Buon anno! Addirittura in due vi ci mettete a chiamarmi! E' una gioia svegliarsi rintronata il giorno di Capodanno ed essere immediatamente chiamata a manifestarmi come essere razionale, ad usare categorie critico-speculative, ad esprimere giudizi estetici, il tutto utilizzando i soli due neuroni attualmente operativi ;)
Dunque, grazie Rebis per il tuo apprezzamento, poi ti dirò: io credo che Cronenberg abbia potuto, nel 1996, dare in qualche modo per scontato, ciò che non poteva dare per scontato Ballard nel 1973.
Il film di Cronenberg è il compiuto avverarsi della profezia di Ballard, perciò non ne possiede il surrealismo allucinato, l'impeto vaticinante, l'allarmato, moralistico millenarismo. E' vero quel che dici: tutto è già dentro di noi (le perversioni e le storture della società tecnologizzata, intendo), si è compiuta la fusione tra il paesaggio interiore della psiche interiore e il paesaggio esterno...
Guarda la differenza tra la caratterizzazione del personaggio di Vaughan nel romanzo e nel film: Ballard "messianizza" Vaughan, lo chiama spesso "angelo" o "profeta", è uno che autocelebra, provocatoriamente, il proprio martirio, si infligge ferite che sembrano stimmate (blasfeme) che alludono alla blasfemia del presente. Nel film, le ferite diventano tatuaggi: sono un patto d'amore con Ballard, sono il gioco annoiato di un bambino triste.
quanto al ritmo del film, ti dirò che a me invece è sembrato più lento rispetto a quello della prosa, più malinconico e stagnante, meno elettrizzato. I personaggi sono più statici: quelli di Ballard mi sembravano avere una sovraeccitazione febbrile, di agonizzanti, che quelli di Cronenberg non hanno. Non sono né febbricitanti nè agonizzanti: sono sopravvissuti... non era una malattia mortale, era una patologia cronica :DDD
Ok, la smetto, ancora grazie e ancora auguri, vado a fare colazione con caffè e acido (acetilsalicilico=aspirina), ma richiamami quando vuoi, è sempre un piacere :)))