile seguito di una saga che si era bloccata molti anni prima, con una trama piuttosto sensata e, stranamente, a tratti anche credibile. Stavolta non è il match finale il clou, ma piuttosto la storia di Rocky come eroe dimenticato da tutti e inserito in una periferia che non riconosce praticamente più. Tenera anche la storia d'amore, stranamente più interessante dei precedenti "scontri" con Talia Shire. A differenza del sanguinoso tentativo con Rambo, Rocky Balboa (titolo imbecille) riesce più che bene a far ripartire la saga.
MEMORABILE: Il ritorno inaspettato di Spider Rico (dal primo film); gli immancabili scontri con Paulie.
Diciamo che questo episodio sta al primo e al secondo Rocky come Amici miei atto III sta ai due predecessori. Lui è ormai over, ma la sua malinconia di fondo è tenuta a freno da un'ironia che non molla mai, proprio come il carattere del suo personaggio. Era difficile riuscire a costruire qualcosa di credibile rimettendo sul ring un pugile della sua età contro il campione del mondo, eppure, pur restando nell'ambito della finzione, l'operazione riesce ancora e nonostante tutto a emozionare. Bravo Sly!
C'era molta attesa per questo come-back e Stallone non delude del tutto le aspettative, forgiando un epilogo toccante, più in linea con i primi due capitoli di quanto non lo fossero gli episodi "centrali". La volontà di recuperare in extremis il lato inverosimile di Rocky IV è percepibile, ma il risultato è un match finale che somiglia ad un videoclip di hip-hop, troppo lontano dalla pomposità anni '80 di cui Stallone è simbolo. Poi è arrivato Rourke con il suo The wrestler, e per Rocky sono stati... volatili per diabetici. Bye bye Sly!
Comparando tecnicamente questo film con uno dei primi Rocky si può notare la stessa differenza che si riscontra tra La terza madre e Suspiria con Inferno. Sono trascorsi molti anni, ma Stallone affronta il proprio mito con estremo coraggio, riuscendo a sorprendere lo spettatore con una pellicola sincera e profonda. Forse una sola forzatura di sceneggiatura, ma necessaria a dare l'incipit alla riscossa personale dell'uomo Rocky. Non era riuscito nell'intento col quarto capitolo di Rambo, ma qui levo tanto di cappello. Moderno ed emozionante.
Rocky rimette i guantoni e a sorpresa l'effetto non è ridicolo, anzi. Stallone azzecca un film quasi perfetto, nel senso che a 60 anni e con cinque precedenti alle spalle proprio non si poteva fare di meglio. Discreto il combattimento finale, anche se il cattivo di turno è ben al di sotto dei vari Tommy Gunn, Mister T o Ivan Drago. Peccato. Sarebbe stato perfetto un match contro Tyson, limitato a una sola comparsata.
Stallone in cerca di una nuova giovinezza ripescando i suoi vecchi cavalli da battaglia per concludere le serie (come se ce ne fosse bisogno) è quasi insopportabile. Patetico. La sua prima riesumazione è Rocky, sulla cui povera testolina squassata da raffiche di pugni il tempo è stato impietoso. Purtroppo la sceneggiatura sembra l'abbia scritta proprio il rintronato personaggio più che l'interprete. Trionfo della banalità con una sfida che rasenta l'assurdo. Autocelebrativo senza ritegno e decisamente povero di idee. Ce n'era bisogno?
Sulla carta il film pareva una mera operazione commerciale al limite del parodistico, invece mi devo ricredere. Visto solamente a cinque anni dall'uscita al cinema, mi è parso un chiaro recupero di quell'atmosfera decadente del tanto bistrattato quinto capitolo, senza però compiere la gaffe di non inserire "l'obbligatorio" match finale. È vero, si punta come prassi al sentimentalismo di grana grossa, ma non disturba: esso è sincero e contestualizzato in un’atmosfera adeguata al racconto. Stallone sa ancora emozionare a sessant'anni.
Questo è il finale giusto per la saga di Rocky (ammesso che Sly non ritorni in pista). Film che chiude con dignità un cerchio non sempre perfetto ma che ha fatto storia (e che va considerato nella sua interezza, nel bene e nel male). Balboa è invecchiato nel corpo e pacificato nello spirito, ma il carattere da leone è intatto. Su John Rambo scrissi che forse era ora di appendere il mitra al muro e lo stesso vale anche per i guantoni di Rocky. Grande Stallone, ha azzeccato due ottimi commiati e un grande rilancio. Bravissimo!
