Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Tipico esempio di remake di cui nessuno sentiva il bisogno. Già l'idea di aggiornare uno dei titoli Disney più amati e famosi di sempre era un azzardo, quando poi (in nome di un inutile e ostentato "fotorealismo") i personaggi perdono l'indimenticabile espressività che li ha resi noti e trasformano momenti iconici (la morte di Mufasa, la solennità del finale) in fredde rappresentazioni a un passo da un qualunque documentario naturalistico, la delusione è inevitabile. Tecnicamente sbalorditivo, ma straordinariamente privo d'anima. Buone solo le spalle comiche (Timon, Pumbaa, le iene).
Commedia che nella sua semplicità risulta essere gradevole. Pieraccioni, come sempre, lascia molto spazio ai ruoli femminili e in questo caso la brava Laura Torrisi non delude. Gli amici attori toscani sono ormai una sicurezza e difficilmente annoiano. Interessanti gli intermezzi di “Grease” che scandiscono i vari momenti del film. La trama è leggera e prevedibile, come il tramonto della scena finale.
Su un piano tecnico, pregi e difetti rimangono invariati rispetto al remake: l'iperrealismo delle animazioni, sebbene impressionante, spersonalizza i personaggi e mitiga il pathos emotivo. Per quanto concerne la storia, idee buone si alternano a schematismi fan-fictionari (la repentina alleanza di animali contro i leoni cattivi) e pasticci psicologici (il banalizzatissimo passaggio al "lato oscuro" di Scar, che come figura tragica alla Ramses proprio non funziona), il tutto peggiorato da una cornice narrativa odiosa (Timon e Pumbaa qui si tollerano a stento) e canzoni insipide. Meh.
Inevitabile l'accostamento al borghese piccolo piccolo, ma al di lá del fatto di cavalcare una tematica che trae origine dalla saga USA del Giustiziere e che fa ora del privato cittadino un succedaneo del poliziotto in guerra con la criminalità, tanto Monicelli quanto Montalto in questo film vogliono mostrare come la rabbia che esplode in violenza incontrollata del singolo si leghi alla sua frustrazione per un'esistenza inappagante, qui anche sul piano affettivo. La pistola diventa così per Manfredi un feticcio con cui far valere una personalità altrimenti mortificata dalla società.
Come si scatena una guerra? Mettendo le mani sulla roba altrui. Fedele adattamento di un romanzo di King che torna a uno dei suoi moduli collaudati e di maggior successo: piccola comunità messa in subbuglio dall'arrivo di un essere oscuro. Il film ne conserva pregi e difetti: dopo una escalation adescante, il meccanismo si fa ripetitivo e si approda a un finale convenzionale (in questo caso, più sobrio e migliore di quello del libro). Heston dirige con professionalità, Sydow è una scelta vincente e il cast è un carosello di camei adorabili (Don Davis, Duncan Fraser, Amanda Plummer).
Due medici falliti aprono una clinica per il dimagrimento ma combinano un pasticcio dietro l’altro. Commedia di cassetta che, con un interprete diverso da Verdone a far da spalla a Pozzetto e con una sceneggiatura meno tirata via, avrebbe potuto esser pure brillante. Invece è sorretta solo dalle invenzioni del Renatone nazionale, con un Verdone non a suo agio, quasi mai efficace, in difficoltà a tenergli botta. Il finale farsesco giunge dopo una sfilza di gag bolse, tra slapstick posticcio e battute dei caratteristi francamente imbarazzanti.
Il sicario è una delle figure più utilizzate al cinema nonché la più sfruttata in ambito noir, anche nella sua variante grottesca: si presta da sempre all'innesto di buone dosi di black humour in sceneggiatura, quindi niente di strano se a interpretare il killer di turno viene chiamato Christoph Waltz, due Oscar all'attivo e una riconosciuta propensione all'ironia certificata dalle esperienze con Tarantino.
La storia è stravista? Certo, indubitabilmente. Il vecchio e il giovane. Danny Dolinski (Waltz) è un sicario in attività da...Leggi tutto trent'anni, vanta trascorsi impeccabili e un'infallibilità garantita. Soffre però di artrite alla mano e, dopo sei mesi di inattività e un'operazione, non può proprio dirsi ancora a posto. I suoi capi quindi gli affiancano, per la nuova missione, un nuovo promettente ragazzotto, Wihlborg (Hoffman), pronto ad essere addestrato. Dolinski dovrà seguire Danny e, se sarà il caso, spiegargli dove sbaglia. La classica coppia scoppiata in partenza: il vecchio si sente ancora in grande forma mentre il giovane vorrebbe solo essere “osservato”, come gli hanno comunicato, non certo instradato. Ma quando i due arrivano al campo da golf dove sta giocando la vittima designata, Dolinski pretende di fare tutto da solo. Si verificherà tutto ciò che chiunque ha un po' di dimestichezza col genere si aspetta.
Ennesimo film che fa mucchio e da rigettare in toto, quindi? No, perché comunque Waltz è uno spasso e Hoffman (figlio dell'ammiratissimo Philip Seymour) gli tiene testa con bravura. La coppia funziona, quindi, e per quanto le dinamiche tra i due siano scontate, vederli recitare con tanta leggerezza, senza scadere eccessivamente nel grottesco ma nello stesso tempo senza mai prendersi troppo sul serio (nel caso di Waltz, perlomeno), è piacevole. E se Lucy Liu fa da contorno senza brillare, prigioniera di un personaggio persino più stereotipato degli altri, poco male: resta in secondo piano, non è lei a fare il film.
Quanto alla vicenda, scelte prima Londra e poi Belfast come teatri dell'azione, si snoda senza intoppi, diretta da un regista che fa quel che deve limitandosi a dare il giusto ritmo all'azione, con veloci siparietti familiari (la madre di Dolinski) e un superiore cinico come da copione che qualche buona battuta (non comica) la piazza e insieme a figure più in ombra contribuisce a riempire lo sfondo necessario. La seconda parte si sposta dalla noir comedy all'azione perdendo per strada l'estrosità di Waltz (di cui resta qualche raro bagliore, che accende i dialoghi qua e là) e seguendo la via maestra del genere senza sorpresa alcuna fino all'epilogo, ma qualche paesaggio irlandese e scontri abbastanza ben coreografati ce la fanno accettare senza problemi.
Horror comedy per ragazzi a tema zombi prodotta da R. L. Stine (il creatore della collana di libri chiamata “Piccoli brividi”) e tratta da un suo romanzo. Ha la particolarità di annoverare nel cast due grandi comici del fu “Saturday Night Live” come Chevy Chase e Dan Aykroyd e, se per il primo la presenza si limita a una breve quanto anonima apparizione in apertura e chiusura, il secondo è una figura chiave, nel film, seconda per importanza solo ai due protagonisti.
Questi ultimi sono una coppia di giovani amici che si conoscono da tempo: Mike Broadstreet...Leggi tutto (Kazadi), poco contento della sua vita, è considerato dai compagni il classico sfigato, Amy Maxwell (Monroe), già meglio piazzata nella classifica di gradimento scolastico, è, come tutti in zona, appassionata di film horror. D'altra parte c'è da capirla: la città è stata ribattezzata Carverville in onore di Len Carver (Aykroyd), il miglior regista horror di sempre, specializzato in tema zombi. Non fa più film da trent'anni ma, almeno lì a Carverville, viene ancora considerato una leggenda, con orde di fans pronte a gioire per l'annuncio di quello che dovrà essere il nuovo film del loro beniamino dopo tanto tempo.
La proiezione è in programma per il giorno di Halloween nel cinema locale gestito da Richard Landro (Czerny), ma quando Carver si presenta lì con la pizza sottobraccio (su cui svetta l'occhio di Horus, antico simbolo di protezione), si sente male e crolla a terra. Salta tutto, ovviamente, ma Mike, che lavora al cinema come proiezionista, decide comunque – su insistenza di Amy (lui non li sopporta, gli horror) – di montare la pizza e di sedersi nella sala (vuota) con lei a vedere l'ultima fatica di Carver. Quando però la macchina si avvia, il proiettore libera nell'aria una strana sostanza che si diffonde in tutta la città trasformandone gli abitanti in... (ma guarda un po') zombi! I due adolescenti, si capirà poi perché, sono a quanto pare gli unici (insieme a Carver, ricoverato in ospedale) a non subire il contagio e dovranno attivarsi per riportare le cose a posto insieme al regista.
Una trama facile facile che cerca di costruire intorno a Carver un'aura di mistero (si fa per dire) e una storia legata a oscure maledizioni egizie rivelate nel finale da tale Mezmerian (Chase) attraverso uno specchio. Questi è poi lo stesso personaggio che si era visto nell'incipit, nel quale ci erano state mostrate parti di uno dei vecchi horror di Carver.
Girato con maggiori mezzi della norma ma con un make-up zombesco decisamente scarso, il film rinuncia fin da subito a tentare la carta dell'orrore per lanciarsi piuttosto nell'avventura, alla quale si cerca vanamente di associare qualche vaga spiritosaggine. Con un Chase totalmente sprecato (poteva sostituirlo chiunque, in quelle poche pose) e una coppia di ragazzi che non sono il massimo della simpatia, non resterebbe che Aykroyd, a poter dare un minimo di senso al tutto, ma il suo personaggio è debole quanto il resto e non presenta alcuna sfumatura divertente. Un film chiaramente indirizzato a un pubblico giovanissimo che abbia voglia di celebrare Halloween osservando un po' di zombi inoffensivi (sangue? Neanche a parlarne!) che caracollano spaesati o che si siedono in sala al cinema per fissare lo schermo bianco.
La scena migliore è forse quella dopo i primi titoli di coda, con Chase, Aykroyd e gli altri seduti in un ufficio a guardare il film mentre si alza a gran voce una proposta unanime: “Più zombi, ci vogliono più zombi”. Interverrà pure H.R.Stine in video, a benedire (inutilmente) l'operazione. La gag più simpatica è invece inserita ancora prima dei titoli di testa: una voce off su quadro nero tiene a precisare che quella che vedremo non è una storia basata su fatti realmente accaduti e che gli attori che interpretano gli zombi non sono stati in alcun modo mutati o chirurgicamente operati per essere trasformati in reali zombi. Il fatto che il meglio si veda prima e dopo i titoli fa capire l'andazzo...
La novità è di quelle che non sembrano proprio promettere bene: la splendida Val di Sole, teatro di tutte le avventure di Don Donato & friends nonché uno dei pochi punti di forza della serie grazie alla freschezza dei suoi suggestivi paesaggi montani, viene abbandonata in favore di Cinecittà World, espediente piuttosto desolante utile a fare un po' di promozione al parco tematico del titolo. Il nuovo capitolo porta insomma i consueti protagonisti a Roma, come “scorta” ai freschi sposi Luna (Murgia) e Luigi (Dianetti) in viaggio di nozze.
Ci...Leggi tutto sono tutti, con l'aggiunta dei recenti acquisti "coatti" Angelo (gemello del monsignore sempre interpretato da Mattioli) e Zara (Massera), la sua giovane compagna "ultraromana". L'arrivo in pullman ce li mostra sbarcare felici nella Capitale direttamente a Cinecittà, dove Angelo procura per loro dei braccialetti "vip" donatigli dalla signora francese (Cléry) che si occupa della gestione del parco, la quale ha assunto come lavorante suo fratello, un tipo che non sembra avere proprio tutte le rotelle a posto (d'altra parte lo interpreta Ceccherini...). I nostri alloggerano in un albergo interno allestito con fogge draculesche e cominceranno presto a divertirsi con le attrazioni del posto nel chiaro obiettivo di pubblicizzarlo.
Edoardino (Milano) è ossessionato dal ruolo di padre da quando sa che sua moglie Gina (Stafida) è incinta, mentre lei è preoccupatissima dai "piedi a caciotta" (conseguenza della gravidanza) e da un corpo che si dice certa vedrà sfiorire. Più defilati invece – almeno inizialmente - Don Donato (Salvi) e il Monsignore (Mattioli), che lascia il campo libero soprattutto al gemello rozzo Angelo. Le altre tre donne invece, Luna, Zara e la single Olivia (Marchione), sono quasi sempre insieme, con l'invadente e rumorosa Zara a prendersi la scena anche quando – secondo la storia - al centro dovrebbe stare Olivia, alla ricerca di un partner sull'immancabile app di incontri. A scaldare l'intreccio, tuttavia, è il fatto che il Monsignore si è portato dietro dalla Val di Sole quattro lingotti d'oro su cui ha messo gli occhi il fratello mezzo pazzo della signora francese, assistito da due tirapiedi che maltratta da par suo.
Sarà la caccia ai lingotti a movimentare una seconda parte in cui Ceccherini - anche ricorrendo a qualche volgarità inedita, per la saga - si impone come il personaggio più vivo e meno inquadrato del lotto (la ancora affascinante Cléry interviene invece poco), che dà una sveglia a una formula da tempo stantia e che fatica a trovare gag in grado di donarle smalto. Fortunatamente Mattioli e Salvi sono piuttosto in vena (quando nella seconda parte possono imporsi) e Marco Milano in versione ringiovanita per l'occasione (si tinge i capelli e cambia look dopo che la commessa di un negozio di abbigliamento per bambini pensava, vedendolo, fosse il nonno e non il padre, del nascituro) qualche timida gag la offre.
Se quindi da una parte la location è indubbiamente molto più scialba, canonica e spenta, rispetto alle verdi montagne del Trentino, sottraendo suggestione al film, dall'altra la sceneggiatura meglio strutturata del consueto e la buona prova del cast (con Ceccherini miglior acquisto) permettono, con l'aiuto della regia vivace di Raffaele Mertes, di tenere a galla il tutto. Conosceremo poi una "particolare" ex di Luigi e un veggente con palla di vetro interpretato dal simpatico Jonathan del Grande Fratello. Più in funzione di “disturbatore solista” il Don Gabriele di Carbotti, prestigiatore dilettante, meno "inutile sfondo" rispetto alle puntate precedenti.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA