Xenia, Ohio: l’uragano Gummo ha colpito con tutta la sua potenza e, oltre ai tetti delle case, sembra aver spazzato via anche la morale dei sopravvissuti, che continuano la loro vita in mezzo alla devastazione quasi come nulla fosse, ma con piglio da sconfitti. I protagonisti sono soprattutto bambini o pre adolescenti privati della propria innocenza primordiale per atteggiarsi quasi inconsapevolmente da adulti, mimandone comportamenti, atteggiamenti e finendo inevitabilmente per risultare grotteschi. Montaggio e musiche a dir poco lisergiche.
Difficile da interpretare questo paesaggio apocalittico proposto da Korine, dove si gettano nel calderone le peggiori nefandezze di questo mondo e vengono rappresentate in tutto il loro squallore, a partire dai due ragazzini protagonisti che sembrano usciti dalla peggiore delle bidonville. Una rappresentazione della realtà molto cruda, ma essenzialmente fine a se stessa, che provoca una forte sensazione di disagio e repulsione. Adatto a stomaci forti.
Incredibile a cosa possa portare la determinazione a scandalizzare: in questo caso a un inutile film dove impera il gusto del disgusto, il disturbante trendy, una finta antropologia della provincia Usa che nasconde le astuzie del provocatore. Se Diane Arbus era mossa da vero genio e sincera disperazione, Korine (che mi sembra essersi ispirato a lei) è mosso solo da esibizionismo del freak, finta crudeltà (i gatti massacrati) e vieto sperimentalismo che non sconvolge più nessuno. Il risultato è noia profonda e abissale vuoto di senso.
Il giovanissimo esordiente Korine scribacchia, con tratto crudo e respingente, la descrizione caotica di una intera cittadinanza del nord-est degli Stati Uniti (Xenia, in Ohio), infognata in un paesaggio post-cataclismatico a metà strada tra Ciprì & Maresco e Jackass. Non vi è traccia di trama classicamente intesa e le varie vicende procedono senza una logica pertinente, quasi a voler rispecchiare la confusione che impera, anche all'interno degli stessi personaggi rappresentati. Un quadro scioccante e metaforico sul nichilismo delle nuove generazioni.
MEMORABILE: Gli albini ed i freaks protagonisti; Solomon che fa il bagno in un'acqua scura e fangosa, mangiando spaghetti, cioccolata e schiuma di shampoo...!
Ci sono film davvero difficili da comprendere e quindi da commentare. Uno di questi è sicuramente Gummo. Ci troviamo di fronte a una pellicola recitata da albini e freaks in un ambiente grottesco. E sono proprio le situazioni incredibili e disgustose a dare forza al film, che ci mostra un orrore insolito e profondo (non solo visivo). Lo stile pseudo-documentaristico mostra come anche gli adulti siano indifendibili (tra tutte la scena del padre che fa prostituire la figlia disabile).
Francamente non riesco a cogliere fino in fondo il senso di un film del genere: senza una vero filo conduttore, sconclusionato (sembrano tanti spezzoni amatoriali messi insieme alla rinfusa) e con diversi eccessi che non mi sono andati giù. Per lo meno Harmony Korine non esagera con l'autocompiacimento e il mondo surreale di miserie e degrado che mette insieme ha momenti indovinati e sinceri. Non per tutti i gusti.
Morbi e sindromi, assortiti e addizionabili; freaks e famiglie disfunzionali; gatti macellati e satanismo. C'è anche un pink-coniglio che introduce al meraviglioso lascito dell'uragano Gummo. Leggi: la provincia americana come enciclopedismo teratologico, fiera delle atrocità. Fasulle, naturalmente, o quasi. All'inizio scappano grasse risate; poi affiora il disagio; infine si sbircia con discrezione l'orologio... La domanda sorge, liberatoria o pilotata: ma la sincerità, dov'è? Risposta non pervenuta, nemmeno per Korine. In questo, forse, sta la sua franchezza. Bella soundtrack.
Dopo un devastante tornado, ciò che resta della città di Xenia, Ohio è una desolante immagine di degrado e desolazione. Korine, nel suo intento di rappresentare tutto ciò nel modo più credibile possibile, riesce a disturbare lo spettatore, ma lo fa mettendo in scena il tutto alla rinfusa, unendo spezzoni altrimenti completamente scollegati, sporcando il tutto con freak seriamente inquietanti ed episodi di dubbio gusto.
Sicuramente va datto atto a Korine di possedere uno stile originale e molto personale, ma in questo caso fallisce alla grande; del resto vive su un filo sottilissimo che separa la genialata alla vaccata. Più che utilizzare una sequela di "uomini schifosi" per palesare le difficoltà della provincia americana ormai allo sbando e per farne una critica intelligente, prende la scusa della denuncia per imprimere sulla pellicola scene disgustose con personaggi fuori da ogni logica. Il gioco regge poco, vuoi per l'assenza di sincerità, vuoi per il dubbio gusto della rappresentazione.
Per tutto il film, fortunatamente breve forse perché le idee già esigue in partenza erano terminate, ci si ripete come un mantra "ma il senso dov'è?". Le altre domande riguardano l'eccessivo costo della lavorazione: a giudicare dalla "fotografia" pare essere stato girato in Super8 (o 8mm, chi lo sa). Non si apprezza nemmeno l'ossessione e la schizofrenia che animava John Waters, che almeno sapeva scandalizzare e disgustare, per così dire, con una specie di grazia naturale. Lavoro orrido, con simbolismi da ipermercato per indigenti.
Lascia, la prima volta che lo si vede, un vuoto allo stomaco che fatica a colmarsi anche dopo molti giorni. In un universo popolato da freak e mostri, permeato da un'apatia assoluta e assolutamente disturbante, non si fa fatica a scorgere riflessi della nostra realtà. Se non fosse che le visioni successive aiutano a ricalibrare il tiro e il sospetto che Korine sia solo un ragazzaccio che si crogiola in un voyeurismo facile e di moda per shockare la sua benestante platea comincia a farsi strada. I film successivi smaschereranno il bluff.
MEMORABILE: "Jesus loves me, for the Bible tells me so".
Ondeggia tra classico e moderno come ogni prodotto indie americano, che non sa sgusciare fuori dai binari del mood "Sundance" e riscoprire le lezioni di Clark. Il cataologo del disagio familiare/sociale è però troppo dettagliato nelle sue sfumature narrative per non apprezzare l'originalità e il "profumo" delle scene rappresentate. Non si specula neanche tanto sulla miseria, e i limiti, se ci sono, vanno imputati all'assenza di un vero climax, che lascia il tutto in uno stato di sospensione. Tra capezzoli, gatti morti e cross bike non morde, ma colpisce, e forte.
MEMORABILE: Il bagno lercio di Solomon; Gli sguardi attoniti dei ragazzini; Bunny Boy.
Stile semi documentaristico con taglio weird, assenza di una vera e propria sceneggiatura (molte sono improvvisazioni), cast di nomi ben poco noti. Il film alterna buone trovate e momenti decisamente riusciti a battute a vuoto, ma ha dalla sua un'atmosfera sporca e malata abbastanza riuscita. Il suo limite sta forse nella fin troppo giovane età di Korine: girato con un po' più di maturità sulle spalle ne sarebbe uscito fuori un lavoro meno frammentario e più riuscito.
MEMORABILE: I nazi che si picchiano; "Gesù ti ama perché nella Bibbia è scritto così"; La scena di cattiveria gratuita contro la sedia.
Un ritratto della profonda provincia americana, dal tono sicuramente provocatorio e divisivo, che mette in scena una microsocietà in cui si concentrano tutti gli stereotipi di una realtà allo sbaraglio, in cui conta solo la mera sopravvivenza e dove ogni valore è decisamente imploso. Korine al suo esordio non può far altro che reiterare scenette weird e situazioni "disturbanti" gratuite, che avrebbero dovuto significare in sé e che invece, in mancanza di un filo logico, annoiano piuttosto che suscitare partecipazione. Interessante a tratti il mix di tecniche di ripresa e nulla più.
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Sai com'è, era meglio specificare l'assoluta finzione di quelle scene, in modo tale da non confondere il film con prodotti tipo Baaria (contro cui è ancora in corso un'azione legale della stessa LAV, per l'uccisione di un bovino).
Parliamo naturalmente di opere post-'90, tutto quello che viene prima va inscritto in un'ottica ben differente.
Prima :) Alla cineteca di Bologna danno l'integrale su Korine: ho scelto l'esordio per non arrivare a Spring Breakers del tutto "scoperto". Comunque il ragazzo è cresciuto...
Eh, di Trash Humpers avevo letto abbastanza da prenderne le distanze. Comunque il cinema di Korine è sempre - consapevolmente e provocatoriamente - a un passo dalla vaccata. Bisognerebbe affrontarlo senza pregiudizi, liberi da presupposti ideologici su cosa sia cinema e cosa non lo sia... ma certo, non è un obbligo nemmeno questo.
Sta sera vado a vedere Ken Park, per concludere il mini-ciclo: ti farò sapere :)
Gestarsh99 ebbe a dire: Personalmente invece ho trovato Gummo un'opera bizzarra e divertente (sarò forse abituato ad una soglia del disgusto e dello scandalo assai elevato...), di cui sicuramente ha fatto tesoro Rob Zombie nel suo psichedelico esordio cinematografico con
La casa dei 1000 corpi.
Scusa Gest, perchè questo paragone?
A parte che ho trovato l'opera di Zombie meravigliosa e quella di Korine orrenda, vorrei capire il tuo pensiero...
Grazie in anticipo
Non ricordo il riferimento specifico di quella mia considerazione, son passati 4 anni da quando la scrissi. Posso presumere che mi stessi riferendo allo stile frammentato e innestato di Korine, o alla galleria di "mostri" e freaks utilizzati nel film (d'altronde l'ambientazione richiama quella sperduta e polverosa di Non aprite quella porta).
Gummo è uno di quei film che si amano o si odiano senza mezzi termini e dipende molto dall'approccio con cui si affronta la visione.
Io, come scrissi anche altrove, più che come film provocatorio e/o scioccante l'ho inquadrato dal lato ironico trovandolo molto strambo e divertente. Certe scene sono talmente dirette e ributtanti (la scena nella vasca, l'assassino fake dei gatti) che l'ho elevato da subito a mio film cult, assieme ad altre opere di Russ Meyer e John Waters.
Sembra un reportage grottesco e apocalittico su quel tipo di "inbreds" e su quell'umanità derelitta che popola molte regioni isolate degli Stati Uniti.
A me ha ricordato il deforme e nichilista Cinico-TV di Ciprì e Maresco.
P.s.: La casa dei 1000 corpi piace anche a me, ma gli preferisco di parecchio il successivo e mitologico La casa del diavolo.