MEMORABILE: Paulie che non vuole ricordare Adriana perché soffre al ricordo di averla trattata male.
Nella interminabile, magmatica massa dei sequel talvolta si incontrano gemme come questa, che riesce a riproporti la stessa salsa tirata a lucido e rinvigorita da una stupefacente confezione tecnica, tra il montaggio (che sottolinea un combattimento meno stantio del solito) e la fotografia che raggiuge assolute vette artistiche. Sly riesce a dare umanità al personaggio e grazie alle immortali note di Bill Conti si vola col cuore.
Chiaramente debitore dei primi due film, di cui rispolvera l'aria malinconica e la saggezza spiccia, il capitolo finale della saga ha due pregi: anzitutto Rocky ormai è figura famigliare e non si può non seguirne le gesta con un certa partecipazione; in secondo luogo il patetico, pur sempre in agguato, è tenuto entro limiti accettabili. E allora si mandano giù anche i primi 40 minuti all'insegna dell'amarcord, l'implausibilità geriatrica della vicenda, l'incontro ripreso alla bell'e meglio, la fissità botulinica di Stallone e via dicendo. Però ora basta così!
La mancanza di personaggi storici come Mickey e Adriana e di un avversario carismatico (Creed, Clubber) o almeno vagamente interessante (Drago) spostano tutto il peso della storia sul protagonista. La trama si trascina malinconica per lunghi tratti, fino all'organizzazione del match-sceneggiata ove Balboa decide di immolarsi. A quel punto, quando Rocky sale sul ring, non si riesce a non tifare per la sua grinta e il suo orgoglio. Tutto sommato un film che si mostra esser di più che un sequel fatto per il botteghino.
MEMORABILE: Paulie che rimembra il dono dell'orologio fattogli dal cognato nel III film; Balboa che cita Jefferson per convincere la commissione.
Sedici anni dopo si torna con l'intenzione di dare un finale diverso a quello scialbo e inconcludente del precedente. Qui Sly sarà invecchiato, rifatto e patetico quanto si vuole, ma nei panni di Rocky non si discute perché ci crede di più rispetto al 1990: basta vederlo parlare con i clienti con quel misto di orgoglio e nostalgia che lo riporterà poi sul ring per l'ultima volta. Struggente il finale al cimitero mentre porta i fiori a Adriana. Un film molto garbato e intimo che racconta il lato umano del grande pugile cinematografico.
Stallone imposta il personaggio sulla propria persona: il volto imbolsito, capelli oscenamente tinti, sguardo spento: il parallelo tra storia e personale si intrecciano. La storia è assai scontata, purtroppo non si è resistito alla tentazione di tentare l'assurdo, il confronto con un pugile più giovane, troppo più giovane. Si è voluto omaggiare il personaggio di un funerale vikingo, scadendo nella storiella ridicola. Salvo la sigla finale, unico momento di sana credibilità.
Stallone riesce a realizzare una pellicola incentrata sulle debolezze umane di Rocky che saranno il punto di partenza del suo ennesimo riscatto. È introspettivo e melodrammatico, a tratti commovente e privo di volgarità o amenità varie. Rocky è un uomo che subisce e affronta le vicissitudini esattamente come chiunque e quando si appresta a uscire per l'ultima volta dall'arena, resta il rimpianto di non poterlo più rivedere sul ring a combattere le avversità della vita.
Probabilmente il sequel migliore del capolavoro datato 1976. Il film è improntato sulla difficoltà della vita (qui rappresentata dalla sofferenza di Balboa oramai vedovo) e sulla voglia di riscatto che dovrebbe essere sempre dentro ogni persona, oltre che nel cuore di un grande pugile. Stallone è invecchiato ma il suo personaggio è sempre grande; la forza di volontà lo porterà ad affrontare un atleta molto più giovane di lui e... Ottimo film.
MEMORABILE: Le scene dell'allenamento; I racconti al ristorante.
