Baarìa è Bagheria, un antico paese del palermitano che osserviamo crescere dagli anni del fascismo (il centro nevralgico è piazza Madrice con la caratteristica chiesa). Poco importa che sia stato ricostruito interamente nei dintorni di Tunisi in base alle foto dell’epoca, perché l’effetto è di un realismo impressionante, che colpisce e conferma Giuseppe Tornatore ai vertici del più ambizioso cinema italiano. Un kolossal in tutto e per tutto, che sceglie la Bagheria virtuale come sinèddoche di una Sicilia scomparsa ma che è giusto ricordare per cementare la nostra memoria storica. Ed è davvero un peccato che per dar vita ad un...Leggi tutto affresco tanto grandioso Tornatore non abbia scelto un “vero” sceneggiatore preferendo affidarsi esclusivamente a se stesso: perché la piccola storia del comunista Peppino, i suoi rapporti con il ristretto mondo che lo circonda sono chiaramente solo un esile pretesto per mostrare quanto più possibile la vita di un paese siciliano dagli Anni Quaranta ai Sessanta (con una breve puntata pure nella contemporaneità). Fin quando Tornatore lavora sulle meravigliose carrellate che esaltano la magnificenza delle scenografie, fin quando vediamo Bagheria muoversi insieme ai suoi abitanti in scene corali di enorme impatto (la quantità di masse impiegate è impressionante), fin quando il regista apre su inquadrature che sono pura poesia (camera bassa nell’uliveto) il film coglie nel segno, appaga l’occhio e persino commuove. Ma siamo sempre nella prima ora, più o meno, perché poi la storia guadagna spazio e tutto si fa più convenzionale e spento. Non bastano i mille volti celebri persi nella folla a risuscitare un copione scipito, povero di idee e di guizzi in grado di valorizzarlo anche solo in parte, né nulla possono le musiche del maestro Morricone, sempre bravo ma meno ispirato di quanto un’opera simile avrebbe richiesto nonché lontanissimo dai propri vertici. Per trasformare BAARIA nel film memorabile che ambiva ad essere ci voleva altro che una storiellina sfoltita tra i rami sterili di personaggi secondari di nessun rilievo. Anche perché una volta compresi gli evidenti limiti della sceneggiatura, tirare avanti per un’altra ora e mezza diventa non poco faticoso, benché resti alta l’irraggiungibile estetica tornatoriana. Esplorati gli anfratti del paese, ammirato il lavoro enorme operato sulla superficie, ci si aspettava di scendere un minimo in profondità, mentre invece si galleggia sulle onde lunghe di una mediocrità diffusa che finisce con l’indisporre. Di tanto in tanto salta fuori la battuta siciliana tipica che muove al riso, si azzecca la frase giusta, ma sono gocce nell’oceano; i piedi d’argilla su cui si regge BAARIA gli fan fare la fine di Golia, e il finale incartato tra passaggi temporali pretestuosi è la fionda che la critica si ritrova facilmente tra le mani per il colpo di grazia.
Ci sono film che ti conducono facilmente a farti trasportare dalla musica e dalle immagini, e Baaria è sicuramente uno di questi. Probabilmente è il racconto più italiano di Tornatore ma non solo, è anche una storia sentimentale e un atto d'amore per la vera politica.
Di opere d'arte così se ne fanno solo una in tutta la carriera. Praticamente perfetto, superiore a Novecento di Bertolucci, perché meno didascalico (anche se la battuta su che cos'è il riformismo...) e con minori pretese di narrare un secolo. Evidenti cenni autobiografici (il padre Peppino Tornatore sindacalista CGIL ed il personaggio Peppino Torrenuova - il cui figlio si innamora del cinema). Si sceglie il giusto registro per raccontare una storia nella Storia. Bellissimi fotografia, montaggio e colonna sonora. Tutti i pallini pensabili.
MEMORABILE: Cast clamoroso con tutti i migliori attori siciliani in piccole, ma intense, parti. Resa magistralmente, in immagini e suggestioni, la Sicilia.
Notevolissimo lavoro, emozionante, immenso, dalla fotografia unica e curatissima. 2h 35' (all'incirca) che passano piacevolmente e senza mai annoiare o far calare l'attenzione. Eccezionale la coppia protagonista composta dai misconosciuti Francesco Scianna e Margareth Madè. Schiera pressochè infinita di famosi che interpretano comparse e personaggi minori. Musiche del maestro Morricone. Un'emozionante esperienza attraverso quasi un secolo di storia siciliana. Bellissimo e curatissimo.
Film sontuoso ma fluido che strizza l'occhio a Leone e a Fellini. La storia si dipana a volte un po' veloce e densa di personaggi (Bellucci sette secondi netti) ma non pesante e nemmeno troppo somigliante a Nuovo Cinema Paradiso, anche c'è sempre l'amore per il cinema. Protagonisti bravi e i vari comprimari che ci divertiamo a riconoscere pure. I difetti: troppe scene di massa e troppa musica ridondante di Morricone. E il regista non sapeva come finire. Comunque si fa seguire.
MEMORABILE: Meglio morti che sparlati; accattati i dollari! La frescura dal libeccio.
Tornatore mette alla prova il grado di attenzione dello spettatore, che deve seguire ogni fotogramma per non rischiare di perdersi tra i frenetici cambi di scena e di argomento. Il suo lavoro mi è sembrato un onesto modo di fare cinema, almeno dal punto di vista del modo di dirigere. Ma l'eccessivo materiale proposto, anche se curato e ben girato, non permette al film di acquisire una rilevanza emotiva e alla trama di prendere una direzione precisa. Inoltre le idee del regista hanno dovuto fare i conti con le ambizioni commerciali del prodotto. ***
Tornatore mantiene intatta la propria capacità evocativa, che si esprime al massimo con film che riguardano la Sicilia. L'opera è appagante dal punto di vista visivo, ricca di immagini che restano nella memoria sottolineate dalla buona colonna sonora di Morricone. Alcuni passaggi sembrano un po' pleonastici e anche il finale non pare all'altezza ma nel complesso si tratta di un buon film che diverte e commuove. Efficace la prova di tutto il cast.
Dal regista di Nuovo Cinema Paradiso era lecito aspettarsi molto di più. Lo stile di Tornatore è magniloquente, ma non grandioso. Due ore e mezza di durata sarebbero più che sufficienti a costruire un fil rouge di 50 anni di storia italiana, ma il tutto si riduce ad una giustapposizione superficiale e macchiettistica, che sacrifica l'analisi profonda dei periodi storici per la creazione di qualche scena ad effetto. Buon lavoro da parte del cast principale, ma la maggior parte delle comparse celebri sono sprecate.
MEMORABILE: Le uova rotte, i serpenti neri nella macchina, il "tic" del braccio di Salemme, "Meglio morti che sparlati!".
Emozionante e coinvolgente viaggio in una Sicilia che non c'è più di cui Tornatore ci racconta usi, costumi, valori e tradizioni attraverso le varie vicende di una famiglia di umili origini. La lunga durata non inficia la scorrevolezza del film che riesce a coinvolgere profondamente la platea e corre via veloce fino al finale. Non tutto funziona alla perfezione: a volte il regista tocca corde emozionali un po' troppo facili [ma si ha l'impressione, forse, che ci sia sincerità e non (troppa) furbizia] ed il finale è un po' inconcluso. Omaggi a Leone e Fellini.
MEMORABILE: Lo scambio tra figurine e pezzi di pellicola.
Vatti ad accettare caramelle dalla sconosciuta. Poi ricaschi mani e piedi su quel che Tornatore sa fare peggio, cioè - secondo gli arditi del nazional-popolare più becero - meglio: la leccata cartolina, la didascalia, lo stucco cadente, lo spot barilla gonfiato a 150' in olio fiction Mediaset (Medusa, non a caso, foraggia lo scempio). In sostanza, un modo populista, fetente, volgare e villano di fare "cinema". Da oggi esigo che nei multiplex accanto a popcorn e pinte di Pepsi distribuiscano anche lacci emostatici, cucchiai, limoni e siringhe.
MEMORABILE: L'intervallo tra primo e secondo tempo
La protagonista è la Sicilia, raccontata tramite l'evocazione di immagini, odori, colori, visi, espressioni e gesti indelebilmente impressi nell'immaginario e nel subconscio dei siciliani di oggi e di ieri. Il dipinto di una terra aspra e intensa, almeno quanto gli occhi delle sue donne. La struttura narrativa è circolare; e dentro al cerchio la storia di legami intragenerazionali, il racconto di un popolo complesso e irruento. Splendori e miserie di vite umane che in quel Luogo acquistano un sapore peculiare, acre e dolce insieme. Profondo, intenso... vivo!
Penalizzato da una cornice narrativa ridondante e posticcia che significa meno di quanto pretende, il film di Tornatore rimette mano ad una concezione ormai svanita di cinema popolare fatta di personaggi prototipici, racconti di formazione e saghe familiari nello scenario della storia nazionale: lo fa con una generosità emotiva che persuade e avvince. L'ampia costruzione a mosaico, con gli episodi inanellati in ellissi temporali vertiginose, sviluppa un ritmo alterno e stempera gli apparati faraonici e gli inconvenienti tecnici (il make up e il digitale, ridicoli...). Morricone a suo agio.
Tronfio, magniloquente, bozzettistico. I primi venti minuti ti farebbero quasi uscire dal cinema tanto è il caos che regna. Poi si riprende, cominci ad associare le facce, a capire chi sono i personaggi e il film è godibilissimo anche per merito del mondo di provincia e delle sue macchiette, da cui Tornatore ha pescato a piene mani. Un bel film per la sua quasi interezza tranne che per l’inizio e la fine (assolutamente incomprensibile, per me). Brutta la fotografia. Grandissima la prova di tutti gli attori.
Operazione artificiosa e macchiettistica. Non c’è traccia di lirismo in una rappresentazione soffocata da scelte narrative superficiali e folcloristiche e nemmeno l’ombra di vero pathos nei risvolti più drammatici. Non c’è realismo in questo prolisso susseguirsi di scenette stereotipate, perché il tono è quello della commedia che ammicca al grande pubblico senza approfondire situazioni e caratteri. Se poi vuole essere una fiaba, è una favola che non incanta, più vicina a un campionario di luoghi comuni che al sogno meraviglioso di un bambino.
Sfavillante spot/cartolina che Tornatore gira, peraltro non senza un certo gusto estetico, alla lunga noiosa e stancante. Più che un film pare un grosso collage di episodi tediosi che non comunicano assolutamente nulla, ma visto che mette i soldi Medusa e Peppuccio è sempre Peppuccio, tutti a novanta gradi e ben oliati. Bè, io non ci sto e se tutto andrebbe letto in chiave autobiografica, c'è un consiglio di cuore: Peppuccio caro, proiettalo a natale in casa tua e godine coi tuoi cari, a patto di offrire tanto, tanto caffè.
Imperfetto, disequilibrato, con troppi salti, con quel finale alla peppuccio davvero pessimo e forzato. Ma da promuovere, due ore e mezza che - esclusa l'ultima parte - grazie alla struttura episodica scorrono via senza pesantezza, un ottimo impatto visivo, un racconto più largo che lungo di cui ho apprezzato molto il voler sfuggire alle trappole del racconto epico attraverso toni da commedia amara. Un pessimistico ritratto di una società (baariese, siciliana, italiana) indifferente alla buona politica ma costruita sull'"utile", sul potere e sul denaro.
MEMORABILE: il "suicidio" di Ficarra, Picone che ruba la porta, la visita a gullotta, l'inciucio politico di Frassica.
La summa di Tornatore, un coacervo di intuizioni tenute insieme dalla falsa pista del film generazionale alla Novecento. Vi scorrono dentro tutti gli amori del regista, specie quelli cinematografici (Fellini, Leone, Rosi, Pasolini, Germi, Bertolucci). Di notevole scrittura registica (bella la cornice che apre e chiude il film), Tornatore sceglie di smembrare il film in un mosaico di microstorie (cioè il contrario di quello che un film del genere richiederebbe), scelta coraggiosa che però alla fine non fa che creare confusione e dispersione. Peccato.
All'inizio un dubbio atroce: ma è un film o un riassunto delle puntate precedenti? Ma sì, slegato e confuso, una collezione di quadretti belli per conto loro ma poco efficaci nell'insieme. Con una ridondanza mai vista di volti, battute e gesti caricaturali, pittoreschi. Un po' meglio l'ultimo quarto di film. Non discuto le qualità tecniche di Tornatore e Morricone, il lavoro certosino di costumisti e coreografi ma anche l'epica necessita di equilibrio. E aggiungo che di coralità, di folclore insistito si può morire. Ditelo a Tornatore. **
MEMORABILE: Frassica, nel ruolo del politico che si lamenta di non essere accusato di corruzione (e quindi di non contare).
Secondo le prime critiche (di parte), Baaria doveva fare scorrere fiumi di parole, tutti neologismi, per spiegarne la grandezza. Tanto rumore per nulla? non scherziamo, i capolavori sono altri, ma Tornatore "pesce di cannuccia" non lo sarà mai. Le capacità di imprimere uno stile personale hanno fatto posto, in questo allegorico affresco della Trinacria che c'era, alla più fredda realtà dello showbiz. Riducendo la durata della pellicola, come con Nuovo cinema Paradiso, sarebbe migliorato. Ultimi fotogrammi e sbiadite istantanee della vita restituiscono dignità al film.
Un film ambizioso, ma in cui la maestria registica (notevole) non è affiancata da una scrittura all'altezza. Tornatore tocca molti temi, senza approfondirli granchè e c'è la sensazione che gli espedienti narrativi che usa, tipici delle grandi saghe della memoria alla Amarcord o C'era una volta in America, abbiano un po' fatto il loro tempo e risultino stucchevoli. Almeno sul piano visivo, però, c'è da essere soddisfatti. Ottimi i due protagonisti, che recitano con naturalezza e non con lo stile artefatto di molti nostri interpreti attuali.
Ennesima storia italiana sulla sofferenza e sul presunto riscatto. Film autobiografico che narra, comunque in maniera mirabile, mezzo secolo di storia. Tornatore, nella sua amata Trinacria anche se girato nel Maghreb, realizza un film ben confezionato, gli scenari incantano per quanta perfezione presente ma alla fine si rimane un po delusi perché il grande cast utilizzato sembra ed è una comparsa e le analisi dei personaggi non vengono realizzate.
All'inizio e per una buona parte del film sono rimasto letteralmente estasiato: l'impianto visivo è a dir poco eccezionale, la fotografia e l'impeccabile ricostruzione storica dettagliata in maniera davvero magistrale. Detto questo però, non arriva mai alla giusta profondità, il tutto si mantiene sui pietosi standard della fiction televisiva italiana, con le interpretazioni scontate e i momenti (sentimentali o drammatici) estremamente prevedibili; la musica eccessivamente pomposa finisce con l'infastidire e il finale sfiora il ridicolo.
La delicata spontaneità e il pathos sincero di Nuovo Cinema Paradiso - con cui il magniloquente amarcord infantile di "Baarìa" ha un immediato contatto - si attenuano in una dimensione più scolastica ed artefatta, financo retorica, nel passare in rassegna con superficialità da fiction le varie tappe della storia italiana (dal Fascismo alle [dis]illusioni comuniste) e nel riaffermare i cliché di una Sicilia gutturale, primitiva e superstiziosa. La regia è comunque abile nel compattare l'affastellarsi di persone, oggetti, sogni, umori e balzi nel tempo, tenendo senza incertezze per tutti i 150'.
MEMORABILE: Ficarra dal farmacista; la celebrazione cinefila con i frammenti di pellicola; la non vedente nel seggio elettorale.
Il kolossal di Tornatore non mantiene le sue promesse iniziali: la regia è ottima e la ricostruzione della Sicilia d'epoca è accurata, ma manca una vera coesione fra i vari episodi e tra le tante partecipazioni straordinarie di grandi attori italiani, alcuni dei quali sembrano messi lì per caso (Salemme sprecato). Qualche momento di noia alternato ad altri divertenti per un film sicuramente vedibile e a tratti emozionante ma non fondamentale come voleva essere.
In Italia basta che si faccia un filmone del genere e subito si grida al capolavoro. Non ritengo che sia tale. In questo caso si suol dire "meglio la cornice del dipinto". Tornatore voleva rifarsi a Fellini? Ha toppato. Non c'è un attore che meritasse più di una semplice comparsa (vedi il fratello di Fiorello).
Baarìa è un raro esempio di kolossal nostrano: il nuovo film di Tornatore è costato quasi 30 milioni di euro. La pellicola a me ha ricordato Il buono, Il brutto e il cattivo di Sergio Leone non tanto (ovviamente) per la trama ma più che altro per le ambizioni del regista: Baarìa è un'epopea social-popolare che delude in parte le aspettative. Per me la pecca maggiore del film è che è troppo perfetto, talmente perfetto da sembrare finto, studiato a tavolino. Una pellicola senz'anima insomma. Però non è certo da buttare!
Il film è molto curato dal punto di vista delle immagini, infatti spicca una fotografia strepitosa, ma poi completamente il vuoto, il black-out. La sceneggiatura è inesistente, populista, ruffiana e a tratti veramente insostenibile. Certe scelte sono molto più che prevedibili e sembrano studiate a tavolino per strappare la lacrima facile o un sorriso toccando solo la superficialità della sensibilità umana. Opera presuntuosa ed incompiuta. Avevo molte aspettative, purtroppo quasi tutte disattese. Mediocre.
Nell'ultimo film di Tornatore sono forti i richiami al suo capolavoro Nuovo Cinema Paradiso ma il risultato, seppur buono, non è all'altezza. Ottima ricostruzione della vita di un paese palermitano, ma il film paga una sceneggiatura non troppo convincente, soprattutto nel finale. Imperdibile la colonna sonora di Morricone, che in certi momenti ha affinità con il tema principale di un suo vecchio lavoro, Allonsanfan.
Gli italiani sanno fare i kolossal: così sembrerebbe visto il grandioso lavoro scenografico che dà corpo alle carrellate lente di Tornatore (e la consueta magniloquenza morriconiana, ça va sans dire). Però manca una storia forte e di ampio respiro, visto che il regista punta alla coralità ammucchiando una serie di bozzetti e macchiette su un telaio autobiografico un po' fiacco, con azzardate virate simboliste, mentre la all-stars sudista che compone il cast non sembra adeguatamente sfruttata. Ma in casi come questo l'ambizione è benvenuta.
Non riuscito. L'inizio è a quadri, tutti fascinosi (si vede sùbito che Tornatore punta non a lavorare, ma a "capolavorare", il che gli è lecitissimo), ma che lasciano perplessi sul fatto che, nota la durata del film, esso possa continuare così. Quando parte la storia a due, però, le cose si complicano, perché i quadri si fanno più conseguenti l'uno all'altro, ma pure più lunghi e spesso distanti, facendosi così poco convincenti, con momenti che scadono nella barzelletta, come Frassica. Finale poco azzeccato, quasi come se si volesse rinunciare a farne uno vero. Talora piacente: carino ma non bello.**½
Dopo il riuscitissimo ed inquietante La sconosciuta Tornatore torna ahimè (cinematograficamente parlando si intende) alle origini e agli incoercibili "errori" della sua irrefrenabile sicilianità. L'amarcord Baarìano per carità ci sta (ognuno di noi vorrebbe girare il proprio) ma il film, esteticamente trascinante e ritmicamente ineccepibile, è ridondante come non mai e l'impatto politico emotivo, che si vorrebbe "alto", riesce invece decisamente "povero" e non so quanto volontariamente naif. Comunque un bello spettacolo: quello sì, però Uff!
