E' deprimente verificare come il talento di Rob Zombie, che quanto a capacità evocativa rimane secondo a pochi (e in un campo come l'horror sappiamo tutti cosa questo significhi in termini di resa finale), trovi sempre più difficoltà a estrinsecarsi e a coprire le manchevolezza della sceneggiatura. Anche in LORDS OF SALEM le idee ci sono (la musica maledetta, per dirne una), gli spunti che promettevano faville pure, ma presto tutto si sgonfia in una bolla di sapone che svanisce definitivamente nell'anonimato ai titoli di coda, cancellando così anche l'ultimo residuo di speranza d'incrociare qualcosa di afferrabile, di concreto... L'orrore puro che si vorrebbe materializzare non c'è, confuso tra...Leggi tutto le pieghe di incubi pretestuosi che nemmeno riescono a deflagrare come ci si aspetterebbe: la stanza rossa con la croce al neon è un fantastico suggerimento onirico, ma se poi tutto si esaurisce in una visione grossolana che svanisce quasi subito a che serve? E se le grandi aperture scenografiche conducono solo a una grottesca riproposizione lynchiana che muove al sorriso perché perdonare a Zombie l'eccesso d'ambizione, spropositata rispetto alle poche carte da giocare? Naturalmente si intuisce che dietro alla macchina da presa non siede un regista qualsiasi, ma quando a livello viscerale ci si ferma sempre a un passo dalla grande esplosione emotiva è come un ripetuto coitus interruptus che rivela una preoccupante inconcludenza di fondo. Le tre matrone impallidiscono anche di fronte al solo ricordo di Ruth Gordon, e la svampita Sheri Moon (resa ancor più tale da un pessimo doppiaggio) sembra una vuota variante sexy-provocante della ben più credibile Farrow, ispessita artificiosamente da luci e inquadrature fascinose. I dialoghi con l'amico deejay tediano e basta, le mascherature fanno rimpiangere ciò che poteva essere e non è, i sabba stregoneschi non aggiungono nulla a quelli visti finora e il corridoio alla SHINING simboleggia meglio di ogni altra cosa il fascino del ricco involucro che avvolge il nulla. Dai Rob, vien da dire, lanciati davvero... E invece son solo piccoli balzelli in direzione di un universo che il nostro aveva allora già più arditamente visualizzato nella sua CASA DEI 1000 CORPI, quello sì vero manifesto di un cinema nuovo e travolgente. Qui ne restano gli echi lontani, i riverberi di ghiaccio di uno stile accartocciato su se stesso, prigioniero delle mille paure di non eccedere per consolidare la fama e compiacere gli esteti della sottrazione. Gli altri si consolino con il Ken Foree di ZOMBI o il Michael Berryman delle COLLINE HANNO GLI OCCHI. Un po' pochino...
Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Un sapore sfumato: il buon Ron mescola di tutto, da Fulci a Polanski, da Kubrick ai suoi stessi Firefly versione on air. Il risultato finale mi contrista non poco: se in un primo tempo grazie alla regia ispirata (e a musiche efficaci) mi regala pensieri inquieti, il tutto svanisce nell’immaginifico approdo visionario di una nemesi blasfema e confusa, purtroppo, ahinoi, a tratti anche comica e gratuita. Rimane qualche sprazzo da regista divino e la convinzione, nel giudizio negativo, di potergli dare una seconda opportunità.
Atteso spartiacque (il cui anello di congiunzione è H2) che vede il suo autore dimenarsi a briglia sciolta con le ossessioni allucinatorie caratteristiche e caratterizzanti. Un elemento inquinato dall'ingombrante ingerenza metal e da una concezione post-modernaista della macchina cinema. Un marchio di fabbrica volutamente espresso senza remore o ritrosie, un vaso di Pandora finalmente dischiuso, esasperazione iperbolica destinata a dividere i fruitori. Dall'estasi alla comicità involontaria in un discrezionale battibaleno. Suggestivo ma ahimè aspro. ***
Il film ha un grande merit: quello di non cercare a tutti i costi effetti per spaventare ma di creare atmosfere ipnotizzanti nello spettatore (in verità non riuscendoci mai). La trama ricalca quella classica dei film sulle streghe ma quello che non convince è sopratutto il finale. Belle le musiche, le ambientazioni e Sheri Moon.
