il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LUPIN III (LA PRIMA SERIE)
episodio per episodio
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341094 commenti | 64545 titoli | 25609 Location | 12817 Volti

Streaming: pagine dedicate

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  • Film: Diabolik - Chi sei? (2023)
  • Luogo del film: La villa di Mandan (Rossi)
  • Luogo reale: Via Giuseppe Lelli 37, Pianoro, Bologna
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  • Film: Mark il poliziotto spara per primo (1975)
  • Luogo del film: La scuola elementare Dante Alighieri dove Mark (Gasparri) trova la bomba piazzata da Sfinge
  • Luogo reale: Asilo infantile Bartolomeo Chighizola, Via Bartolomeo Chighizola 15, Genova, Genova
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Irena Prosen

    Irena Prosen

  • Rebecca Antonaci

    Rebecca Antonaci

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Cotola
Dopo Lazzaro felice la Rohrwacher si conferma cantrice del realismo magico italico confezionando un film unico nel suo genere, nel senso che non è possibile ascriverlo a un solo genere. La sceneggiatura cesella molto bene i personaggi e confeziona una storia che richiede un po' di tempo per carburare ma che poi avvince regalando molti momenti riusciti ma soprattutto emozioni profonde come nello splendido finale. Assolutamente da vedere poiché diverso dal banale e asfittico cinema italiano. E per giunta non con i soliti attori. Una vera e propia chimera!
Commento di: Carluccio
Senza dubbio un film sui buoni sentimenti ma anche concetti come la morte intesa come passaggio a un’età adulta o come rinascita con una nuova coscienza di sé stessi; insomma, concetti davvero profondi, forse troppo per una favoletta come questa che, seppur recitata bene da un buon cast, è ben lungi dall'esprimere tale profondità. Un prodotto sicuramente godibile e ben confezionato, con buoni effetti speciali, dialoghi interessanti che però rimane adatto per una seconda serata nel periodo delle festività natalizie.
Commento di: Anthonyvm
Villaggio prende la via fantasy-epica e firma uno degli episodi più deboli della saga, non privo di godibili sketch genuinamente fantozziani (la disastrosa gara di canottaggio, la locomotiva al cinematografo) anche laddove il contesto suggerirebbe il contrario (dalla gag messianica con Lazzaro al torneo con Excalibur), ma stancante sulla lunga distanza (lo scontro piratesco, il finale futurista). Si ridacchia solo a bassa voce, a ogni modo Gigi Reder, imprescindibile ai fini della resa comica, resta un accompagnatore squisito e il ritorno di Liù Bosisio si accoglie con piacere. Okay.
Commento di: Rambo90
Un musical molto ben fatto dal punto di vista della confezione: scenografie sontuose, coreografie semplici ma d'impatto, canzoni che rimangono impresse. Jackman si impegna e sicuramente entra in empatia con il pubblico, attorniato da un buon cast che sopperisce a una sceneggiatura a volte un po' facilona o prevedibile. Da non sottovalutare il messaggio d'inclusione, che lo porta una spanna sopra altri prodotti commerciali hollywoodiani. Notevole e che lascia una gran carica di positività.
Commento di: Daniela
Durante una tranquilla traversata, un guasto inizialmemte sottovalutato dal comandante produce danni irreparabili in una nave da crociera prossima alla dimismissione... Pre-catastrofico vagamente ispirato all'affondamento dell'Andrea Doria avvenuto pochi anni prima, efficace nel condurre la narrazione su un doppio binario mostrando sia gli sforzi dell'equipaggio per evitare il disastro che i tentativi di un uomo prima per salvare la figlioletta e poi per liberare la moglie intrappolata tra le lamiere. Valida la messa in scena, convincenti le interpretazioni. Un film da recuperare.
Commento di: Capannelle
Ci sono elementi visivi, musicali e concettuali che presi singolarmente sono stupefacenti: dall'atmosfera pastellosa agli sfondi in stile road runner, dalle tre ragazzine agli scoppi atomici, dall'alieno che irrompe in scena alla canzoncina finale. Altri elementi o personaggi invece non trovano scopo e soprattutto la vicenda complessiva non può dirsi appassionante, arrivando in certi punti e dialoghi a far desiderare uno stacco definitivo. Come personaggi promossi Dillon, Hanks, Wright, Norton, Carell e la Johansson. Tedioso Schwartzmann, immotivata la Robbie.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Nel guardare a se stesso, al proprio passato (il film è tratto da una storia vera, si legge), Ferzan Ozpetek racconta di un amore breve ma intenso, mai dimenticato; dell'importanza di momenti che possono durare un istante nella vita ma rimanere impressi come pietre miliari nella memoria, poi recuperati, rivisti, ripensati...

