La prima parte si dilunga troppo, seguendo blandamente gli standard dei western americani e focalizzandosi sulla descrizione di personaggi che potevano probabilmente essere inquadrati altrettanto bene senza dover ricorrere a scene che, considerata anche la durata complessiva del film (un'ora e cinquanta circa), rallentano il ritmo fin quasi a sfiancare. Per riprendere quota bisogna necessariamente arrivare alla... notte dell'agguato, al momento cioè durante il quale la lotta tra il protagonista Gregory Peck e un indiano senza volto si concretizza nell'assedio alla casupola: un vero topos del cinema tout-court, non solo western. Dovendo rimanere nell'ambito basterebbe citare UN DOLLARO D'ONORE...Leggi tutto, con John Wayne assediato nell'ufficio dello sceriffo. E' evidente che si tratta di una situazione particolarmente indicata per sviluppare la tensione, così come correttamente avviene anche in questo THE STALKING MOON. Peck,una guida sul viale del tramonto, scorta una donna bianca e suo figlio (un meticcio) dopo la loro fuga dalla tribù apache. Il problema è che il padre del bimbo (un pellerossa particolarmente incattivito la cui sagoma vediamo muoversi veloce tra le foglie) rivuole indietro il suo ragazzino, e per questo segue le tracce di Peck e compagni arrivando ad assediarli. Tra canne di fucile che spuntano lentamente nelle inquadrature, spari improvvisi, pochissimi dialoghi (il film è quasi muto) e agguati notturni, il film decolla definitivamente e prende vita. Un po' troppo tardi, però..
Silenzioso ed intimista. Mulligan riprende le tematiche progressiste de Il buio oltre la siepe affidandole ancora una volta a Peck, che qui impersona una guida dall'elevato senso etico e dalla propensione al dialogo. La vicenda scorre lenta per circa tre quarti del film, per poi lasciare spazio alla rabbia e alla distruzione, che esplodono nella furibonda lotta finale. Sceneggiatura scarna, in cui i dialoghi passano in secondo piano rispetto agli sguardi, i gesti, le intenzioni.
Il lungo prologo serve, oltre che a far nascere sentimenti, prima di compassione poi di affetto, tra la guida che sta per iniziare una nuova vita e la donna bianca (una brava Eva Marie Saint) liberata dagli Apache con il figlio meticcio, a costruire una tensione, aiutata anche da una buona colonna sonora, che sfocerà poi nell'assedio e nel duello finale tra Gregory Peck e il capo indiano che rivuole il suo figlio. La buona azione della guida causa però troppe morti di persone, vittime innocenti, sacrificate per la vittoria finale dei protagonisti.
Dopo il notevole Il buio oltre la siepe, si rinnova il sodalizio artistico tra il regista Robert Mulligan e Gregory Peck. Ancora una volta l'attore americano interpreta un personaggio dalla forte connotazione morale in un western solo a tratti rientrante nei parametri classici del genere. Ritmi lenti (specie nella prima parte) e riflessivi; si punta sulla caratterizzazione dei personaggi e sulla descrizione degli ambienti, fino al climax finale. Nel complesso, un film godibile.
A una prima parte piuttosto elefantiaca, che ha almeno il pregio di far capire con chi si ha a che fare, ne segue un’altra più d’azione e qua e là di tensione, grazie agli agguati dello sfuggente indiano, che però assume sempre più la fisionomia di un Terminator in pellicciotto, inarrestabile (ne sa qualcosa Peck quando spara) e silenzioso come uno spettro. A smontare però il tutto ci pensano assurde accelerazioni stile comiche d’altri tempi, per dare velocità ai protagonisti. La colonna sonora, ripetitiva e quasi ossessiva, è forse l'unica cosa che rimane veramente impressa. Deludente.
MEMORABILE: L'indiano gli ammazza il cane e parte con fucile a cercare di raggiungere il quadrupede il prima possibile; "Io lo sentirò".
Al momento di lasciare l'esercito per andare a vivere in una fattoria, una guida accoglie sotto la sua protezione una donna bianca ed il suo bambino meticcio... Buon western in cui, secondo lo stile del regista, le parti intimistiche sono trattate con delicatezza e pudore. Però aver caratterizzato il padre indiano del ragazzino come un assassino spietato dai poteri quasi sovrannaturali, se da un lato fa virare il film sul metafisico, dall'altro ne impoverisce i contenuti, privando uno dei contendenti di ogni umanità e quindi di ogni possibile empatia verso le sue motivazioni.
Ottima prova di Mulligan in cui il western fa da pretesto a temi profondamente morali, quali il riscoperto senso di solitudine di un impeckabile Peck, la sottomissione femminile, l'istinto di possesso (più di quello paterno) dell'antagonista che, forse a pegno della brutale scia di sangue che si lascia alle spalle, non viene mai degnato di un'inquadratura sufficiente. La scarsa loquacità rasenta il silenzio (altro tema affrontato con maestria durante la scarna "tavolata "), molto più parlano le scene e i rimuginamenti del prode Sam. Plauso anche per la Saint. Da rivedere.
MEMORABILE: I vani tentativi di fuga del piccolo per raggiungere il padre biologico, poiché quello di fatto sembra già essere predestinato.
Mulligan ritrova Peck (nonché il fidato produttore Pakula) dopo il successo de Il buio oltre la siepe. Pur restando lontano dal risultato di sei anni prima, il regista ci regala un'altra buona pellicola, un western non troppo convenzionale. Caratterizzato da pochi dialoghi e un ritmo assai lento, il film si sviluppa comunque bene, anche grazie alla buona prova dell'interprete principale. Pochi gli accadimenti per circa un'ora, che serve per introdurre i personaggi, poi arriva il momento della resa dei conti... Chi cerca un film d'azione può evitarlo, ma è un prodotto interessante.
L'unico western diretto da Mulligan presenta qualche analogia con Sentieri selvaggi, ma nel complesso attinge più dagli umori dell'epoca che dalla tradizione classica del genere, privilegiando l'introspezione e la sfera intimistica rispetto agli ampi spazi e al mito della frontiera. Nella seconda parte poi c'è anche una buona tensione, dovuta alla minaccia rappresentata da un nemico talmente sfuggente da sembrare dotato di poteri sovrannaturali. Ottima la prova di Peck nei panni dell'uomo di poche parole ma di saldi principi e bene anche la Saint in un ruolo non certo facile.
Ottima trasposizione cinematografica di un romanzo di Olsen, autore anche del romanzo da cui è stato tratto un famoso film. Da segnalare, oltre a un Gregory Peck al suo meglio, l'interpretazione offerta da Robert Forster nei panni dello scout mezzosangue Nick Tana: la naturalezza, la spontaneità e anche la dolcezza (dimostrata verso Noland Clay che interpreta alla perfezione il bimbo diviso tra l'attaccamento alla madre bianca e l'istinto di ricongiungersi col padre Apache) saranno anche in futuro una costante della sua recitazione, finalmente apprezzata da tutti in Jackie Brown.
Robert Mulligan HA DIRETTO ANCHE...
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Selezionato da Quentin Tarantino per il terzo QT Film Festival(1999) ad Austin in Texas.Il film è stato presentato nella sezione Westerns.La particolarità dell'evento sta nel fatto che tutte le pellicole proposte dal regista vengono direttamente dalla sua collezione privata.
Dalla collezione cartacea Fauno, il flano del film:
HomevideoRocchiola • 26/11/19 13:38 Call center Davinotti - 1320 interventi
Il DVD marchiato Warner, ormai fuori catalogo, ha raggiunto quotazioni piuttosto elevate. In alternativa c'è la riedizione della A&R pubblicata nel 2018 che utilizza il medesimo master ovviamente non ancora rimasterizzato in HD.