Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Torna Elvira in questo sequel tardivo e già dai titoli di testa si intuisce che sarà una parodia delle pellicole di Roger Corman e, non solo, nei titoli di coda si legge una dedica a Vincent Price. Il film è ambientato in un castello sui Carpazi ed è girato in Romania, facendo una parodia delle tematiche gotiche (anzi, molte scene ricalcano in modo comico sequenze degli horror dedicati a Poe realizzati da Corman). Le scenografie posticce e teatrali rendono il tutto farsesco.
Strampalato teen-horror di Piper, che, con pochi riguardi in materia di focus narrativo e di solidità sceneggiatoria, cuce assieme cinefilia e voyeurismo, fantascienza filo-lovecraftiana à la From beyond e mutazioni tecno-organiche tra Tsukamoto e Hickox, zampettanti mostriciattoli azzannacervelli un po’ Ticks e un po’ Brain damage, moderna stregoneria e randomici assalti di zombi che ammiccano ai make-up di De Rossi e Prestopino. Una piccola gemma di weirdume trashoide? Purtroppo no: l'abuso di dialoghi barbosi e di incisi superflui annienta il ritmo e buona parte del divertimento.
Slasher/teen movie che prende ampiamente spunto dalla wave anni 90 di craveniana memoria, ma aggiornata ai nostri tempi, con Stranger things come punto di riferimento. Brilla per una messa in scena valida e per qualche citazione azzeccata. La ricostruzione storica degli anni 90 non è certo perfetta ma non mancano sequenze interessanti e splatter di buona fattura. Malgrado qualche lungaggine di troppo (avrebbe giovato un venti minuti in meno), soprattutto nella gestione dei rapporti interpersonali, nel complesso scorre e si fa guardare (pur senza esaltare).
Liberamente ispirato agli ultimi anni di vita di Sybille Schmitz. Attrice dimenticata dopo la fine della Seconda guerra mondiale diventa tossicodipendente. Un giornalista se ne innamora e assiste impotente al suo viale del tramonto. Film ingioiellato da una stupenda fotografia espressionista che permea volti e ambienti alternando, con intenti simbolici, bianchi e neri fortemente contrastati a lucori diffusi e tombali. Dominato dal senso di morte eppure caratterizzato da un doppiaggio a larghi tratti brechtiano: straniante ma efficace. Stupenda e indimenticabile la Zech.
Sulla stessa falsariga del primo capitolo ma con una dose più marcata di humor e un budget maggiore. Abbastanza blanda la rilettura di Frankstein, quella che richiama Gli invasati è invece la parte migliore del film. Così così quella di Alien, mediocre e davvero troppo lunga la parte ispirata a Re Artù. Va meglio con la sarabanda di citazioni di pochi minuti in cui viene frullato di tutto (da Zombi a Nosferatu passando per un tremendo Godzilla). Esaltante il cameo di Campbell. Terrificante il video rap sui titoli di coda.
Buona serie-tv thriller, ispirata a reali fatti cronaca nera, che può contare sulla sceneggiatura scritta da Dennis Lehane. E infatti la scrittura è buona e le linee narrative sono ben intrecciate tra loro. La curiosità e la tensione non raggiungono mai apici spasmodici, forse perché la parte carceraria non è poi così preponderante. Ma ci può stare: sarebbe stato difficile ambientare tutto in galera. Impressionante la prova di Hauser, se gustata in originale.
D'accordo, magari non sarà un gran film in senso stretto, ma la voglia, dopo quattordici anni di silenzio, di immettere nuova linfa in una saga che per forza di cose ristagnava, andrebbe premiata. Già il prologo contenente la scena da cui tutto si svilupperà viene spostata nel 1968, regalando un flavour inedito chiamato a giustificare l'idea dalla quale questo sesto capitolo prende le mosse: la Morte non scherza e, se a salvarsi da una disgrazia da lei già progettata sono in cento, quei cento dovranno morire. Non solo: dovranno morire pure i loro discendenti,...Leggi tutto che non sarebbero mai dovuti nascere! La puntigliosità del tristo mietitore viene scoperta da Iris, che per ultima avrebbe dovuto perire insieme al gruppo di persone salite sulla Sky View Tower, un ristorante piazzato sulla cima di un'altissima colonna in cemento. Salvatasi, come gli altri, dalla imminente disgrazia, scopre che tutti quelli che avrebbero dovuto defungere sfracellati al suolo, bruciati e via dicendo, sono negli anni morti come mosche uno dopo l'altro, e tutti per cause anomale.
Ora è il turno della famiglia di Iris la quale, raggiunta la consapevolezza di essere braccata dalla signora con la falce, si è rintanata a vivere da sola in una catapecchia isolata costruita per evitare incidenti fatali causati da ogni tipo di inconvenienti. Lei sa cosa sta succedendo e l'ha annotato a mano su di un librone illustrato che consegna a sua nipote Stefani (Santa Juana), unica a credere che possa davvero esistere un sinistro disegno ordito nientemeno che dalla Morte in persona. Stefani era andata dalla zia per poter conoscere finalmente l'origine dei propri orrendi e costanti incubi, ma invece di baci e abbracci viene edotta sull'esistenza dei piani ultraterreni preparati per eliminare la sua famiglia (del tutto abusiva sulla Terra, a questo punto). Prova a informare di ciò il fratello e i cugini, ma nessuno le dà retta; almeno fino a quando la sanguinosissima morte di qualcuno non li farà ricredere.
E qui cominciano i giochi: chi sarà e come verrà ucciso il prossimo? Pontenziali pericoli vengono piazzati ovunque, ben inquadrati da una regia che sa bene come far salire la tensione: ogni oggetto in scena, anche il più apparentemente inoffensivo, può nascondere un rischio letale, e quando sullo sfondo o in primo piano qualcosa comincia a muoversi in modo insolito, capiamo che la Morte sta iniziando a “ragionare” su come far fuori chi ha preso di mira. Fuoco, benzina che cade sul pavimento, pezzi di vetro nascosti nel ghiaccio: il campionario è ampio e già sappiamo che non tutto verrà poi davvero utilizzato per l'azione "delittuosa".
Il bello è anche questo: scoprire cosa davvero accadrà, di quello che potrebbe accadere. Sappiamo solo - e lo capiamo fin da come finisce la prima vittima - che la creatività con cui gli obiettivi verranno uno a uno eliminati soddisferà gli amanti dello splatter. Buona parte dell'efficacia di ogni capitolo in fondo si gioca sulla capacità di stupire con effetti speciali fantasiosi e coreografie di morte di grande impatto (la “spettacolarità” della saga comincia con l'incidente stradale del capitolo due, messo in scena magistralmente e rimasto una delle vette di sempre del genere). Il resto va dal guardabile al piacevole, con qualche non disprezzabile tocco ironico e una protagonista che, per quanto non straordinaria, fa quel che deve assistita da una famiglia nel complesso simpatica e tenuta relativamente a freno.
Buffa la zia rinchiusa nella casa “a prova di morte”, azzeccato il colpo di scena che riguarda il fratello tatuatore, inquietante la presenza di Tony “Candyman” Todd al suo ultimo film e già malato (è J.B., uno dei sopravvissuti all'incidente sulla Sky View Tower, allora un bambino). Lo sforzo corale nel confezionare un capitolo all'altezza dei migliori è evidente, e in questo senso anche il beffardo finale non delude affatto. Certo uscendo dalla sala fa un po' rabbrividire, il pensiero a quanti possano essere i pericoli mortali che si possono nascondere nell'ombra...
Facile intrattenimento ricavato da una semplice contrapposizione tra due belle ragazze di un liceo, di cui una (quella brava, buona e dolce) arriva nella nuova scuola perché trasferitasi dalla zia che la ospita dopo che la madre (Orsini) ha deciso di ricoverarsi per disintossicarsi dalla dipendenza dagli antidolorifici. A ragione, possiamo dire, visto che la sera in cui la donna aveva perso in un colpo solo il lavoro e il nuovo compagno, aveva rischiato di perdere pure la figlia in un incidente d'auto causato da chiara alterazione. Così non poteva andare avanti, lo sapeva pure...Leggi tutto lei, e infatti decide di ricoverarsi e di piazzare la giovane Dylan (Bass) dalla sorella, sposata e con una splendida e spaziosissima villa sul lago.
Comincia per Dylan - suo malgrado - una nuova vita; e si adatta, facendo subito amicizia con una compagna, Julia (Slaughter), dimostrando quanto sia preparata negli studi e avvicinandosi allo sportivone belloccio della classe, Jonah (Gass), che al contrario qualche problema con i voti ce l'ha. Per questo l'unico professore che si vede in scena (de Vries) chiede a Dylan di agire praticamente da tutor con il buon Jonah, facendo tuttavia così infuriare (prevedibilmente) la di lui ragazza, Tiffany (Cummings). Questa, che vede la nuova arrivata come il fumo negli occhi, quando capisce che le sta forse pure rubando il boyfriend, perde il senno e comincia nell'ombra una lotta senza quartiere, escogitando ogni giorno qualcosa per mettere Dylan in cattiva luce. Peggio ancora va quando scopre che sempre Dylan, per festeggiare i suoi sedici anni, ha affittato la più prestigiosa sala della zona soffiandogliela (senza saperlo), dal momento che pure Tiffany l'aveva già immaginata come sede del party per il suo compleanno, negli stessi giorni.
Insomma, ce n'è abbastanza per trasformare la maliziosa Tiffany in una iena di inaudita cattiveria, ai confini della macchietta (e pure oltre, a volte), pronta addirittura - saputo che la madre della sua rivale è ricoverata in clinica - a sfruttarne le debolezze per far guadagnare a Dylan una pessima fama. A quel punto Jonah, che ha capito tutto, comincia a guardare le due ragazze sotto una luce diversa e a capire chi sta decisamente esagerando...
In poche parole la storia di una rivalità scolastica, estremizzata e con una divisione oltremodo netta tra i buoni e la (unica) cattiva, quest'ultima spalleggiata da un'amica (Noelle) di lei succube. Giorno dopo giorno c'è da scoprire cosa Tiffany inventerà, con quel suo bel visino illuminato da una luce di crudeltà degna di un'aguzzina: non arretra di fronte a nulla mentre a Dylan tocca sempre di subire senza alle volte nemmeno comprendere il comportamento degli altri compagni contro di lei. Un thriller strutturato in modo elementare, che non lascia nulla da scoprire e semplicemente reitera la stessa situazione per l'intera durata, studiando comunque decentemente i dialoghi e aiutato da una regia (di Michael Feifer) che mostra buon senso del ritmo.
Accettabile la direzione degli attori, con Kate Orsini particolarmente sopra le righe nello strabuzzare e spalancare gli occhi come davvero fosse vittima di allucinazioni. Proseguendo, e dovendo far capire che le cure hanno almeno in parte funzionato, si tranquillizza e lascia spazio alla figlia; perché protagonisti sono i giovani, con gli adulti relegati in ruoli minori. E difatti tutto sembra semplicizzato, sentimenti compresi, con una vittima fatta precipitare dalle scale e piazzata lì cadavere forse solo per giustificare la catalogazione fra i thriller. Finale che più tirato via non si potrebbe, giusto per chiudere in qualche modo perché non c'era più tempo...
Thriller televisivo di discreta fattura, emerge leggermente dalla media in virtù di interpreti in parte e soprattutto di una soluzione meno telefonata del previsto. L'inizio, a dire il vero, non è dei più promettenti, con la classica famiglia americana composta dal padre Max (Hindle), la madre Zara (Plante) e la figlia Rose (Sharp), all'ultimo anno di liceo. I tre sembrano il ritratto della concordia, anche se quando Rose si presenta da Haley (Heffern), la consulente scolastica, sembra possa nascondere qualche aspetto di un carattere meno solare di quanto appaia. Si...Leggi tutto dimostra piuttosto insofferente agli occhi della donna, che raccoglie le impressioni di tutti al fine di consigliare loro il meglio per la continuazione degli studi. Haley però sembra metterci particolare attenzione, per entrare nelle grazie della ragazza, che ha una sola vera amica (Bent) e forse è meno espansiva di quanto non voglia far credere. Tra le due si stabilisce presto un legame particolare, e intanto veniamo a sapere che Rose è stata adottata e ha da tempo l'ossessione (comune a tutti i personaggi nelle sue condizioni, in questo tipo di film) di ritrovare la propria madre biologica.
La relazione con Haley si intensifica e Zora comincia moderatamente a preoccuparsi (non è normale scambiare decine di sms con la consulente scolastica), fino a quando scopre - ed è la prima grande sorpresa - che la donna è in realtà proprio la sua madre biologica, fattasi assumere in quella scuola per poterla avvicinare e ristabilire con lei un rapporto perso da diciotto anni, da quando fu costretta a darla in adozione. Sulle circostanze in cui la cosa capitò Haley mantiene il riserbo, ma intanto la bomba è scoppiata...
Rose si trova molto bene con la “nuova” madre e Zora saggiamente non vuole - almeno sulle prime - impedire che le due si frequentino. Quando però la presenza di Haley nella vita della ragazza e di conseguenza nella sua si fa invadente, Zora ne parla col marito e insieme decidono che è arrivato il momento di verificare, attraverso un test del DNA, se Haley è davvero chi sostiene di essere. Ma le cose andranno diversamente da come ci si aspetterebbe e le carte si rimescoleranno un po', con il film che riesce a piazzare un altro paio di colpi di scena ben assestati.
Se però la sceneggiatura di Dave Florez è piuttosto ben congegnata, a non lasciare del tutto soddisfatti è la regia di Alex Caulfield, tarata su schemi prettamente televisivi e incapace di far montare la tensione come dovrebbe (e potrebbe). In compenso la direzione del cast è buona: Moniqua Plante più di tutti riesce a rendere credibile il proprio personaggio di madre in difficoltà nel capire bene cosa le stia capitando intorno. Di carattere forte e nello stesso tempo ragionevole, di quella saggezza tipica di certe madri, Zara regge in gran parte su di sé il film condividendo il ruolo maggiore con la figlia ma anche con Haley, creando un bel gioco di relazioni che s'incrociano. E anche Jay Hindle, nel ruolo di suo marito, è meno insignificante dei maschi che solitamente bazzicano questi film televisivi, dipinti quando va bene come dei babbei.
Brava Megan Heffern in quella che è la figura più ambigua: lascia trasparire dallo sguardo una sincerità d'animo che sembrerebbe poco confacente al personaggio, ma come detto non tutto è come sembra. A Natalie Sharp tocca una Rose che delle tre è la più combattuta, inevitabilmente indecisa sulla parte con cui schierarsi. Il finale è goffo ed è un peccato, perché era stato preparato con cura, ma chiude degnamente una produzione che si segue nel complesso piacevolmente (se si tengono sempre ben presenti i limiti - soprattutto tecnici - di questi film).
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA