Si è sentito dire da più parti che il vero remake di NON APRITE QUELLA PORTA fosse questo e non il semi-contemporaneo remake ufficiale firmato da Marcus Nispel. Da noi HOUSE OF 1000 CORPS è uscito in ritardo di un anno, confuso tra le tante splatterate estive senza molte pretese, ben accolto da certa critica pronta a salutare un nuovo talento capace di sedurre così tanti spettatori d'oltreoceano. In realtà, pur se non si può non ammettere di avere a che fare con un horror ricco di momenti riusciti, di maschere repellenti, di colori folgoranti, di trovate sceniche...Leggi tutto ed effetti macabri spettacolari, HOUSE OF 1000 CORPS è inferiore al remake ufficiale per un semplice motivo: manca di una regia vera. Rob Zombie, fin qui leader della techno-metal band White Zombie (sua ovviamente la tonitruante colonna sonora), si aggrappa a esperienze visive di ogni genere (derivate perlopiù dai videoclip o dalle sperimentazioni di registi come Stone o Tarantino) per mascherare l'inesperienza. E se la cosa funziona per la prima mezz'ora (molto belle le scene dal benzinaio matto interpretato sadicamente dall'ottimo Sid Haig) e poi ancora a sprazzi in alcune occasioni, nel complesso il film ha il fiato corto: procede per accumulo, sommando scena a scena senza seguire un seppur minimo filo logico e finendo inevitabilmente per annoiare. Data l’estrema sciocca gratuità dell'insieme è inoltre facile che lo spettatore “normale” arrivi a stupirsi per come possano piacere film simili. Invece, grazie alla cura per i particolari, alla rimodernizzazione poderosa di tematiche “vintage” diventate ormai classiche, a fotografia, musiche e scenografie notevolissime, ci si può divertire. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Rob Zombie è un grezzo talentuoso, a volte esageratamente caricaturale (la madre su tutti), ma ha una scintilla di creatività e pura perfidia che quando si accende rende indimenticabili personaggi come il clown gestore del museo degli orrori, o il gigantone sfigurato che compare a tavola all’improvviso lasciando di sasso i poveri ospiti, capitati nel posto sbagliato con le persone più sbagliate del mondo. Bella l’idea delle creazioni artistiche di carne. Ritmo pressochè costante e atmosfera subito pesante. Nel suo genere riuscito.
Sicuramente un bellissimo horror, forse penalizzato leggermente da un finale che lo rende poco realistico (fino a quel punto era una storia perfettamente credibile che poteva avere un fondo di verità). Probabilmente Tobe Hooper ha fatto scuola con il suo Non aprite quella porta, visto che per certi versi questa pellicola lo ricorda molto. Bravo bravissimo Rob Zombie: grande lavoro di sceneggiatura ma anche di regia. Questo film sarà superato dal sequel, migliore in tutto e per tutto.
Esordio al tritolo per Rob Zombie: un film che minuto dopo minuto si costruisce la definizione di cult. Gli attori sono estremamente affiatati e danno vita al rapporto vittima-carnefice che evoca il male più oscuro accompagnato da una poetica della violenza sublime. Inutile dire che la colonna sonora è da sturbo, mentre è doveroso sottolineare che la colonna sonora rimane solo un contorno grazie ad una grande abilità mostrata dal novello regista dietro la macchina da presa.
Il rockettaro Rob Zombie (il titolo del film è ripreso da una sua canzone) decide di saltare dietro la M.d.P. e dirigire una versione molto sporca e non ufficiale di Texas Chainsaw Massacre. Propone un nuovo nucleo familiare, composto da individui sporchi e cattivi, ma con una loro "etica sociale" e un concetto d'aggregazione che contrasta con la tendenza del "cittadino globale". Però, a discapito di una trama che sarà meglio sviluppata nel seguito, qui regnano il caos e la confusione, che raggiungono il massimo in un finale delirante e ultragore.
Notevole: visionario, brutto sporco e cattivo, al contempo molto pianificato (nel ricreare un'estetica di riporto degli anni '70, che era frutto invece dei pochi mezzi a disposizione) e molto libero, soprattutto dai clichés del genere, coi quali gioca abilmente. Gran lavoro sulle atmosfere, il resto lo fa qualche gran gigione (il veterano blaxploitation Sid Haig) e la musica, del resto prima fonte di reddito dell'autore. Più che buono.
Da uno come Rob Zombie, brutto sporco e cattivo, non ci si poteva che attendere un film che presentasse analogie con il carattere del proprio regista/scrittore. “La casa dei 1000 corpi” sembra un remake in LSD di Non aprite quella porta, dove i personaggi sembrano ancora più schizzati della norma, ricalcando però tutti i clichè del genere. Un vortice di citazioni, sangue e volontà di sfuggire a un finale scontato con l’inserimento della componente esoterica finale che non vuol dire quasi nulla. Tentativo fallito. Molto meglio il seguito.
Questo esordio del musicista Rob Zombie ha fatto parlare di sè, ma a mio avviso è una mezza sòla. Nonostante al primo impatto il film sembri una buona variante sul genere Texas Chainsaw Massacre, con ottime riprese in stile vintage '70 e uno stile molto schietto e realistico, ad una seconda visione mostra le sue pecche: sembra fondamentalmente finire troppo presto e dopo un inizio promettente la sceneggiatura sembra sfilacciarsi verso l'assurdo finale. PS: Il Dr. Satana mi sembra ispirato dal Freudstein fulciano...
Dopo aver letto il parere entusiastico e quasi unanime del pubblico su quest'opera prima di Zombie, mi sono fatto l'idea che del film esistano 2 versioni, una completamente differente dall'altra. Si perché la versione che ho visto io è un banale e neanche tanto riuscito copia/taglia/cuci di situazioni viste e riviste nei classici del cinema horror, insomma un cliquet dietro l'altro. Ho fatto davvero fatica ad arrivare alla fine. Senza dubbio uno dei più brutti horror degli ultimi anni. Bocciato!
Horror fantastico, cioè ricco di fantasia ed immaginazione. Pur ispirandosi chiaramente a Non aprite quella porta, c'è tanta inventiva, ci sono personaggi nuovi ed indovinatissimi (dal mitico Capitan Spaulding a tutta la famiglia del Dr. Satana con mamma Firefly e i figli Otis e Baby) e una capacità notevole di mettere in immagini, suggestive anche dal punto di vista estetico, delle intuizioni forti (penso a tutta la parte nelle catacombe). La musica è ovvio ha un ruolo importante, ma è tutto a funzionare alla grande. Rob Zombie, abile ed arruolato.
Ci sarebbe voluta una medium per notare le qualità registiche di Zombie, perché con questa accozzaglia di immagini nessuno avrebbe scommesso una lira sulla sua carriera. Un assurdo buco nell'acqua, un film nato vecchio con l'unica nota positiva in Sid Haig ed il suo Capitano Spaulding. Tentativi di imitazione dai più noti e celebrati Non aprite quella porta o Il tunnel dell'orrore, reminescenze di Motel Hell, innesti di humour demenziale, finale da bassissima macelleria. Non per niente lo stesso Zombie ne ha preso le distanze nel suo stupendo sequel.
La peculiarità principale di questo film (a parte i paragoni ripetuti con il solito The Texas Chainsaw Massacre) sta nel fatto che il regista, prima di pervenire al cinema, ha militato per anni nella musica. Rob Zombie sopperisce alla mancata tecnica registica tramite spunti da videoclip musicale ed effetti visivi a buon mercato quali l'utilizzo di filtri "inverti colore" e "bassorilievo". A volte, però, la semplicità premia: "La casa dei 1000 corpi" non sarà un horror da oscar, ma si presenta come un gradevole circo degli orrori.
Quando la radicata passione e lo smanioso fanatismo incontrano l'irrequieta familiarità e la viscerale veracità potremmo trovarci dinnanzi ad un prodotto del genere. Rob Zombie ci regala un inequivocabile spaccato classicheggiante: perla del nuovo millennio. Anarchicamente monolitico, decora i tasselli del mosaico Non Aprite quella Porta con guarnizioni split-rock, reliquie audiovisive e interferenze cosmiche. Fotografia barocca (Mario Bava approverebbe) che si esalta nel fantasmagorico tunnel dei serial killer di Capitan Spaulding. ****
Esordio fulminante per Rob Zombie (e rimarrà la sua performance migliore), in cui il rocker dimostra di possedere una grande passione cinefila e - soprattutto - il talento e le risorse per tradurla in pratica. Ci precipita così in un mondo incubico fatto di colori sporchi e pastosi, sangue e crudeltà, attraverso la composizione di scene barocche e morbose che restano impresse. Forse c'è più fumo che arrosto, ma è fumo di gran classe. Menzione particolare per Sid Haig e Sheri Moon, che danno vita a personaggi di rara efferatezza.
Un gruppo di giovani finisce nelle grinfie di una famiglia di carnefici. Finalmente un horror come si deve, una trama grondante e una regia sfiziosa, dove il male è incarnato in cattivi realistici, una famiglia di psicopatici dalla morale distorta ma ben strutturata, lontano dalle solite icone vuote e commerciali (vedi Jason & company). Ma c'è spazio anche per un finale trascendente dove l'esoterismo è scusa per andare oltre la realtà, un po' più in là, dove finisce l'orrore e inizia un incubo senza senso e senza via di fuga. Grande l'orrido Sid Haig!
MEMORABILE: Il laboratorio sotterraneo del dr. Satana, ultras.
In base al criterio con cui è stato girato questo film, non è difficile affermare che chiunque, oggi, può improvvisarsi regista. Ci troviamo infatti di fronte al più alto concentrato di clichè e citazioni (dall'horror italiano, spagnolo, americano ecc) mai visto, talmente esplicito da non meritare neanche l'accostamento coi modelli cui evidentemente si ispira. Noioso oltre misura, fino alla telefonatissima conclusione. Il nostro Albanesi ha fatto molto meglio con il suo Bosco fuori. Rob Zombie, invece, si migliorerà solo con il primo Halloween.
Rob Zombie gira un libero ma evidente remake di Non aprite quella porta nello stesso anno in cui Marcus Nispel firma quello ufficiale, Qui le citazioni dell’horror anni ’70 sono anche nello stile morboso e delirante, ma l’impressione globale è di una bischerata divertente più per chi l’ha fatta che per chi la vede. Anzi, chi conosce il genere rischia pure d’annoiarsi. Forse per questo Rob cerca di tenerci svegli inquadrando orgogliosamente il lato B di sua moglie Sheri. Passabile.
Debordante videoclip di 70 minuti e B movie fino al midollo: c’è di tutto in questo primo film di Zombie e non tutto è a posto, ma il frullato finale è malsano al punto giusto ed abile nel proporre atmosfere vintage ricercate e artefatte. Visione disturbante oltre l’intreccio banalotto che improvvisamente trapassa da Non aprite quella porta al filone “mad doctor”. Tra omaggi e citazioni spunta anche il riferimento al Silenzio degli innocenti (la caccia con gli occhiali a visione notturna).
MEMORABILE: Sheri Moon torturatrice che balla sulle note di "Brick house" dei Commodores.
Grandissimo esordio su grande schermo del musicista e cantante Rob Zombie, che si porta dietro tutto l'immaginario grand-guignolesco dei suoi videoclip. Un film folgorante, anarchico, un horror per summa di elementi, per questo imprevedibile; una delle discese ad inferi più visonarie degli ultimi anni, un film imprescindibile per i cultori del genere.
Per me è un capolavoro. Un omaggio strariuscito che addirittura supera l'omaggiato (Non aprite quella porta). Riempie il film coi classici cliché: la storia vecchia, il finale esagerato e stupido... eppure è una goduria insuperabile. Scorre che è una meraviglia, diverte, inquieta, disgusta. È puro cinema! Da sturbo la colonna sonora come anche il montaggio. Uno stile videoclipparo per una volta perfetto. Colori, luci, facce, dialoghi, tutto sopra le righe e tutto così ben amalgamato. E questa è un opera prima? Sid Haig è mostruoso, un attore fenomenale!
MEMORABILE: Vaffanculo tua madre, vaffanculo tua nonna ma soprattutto vaffanculo tu!
Rob Zombie ci fa salire a bordo del trenino per condurci nel suo personale tunnel dell'orrore: una specie di versione sotto acido di Non aprite quella porta, girata con un interessante fusione di stili (montaggio ed effetti visivo/sonori da videoclip applicati all'immaginario horror del passato) e indubbia creatività. Un circo di visioni e citazioni che da un lato ravviva il genere ma che dall'altro è troppo grottesco per avere una reale presa emotiva sullo spettatore, fallendo quello che dovrebbe essere l'obiettivo principale: spaventare.
Vedrei bene Rob Zombie nei panni di un giostraio che non vede l'ora di far visitare al pubblico il suo tunnel degli orrori, ovvero un film lurido, sudicio e baroccamente esagerato fino alla farsa nauseabonda. Non sarebbe neanche una cattiva idea, se non fosse che, per colpa di citazioni sgangherate che paiono più scopiazzature e un accanimento puerile sul gore, il film proprio non riesce a spaventare. Giusto un po' di disgusto qua e là e la sensazione, una volta usciti dall'attrazione, di essere stati abbindolati.
Il primo film di Rob Zombie, seppur decisamente derivativo, ha un suo perché: il regista fa un buon lavoro con la fotografia e la scenografia e dà vita a personaggi di tutto rispetto, utilizzando il mitico Sid Haig (con un passato illustre nella blaxploitation). La regia però non è all'altezza e verso la fine la sceneggiatura esce fuori dal seminato: sembra di assistere ad una favolona incredibile!
Il primo grano del rosario cinematografico di Zombie è decisamente di grana grossa, tutto virato com'è sulle tonalità del gore spinto e di un'ironia beffarda ma facile sulle curiosità malsane per la provincia e i suoi mostruosi freaks. Certo colpisce nel film la costruzione d'una famiglia allargata rivoltante nella sua spietata gratuità (ma Hooper ne aveva già presentate) e il fatto comunque apprezzabile (proprio perché si fatica ad accettarlo) che per i "buoni" non ci sia scampo, come nessuna punizione è prevista per i bruti. Grande e grosso Sid Haig.
MEMORABILE: Sheri Moon che si esibisce in "I wanna be loved by you" inguainatissima..... salvo poi citar come sua attrice preferita non Marylin ma Bette Davis!
Buono l'inizio di Rob Zombie dietro la mdp. Peccato il film denoti una mancanza di mordente e di suspence probabilmente insita nelle intenzioni del regista, che si dedica principalmente alla fotografia e agli effetti scenici, creando un'ambientazione e soprattutto dei personaggi realmente diabolici. Non rimarranno delusi gli amanti dello splatter.
Il molto acclamato esordio alla regia dell'ex hard rocker Rob Zombie (già il nome è tutto un programma) è un acclamato horror in cui l'estetica conta più della sostanza.
Di sicuro non rimarranno negli annali del cinema nè la storia nè tantomeno la sceneggiatura ed anche la prova del cast tende all'insufficienza. Discreti invece la parte visiva, specie la fotografia e di forte impatto la colonna sonora. Non male come esordio ma sopravvalutato.
Horror di ottima fattura, seppur non originalissimo, in cui un gruppo di studenti in viaggio durante la notte di Halloween cadrà tra le grinfie di una famiglia di assassini dediti al satanismo. Pellicola dalle atmosfere malsane e disturbanti, regia frenetica, colori accesissimi e innumerevoli citazioni (Hooper, Fulci, Argento). Ottimi recitazione da parte dei redivivi Haig, Moseley e Black e anche della bellissima signora Zombie, qui al suo esordio cinematografico. Ottimo inizio per Zombie.
MEMORABILE: L'inizio, con Spaulding che sfotte i rapinatori; Sheri Moon, vero e proprio demone dal volto d'angelo; L'uomo-pesce; Il dottor Satana.
Tolto qualche buono spunto a metà tra il videoclip e immagini passato/presente a tinte rosso sangue, il film si può tranquillamente catalogare come un tentativo di creare un horror prendendo a piene mani da film come Non aprite quella porta e Il tunnel dell'orrore. La cosa peggiore è che, nonostante la breve durata e tolta la grande interpretazione di Sig Haig, la noia la fa da padrona. Mediocre.
Rob Zombie sarebbe il nuovo profeta dell'horror del ventunesimo secolo... un autore da porre al pari dei grandi Carpenter, Romero ecc. ma per favore! Qui imbastisce un pasticciaccio imbevibile, neanche lontamente paragonabile non dico a Non aprite quella porta ma neanche al The beginning! Il culmine il film lo raggiunge nel finale, dove il Dottor Morte sembra la bruttissima copia dell'Eddy degli Iron Maiden. Solo Haig se la cava... Robaccia, peggio perfino del brutto remake zombiano di Halloween. Inaccettabile vaccata!
Innanzitutto direi che è la casa dei mille colori! Si viene introdotti in un mondo delirante multi-cromatico, grottescamente posticcio, iper-kitsch, dove l'affastellamento esornativo di elementi costituisce il tema delle immagini e, sostanzialmente, pure di tutto il film. A casa Firefly non manca un pochetto di tensione, ma quel che prevale è il senso di una bizzarra messinscena in cui la trama latita per far posto alla demenza violenta e teatrale di individui da carnevale degli orrori. Una buona fotografia ben si confà al tutto. Luna park. Capitan Spaulding è di gran lunga il personaggio più riuscito **!
MEMORABILE: Le immagini in b/n che danno occasionale discontinuità all'estetica "giocattolosa".
L’esordio di Rob Zombie è un gustosissimo e divertito luna park dalle sfavillanti doti cromatiche zeppo di simbolismi e nefandezze che strizza l’occhio alla fiaba dark, al torture porn e al classico hooperiano omaggiandolo in chiave umoristica, sadica e aberrante. Atmosfera e personaggi lercissimi (Capitan Spaulding e Otis se la giocano a chi disgusta di più) sublimano uno stile pregnante svecchiando e rinvigorendo un genere prossimo al collasso. Per fortuna siamo lontani dalle ultime pretenziosissime blasfemie.
Può un film con una sceneggiatura imbarazzante raggiungere livelli notevoli? La risposta è sì, se in regia c'è un mostro come Rob Zombie. Movimenti di macchina sensazionali, commistioni visive fra il sottobosco hard rock e l'horror tout court, contrasti tra la dolcezza dello score e la crudeltà delle immagini (Cannibal holocaust docet), bizzarrie assortite degne del miglior De La Iglesia. Rob si sporca le mani e gode come un matto e noi con lui. Senza dubbio da inserire nelle opere più seminali e radicali del decennio scorso.
Storia e sceneggiatura ricalcano molto da vicino il più noto dei film di Hooper e non solo quello: le idee nuove quindi latitano. Ma Zombie, pur non riuscendo a ricreare del tutto il clima laido, marcio e psicologicamente violentissimo
del capostipite, ha talento visivo da vendere e riesce così a raggiungere buoni risultati. La violenza, a tratti grottesca e parodistica, c'è e le immagini riempiono a dovere gli occhi dello spettatore così come le forme della deliziosa Sheri Moon. Gran bella fotografia e colonna sonora straniante. Buon film: peccato che in futuro il regista si perderà non poco.
L'opera prima di Rob Zombie è uno splatter con grandi dosi di ironia. La cosa più riuscita è sicuramente la caratterizzazione dei personaggi principali come la bellissima moglie del regista Sheri Moon e del capitano Spaulding. Il film, con tante e divertenti scene splatter, regge bene fin quasi alla conclusione; purtroppo il finale sembra essere troppo sbrigativo e insensato. Sicuramente molto meglio il sequel.
La prima pellicola del regista Rob Zombie colpisce come una flebo di caffeina. I tratti distintivi sono percepibili fin da subito: ritmo serrato, montaggio da videoclip, colonna sonora perfettamente amalgamata e coinvolgente, colori cupi. Se a tutto ciò si aggiunge un serpeggiante humour nero che accompagna le sadiche gesta del clan Firefly e dei suoi malcapitati ospiti, il risultato è un film che riesce a sfuggire alla banalità del plot e a brillare di luce propria. Cast azzeccatissimo.
MEMORABILE: Il personaggio di Capitain Spaulding; La poesia di Otis sul "papino".
Rozza, cinica, malata, allucinata... non ci sono altri aggettivi per descrivere questa opera dell'ex rock star Rob Zombie. Il film attinge ai temi degli horror anni 40-50 per poi "degenerare" in un escalation di violenza e sadismo di alto livello. Inquadrature da allucinogeni, come del resto i colori della fotografia. Personaggi uno più psicopatico dell'altro, dialoghi da caserma. Totalmente, politicamente... scorretto!
Già in questo primo film di Rob Zombie si nota il suo stile inconfondibile (il che è un merito): l'ambientazione Anni Settanta, Halloween, la buona fotografia visionaria, i tanti inserti di vecchi film. Infatti, anche se i maggiori ispiratori di quest'opera sembrano Non aprite quella porta e Il tunnel dell'orrore, le citazioni a Il castello maledetto fanno intuire che la trama basata sulla famiglia di pazzi abbia origini più antiche e risalga proprio al film di James Whale.
Ottimo horror diretto con stile sperimentale e delirante dal frontman dei White Zombie. Pellicola ispirata principalmente a film come Non aprite quella porta o Le colline hanno gli occhi, ma che contiene di fatto centinaia di citazioni da film dell'orrore anni '50 e '70. Inquietanti Moseley e Sheri Moon, oltre naturalmente alla perfida Karen Black. Splatter e gore a iosa.
A mio avviso uno dei migliori horror del nuovo millennio. Zombie riprende le basi (Non aprite quella porta) e le filtra attraverso i suo occhi da circus horror maledettamente americano. Il risultato è gore, tensione, ironia becera, personaggi caratterizzati all'inverosimile ma soprattutto una fotografia eccezionale. Non si vuole essere innovativi, non si vogliono introdurre chissà quali novità: si vuole rivitalizzare un genere usando le sue stesse budella e Rob lo fa alla grande.
MEMORABILE: Capitan Spaulding e Otis, personaggi/icone che trent'anni fa sarebbero diventati protagonisti di saghe intere.
Due, tre, quattro film in uno: dall'exploitation settantiano al grindhouse più sporco per poi sprofondare nel gotico più funereo e finire la corsa in un folle, grottesco e sanguinario "tunnel dell'orrore". La casa dei 1000 corpi ha con sé il nerbo registico (appena nato) di Rob Zombie, autore capace di citare e omaggiare i grandi classici del genere restando sempre fedele a se stesso. E questo film, infatti, non è altro che il preludio di ribellione che conduce ad un'ascesa cinematografica unica, potente e straordinaria.
Impossibile prendere sul serio questa mediocre tarantinata; assai difficile, peraltro, coglierne il lato grottesco. In realtà qui siamo alla piena vacuità: il regista, a parte un discreto mestieraccio nell'assemblare pezzi da videoclip, si limita a cannibalizzare con superficialità fumetti, horror e sottocultura pop concedendosi inutili ammicchi cinefili (i Marx, la riesumazione della Black). Plausi, invece, al personaggio di Haig che rinnova con gusto il filone coulrofobico.
Un’opera che vive puramente del lato estetico, sia per i costumi e le scenografie, sia per la violenza insistita. Tuttavia dietro questo muro visivo non si cela granché, non riuscendo a distinguersi alcuna poetica d’autore, né quelle atmosfere torbide e malsane che un horror dovrebbe avere. Sembra tutto troppo artificiale e anche gli attori non incidono a dovere. Assai discutibili le doti recitative della Moon, mediocri gli altri. Si salva soltanto Sid Haig. Le tanto decantate similitudini con Hooper si fermano in realtà a pochi ammiccamenti.
Rob Zombie confeziona un horror molto citazionista sia nelle tematiche che a livello visivo, cui aggiunge inserti abbastanza disturbanti girati in video: uno stile eclettico e lisergico che fa sentire almeno nell'estetica la mano dell'autore. Tuttavia la sceneggiatura è poca cosa e gli ottanta minuti del film si fanno sentire tutti, specie nella prima parte, che stenta a ingranare come si deve. E' comunque un horror degno di nota per il panorama degli anni zero, che lo pone a livello del genere negli anni '80. Notevole colonna sonora di Zombie.
Si inizia ridendo insieme ai protagonisti che popolano una sperduta cittadina americana di provincia, ma piano piano, mentre questi continuano a ridere, lo spettatore finisce immancabilmente con l'immedesimarsi nelle vittime di turno. Film che funziona e che lascia, a tratti, di stucco, sia per le contaminazioni di certo cinema di genere (americano, ma anche italiano), sia per la sua capacità di essere un prodotto originale. Le stralunate scelte di regia di Rob Zombie a tratti stupiscono e a tratti fanno sorridere, proprio come il film.
Epica (per i meno esigenti), etica (sostanziosa, scorretta e sui generis), etnica (in abbondanza e che abbondanza), pathos (nemmeno un po'). Zombie, come da copione, esordisce sbracando senza ritegno e infilzando con spilloni infuocati tutte le bamboline-influenze collezionate nel corso degli anni (e delle visioni di genere da cinefilo). Non sarebbe un dramma se, di fatto, il film non stesse in piedi nemmeno per sbaglio, avvoltolato in una non-trama che a forza di omaggiare a destra e a manca perde l'equilibrio e si fracassa a terra.
Hooper in chiave psichedelic pop rock. Al suo esordio Zombie ha dalla sua l'ottima idea di ridare linfa al genere con una lettura piuttosto barocca, con personaggi grotteschi, deviati ma per certi versi quasi simpatici. In questa famiglia quasi watersiana ciascuno ha il suo momento di gloria e poco importa se il baratro del ridicolo è prossimo. Bravo Rob!
Una baracconata pessima e fracassona, senza un briciolo di paura né di tensione, con una serie di effetti kitsch che vorrebbero fare sensazione e un cast tremendo. Sorvoliamo sulla sceneggiatura, praticamente inesistente. Il regista ci prova a dare il suo tocco, ma non basta di certo. Si cerca di imitare la storia di Non aprite quella porta, ma non ci si avvicina all'originale nemmeno per sbaglio.
Horror-farsa-fumetto a Halloween (feticcio del regista): una casa e una famiglia di freak omicidi. Un tripudio di citazioni, influenze, visioni e ossessioni da Caligari a Non aprite quella porta, dal gotico ad Argento, allo splatter, all'exploitation con slashing, arte ed esperimenti macabri, rituali e altro ancora in un delirio grand guignol, kitsch e circense con una tecnica tra Tarantino/Rodriguez e Russ Meyer; ma è davvero troppa carne al fuoco. Un'esplosione di creatività per un prodotto interessante ma acerbo. Un "macabro pastiche".
MEMORABILE: Il "gabinetto di Capitan Spaulding"; Il rituale in maschera macabra verso la fine.
Zombie al suo debutto dietro la m.d.p. ci regala la sua personalissima versione del classico di Hooper. Rob quindi presenta una nuova famiglia di pazzi, dei mostri straordinari e una cura dei dettagli al limite del maniacale. Ottima la scelta delle immagini sgranate per far immergere lo spettatore ancor più nel periodo storico in cui il film è ambientato. Non manca nulla: splatter, cliché, personaggi oltre le righe e una scelta musicale pressoché perfette rendono questo l'esempio da seguire se si vuole girare oggi un grande horror. Bravo Rob!
MEMORABILE: La ricostruzione delle catacombe; La fotografia sporca; La caratterizzione volutamente oltre le righe di tutti i personaggi.
Quattro ragazzi a causa di un guasto all'auto trovano ospitalità in una casa abitata da strambe persone. Debitore a tanti horror degli anni Settanta/Ottanta, questo primo lungometraggio di Rob Zombie (cantante metal) si può ritenere, seppur confusionario, discretamente riuscito. Si cerca più lo splatter (comunque apprezzabile) che la logica. Regia più che efficace.
Buon esordio cinematografico che rifà il trucco a Non aprite quella porta ritinteggiandolo in un modo che (specie nella prima parte) fa apparire il prodotto finito quasi "simpatico", vuoi per il memorabile clown Spaulding, vuoi per l'aspetto sballato della famiglia Firefly e della loro abitazione. Non bisogna aspettarsi molta originalità (difficile improvvisare troppo su una storia del genere o renderla imprevedibile), però la messa in scena è valida e le sequenze dell'ultima parte sembrano davvero uscite da un incubo creativamente malsano. Un piacevole circo degli orrori.
MEMORABILE: L'incipit con rapina; Spaulding e la sua stazione di servizio; Il covo di dottor Satana; I respiri dell'uomo con maschera antigas.
Men che mediocre; cast abbastanza affiatato (la Black, Goggins, un esuberante Sid Haig), molto citazionismo (Hooper, Craven, ecc.), tre anni totali di realizzazione (come dice Zombie nelle interviste), ma il risultato globale delude abbastanza. Zombie farà meglio coi suoi due Halloween. Lodevole comunque il fatto che un artista musicale abbia voluto omaggiare a modo suo il cinema horror.
Non bussate a quella porta, potrebbe aprirvi uno dei simpatici membri della famiglia Firefly, dedita a stupri, torture e massacri... Esordio filo-hopperiano perplimente di un regista dagli esiti alterni: il clima del film è sporco e malsano come pochi altri, gli interpreti sono efficaci, la messa in scena presenta innegabili pregi come la bella ost ma la sceneggiatura è troppo ripetitiva per non ingenerare un senso di indigestione narcotizzante, anche se non mancano tocchi ironici e parodistici che ogni tanto ridestano l'interesse sopito. Più riuscito il sequel on-the-road.
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DiscussioneZender • 21/07/10 08:31 Capo scrivano - 46948 interventi
...ieri sera l'hanno dato su Rai 4 e sinceramente "contare" le citazioni mi sembrava l'unico modo per non addormentarmi dopo 10 minuti di film. Praticamente il contrario di quando si contano le pecore per riuscire a dormire!
DiscussioneZender • 21/07/10 13:04 Capo scrivano - 46948 interventi
Ma infatti hai fatto bene anche a scriverle, ci mancherebbe!
bubo mi compiaccio per l'opening della stroncatura. bello, molto, ma -per quel che rappresenta la transcitazione di riferimento- anche sprecato per un poseur come zombie.
DiscussioneCaveman • 28/04/20 16:34 Servizio caffè - 403 interventi
Sempre un piacere rivedere questo film.
Esempio di come si possa, partendo da un capolavoro assoluto come è NAQP, creare una propria versione.