L'ultima fatica di Rob Zombie è un fiasco sonoro e quasi completo. Dopo una prima parte un po' sonnacchiosa, che sa di già visto ma che mantiene comunque una sua dignità, il film sfugge completamente di mano al regista nella seconda, per colpa della sceneggiatura. Scivola prima nel qualunquismo e poi affonda nel ridicolo e nel cattivo gusto. Finale da lasciare increduli e basiti: dopo quanto visto potrebbe scappare una sana e liberatoria pernacchia. Si salvano solo pochi riusciti sprazzi visionari e nient'altro. Causa un po' di blasfemia, chissà se in Italia uscirà in sala intregrale.
The Lords of Salem è un film confuso che predilige un approccio anticonvenzionale errando proprio nel suo voler essere anticonformista a tutti i costi. Storia di maledizioni e vendetta, allucinazioni e onirismo: un soggetto logoro ulteriormente strozzato da una sceneggiatura piatta e fumosa; l’intelaiatura zoppica, i personaggi sono deboli e inutili. E non servono movimenti di macchina vellutati, geometrie e quell’aura visionaria che attinge copiosamente e bene dal grottesco. Siamo al coraggio senz’anima, alla ricercatezza di stile senza idee.
Horror autoriale che affrancandosi dai vincoli narrativi perviene ad una forma cinema estatica, contemplativa, ipnotizzante in cui la sceneggiatura è una traccia evanescente e risibile, un vettore posto a orientamento di una dissolvenza immaginifica attraverso cui Zombie sublima un'iconografia blasfema e oltraggiosa che va da Polanski a Fulci, da Bava a David Lynch. Visivamente strepitoso, è una beatificazione del Maligno quale accecamento e dissoluzione, un baccanale immerso in una pervasiva atmosfera vintage, un'oblazione al femminile arcano in cui troneggia il corpo dinoccolato di Sheri Moon.
Probabilmente il film più visionario di Zombie che, rispetto a quanto fatto in passato, si butta a capofitto nel sovrannaturale più puro confezionando una spiazzante storia di satanismo, occulto e fantasmi dalle forti influenze polanskiane e russelliane. Meno sangue, violenza e tamarraggine, più terrore psicologico. Decisamente brava la signora Zombie (attrice piuttosto sottovalutata), buono il resto del cast (ricco di celebri caratteristi, come sempre nei film di Zombie). Consigliato.
MEMORABILE: L'ossessiva nenia del cd dei"Signori"; Le terrificanti visioni di Heidi.
Rob Zombie stupisce ancora, nel bene e nel male, con questo film sperimentale in cui mixa le sue grandi capacità registiche. Sacro/profano, passato/presente, blasfemia, impregnano la pellicola sin dalle prime immagini; guidati dallo stato allucinato della protagonista scivoliamo anche noi nel sabba. Ma la colpa di uno script non approfondito e la messa in scena di alcuni stonati elementi risibili, smorzano l'inquietante atmosfera che stava catturando in un turbinio di fascinazione lo spettatore. Resta l'amaro in bocca per qualcosa di sprecato.
Ahi ahi Rob Zombie, dov'è finito il tuo vero talento? Non in questo aborto mentale più simile a uno specchietto per le allodole, che bofonchia giusto qualcosa, sfiorando solo il vero abisso. Eri innovativo nel distorcere la mente dei tuoi mostri umani, mentre qui ti limiti a distribuire stereotipi, con un piede nel ridicolo. In più, la pellicola risulta quasi soporifera, ridestando lo spettatore con visioni non certo illuminanti e illuminate nella realizzazione (festini stregoneschi e allucinazioni). Meglio gli ultimi fotogrammi (com'era e com'è adesso). Se questo è l'horror futuro...
MEMORABILE: "Dobbiamo convincere Erman a togliere il parrucchino. Chi vuol prendere in giro con quell'opossum in testa?"; La porta semiaperta che attira lei.
La follia dell'autore è inarrestabile, un armamentario ben definito ma non utilizzato con l'intento dell'industria cinematografica, bensì con il solo scopo di mettere in immagini ossessioni, pulsioni e incubi. Questa volontà fa sì che il film si “ammali”, giocando di asfissia e saturazione, negando qualsiasi appiglio di salvezza. La discesa all'inferno di Heidi è totale, storia e film precipitano in un gorgo senza possibilità di respiro. Fra le visioni di questo inferno Rob Zombie si insudicia, varcando i confini della grandezza e dell'infamia.