Tuffo nella memoria di una Sicilia in falso movimento nella storia, dagli anni 30 agli 80. Con sincera e urgente passione Tornatore ci fa calare in una neoveristica, neolirica e neomitica Bagheria, luogo vero e traslato, attraverso una ricca coralità ben sostenuta da un ampio e partecipe cast. Con una narrazione sontuosa e retorica (con musica fastidiosamente pervasiva), che punta non sul racconto ma sul susseguirsi di brevissime scene, come sketch o aneddoti: frammenti di ricordi personali da ricomporre. Ha un suo fascino, ma è estenuante.
Ecco quel che succede a voler imitare i kolossal americani: si fanno delle gran porcherie. Non è la prima volta che Tornatore scivola nel folklore esasperante e nella ricerca della poeticità a tutti i costi; stavolta ad aggravare la situazione ci si mette una sceneggiatura clamorosamente vuota ed un isterismo registico che ottiene in cambio solo indifferenza. Nel mare di insensate macchiette gettate in uno scenario giallastro non c'è il minimo senso di verità. Dimentichiamo Bagheria!
Caratterizzato dall'alternarsi tra passato e futuro che lo rende tutto sommato interessante e stimolante, Baarìa è un film coraggioso, che ha saputo raccontare la vita di ieri con le angosce di oggi. Gli usi e i costumi di un popolo legato alla propria terra e alle tradizioni e superstizioni mai dimenticate. I passaggi politici e l'affermazione della democrazia risuonano come il sasso scagliato contro il tridente! Alcune interpretazioni sono scivolate via senza lasciare traccia (la Bellucci, Bova...) mentre notevole Lina Sastri.
Le vicende dei Torrenuova sono bozzetti che non hanno neppure la consistenza della tradizione orale che nascono e muoiono senza condurre né ad un approfondimento psicologico dei personaggi, né tantomeno trascendono verso la storia. È un grande abbraccio innamorato per i vicoli, le strade, le credenze e i personaggi che Tornatore porta per nel cuore. Insomma, Baaria si ferma a Bagheria, non va oltre "l'architettura" e, secondo me, questa è una scelta sbagliata.
Secondo me era meglio che il film venisse proiettato solo in Sicilia: molte scene non sono decifrabili da chi abita in altre regioni. Comunque Tornatore ha fatto un grande lavoro di ricerca per ricreare la Bagheria di una volta e ci è riuscito, visto che molte persone anziane a cui ho chiesto il loro parere sulla pellicola si sono "riconosciute" nel film.
Retorico. È un aggettivo che andrebbe copiato e incollato fino ad esaurire il numero dei caratteri a disposizione. Tornatore da un lato ha un talento visionario splendido e indubbiamente sa usare la macchina da presa come pochi, ma altrettanto come pochi riesce ad annoiare. Amare considerazioni su come si possa sprecare una quantità così enorme di denaro. Anche Morricone, che da ottimo artista qual è si è sempre adattato allo spirito dei suoi film, compone musiche spesso di maniera, stanco, a parte due casi. Film di cui si può fare a meno.
Cinquant'anni di vita di una famiglia di Bagheria raccontati sullo sfondo delle vicende storiche e politiche dell'Italia dal Fascismo agli anni '80. Tornatore torna a parlare della sua terra e lo fa con piglio narrativo da cartolina senza trascurare nulla dei suoi ricordi, ma talvolta accentuando troppo la caratterizzazione dei personaggi e la drammaturgia degli accadimenti che appaiono quindi spesso esagerati. Se in Nuovo Cinema Paradiso era riuscito a centrare il passaggio generazionale spingendo l'acceleratore sul lato emozionale, qui il tentativo riesce solo a farci annoiare.
MEMORABILE: Per combattere il caldo la famiglia lava il pavimento e poi ci stende sopra.
Kolossal d'altri tempi (come dimostra Bagheria interamente ricostruita in Nord Africa) per Giuseppe Tornatore che vuole raccontare una storia colossale, parecchi decenni di vita nazionale raccontati dal punto di vista della provincia siciliana. Ci sono passaggi straordinari e commoventi e grandi prove recitative, forse qualche lungaggine nel finale, ma è comunque un film che riempie gli occhi e che lascia un segno.
Come sprecare un talento in un film sbagliato dalla A alla Z. Regia e fotografia buone, alcune leziosità nel movimento della mdp e nella ricerca di inquadrature particolari in un marasma di luoghi comuni e vuoti siderali. Storia terribile e frammentata, una quantità infinita di attori (sprecati) persi in una melassa di inutilità, tutto per rappresentare una tutt'altro che memorabile storia di amarcord. Una ricostruzione storica impeccabile e mezzi notevoli sprecati per un lavoro che rappresenta una macchia, per un regista di eccezionali capacità.
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Non ti sbagli,Capanelle.io sono stato sempre contrario ai criteri di valutazione attraverso i voti,includendovi soprattutto quelli elettorali e di fede religiosa. Nel mio caso, genuina è sempre la recensione ,scritta sotto impulsi ed emozioni viscerali.P.s Caro Capanelle ,hai mai visto il provino per il film
"I soliti ignoti" ,che fece il tuo omonimo Carlo Pisacane davanti ad un esigente e severo Mario Monicelli?
DiscussioneZender • 17/08/10 14:42 Capo scrivano - 48960 interventi
Enricottta ebbe a dire: Non ti sbagli,Capanelle.io sono stato sempre contrario ai criteri di valutazione attraverso i voti,includendovi soprattutto quelli elettorali e di fede religiosa. Scusa Enricottta, ho capito che sei contrario ai criteri di valutazione attraverso i voti, ma siccome qui i voti li devi mettere non puoi metterli a caso. Per cortesia, pensaci quando li inserisci: non è molto difficile assegnarli in base al commento. Quindi non ho capito: a questo che gli metteresti?
Credo di essere stato frainteso,Zender,le mie valutazioni non sono "ad capocchiam",dico solo che mi adeguo alle regole come da statuto.Tuttavia la mia indecisione sul pallinaggio di"Baaria", non deve essere tema di approfondimento,dal momento che due palle bastano ed avanzano.Al dunque vi prego di accettare la modifica del gradimento.Con profonda stima ti saluto.
Cotola ebbe a dire: A mio avviso il finale è un chiaro omaggio al Leone di C'era una volta in America
Infine anche a me era sembrato di sentire la voce della Maraini sui titoli di coda ma non ne ero sicuro. Confortato dall'orecchio di una spettatrice attenta come la "nostra" Gugly (a proposito un salutone) adesso lo sono.
La Maraini è citata nei titoli di coda, tra i ringraziamenti
Lythops mi sento di condividere ogni frase del tuo commento.
DiscussioneLythops • 4/03/13 21:37 Call center Davinotti - 35 interventi
Capannelle ebbe a dire: Lythops mi sento di condividere ogni frase del tuo commento.
Grazie:-)
DiscussioneNeapolis • 21/06/13 13:50 Call center Davinotti - 3285 interventi
Tornatore con Il camorrista e Nuovo Cinema Paradiso pareva promettere bene ma poi stranamente si perso con film stucchevoli e leziosi come questo appunto. A questo punto sorgono dubbi sul suo reale talento.
DiscussioneZender • 21/06/13 17:13 Capo scrivano - 48960 interventi
Mah, in parte sono d'accordo, però un film come La leggenda del pianista sull'oceano, che molti giudicano un perfetto esempio di questa sua stucchevolezza, mi ha colpito non poco, pur con tutti i suoi difetti.