Tormentata storia d'amore tra due gay cinesi che si trasferiscono da Hong Kong a Buenos Aires. Il regista Wong Kar Wai realizza uno dei suoi film più amari e personali ponendo al centro del racconto un luogo sia fisico (la città sudamericana ostile per i due protagonisti) che emozionale: è proprio in un luogo estraneo che i personaggi smarriscono il senso del proprio rapporto vivendo una perenne condizione di straniamento temporale che li porterà a perdersi definitivamente. Bravissimi i due interpreti principali.
Ennesima conferma della maestria del regista asiatico Wong Kar Way che affronta il tema dell'amore, seppur gay, in un ambiente molto lontano dalla sua Hong Kong. Il film infatti è girato in Argentina con un uso magistrale del colore e del bianco e nero. Il tutto è accompagnato da una colonna sonora magnifica. Come tutti i film del regista, almeno i più recenti, anche questo è fatto di gesti, di immagini e di rappresentazioni non rappresentate e proprio per questo risulta sublime.
Coppia gay fa un viaggio in Argentina. Wong Kar-Wai compie un significativo balzo in avanti dal precedente Angeli perduti, affondando lo sguardo nelle psicologie di relazione e contemporaneamente alzando il tiro dei valori e dei sensi del film: questa volta approfondisce poeticamente il sentimento dello sradicamento esistenziale e dello sfaldamento dei rapporti, e proprio nel fatidico anno del passaggio di Hong Kong alla Cina. Lo stesso stile del regista è maturato e diventa un efficace strumento narrativo. Ottimi gli attori.
Splendido affresco di un'unione tormentata, osteggiata dagli eventi e rappresentata con pennellate di assoluta maestria. "Happy Together" è un film amaro, una riflessione poetica sull'evoluzione/distruzione dei rapporti sullo sfondo di un'Argentina malinconica che offre asilo ai due protagonisti in fuga da Hong Kong (paradossalmente, proprio a ridosso del ritorno della colonia inglese alla Cina). Alcune scene da antologia grazie anche alla presenza di paesaggi mozzafiato (le memorabili cascate dell'Iguazù in Patagonia...).
Wong Kar Wai mette ancora a fuoco l'amore tormentato, le distanze e la solitudine (profonda, radicata, indelebile); ma questa volta non ci sono le luci caotiche di Hong Kong, né corpi femminili su cui adagiarsi. La nostalgia che s'abbatte nel finale lascia un asciutto senso di vuoto e sprona chi guarda ad amari bilanci. Il regista formalmente è ineccepibile e continua inesorabile la sua maturazione. La lussureggiante fotografia di Christopher Doyle è fin troppo ricercata. Molto bravi i due protagonisti.
Con un percorso sublime e straniante, ma del tutto coinvolgente, Kar-Wai racconta con grande maestrìa, (raggiunta ormai una grandissima maturità e grande padronanza del mezzo con la sua camera a mano sempre molto convincente, che scruta, osserva...) la storia di un'unione tormentata. Un altro grande affresco sull’amore e ciò che ne deriva. Splendidamente fotografato da Chris Doyle. L’atmosfera del film è resa ancora più magica dalla colonna sonora, tra tanghi argentini e la canzone di Frank Zappa che dà il titolo al film. Meraviglioso ed affascinante.
MEMORABILE: Il collage visivo, che alterna un bellissimo e rapido susseguirsi di immagini ad un lento prolungarsi di attimi, come a radiografare quel momento.
Kar-wai dirige la relazione in terra argentina di una coppia di gay lasciandola sedimentare nell’ambiente diverso dal loro. Sopravvivere come degli orfani di patria e famiglia, tra le tensioni indotte e la tristezza incombente. Prova di regia con molte soluzioni, seppur in ambienti ristretti, dove a volte si rimanda al cinema di strada degli anni 70. Fotografia di Doyle che rappresenta un malessere in maniera calda, con tanghi musicali come sottofondo di una dolce sofferenza.
L'ingegno del film, come la modernità del Kar Wai di quegli anni, sta tutta nell'abilità non di sfidare quanto letteralmente di bypassare il senso comune dello spettatore, al quale non viene concessa la banale opportunità di "scioccarsi" per una storia di passione gaia, costretto com'è a valutarne la portata all'interno di un contesto filmico, geografico, emotivo, spaesato e straniante. I limiti di questa operazione "proustiana" (lo stesso rapporto tra Ho e Lai cita La prigioniera) sono in un vezzo intellettuale che soffonde un'opera comunque importante.
Una coppia hongkongese si reca in Argentina alla ricerca di un Eden che non esiste: fra incomprensioni, litigi, brevi rappacificazioni, si consuma invece il logoramento di una relazione già resa difficile dalle differenze caratteriali. Pochi altri registi sanno raccontare con tanta delicatezza storie di amori difficili o impossibili come Wong Kar Wai, qui coadiuvato da due interpreti eccezionali: Leslie Cheung e Tony Leung danno vita ad un rapporto contrastato, a volte tenero a volte brutale, ma sempre credibile. Molto bello l'epilogo, sospeso fra rimpianto e speranza.
MEMORABILE: Il ritorno a casa dopo il pestaggio; le mani bendate
Da uno dei migliori registi di tutti i tempi un gioiellino assoluto. Al centro del film un rapporto tra due uomini sofferto, vissuto, viscerale. Un legame imprescindibile, anima e corpo, simbiosi di un amore forse al capolinea. Le emozioni vibrano sotto pelle tra virtuosismi impressionanti della macchina da presa, suites strumentali efficaci ed emozioni ai massimi livelli. Una voce, quella di Wai, che punta diritto al cuore. Il bianco e nero abbraccia il colore in un magistrale innesto filmico, catarsi emotiva in grado di sopraffare lo spettatore.
MEMORABILE: La ricerca della cascata dipinta sulla lampada, come la ricerca di qualcosa che ci sfugge...
Per Wong Kar Wai fare un film così non deve essere stato semplice (per via della storia trattata e del periodo in cui è uscita), ma per il bene del cinema è una benedizione e un esempio di come si racconta una storia d'amore complicata e sfuggente. Il lato tecnico è superiore sotto ogni punto di vista; la regia sperimenta ogni tipo di inquadratura e di visione, la qualità della fotografia supera ogni immaginazione. Il tutto va a confluire in un finale perfetto, musicalmente emozionante e visivamente allietante. Un grande esempio di cinema.
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Leslie Cheung, uno dei due protagonisti, attore e cantante (interprete anche del film "Addio mio concubina"), è morto suicida nel 2003, lanciandosi dal 24º piano del Mandarin Oriental Hotel (Hong Kong).
Annunciato il blu ray per la Cecchi Gori, nel box da collezione UNA QUESTIONE DI STILE - IL CINEMA DI WONG KAR WAI IN VERSIONE RESTAURATA, che comprende 6 blu ray