Non certo un capolavoro ma uno degli horror più interessanti degli anni '90. Sicuramente la parte iniziale è la migliore e quando la presenza di Candyman si concretizza il film ha una certa caduta (anche se si mantiene comunque su un livello nettamente superiore alla media dei prodotti analoghi). A rendere più "angosciante" la vicenda contribuisce in maniera determinante la splendida musica di Philip Glass, al servizio di una trama interessante e ben sviluppata.
Il film, tratto da un racconto di Barker, trasuda le atmosfere di questo grande scrittore. Il regista, Bernard Rose, non ci mostra certo virtuosismi registici e mette in campo un'opera stilisticamente solida e tutta d'un pezzo. La pellicola non fa una piega e gli effetti speciali sono ben fatti dosando lo splatter senza mai esagerare ma senza nemmeno tirarsi indietro. Un gran bel lavoro, non ci potrebbe essere stata trasposizione migliore!
La storia, ispirata (e co-sceneggiata) da Barker ha qualcosa di infantile e di poco credibile (lo specchio attraverso il quale viene richiamato, al quinto appello, Candyman, pur se derivato da una favola di prim'ordine è ben poco "riflessivo"), ma viene portata sullo schermo con serietà quasi inverosimile (dato l'assunto) dal regista, dagli attori (tra i quali si distingue Tony Todd, in seguito icona del genere) e dal reparto trucchi. Ha un suo fascino, insomma, in grado di originare due seguiti (il terzo ancora inedito da noi). Nel cast anche Ted Raimi (fratello del più celebre Sam).
Discreto horror che, senza troppe pretese, riuscì a creare un piccolo filone. Questo primo episodio, decisamente il più riuscito, non decolla del tutto ma regala alcuni momenti non male. L'idea dell'uomo-caramella è stata originale e i flashback che riguardano il malcapitato Todd hanno un gusto melò apprezzabile.
Carino. L'idea di partenza è ben scritta, Tony Todd interpreta efficacemente il cattivo, destinato a diventare un'icona del cinema horror. Belle le ambientazioni, a tratti inquietanti, i delitti, l'idea dello specchio. Il ritmo è eccellente, ma il secondo capitolo è decisamente meglio. Un pochino meno di 3 pallini.
MEMORABILE: Il finale. E soprattutto: Candyman, Candyman...
Ispirandosi ad un racconto di Clive Barker, il regista ne trae fuori un discreto film di genere che può contare su una storia abbastanza intrigante, con risvolti interessanti e finale non edulcorato e su una realizzazione di buon livello. Non un capolavoro ma cinema medio di genere che si lascia guardare e come ce ne vorrebbe di più. Musiche di Philip Glass. Con più seguiti.
Chi si nasconde dietro lo specchio se non sè stessi con le prorie insicurezze e paure? Pellicola abbastanza debitrice a Nightmare per la tematica fantastica che comunque risulta molto gradevole per lo stile (belle le locatione, i molti campi lunghi/oggettive irreali e le musiche di Glass) che conferisce un certo spessore. Accattivante per tre quarti, un po' pesante nel finale. Candyman è un po' laccato e non incute molto timore. Discreto.
Siamo al cospetto di un mostro senz'anima, ma non perchè mostro, bensì per la sua pochezza, per ciò che l'ha generato (una spiegazione da quattro soldi, condita con una sega arrugginita e api fameliche). Sembra tutto imbastito in quattro e quattr'otto, buttando lì l'uncinato che, alla quinta volta che sente il suo nome, giustamente si altera, facendo un macello (il sangue non manca). La protagonista se la cava bene, ma non è sorretta da una sceneggiatura sufficientemente forte. Se la pellicola si fosse conclusa al cimitero, sarebbe stato meglio, ma si è voluto inserire il colpetto finale.
MEMORABILE: Il pacchetto colarato con lametta; Candyman incastra la protagonista; Candyman volante dalla finestra, emulo di Superman (piuttosto ridicolo).
Sbrigativamente liquidato dai più come rozzo o baracconesco, equivocato come horror, ascrivibile invero tra le tragiche love story impossibili con venature metafisiche e trascendentali. Horror colto, intellettuale e aristocratico (come sempre è stato, tra le righe ed oltre, tutto Barker), che non può che dispiacere ai puristi, ha il suo motore nella suggestione mitopoietica, è ricco di attraversamenti letterari (Carroll, Stoker, Shakespeare solo per chiamare in causa i più evidenti) e pittorici, disseminato di simbolismi esoterici ed archetipi junghiani, impaurisce, commuove: Magistra cinemae
Discreto horror, Candyman. Non conosco la fonte letteraria (Barker) ma qualcuno, in qualche modo, deve pur esser passato per la Elm street di craveniana memoria. Ciò detto il film regge piuttosto bene, offre alcuni bei momenti di fotografia, alcune stuzzicanti location e riesce a dosare bene il sangue e le scene d'impatto (gustose le apparizioni delle api). Affascinante anche tutto l'impianto metaforico, ricco di simboli e folklore. Tody Todd affabula solo a tratti, la regia non ha guizzi, mentre davvero belle sono le musiche di Philip Glass.
Tratto da un racconto di Clive Barker, un film horror discretamente riuscito e ben realizzato, con una buona idea di partenza e una sceneggiatura piuttosto curata. Gli interpreti forniscono un recitazione decisamente di livello per un film del genere e il tutto è impreziosito dalla colonna sonora di Philip Glass.
Una favola nera e drammatica che riemerge in un quartiere-ghetto, dove la presenza di Candyman è un fantasma presente quotidianamente. Candyman può anche essere la paura più terrificante, nascosta nei recessi reconditi in ciascuno di noi. Finalmente un film in cui le morti non sono uno squallido e ossessivo ripetersi di sequenze senza senso. Buona sceneggiatura (mutuata in parte da Nightmare), notevole l'atmosfera di attesa ansiogena, sottolineata da una degna colonna sonora.
Tratta da un racconto di Clive Barker, questa pellicola horror dai tocchi folkloristici si differenzia dalla media degli anni '90, pur non essendo un capolavoro. Tony Todd interpreta un mostro à la Bloody Mary con pacata crudeltà, la Madsen offre una gradita variazione sul tema delle regine dell'urlo. In quanto a tensione non è il massimo, ma il film è impeccabile dal punto di vista stilistico, grazie alla fotografia fredda e alle splendide musiche di Philip Glass, che conferiscono alla vicenda un'aura tragica.
Importante horror dei '90, si insidia nelle complesse dinamiche della mitopoiesi mandando in frantumi gli interstizi tra desiderio e logica. Sontuosamente ravvolto nel minimalismo musicale di Philip Glass, concepisce un boogeyman dalle allarmanti connotazioni sociali che rinviano all'endemica paura del diverso. L'ascendenza barkeriana e l'impavido spirito melò, lo consacrano ad un pubblico adulto e sofisticato, pur ossequiando il gore più truce. Affascina la rilettura di alcuni topoi, come lo specchio, qui contraltare dell'autostrada che confina gli squallidi sobborghi del Cabrini Green.
MEMORABILE: La prima apparizione di Candyman; lo sciame di api psicopompe sulla città; l'attraversamento dello specchio.
La sceneggiatura è tra le cose più interessanti, (anche se non risulta particolarmente sviluppata), al pari delle notevoli partiture di Philip Glass. La scelta della Madsen dà quel quid al film senza il quale sarebbe quasi passato inosservato. Risultano altresì particolarmente indovinate le periferie degradate di Chicago, ma gli effetti speciali (nonostante la presenza di vere api) non sono dotati di eccessivo realismo. Interessante senz'altro, ma si poteva fare di meglio.
La memoria fa brutti scherzi: all'epoca dell'uscita lo trovai affascinante e innovativo, forse a causa dell'età adolescenziale; rivisto recentemente, mi è parso estremamente invecchiato (male), con una fotografia da straight-to-video per nulla coinvolgente e una recitazione spesso sopra le righe, forse anche a causa di un doppiaggio pessimo. Rimane qualche buona inquadratura, qualche simbologia e richiamo letterario interessanti, ma nel complesso come horror delude non poco e a tratti, cosa più grave, sfiora il ridicolo involontario. Peccato.
In questo horror che prende spunto da una storia piuttosto banale e che di terrificante ha ben poco si riesce comunque ad apprezzare una certa eleganza, che altro non è se non il tratto distintivo di quel geniaccio di Barker. Piuttosto in parte la Madsen: sostiene il peso delle indagini e della pellicola, che tuttavia va scemando con lo scorrere dei minuti fino a un finale riuscito a metà. La storia d'amore quasi stokeriana tradita è lo spunto, involontario, per una nuova vendetta che nascerà. Gradevole ma niente più.
Un horror che non ha niente di rimarchevole né di particolarmente terrorizzante, non tiene sulle spine e ha numerosi aspetti che vorrebbero sembrare misteriosi e mistici, ma che in realtà si percepiscono come frivoli elementi aggiunti a un soggetto che continua a vacillare. Le api e la biografia del killer, il modo in cui egli appare e colpisce non fanno che confondere uno spettatore che prova anche a trovare un senso alla tematica sociale rappresentata nel film, ma getta presto la spugna per la confusione e la noia a cui è indotto.
Attingere dalla fertile produzione letteraria di Clive Barker rappresenta una buona base di partenza e questo Candyman lo dimostra, qualora ce ne fosse bisogno. Inizia in maniera quasi scontata per prendere successivamente una piega più complessa e imprevedibile a cui una regia fredda, ma solida, rende giustizia. Un cast all’altezza e una buona colonna sonora fanno il resto. Gli manca forse quel quid per compiere il salto definitivo, ma per questa volta va bene anche così.
Un horror americano non ambientato nei bei quartieri dalle splendide ville in legno ma tra i palazzi popolari di una periferia degradata, abitata da afroamericani. La casa maledetta è proprio l'interno di uno di questi edifici, dove campeggiano sui muri i murales che riguardano il personaggio da leggenda metropolitana protagonista del film: sembrano quasi riferimenti al fatto che Candyman nella sua vita passata fosse pittore, oltre che schiavo nero. L'idea di partenza è buona, anche se il film perde qualche colpo. Il finale non è del tutto convincente.
MEMORABILE: Il bagno pubblico; La prima apparizione di Candyman; Candyman mostra le sue api.
Si apprezza più per la sua estraneità a temi e stile dell'imbelle horror post Ottanta. Interessante nella prima parte per l'understatement e gli accenni a un livello psicologico profondo; quindi il tutto si normalizza (e il revenant Candyman è sin troppo ciarliero) assestandosi a un gotico insolito (l'ambientazione nel ghetto nero, il dipinto ominoso con la bella reincarnata) il cui filo logico, tuttavia, non è mai originale e davvero perspicuo. Le musiche di Glass, pur belle, mal si sposano alla pellicola.
Un film riuscito e ben confezionato, ma che aveva la possibilità di trasformarsi in qualcosa di più incisivo. Certi elementi della trama vengono lasciati un po' troppo in sospeso e non spiegati adeguatamente, oppure trattati superficialmente, specie nel climax finale (che non convince appieno). Comunque gli sporchi ambienti metropolitani sono ottimi, la protagonista è bella e brava, Tony Todd dà vita al "suo" boogeyman e lo fa benissimo. Qualche tocco splatter e la meravigliosa colonna sonora di Philip Glass fanno il resto. Un cult minore.
MEMORABILE: Ogni volta che Candyman si mette all'opera ci si diverte, anche perché non fa distinzioni di età, etnia o specie.
Interessante perché pur partendo dalle classiche caratteristiche degli slasher del periodo (con baubau visto come leggenda metropolitana e puntualmente invocato) se ne discosta, con venature psicologiche e oniriche non indifferenti. Peccato per la fotografia televisiva, perché la regia è buona e quando la protagonista (una brava Madsen) inizia a essere trascinata nel gorgo creato da Candyman si resta coinvolti. Tony Todd scelta ottima. Buona la colonna sonora.
Terribilmente noioso e soporifero, con una regia e una recitazione svogliate. È un peccato sprecare uno spunto interessante come quello della figura di una leggenda urbana - da cui poteva uscire un interessante slasher - per produrre questa sorta di film in stile serial povero con una fotografia da soap opera. Infatti il soggetto e la sceneggiatura (a tratti) non sono niente male. Azzeccata la scena delle api. Esistono altri due sequel...
Autore quasi mai banale, Bernard Rose non crea un ennesimo clone di Freddy Kruger e sceglie la via dell'ambiguità. Candyman esiste davvero o è un urban legend, "creato" da chi ci crede, dalla "fede" che esista? Discorso che può portare molto lontano anche in campo religioso. La forza del film, tratto da Clive Barker, sta soprattutto in questo. Finale ambiguo che conferma l'interrogativo iniziale. Bella e brava la Madsen, bene Tony Todd, che si farà un nome nell'horror recente. Un po' banali gli omicidi e gli effetti speciali.
E' un racconto a tratti didascalico o che volentieri parte per la tangente, ma non si può negare che la prova della Madsen e la figura iconica impersonata da Todd, il pregiato score musicale e la forza di certe sequenze facciano il loro sporco lavoro e giustifichino una certa considerazione. Come dialoghi e linearità dei fatti non si pone certo al top, ma interpretandolo più come una favola che un puro horror può funzionare.
Soltanto Barker poteva creare un personaggio tanto inquietante (cui le fattezze dell'aitante Todd calzano a pennello) sul quale Rose costruisce con mano sapiente un film violento e visionario al quale la soundtrack azzeccata conferisce un'atmosfera da incubo. Buoni anche ritmo, trucco, effetti speciali e cast, in maniera particolare Virginia Madsen. Il finale (piuttosto triste) evidentemente non prevedeva seguiti (o forse si è pensato di continuare sulla scia del capostipite).
MEMORABILE: Le api dentro la bocca dell'assassino.
Le ricerche da parte di una laureanda sulla natura di alcune leggende metropolitane la portano a imbattersi in una figura a dir poco inquietante che alligna tra le pareti di un edificio fatiscente. Un horror dall'incipit realistico e "possibile" che poi prende una piega metafisica dai vari e complessi risvolti, dal doppio registro misterico e psicotico e con qualche buon soprassalto. La confezione è di livello non usuale, con uno script coerente e un cast appropriato (specie Madsen); peccato per la fotografia dal taglio un po' televisivo e per l'invadenza della colonna sonora.
MEMORABILE: L'orribile latrina pubblica; Nello studio dello psichiatra; Uncino e api.
Ricercatrice di leggende metropolitane si imbatte in quella di Candyman e ne cerca conferme in un fatiscente quartiere popolare... E' proprio l'ambientazione, insieme alla ost di Glass, la cosa migliore di questo film ispirato ad uno dei più noti racconti di Baker, dignitosa ma piuttosto opaca per via di una messa in scena piatta e paratelevisiva. Solo corretta la prova di Madsen, mentre l'Uomo Nero di Todd possiede un certo fascino suadente, pur senza avvicinarsi a quello di altre icone malefiche del genere. Vedibile, per alcuni versi apprezzabile, ma non all'altezza del racconto.
Horror basato su di un racconto di Barker che indovina una buona ambientazione nel quartiere-ghetto e che può contare su di un'eccellente colonna sonora di Glass. La Madsen riesce a conferire spessore al crescendo di sofferenze del suo personaggio, mentre Todd ha un carisma realmente inquietante, tanto che diventerà un'icona del genere. Funziona anche la costruzione del legame tra i loro due personaggi, che prenderà risvolti inaspettati e che culminerà in un finale realmente suggestivo. Qualche momento un po' lento nella prima parte, ma la pellicola funziona complessivamente bene.
MEMORABILE: Il risveglio di Helen a casa di Anne-Marie; La catasta di rifiuti in fiamme; Il murales di Candyman; Le musiche di Glass.
Horror pregevole, che rispetto a molti altri prodotti analoghi poggia su basi più solide e realistiche, affrontando tematiche come il pregiudizio razziale e il degrado urbano. La tensione c'è, e anche se di sangue ne scorre abbastanza, nel complesso non ci si rifugia nei facili effettacci (solo la scena delle api è abbastanza gratuita). Finale cattivo e moralizzatore ma tutt'altro che pretestuoso. Molto brava la Madsen, Todd diventerà un'icona del genere ma forse sul suo versante si poteva fare anche di meglio. Bella la colonna sonora di Philip Glass.
L'uomo nero (letteralmente) esiste davvero, si annida nei peggiori sobborghi di Chicago e odia terribilmente chi non lo rispetta. Le cose migliori di questa moderna fiaba gotica passano per dette ambientazioni (realmente squallide e adeguatamente valorizzate dalla fotografia), per l'eccellente colonna sonora (forse l'elemento migliore) e per il non indifferente quantitativo di sangue. Apprezzabile il cast in toto, per contro alla sceneggiatura sembra mancare qualcosa (il cattivo e il suo "culto" sono poco approfonditi e l'epilogo è discutibile). Rimane abbastanza interessante.
MEMORABILE: "A cosa serve il sangue se non a essere sparso?"; Il murale urlante nell'appartamento fatiscente.
Due ricercatrici universitarie a caccia di leggende metropolitane s'imbatteranno nella storia di Candyman. La loro ricerca le porterà loro malgrado a fare i conti con una realtà depressa e ostile e con un mostro dotato di uncino arrugginito che uccide chiunque lo sfidi chiamandolo cinque volte allo specchio. Le ambientazioni putride metropolitane e le musiche di Philip Glass sono i punti di forza di un film che non riesce però a essere così accattivante come suggeriva la premessa. Tutto questo nonostante quello interpretato da Todd sia diventato un personaggio horror iconico.
MEMORABILE: La visita alla casa in periferia luogo dell'omicidio; L'incontro con il finto Candyman nel bagno putrido.
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Schramm ebbe a dire: di sequel, del tutto inutili, già ne ebbe due, sicuramente qui schedati. un altro sequel, senza barker e rose consorziati, cui prodest?
A Hollywood negli ultimi anni hanno ben poche idee, e allora sfornano reboot e remake di ogni cosa, vedasi anche l'annunciato remake di "A letto con il nemico" (lo rovineranno di sicuro!) e probabilmente il sequel di "Quattro matrimoni e un funerale", quest'ultimo per lo meno dovrebbe avere lo stesso cast dell originale e sopratutto lo stesso regista. Per Candyman non contenti delle due brutture fatte dopo il primo, hanno deciso di ritentare ancora, se per lo meno fosse con lo stesso regista e cast, mentre gli appioppano questa misconosciuta regista...
Ruber ebbe a dire: se per lo meno fosse con lo stesso regista e cast
sarebbe comunque un bel guaio. anzi, sarebbe forse anche peggio (vedi il monumento al pleonasmo scolpito da haneke con l'autoremake di funny games). non credo comunque rose abbia interesse a fare altrettanto.
santa madre, non c'è più religione, l'hanno violato davvero! annunciato per lo scorso giugno, il reboot della miglior cosa mai tratta da barker si affaccerà sugli schermi a fine agosto 2021. per me, obiezione di cine-coscienza.
Il 26 di Agosto è uscito un nuovo "seguito" del film, diretto da Nia DaCosta. Titolo: semplicemente "Candyman". Potrebbe non essere malaccio (qui si può leggere una recensione scritta da Rudy Salvagnini).
curiosità: La domanda "Che cosa imparano i buoni se non ciò che apprendono dai malvagi?" che Candyman porge a Helen quando le appare sopra la lettiga è un aforisma di Oscar Wilde.
anche per il sottoscritto la sovrascrizione del doppiaggio primevo è un crimine. per quanto suggerirei di dare un giro di prova alla voce oiginale che todd dà a candyman: vellutatissima, cantilenante, dolcissima, carezzevole. fa capire assai meglio perché alla sua prima apparizione helen ne resti così ipnotizzata. tutt'altra cosa da quella raspata e semi-baritonale del nostro doppiaggio, più in linea con la voce di un redivivo misto sileno, comunque anch'essa centrata.
Fra le altre magagne, il bluray Universal presenta la versione R-Rated che taglia diversi dettagli gore nella scena dello squartamento dello psicanalista. Faccio presente che la VHS italiana conteneva invece la versione integrale oltre al doppiaggio originale.