Il primo centro di gravità è il Nuovo Olimpo, un cinema di Roma frequentato pincipalmente da omosessuali. Siamo nel 1978. Enea Monti (Gavino), aspirante regista, è tra i frequentatori abituali e conosce lì Pietro Ghirardi (Di Luigi)....Leggi tutto Proiettano NELLA CITTA' L'INFERNO, in quei giorni, destinato a diventare inevitabilmente il film che unirà anche in futuro le loro anime. Un semplice scambio di parole alla toilette, la promessa di rivedersi, una notte di fuoco nella casa della madre di Alice (Giovinazzo), l'amica confidente di Enea nonché sua amante; perché Enea è bisessuale e alla sua coetanea non nasconde nulla in quello che è un rapporto aperto ma secondario. E' l'incontro con Pietro a cambiare ogni prospettiva, in Enea. Poche parole e ancora la promessa di rivedersi, al Nuovo Olimpo. Ma quel giorno avviene uno scontro con la polizia, all'esterno, e dopo essersi dati un nuovo appuntamento in una trattoria Pietro si ferisce, scompare. L'incontro salta e le linee si fanno parallele, sembrano non doversi incrociare più.

Passano gli anni. Enea diventa un regista di successo anche per aver saputo introdurre al cinema, con coraggio e freschezza, il tema dell'omosessualità, e ottiene subito grande successo all'esordio con un film prima censurato poi liberato, discusso, amato. Il coming-out, una relazione importante con Antonio (Rigo), un ex pallanuotista che col cinema non c'entra nulla e che forse attrae Enea proprio per quello, stanco di una vita al centro dell'attenzione. Un giorno, sul treno, è certo di vedere Pietro seduto in un vagone sul binario accanto e si riaccendono i ricordi, la passione... Per entrambi il ricordo di quel giorno insieme non si cancella, e se anche nessuno dei due fa troppo per cercare l'altro, il desiderio che ciò accada mai si spegne.

Se nella prima parte il film affonda il colpo senza arretrare di fronte a scene di sesso e nudi insistiti, fino all'eccesso, nella seconda la passione si stempera e col trascorrere degli anni l'approccio si fa più delicato, intimo, introspettivo, riuscendo a dare il necessario spessore alle figure dei due protagonisti nelle loro vite distanti. Il Nuovo Olimpo esce di scena trasformandosi in un cinema a luci rosse, Titti (Ranieri), la cassiera che si truccava come Mina e conosceva tutti gli spettatori raccogliendone gli umori, ritorna per un attimo consegnando una lettera lasciatale da Pietro, Alice c'è ancora ma nella vita di Enea c'è soprattutto Antonio, al quale Alvise Rigo non riesce a infondere la stessa spontaneità che invece buona parte del cast lascia trasparire regalando bello spessore alla storia; che tuttavia ancora qua e là non sembra sempre sincera, più attenta a curare gli aspetti tecnici, da una notevole fotografia agli scenari diurni e notturni di una Roma per sua natura suggestiva.

Ciononostante i momenti toccanti non mancano, lo sguardo intenso di Di Luigi comunica bene lo spaesamento di chi si sente travolto da emozioni che non sa come gestire. Le carriere lavorative restano sempre in ombra, meno i rapporti con la moglie (Scarano) per Pietro e il compagno per Enea, fondamentali contributi per la ricostruzione di un quadro sentimentale completo, che Ozpetek cura bene portando in porto un film non originale, a tratti un po' zoppicante ma piacevole, che s'innesta coerentemente nel percorso del suo regista.

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Il film riprende l’idea che due anni prima aveva dato vita a THE GROOVE TUBE: episodi brevi o brevissimi accostati immaginando il palinsesto tipo di uno strampalato canale televisivo (“Tunnel vision”, per l’appunto). Qui si aggiunge un prologo nel quale una speciale commissione è chiamata a giudicare l’idoneità delle trasmissioni, dal momento che il pubblico americano, a quanto viene detto, ne risulta completamente rimbecillito. Per far capire agli astanti la nocività del canale viene...Leggi tutto quindi proiettata in aula una selezione dei programmi in modo da comporre un’ipotetica giornata completa, dall'inizio degli show alla chiusura notturna. Vediamo così, uno dopo l’altro, sketch fulminanti, false pubblicità, trailer di film e tutto quello che si può immaginare se si conosce il particolare sottogenere (il più noto esponente del quale, ma anche l’ultimo in ordine di tempo, è il RIDERE PER RIDERE di Landis).

Ciò che colpisce è la quantità di episodi anche brevissimi che fungono da stacco e l’assenza di altri (almeno un paio) più lunghi che caratterizzino il risultato finale. Non è un male però, perché l’espediente implica anche un minor rischio di annoiarsi. Di tanto in tanto spunta qualche volto noto (John Candy o lo stesso Chevy Chase di THE GROOVE TUBE, qui chiamato a mettere in guardia sui sintomi del crollo nervoso in uno spot salutista tutto da ridere), ma nel complesso va detto che l’intero cast recita in chiave comica davvero bene. Stupisce che il regista Neal Israel (presente anche nel cast nel ruolo del rabbino) in futuro perderà l’efficacia e la capacità di sintesi qui messa in luce dirigendo commedie scarsamente riuscite e restando nei ricordi di tutti come lo sceneggiatore di SCUOLA DI POLIZIA e poco altro.

In TUNNEL VISION la satira funziona, le gag politicamente scorrette lo sono veramente (il gioco a premi che indaga sul passato scabroso dei partecipanti), si gioca con la malattia e la morte (notevole la pubblicità della linea telefonica per parlare con l’aldilà), ci si tuffa nel surreale e nel demenziale (il ponte in costruzione dalla California a Melbourne, la piattaforma petrolifera fiera di uccidere milioni di pesci…), si tirano in mezzo la Chiesa, le diverse etnie (la sitcom con gli zingari) e si abbonda con gli stacchi musicali o i jingle veri e propri (simpatico quello della catena di fast food salutista “Broccoli City”), perché sono anche le canzoni a dare buon ritmo al tutto. Si chiude dopo appena un’ora e dieci sapendo che il rischio di saturazione è inevitabile.

Qualche trasmissione che torna in più momenti, qualche personaggio che si riaffaccia senza un perché tra i vari episodi (il cuoco francese) sono già tutte idee che anche Landis sfrutterà in RIDERE PER RIDERE. Perché in fondo la formula di questi film è sempre la stessa e funziona proprio grazie alla sua semplicità. Qui il montaggio lavora molto bene, e nonostante non tutto possa colpire nel segno e la cornice in aula risulti superflua e molto meno divertente del resto, la maggioranza delle gag funziona (ottima la “candid camera” legata agli agenti della CIA) e sortisce il desiderato effetto comico parodistico, con l’utilizzo di disegni e animazioni che rimandano al seminale MONTY PYTHON’S FLYING CIRCUS, fonte primaria e modello per questo tipo di umorismo. Già l’apertura su un presunto medico che pubblicizza un corso di proctologia per corrispondenza mentre sullo sfondo sfila una serie di sederi al vento la dice lunga sugli intenti del film, che tuttavia evita quasi sempre la volgarità gratuita mostrando una certa ricercatezza nell’umorismo, pur sforando qua e là nel becero.

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Sette episodi di durata variabile (da meno di mezz'ora a quasi cinquanta minuti) per raccontare la storia - vera - di Richard Gadd, che nel film interpreta se stesso cambiandosi il nome in Donny Dunn. Comico senza grandi speranze, stand-up comedian che ottiene ai suoi spettacoli reazioni perlopiù fredde dal pubblico, Donny incontra un giorno, nel pub dove lavora, Martha Scott (Gunning), una ragazza di dimensioni non indifferenti che sembra immediatamente attratta da lui; forse perché a differenza degli altri non pare evitarla e anzi, si dimostra gentile, disponibile ad ascoltarla.

Tra...Leggi tutto i due nasce un rapporto di amicizia che tuttavia lei cerca di trasformare forzatamente in amore: scovato il suo indirizzo di posta elettronica in un vecchio sito, Martha comincia a inondargli la casella con decine e decine di mail dense di errori ortografici in cui prova a stabilire una relazione di ferro. Non è quello che Donny cerca, benché lei sia la prima persona che da tempo mostra di accorgersi della sua esistenza; anche per questo Donny non riesce a chiudere un rapporto che si fa di giorno in giorno più morboso. E’ su questo rapporto che viene costruita una serie il cui obiettivo primario è quello di scavare nell'intimo di Danny conferendogli la giusta tridimensionalità; vi riesce, anche perché a scrivere il copione (e a sedersi dietro la macchina da presa) è Gadd stesso, che naturalmente conosce fin troppo bene il protagonista.

A risaltare è innanzitutto l'estrema fragilità di Donny, la sua perenne incapacità di prendere una decisione: si lascia trasportare dagli eventi dando l'impressione di essere privo di una vera spina dorsale. Vive con la madre della sua ex ragazza che lo ospita gentilmente, prosegue l’attività di cabarettista con scarsi risultati. Anche perché è totalmente assorbito dall'ossessionante presenza di Martha, che non smette di scrivergli nemmeno per un giorno. Ci vogliono sei mesi perché Donny si decida a denunciarla alla polizia come stalker, ma senza minacce chiare non è facile procedere.

La situazione si ripete piuttosto monotematicamente, pur se i caratteri dei due protagonisti (molto più interessante quello di lei, è inevitabile) vengono restituiti non solo con verismo ma anche con buona ricercatezza nei dialoghi. Si sarebbe potuto ad ogni modo sforbiciare con facilità la vicenda senza privarla di efficacia, tanto che l'improvvisa sterzata imposta nella quarta puntata appare salvifica: tornando indietro di cinque anni nel passato, si raccontano i primi passi da comico di Donny a Edimburgo (è lì per un singolare festival dedicato agli esordienti nel campo), la sua vita dissennata e l'incontro con un importante autore televisivo che pare instradarlo verso il successo. La droga, il sesso e l’immersione in un mondo totalmente diverso ci allontanano dal rigido schema della relazione a due, che aveva comunque già iniziato a inserire qualche variazione con l'entrata in scena di Teri (Mau), una terapista transessuale grazie alla quale Donny sembra ritrovare finalmente equilibrio e amore autentico. Alla vita di sempre si ritorna dalla quinta puntata in avanti, relegando la quarta (che è anche la più lunga) a eccentrico intervallo utile a spezzare la monotonia e capire meglio i motivi di molte scelte del protagonista (compresa quella di convivere con la madre della sua ex).

Non c'è nulla di effettivamente rivoluzionario nella serie (la figura dello stalker è peraltro una delle più inflazionate, nel cinema di oggi), eppure si ravvisano nell'operazione freschezza, modernità, il desiderio autentico di mettere a nudo una vicenda drammatica attraverso l’esperienza personale. Richard Gadd “è” il baby reindeer del titolo, la “piccola renna” (il più frequente dei vezzeggiativi usati da Martha), ossessionato fin del profondo nell’animo da una situazione da cui non sa come fuggire. E se ancora la regia mostra di essere acerba, se qualche passaggio fin troppo ripetitivo esiste, le idee per ritagliarsi uno spazio non indifferente nel mare magnum delle serie di oggi ci sono indubbiamente; e Gadd sa come metterla in scena donandogli il fondamentale realismo che la caratterizza.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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