Balboa chiude il suo ciclo con un'opera dignitosissima, che fa riprender quota alla saga dopo il parziale passo falso di Rocky V. Film che recupera in toto certe atmosfere dei primi episodi, credibile nella descrizione della vita post agonistica e nel racconto del ritorno sul ring in età avanzata, evento verificatosi realmente nella boxe qualche anno fa (Foreman). Meno credibile, sul piano sportivo, la sfida finale, nella quale però la morale e le lezioni di vita del veterano contano più dei risvolti tecnici.
Sono passati molti anni, Adriana è morta e Rocky, pervaso dalla tristezza, ora gestisce un ristorante italiano. Avrà però ancora una chance per tornare in ballo. Il sesto capitolo della saga riporta un po' su l'asticella della qualità; non tanto per il lato sportivo, che resta poco veritiero, quanto dal lato umano, poiché ci presenta un pugile sulla sessantina, stanco e addolorato ma con ancora qualche anelito di riscatto. L'adorata moglie che non c'è più, il figlio assente, la vecchiaia incipiente, eppure non si cade nel pietismo. Da vedere.
MEMORABILE: E allora combatteremo (Rocky tra sè e sè).
Il Rocky ormai sessantenne di Stallone fa ancora emozionare. Tanto deve essere l'affetto che l'attore-regista prova per il personaggio che gli ha dato tutto agli inizi di carriera. Lo si vede dal rispetto e dall'amore che gli riserva per questa ultima pellicola che lo vede protagonista. Un film intelligente dove (sembrerebbe strano) la parte marginale è proprio l'incontro di boxe, strumento funzionale solo a riaccendere le emozioni mai sopite per un eroe umano, che non si vorrebbe mai lasciar andare via.
Al sesto capitolo della saga i detrattori aspettavano al varco il k.o. tecnico del nostro Rocky, ma credo la maggior parte si sia dovuta ricredere. Stallone ha avuto la geniale idea di mostrarci una storia più che credibile (nonostante l'età del protagonista) che rivaluta di molto le sue doti anche dietro la macchina da presa. Incassate le critiche dei film precedenti riesce a ridare linfa e dignità a un personaggio immortale che non è mai uscito sconfitto dove conta: nella vita.
Dopo un'introduzione nostalgica ci si incanala nella vita da ex-pugile della vecchia gloria. Stallone toglie l'adrenalina (salvo un minimo allenamento) e insiste sui buoni sentimenti con un'onestà disarmante. Il solito incontro di boxe stavolta è irreale per la differenza d'età, ma il finale sa commuovere, una sorta di ringraziamento per chi lo ha sempre seguìto. Piccole pecche qualche frasetta epica col figlio e una regìa da rimpiangere Avildsen.
Dopo molti anni Stallone riesuma una storica serie che sembrava ormai morta e tutto sommato lo fa senza scadere nel ridicolo, benché si riproponga come pugile in un'età da panchina al parco. Rocky è sempre lo stallone italiano e al quinto capitolo mancava proprio lui, l'eroe della gente sul quadrato, così qui colma la lacuna e mette tutto se stesso per sembrare quello di un tempo. Certo, gli anni '70 sono lontanissimi. La narrazione si intristisce sempre più, dato che è morta Adriana e tutta la pellicola vive nel suo passionale ricordo.
Il titolo anti-seriale crea una formula inedita, che in epoca di remake e reboot può vantare continuità con l'originale ma non vuole (e non può) nemmeno essere considerato un sequel qualsiasi. Rocky, ormai vedovo dell'amata Adriana, torna per l'ennesima volta all'anonimato dopo l'ennesima fiammata, proprio come all'inizio del secondo capitolo. Un po' troppo didascalico e autocelebrativo, ma comunque superiore alle basse aspettative.
MEMORABILE: Nella vita non importa come sai colpire, ma quanto sai incassare.
Balboa ritiratosi e ormai solo ha aperto un ristorante, ma c'è chi fantastica di vederlo scontrarsi col giovane campione del momento. Per tutto il film si respira un'atmosfera di nostalgia e decadenza, ma nonostante ciò il film non è poi così male finché si parla degli spaccati di vita di Rocky e fin quando (ormai sessantenne) questi risale sul ring per un incontro che ha davvero poco dei vecchi spettacolari ed epicissimi match ottantiani risultando piuttosto fiacco e posticcio. La magia si è rotta col finire degli '80 e tanto vale rivedersi quei film.
Riprendere in mano una saga a distanza di vent'anni è una sfida quasi impossibile eppure Stallone, proprio come il protagonista del suo film, trova la forza per rimanere in piedi realizzando un film di ottima fattura. La pellicola è sempre credibile, non sa mai di stantio e riesce a regalare emozioni forti, proprio come i capitoli più riusciti della grande saga dello Stallone italiano. Tanto di cappello!
L'ultimo episodio della saga classica si collega malinconicamente al capostipite, chiudendo l'epopea di Balboa con grande intelligenza e coerenza emotiva. La riscoperta delle vecchie location e il ritrovo di volti cari segnati dal tempo (o serenamente rievocati nei flashback) garantisce genuini scossoni nostalgici. Stallone non ha perso il tocco magico che lo anima ogniqualvolta veste i panni del suo amato pugile, anche per quanto concerne i dialoghi. Diversi passaggi dello script suonano forzati e l'incontro finale non è all'altezza dei spettacolari precedenti, ma i fan gradiscono.
MEMORABILE: La tomba di Adrian; Contro la commissione sportiva; Rimbrotto al figlio ostile; Allenamento con la sempiterna "Gonna Fly Now"; La fine dell'incontro.
Tornare a combattere per Rocky è una necessità e, al contrario di quanto lui afferma alla fine, Adriana probabilmente non l'avrebbe incoraggiato. In questo si rivela invece determinante il discorso che pronuncia la (brava) Hughes in macchina: "È solo la tua opinione quella che conta". Così il sessantenne Stallone accetta la sfida; non solo quella nella finzione del film ma anche quella di Hollywood, che boicotta il suo progetto conoscendone solo il titolo. La seconda di certo è una vittoria per K.O. Il film è semplice ma efficace, potente ma gentile, proprio come il suo protagonista.
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HomevideoGestarsh99 • 7/09/11 00:30 Vice capo scrivano - 21546 interventi
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc per 20th Century Fox:
DATI TECNICI
* Formato video 1,85:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 5.1 PCM: Italiano Inglese
* Sottotitoli Italiano Inglese
* Extra Commento audio di Sylvester Stallone
Rocky Balboa: going the distance
Making of di Rocky Balboa
Riprese dell’ultimo combattimento di Rocky
Un campione virtuale: il combattimento al computer
Gli imprevisti della boxe
Scene tagliate
Finale alternativo
Easter Egg
Il rivale di Rocky è qui interpretato dal vero ex campione del mondo dei pesi massimi leggeri, lo statunitense Antonio Tarver soprannominato "Magic Man": nella finzione cinematografica assume il nome di Mason "The Line" Dixon, che curiosamente corrisponde alla linea Mason Dixon ovvero la linea di demarcazione tra quattro degli Stati Uniti d'America (forma parte dei confini della Pennsylvania, del Maryland, del Delaware, della Virginia Occidentale).
Per le informazioni geografiche, fonte: Wikipedia.
DiscussioneZender • 22/08/18 07:52 Capo scrivano - 48328 interventi
Dandi, mi raccomando: mai spoilerare i finali. Non si può proprio mettere come finisce l'incontro! E vale per tutti i film naturalmente, è una delle regole base scritte nel modulo d'inserimento, anche perché poi giustamente chi legge senza ancora aver visto il film poi s'incazza e se la prende con me che prima dico non si può fare e poi li faccio passare. Il problema è che se ho visto i film o non li ricordo a volte nemmeno posso saperlo.
Okay scusate.
Però trovo dirimente per la riuscita del film il fatto che dopo ben 5 sequel Rocky finalmente torni a perdere; con una significativa differenza: nel primo match contro Apollo Creed nel '76 era come se alla fine avessero perso entrambi; qui è come se avessero vinto tutti, vedo una prospettiva diversa.
DiscussioneZender • 22/08/18 18:36 Capo scrivano - 48328 interventi
Certo, anche per me lo è, dirimente (ora lo ricordo e avrei preferito non farlo per godermelo meglio la prossima volta, visto che me l'ero dimenticato. Ora tocca sperare di dimenticarlo di nuovo, ma considerata la mia memoria e il chissà quando lo rivedrò ho buone possibilità), però appunto, qui un sacco di gente legge le recensioni PRIMA di vedere il film e se gli spiattelli lì il finale, ripeto, s'infuriano... Per approfondire esiste la discussione generale apposta (preceduta da spoiler, che nel commento non si può mettere), quindi usiamola.