Pasticciaccio orrorifico di Rob Zombie che, in preda forse a un eccesso di ego, si cimenta in un esercizio di stile attingendo a citazioni, psichedelia, arti figurative e qualche trucco vintage (che di questi tempi va tanto di moda). Tutta questa messinscena è a dir poco malriuscita e si traduce presto in snervante noia per lo spettatore: il film non decolla mai e le immagini mostrate spesso non hanno un senso logico, risultando pertanto pura pittura cinematografica alquanto irritante.
Blasfemo, allucinato e allucinante; non fa paura, fa di più... ti lascia un segno dentro. Quando esci dalla sala pensi che chi ti sta intorno siano solo streghe! Molti i film citati: su tutti Shining, il più importante horror paranormale, e nel finale allucinazioni alla Easy rider. Stupende le musiche, come in tutti i film di Rob Zombie, buona la prova di Sheri Moon. Sicuramente un film particolare che si ama o si odia (ma lo si può sapere solo andandolo a vedere).
L'antico borgo infestato da streghe crudeli ritorna più blasfemo che mai grazie al genio visionario di Rob Zombie, che propone un piatto forte dai sapori acidi. Il pretesto di un brano musicale maledetto è solo l'ennesimo trucco per scendere negli inferi più remoti degli stati d'animo e raccontare una favola macabra di un massacro che nelle cronache giornalistiche trova poche spiegazioni. L'unica perplessità riguarda la protagonista, che assomiglia troppo alla cantante Anastasia (ma si può facilmente soprassedere).
Come lecito aspettarsi, si tratta di un lavoro visivamente e iconograficamente affascinante, nel quale il buon Zombie riversa a piene mani il suo innegabile talento macabro-visionario. Le note dolenti riguardano un soggetto fiacco e fintamente trasgressivo, che neppure viene sostenuto da una sceneggiatura brillante. Insomma, le solite luci ed ombre di un regista interessante e capace, che si perde sempre nel bicchier d'acqua di una autorialità non ancora matura. Comunque, per me un bel passo avanti rispetto alla rivisitazione carpenteriana.
Zombie questa volta confeziona un film rinunciando completamente a una storia. Il che non è necessariamente un male. La pellicola è infatti una collezione di immagini più o meno collegate fra loro che vogliono essere inquietanti e disturbanti. Per lo più ci riescono, grazie anche alla musica che le accompagna. Quando questo non avviene, però, il fallimento è pesante, perché lo spettatore esce bruscamente dalla dimensione parallela in cui il film vuole mandarlo. Delirante, ma non abbastanza!
Pretenzioso polpettone zombiano che fa rimpiangere la rude, lucidamente folle e cinematograficamente innovativa virulenza degli esordi. L'immaginario orrorifico del regista è ormai un libro già letto al quale questa pellicola non aggiunge nulla: le visioni si susseguono senza una vera logica e non riescono a infondere un senso tangibile di irrequietezza (anzi qua e là si ride anche) tanto banale, scontata e tenue è la storia che conduce a un finale scritto probabilmente in collaborazione con Richard Benson. Diabolicamente insulso.
Il delirio satanista di un ex rocker che, passando alla regia cinematografica, crede di essere diventato Kubrick. Un pastrocchio indecente, pieno di spocchia, nonché di una noia mortale. Dall'insopportabile baraccone si salva un cast di vecchie glorie riesumate per l'occasione; tutto il resto è solo indifendibile e ululante trash estetizzante e ridicolo.
Rock horror low budget che si sviluppa lungo il solco di una tradizione classica e abusata confondendo il piano di una realtà lisergica e allucinata con quello di una dimensione magica e positivista quale oscuro retaggio di un livore antico che cova sotto le ceneri del più tradizionale e famigerato degli autodafè in terra d'America. Più riuscito il simbolismo magico tra l'elaborazione di un occultismo in chiave pop rock e la folgorante blasfemia di alcune soluzioni figurative di una beffarda parodia cristologica.
MEMORABILE: La scena finale di una allucinata sequenza orgiastica e della discesa agli inferi della impura e blasfema genitrice dell'Anticristo.
Carta regalo sgargiante, pacco vuoto. Il plot frastagliato e sbilanciato da un director's cut bislacco è anche l'ultimo dei suoi problemi. Una pseudovisionarietà fanfaroncella, accattona, tutta esteriorità, wannabe-Russell e proto-Jodo; una blasfemia mezzana alla quale non crede nessuno, e da Méliès a Fulci vai che si smarmella col citazioname! Mood ostentato, empio, ultrakitsch e al contempo spudoratamente piacione che è tipico dei poseur che oltre la prima truccata pelle non mostrano un corpo, figuriamoci un'anima. La paura? Fa tutt'altro che 90. Camp cavallo che Zombie decresce.
Non m'ha mai fatto impazzire lo stile di Rob Zombie (di cui ricordo però con molto piacere Halloween the beginning), ma se in quest'opera abbondano ridicolaggini vere e proprie non penso sia questione di insofferenza personale... Per quanto si possano apprezzare certi particolari (il disco, la stanza maledetta), la cura estetica e l'aura onirica del film (onirismo che funziona appunto solo quando si mantiene aleggiante e atmosferico), più volte si sfiora il ridicolo tra vecchiette invasate, riti satanici trash e allucinazioni demenziali...
MEMORABILE: L'orgia finale (che ha un che di vagamente pasoliniano); Le streghe che uccidono a padellate il loro malcapitato ospite.
Il problema che ho sempre riscontrato in Zombie permane: da un lato eccellente gusto per la confezione, tecnica notevole e rispetto per il cinema "che piace a noi"; dall'altro sceneggiature che non vanno mai a parare da nessuna parte, quasi che i suoi lavori fossero videoclip da 90 minuti. In questo caso però la visionarietà, tra echi di Polanski, Russell e Lynch, è talmente spinta al limite che finisce per affascinare, superando il ritmo catatonico. Ottimi come sempre fotografia, montaggio, uso delle musiche e movimenti di mdp.
MEMORABILE: La "Madonnizazione" blasfema della Moon con "All Tomorrow's Parties" dei Velvet Underground in sottofondo.
Finalmente dopo il mediocre Halloween 2, Zombie torna alla ribalta con un film molto atteso che sorprende e meraviglia. La sceneggiatura è terribile, ha dei buchi enormi; ma questo viene compensato da un qualcosa in più, un Rob Zombie maturo alle prese con una pellicola sperimentale ricca di citazioni, un viaggio oscuro e malato all'interno di un universo blasfemo e onirico, trasognato. Un grande cambiamento di stile, imperfetto e con molti errori ma con un empirismo che non si può far altro che ammirare. Da migliorare lo script, ma prova esemplare.
MEMORABILE: I corridoi alla Shining; Il feto mostruoso; Il salone barocco; La croce al neon; La fellatio al sacerdote; Sheri Moon madonna blasfema.
I primi abbondanti 20 minuti sono inguardabili, tra le battute in radio avvolte tra mille cliché e la presentazione piattissima dei personaggi, resi terribili dal pessimo doppiaggio italiano che penalizza il tutto; poi, dal "disco" in poi, le cose si aggiustano con la componente "rock-horror" in arrivo. Qua e là guizzi di buone trovate soprattutto nel climax che Zombie rappresenta più che bene, fino a quando non è il momento dell'"esplosione" (e questa avviene in uno stile molto da videoclip ma di forte impatto). Bello, ma troppo imperfetto.
Rob ci dice che la droga è brutta, che ci si può ricadere (vedi Heidi), ma soprattutto che dirigere magari sotto effetto non dà sempre risultati alla Baduelaire. Onestamente non ho trovato altro che sonnolenza in questo tedioso film. Alcune trovate mi rimandano a pellicole degli anni 80, vedi il disco maledetto, altre cercano di portare la dimensione su zone che Rob non è capace di disegnare, come la genesi del figlio della bestia. Divertente il finale sotto effetto acido e lodevoli alcune tracce audio, su tutte Venus in furs.
