Vorrei farvi partecipe di una mia perplessità, probabilmente legata al fatto che, oltre al cinema, ho anche una passione pluridecennale per la fotografia.
Ho visto questo documentario alcuni anni fa, senza commentarlo, nonostante lo avessi trovato estramamente bello ed interessante. C'era qualcosa che mi lasciava perplessa ma che non riuscivo a mettere a fuoco. Giorni fa, una nuova visione ma solo stamani mattina, ricordandomi di una fotografia in particolare, ha capito di cosa si trattava. Salgado non è stato solo un testimone, è stato un interprete, ossia ha filtrato la realtà dandone una interpretazione finalizzata al risultato che voleva ottenere, fosse mostrare l'orrore di un massacro o la maestosa bellezza di un paesaggio incontaminato. Ha fatto quello che fanno i grandi artisti con i mezzi della loro arte che, nel suo caso, non sono stati solo l'occhio al mirino di un apparecchio fotografico ma anche le mani che hanno operato scelte in camera oscura.
Quel di cui ho avvertito la mancanza in questo pur splendido documentario, è stato proprio il lavoro in camera oscura,seppur evidente anche ad un occhio inespero nel caso di un fotografo la cui opera è tanto fortemente caratterizzata e per questo riconoscibile.
Adesso questo lavoro non si fa generalmente più alla fioca luce rossa di una lampadina maneggiando pinze e baccinelle con liquidi maleodoranti ma, se sono cambiati metodi e strumenti, il concetto è rimasto lo stesso.