Rob Zombie mantiene il suo stile visionario, un po' da videoclip rock che allunga le esili trame mai troppo originali e dalle tante citazioni cinematografiche. Infatti in quest'ultimo lavoro si affronta il classico tema delle streghe di Salem, ambientato in modo riuscito e denso di atmosfera nelle vecchie vie della leggendaria città del Massachussets. Il film è molto più raffinato rispetto alle opere precedenti del regista, malgrado ci siano dei cali, in alcuni momenti.
Rob Zombie segue la sua concezione artistica iniziata con il suo precedente lavoro sprigionandola all'ennesima potenza. Confermandosi uno dei più talentuosi registi horror moderni, Zombie mette in scena un delirio di immagini diaboliche e blasfeme amalgamandole perfettamente a una colonna sonora che evidenzia maggiormente l'abilità tecnica del regista. Resta purtroppo la sensazione che al film manchi una sceneggiatura solida che dia un senso al tutto. Diabolicamente ipnotico.
MEMORABILE: I Sabba; La blasfemia di certe scene e l'allucinante e allucinato finale.
Stregoneria: quale posto migliore di Salem per parlarne? Rob Zombie ricorda Devonsville terror e lo rifà, molto meglio tecnicamente ma purtroppo dilungandosi in una serie di metafore talvolta troppo contorte. La sceneggiatura scorre malamente e il chiarimento arriva solo sui titoli di coda. Purtroppo l'avversità verso i simboli religiosi appare qui troppo gratuita e talvolta stucchevole, soprattutto nell'ultima parte. Sheri Moon è brava, anche se probabilmente non capiva quel che stava accadendo... come noi, purtroppo. Occasione sprecata.
La fotografia digitale penalizza tutte le succulenti trovate del film e il suo linguaggio filmico facendolo apparire, per buona parte della sua durata, privo di atmosfera, ma la pellicola presenta anche svariate trovate, alcune degne di nota. Un lungometraggio forse troppo ambizioso e con un sottotesto interessante, ma il regista avrebbe dovuto dedicarsi maggiormente alla sua illuminazione (anche se risulta migliore del suo buio Halloween II), piuttosto che infarcire il film di blasfemia.
L’astro di Rob Zombie regista ha già smesso di brillare? A giudicare da questo “The Lords of Salem” si direbbe proprio di sì: non tanto per l’assoluta mancanza di idee sottesa al suo citazionismo fittissimo e tronfio, quanto per il ritmo catatonico e le ridicolaggini che lo lardellano fin dal sabba iniziale. I continui flashbacks rimbombano a vuoto, mentre le musiche – siano esse le arcane note emesse dal satanico vinile o la “Venus in Furs” in doppia versione – offrono attimi di tregua in un’indigeribile carnevalata degna dell’Argento de La terza madre.
Dopo un inizio che lasciava ben sperare, il film a poco a poco si sgonfia fino alla tremenda parte finale. I riferimenti ad altri film del genere sono molti e questo inficia non poco sull'originalità dell'operazione. Non ci sono nemmeno momenti di vera paura ma solo tanta blasfemia (forse si cercava lì, il colpo a effetto) e noia allo stato puro. Non lo consiglierei a nessuno.
Zombie migliora con l'andar del tempo (bei passi avanti rispetto al ridicolo la Casa dei mille corpi) ma gli manca qualcosa per spiccare il volo e diventare un grande. Certo rimane uno dei pochissimi registi horror odierni che cerca l'originalità ma sono troppi gli alti e bassi. Qui abbiamo splendidi scorci visionari (i sabba delle streghe, le scene nella stanza 5 con il mostro peloso) alternati a momenti di ritmo cataconico o scene del tutto fuori luogo (quella nella chiesa). Ottima e bellissima Sheri Moon, sempre bravo Bruce Davison.
MEMORABILE: Il sabba delle streghe; L'esecuzione delle streghe con la maschera di Mario Bava; Sheri Moon stile Madonna.
La casa dei 1000 corpi mi aveva piacevolmente divertito, nonostante fosse un film pieno di pecche e punti morti, mentre "Le streghe di Salem" mi ha piacevolmente sorpreso. Nonostante anche questo sia danneggiato tempi morti e scene un po' ripetitive e tirate per le lunghe, riesce ad avere una forza narrativa notevole e l'interesse cresce coi minuti. Ottima la dimestichezza di Rob Zombie nel rappresentare la tenebrosa forza evocativa dell'angoscia e della malignità che pervade la pellicola, senza mai nascondere un certo stile lynchano.
MEMORABILE: La scena evocativa finale, con sequenze ai limiti della blasfemia.
Un Rob Zombie alquanto provocatorio e dissacrante, largamente blasfemo, che sfoggia un repertorio di simboli e amenità sataniste ben nutrito a cui non fa seguito nulla di convincente. Sembra una celebrazione volutamente urtante, priva di un chiaro significato a dargli man forte. L’attesa è creata con un certo mestiere e quando finalmente si entra negli ultimi attesi minuti si rimane delusi e viene da chiedersi se ci si trovi su MTV a ora tarda guardando un videoclip di qualche gruppo black metal.
Che Zombie fosse persona fuori dagli schemi era notorio. Ma fino a ora si era limitato a horror canonici che mostravano la violenza insita nelle persone. Con questo film si spinge oltre cercando di veicolare messaggi non solo inquietanti ma anche sconosciuti ai più. Un credo dove si mischiano simboli cristiani e satanici lascia stupiti e alcune immagini hanno francamente disgustato anche me che proprio un puritano non sono. Ma al di là dell'operazione i ritmi lenti e soporiferi proprio non aiutano, insieme a una regia al minimo sindacale.
MEMORABILE: I figuri vestiti da alti prelati che simulano una masturbazione con falli di gomma; Il nano satanico e le sue protuberanze, altra immagine sessuale.
Una città e i suoi scheletri nell'armadio, una melodia lugubre, quasi ancestrale, che ricorda i suoni musicali del diavolo banditi nel Medioevo. Rob Zombie si dimostra un cineasta colto, maturo, che sa raccontare storie attraverso altre storie. Sheri Moon Zombie è bravissima, in un ruolo che sembra cucito direttamente sulla sua pelle. Un film che si tinge dei freddi colori autunnali di Salem, blasfemo e coraggioso, con sequenze girate magnificamente.
Alla ricerca della consacrazione autoriale Zombie cita molti maestri (Kubrick, Polanski, Bava, Carpenter), ma manca il bersaglio con un film costruito esclusivamente sul delirio della protagonista e privo di trama. Più inquietante che pauroso. Cast di contorno da veri intenditori con la Geeson già frequentatrice di Rillington Place, la Wallace scesa dalle Colline di Craven a suon di Ululati, Davison cresciuto a Fragole e sangue prima di affrontare Ulzana e Foree esperto di Zombi. Con una sceneggiatura più solida sarebbe stato un gran film.
MEMORABILE: Il primo ascolto del disco; Davison fatto fuori a padellate; Heidi idolatrata su un cumulo di donne morte al suono dei Velvet Underground.
Rob Zombie, musicista di horror-nu metal, ha da tempo deciso di dedicarsi alla regia di horror. Questo film rappresenta una parentesi tematica dedicata a un horror più gotico, centrato su Salem, un paese con un fosco passato di storici eccidi di presunte streghe. Il film è ben curato, ha una sua personale estetica, una sua personalità che deve molto alla musica oscura. Nonostante il suo lato stregato-allucinatorio, il montaggio è molto lineare, ha una sua chiara logica che però nel risultato finale trasuda apatia.
Inizia con un sabba che muove più al sorriso che al raccapriccio, prosegue con le vicende di una treccioluta dj radiofonica, capace di suscitare empatia negativa, che si ritrova al centro di un'antica maledizione legata alla vicenda seicentesca delle streghe di Salem. Si parla di vicini malevoli e del tentativo di far nascere il figlio di Satana ma le analogie con il capolavoro di Polanski si fermano qui: piuttosto noioso nella prima parte, il film di Zombie diventa un guazzabuglio visionario indigesto nella seconda, tanto da far accogliere i titoli di coda con un sospiro liberatorio.
MEMORABILE: "Heidi, Heidi, Le caprette ti fanno ciao", ricordo molesto affiorato durante la visione, a riprova del coinvolgimento emotivo.
Liberamente ispirato dalle vicende di Salem, in questa pellicola è apprezzabile la capacità evocativa del regista (maestro assoluto in questo campo), privilegiata rispetto al puro tentativo di spaventare. Buona anche l’interpretazione dell’attrice principale (che non si discosta molto dalla sua personalità, visto che è la moglie di Rob Zombie), mediocri le altre. Una grande regia è proporzionale alla scelta delle musiche, che ricoprono un ruolo importantissimo nello sviluppo della trama. Banale (se non scarna) la sceneggiatura.
Storia che ha come fonte di ispirazione il processo alle streghe di Salem. Da qui il buon Rob Zombie trae un film abbastanza convincente, dosato di discrete suspense e tensione. Chiaramente debitore verso altre pellicole del genere, il regista americano si dimostra ancora una volta di saperci fare con la macchina da presa: la sua direzione è davvero efficace.
Rob Zombie si perde tra le pieghe di un horror citazionista che vorrebbe essere autoriale (come testimonia la confezione) ma finisce per scontentare molti: manca la qualità per arrivare al livello a cui aspirerebbe ma è troppo serioso per eventuali recuperi trash. La tensione è complessivamente nulla e anche i pochi buoni spunti visionari (comunque riciclati e visti meglio altrove) vengono vanificati da soluzioni discutibili tra il ridicolo e il cattivo gusto; gli ultimi 15 minuti (con tanto di pezzo dei Velvet Underground) sono terribili e scioccamente blasfemi.
MEMORABILE: I trashissimi prelati senza volto che si masturbano; L'esilarante esecuzione di Matthias a padellate.
Tra i film più onirici e blasfemi degli anni 2000. L’opera di Rob Zombie si distingue per il pungente potenziamento espressivo del sonoro, che trafigge di continuo spirito e corpo, capace di restituire voce e fremiti alle malefiche geometrie del satanismo e della stregoneria. Visivamente freddo e disagiante, narrato con un simbolismo arguto e démodé, perfettamente sospeso tra horror e psicodramma. Da applausi tutto il parterre femminile.
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DiscussioneJena • 21/11/15 19:07 Call center Davinotti - 4 interventi
dai questo mettetelo, cerco di rimediare sui
prossimi
DiscussioneZender • 22/11/15 09:07 Capo scrivano - 46900 interventi
Questo l'avevo già messo, è un avviso per i prossimi. Se vedi che il commento non è stato accettato sai perché. Anche perché nello stesso commento a volte l'apostrofo c'è altre volte non c'è. Ti basta rileggere quando hai finito di scrivere e aggiungere dove manca (anche coopiandolo e incollandolo da qualsiasi documento o testo, se hai problemi con la tastiera).
HomevideoRocchiola • 6/02/19 09:18 Call center Davinotti - 1224 interventi
Il BD 01/Rai presenta un ottimo video panoramico 2.39 pulitissimo e dalla definizione praticamente perfetta, mentre la coloritura pallida è dovuta alla solita fotografia desaturata largamente diffusa nel cinema odierno. Audio italiano DTS 5.1 ottimo capace soprattutto di esaltare i rumori e le inquietanti musiche provenienti dal disco dei Signori. Indubbiamente visto anche il prezzo ridotto, tra DVD e BD, scelgo quest'ultimo !!!!
HomevideoRocchiola • 11/02/19 08:49 Call center Davinotti - 1224 interventi
Confermo che gli unici sottotitoli sono quelli per non udenti !!!
DiscussioneDaniela • 20/12/19 23:14 Gran Burattinaio - 5887 interventi
A mezz'ora circa dall'inizio della pellicola di Zombie, si vede la protagonista guardare in tv una sequenza in bianco e nero in cui appaiono Jack Elam ed un uomo il cui volto è coperto da una maschera. Si tratta del film Il quarto uomo (Kansas City Confidential), noir del 1952 diretto da Phil Karlson.
DiscussioneZender • 21/12/19 08:38 Capo scrivano - 46900 interventi
Puoi mettere il fotogramma in cui si vede la scena in tv, Daniela?
DiscussioneDaniela • 21/12/19 08:51 Gran Burattinaio - 5887 interventi
Eccolo, qui il film in tv è inquadrato a pieno schermo e Jack Elam è chiaramente riconoscibile, anche se di profilo non risalta il caratteristico sguardo ballerino (che si vede però in altri fotogrammi in cui la tv è più lontana).
Questo fotogramma si trova al minuto 33,45: