Note: Soggetto basato sul libro autobiografico "The Phantom Prince: My Life with Ted Bundy" scritto da Elizabeth Kendall e pubblicato nel 1981, in cui descrive il suo rapporto con Bundy, conosciuto nel 1969 e con il quale aveva convissuto per alcuni anni.
Il Bundy di Berlinger (un Efron inquietantemente somigliante per modi e fisionomia), ricostruito nelle battute e nelle situazioni con perizia filologica (si vedano i filmati d'archivio sui titoli di coda), è un magnetico e affascinante manipolatore filtrato dalla prospettiva di una moglie (Collins) di lui disperatamente innamorata e incapace di accettare l'orribile verità. Nessun riferimento grafico diretto agli orrendi delitti del serial killer: tutto è incentrato sul Bundy personaggio, amorevole compagno e avvocato di sé stesso. Discreto.
MEMORABILE: La fuga; La dichiarazione di matrimonio in aula.
Parlare di uno dei più terribili psicopatici della storia senza mostrare nemmeno un frame dei crimini commessi è scelta assai audace, ma che alla fine risulta vincente. La regia di Berlinger sceglie un approccio più intimista scavando nella psiche malata di Ted e mantenendo comunque alto il livello di godibilità. Il tanto vituperato Efron si cala maestosamente nel ruolo di Bundy fornendo una maiuscola performance attoriale; un plauso va anche alla brava Lily Collins. Di un certo interesse i filmati d’archivio presenti nei titoli di coda.
Storia di uno dei più efferati serial killer della storia criminale degli USA, narrata senza mostrarlo in azione, ma adottando prima il punto di vista di una donna innamorata, poi raccontando le tappe della complicata vicenda giudiziaria. Ne emerge il ritratto di un manipolatore intelligente, narcisista, seduttivo nei confronti delle donne ed irritante con gli uomini (avvocati compresi), che continua a proclamarsi innocente anche se una ammissione di colpa potrebbe evitare la pena di morte. Efron fornisce un'interpretazione convincente, la migliore finora in carriera.
Rispetto ad altri film sul personaggio, qui ci si focalizza sulla vicenda dal punto di vista emotivo della compagna dell'epoca; si evitano del tutto i particolari cruenti delle sue malefatte e ci si concentra su tutto il resto, dai suoi rapporti con le donne alle celeberrime evasioni, fino a una parte finale da legal-thriller. Efron è ottimo e la ricostruzione d'epoca ben fatta ma il film risulta un po' dispersivo e il punto di vista femminile non offre dettagli più interessanti del solito; sembra durare troppo rispetto a quel che ha da dire.
Un film su un serial killer che non mostra (quasi) nulla degli efferati delitti dello stesso ma si concentra sul personaggio e su una delle sue più durature storie sentimentali. Il lavoro del regista mira a mostrare il lato fascinoso dell'uomo e cerca di capire i perché del suo successo con le donne. Il merito della riuscita del film sta nella buona ricostruzione della vicenda ma soprattutto sulle performance dei due protagonisti, Zac Efron che rende bene il fascino di Bundy e Lily Collins che restituisce la fragilità della sua compagna.
Pensando a Effron e al titolo si potrebbe pensare a un gangster movie banalotto; invece è un biopic interessante, prevedibile in certe sue parti ma gestito con intelligenza e collocando bene i suoi attori. Paga la scelta di approfondire il lato umano degli stessi tralasciando ogni tentazione di sfruttare i dettagli macabri degli omicidi e (scusate la battuta) di carne al fuoco ce ne sarebbe stata tanta. Nel complesso forse 10-15 minuti di troppo.
La storia di uno dei più celebri ed efferati serial killer degli Stati Uniti è portata in scena con una quantità di violenza pressoché nulla. Ci si concentra invece sulle vicende giudiziarie e, soprattutto, sulle persone più vicine a Bundy, che per molto tempo non videro oltre le apparenze. Efron riesce a incarnare questa affabilità superficiale sotto la quale ribolle l'istinto omicida, puntando alla simpatia del pubblico oltre che della giuria e palesando la propria natura in modo inconfutabile solo nel finale.
MEMORABILE: La proposta di matrimonio in aula; "Hacksaw".
Materia difficile da trattare senza cadere nell'exploitation (il biopic del 2002) o nel didascalico (quello del 2003). Berlinger, autore dell'esaustiva docuserie Netflix, evita l'uno e l'altro estremo: non mostra gli omicidi e non dà un resoconto dettagliato degli eventi. Tutto ruota attorno al dramma della compagna di Ted, costretta a vivere per anni nell'incertezza circa la colpevolezza dell'amato. Il killer manipolatore per eccellenza riesce a far dubitare persino noi spettatori. Grande suspense e ottimo cast (la Collins e Efron su tutti).
MEMORABILE: Le immagini di repertorio; La fuga di Ted dalla finestra; Ted Bundy superstar durante il processo; Le parole di Malkovich dopo la sentenza; Il finale.
Scelta coraggiosa di Berlinger che mette in piedi un film su uno dei più famosi serial killer della storia senza mai mostrare un solo delitto, inquadrandolo solo attraverso i filmati d'epoca ricostruiti ad hoc e le memorie della donna che più di ogni altra ha vissuto con lui. A un certo punto sembra quasi che la sceneggiatura voglia mettergli un vestitino da innocente addosso. E invece la terribile verità arriva negli ultimi, incredibili minuti del film. Efron superlativo e un cameo di Malkovich altrettanto strepitoso.
MEMORABILE: Le parole finali del giudice: "Abbia cura di sé, figliolo. Dico sul serio! Lei è un giovane brillante, avrebbe potuto essere un ottimo avvocato...".
Dopo tanti documentari era quasi obbligatorio che uscisse un biopic su una personalità così diabolica e controversa, eppure molto affascinante. Era altresì doveroso (ma non scontato) sorvolare sui proclamati omicidi (già sviscerati ampiamente in passato) e soffermarsi, invece, sul lato intimo e umano (se qualcosa di umano c'è mai stato) di Bundy. Efron ci regala un'interpretazione sorprendente e spontanea, aiutato notevolmente anche dalla somiglianza fisica ma, soprattutto, dal talento. La pellicola, sforbiciata di più, sarebbe stata notevole.
Il titolo rinvia (goffamente) allo scopo della pellicola in quanto il focus non è sugli atroci delitti ma sull'abilità manipolatoria del protagonista: narcisista patologico da manuale, il nostro riesce a instillare il dubbio nelle donne della sua vita (Efron molto bravo); interessante la ricostruzione ambientale (con relative musiche coeve) ma una maggiore compattezza del plot avrebbe giovato. In definitiva consigliato, ma solo se volete approcciarvi alla personalità del soggetto; gli altri rischierebbero delusioni.
MEMORABILE: La fuga dalla finestra; I tentativi di evitare la pena capitale fino a quello estremo di confessare.
Ted Bundy, ovverosia l'uomo per il quale venne coniato il termine di serial-killer, ha qui il volto di Zac Efron (somigliante all'originale) in una confezione volutamente "rosa confetto", per nascondere e rafforzare il clima di perverse atrocità perpetrate. La malvagia malata essenza del criminale emerge lo stesso, pur essendo privilegiato il lato biopic su quello psicologico e sociologico. Dunque ugualmente disturbante, nel suo complesso.
Il regista, per non ripetere il già fatto sull'argomento, glissa sulla catena degli oltre trenta femminicidi limitandosi alla cronaca giornalistica per ritrarre "l'apparenza" del personaggio nel suo self control durante le sue performance da star televisiva e per la sua nonchalance di fronte alle varie condanne e alla sentenza finale. Il taglio adottato rende molto parziale l'immagine di questo killer estremo e anche il coinvolgimento dello spettatore si disperde in particolari marginali rispetto ai drammi evocati, che restano sullo sfondo. Efron ben calato nei panni di Bundy.
MEMORABILE: Le evasioni dal carcere; Le arringhe "da difensore di se stesso"; L'inutile cameo di John Malkovich; Il vero Bundy nei titoli di coda.
Dinanzi alla ovvia pruderie che poteva minare la riuscita del progetto, Berlinger indovina il punto di vista sulla carta più disturbante (pur se non nuovo), analizzando tanto le capacità manipolatorie del soggetto Bundy quanto la disponibilità alla persuasione di alcune sue vittime indirette (Karol Ann e Lily). E se il film perde quasi fisiologicamente il filo nei rivoli processuali e nella crisi di coscienza della "fidanzata", drammaturgicamente tiene bene la tensione. Convincenti Efron e la Scodelario mentre la Collins ha il ruolo più improbo. Di sarcastico sangue freddo Malkovich.
Con la sua dietrologia subliminale per sottrazione, Berlinger ha la meglio sul truecrimeofilo che ne sa una più del serial killer: davanti all'aferesi, il beneficio di ogni ragionevole dubbio è contagioso. Non esplicita alcuno dei suoi 37 omicidi, né mostra mai Bundy per come era, ma per lo stinco di santo e l'abile giurista che voleva farci credere che fosse. O che avrebbe voluto essere. Quasi un retropensiero, che contamina l'asse percettivo vestendo lo psychodrama della toga giudiziaria. Nel poligrafico test, sempre trainante, splende un Malkovich alla sua prova più commovente.
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DiscussioneZender • 5/05/19 13:46 Capo scrivano - 48841 interventi
Bubobubo, i cast è bene non riempirli troppo o diventano pagine inguardabili. Una volta che si mettono una ventina/trentina di attori aggiungendo magari qualche n.c. nel caso di attori conosciuti si è già fatto un lavoro perfetto, grazie.
DiscussioneRaremirko • 5/05/19 22:17 Call center Davinotti - 3863 interventi
L'ennesimo film sul personaggio, wow (ricordo un bravo Cary Elwes come Bundy, per dire).
Efron è sempre più bravo, vorrei proprio vederlo.
DiscussioneRaremirko • 5/05/19 22:19 Call center Davinotti - 3863 interventi
Ma il regista è Berlinger, quello di Blair witch 2!!
Visione obbligata; lui fece pure un altro film documentario su Bundy peraltro.
DiscussioneZender • 6/05/19 08:55 Capo scrivano - 48841 interventi
Bubobubo ebbe a dire: Va bene Zender, scusa per l'eccesso di zelo ;) E' comunque sempre apprezzato.
DiscussioneRaremirko • 7/03/21 23:16 Call center Davinotti - 3863 interventi
Buon biopic con un grande Efron ed un cast interessante (Osment non l'avevo riconosciuto, giuro, e c'è pure Hetfield dei Metallica!); del Bundy sadico viene mostrato praticamente solo mezzo omicidio e per lo più viene mostrato il Bundy normale, persino fidanzato; scelta discutibile ma originale.
Inquietante il fatto che un personaggio del genere avesse molte ammiratrici donne che ben sapevano il fatto che si trattasse comunque di un pluriomicida..
Ottima confezione e il dotato Berlinger dedicherà al serial killer pure un documentario di 4 ore.
DiscussioneDaniela • 8/03/21 02:55 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Raremirko ebbe a dire:
Inquietante il fatto che un personaggio del genere avesse molte ammiratrici donne che ben sapevano il fatto che si trattasse comunque di un pluriomicida.
Inquietante ma non certo raro. Per restare a casa nostra, basti pensare alle centinaia di lettere di ammiratrici ricevute in carcere da Angelo Izzo (assassinio del Circeo) o da Pietro Maso (genitori ammazzati). Da ex femminista mi costa ammetterlo, ma c'è una buona fetta di donne che sono attratte dai "cattivi ragazzi" per motivi che faccio molta fatica a comprendere...
Per tornare al film, concordo quando definisci la scelta operata dal regista come "discutibile ma originale". In effetti, a distanza di qualche tempo, il film si è restato impresso proprio per questo aspetto, non mostra i delitti ma li fa solo immaginare, e sappiamo tanto possa essere potente l'immaginazione. Temo che altrimenti, nonostante la buona prova del protagonista, il film si sarebbe confuso nella marea di quelli con protagonista un serial killer, più o meno ispirato a figure reali.
Il film non l'ho visto, ma riguardo all'idea di mostrare un Bundy "normale" mi sembra buona. Probabilmente il regista voleva mostrarci quanto il male possa nascondersi sotto una facciata apparentemente tranquilla. Ovviamente parla da "ignorante" non avendo visionato la pellicola.
DiscussioneRaremirko • 8/03/21 22:49 Call center Davinotti - 3863 interventi
Daniela ebbe a dire:
Raremirko ebbe a dire:
Inquietante il fatto che un personaggio del genere avesse molte ammiratrici donne che ben sapevano il fatto che si trattasse comunque di un pluriomicida.
Inquietante ma non certo raro. Per restare a casa nostra, basti pensare alle centinaia di lettere di ammiratrici ricevute in carcere da Angelo Izzo (assassinio del Circeo) o da Pietro Maso (genitori ammazzati). Da ex femminista mi costa ammetterlo, ma c'è una buona fetta di donne che sono attratte dai "cattivi ragazzi" per motivi che faccio molta fatica a comprendere...
Per tornare al film, concordo quando definisci la scelta operata dal regista come "discutibile ma originale". In effetti, a distanza di qualche tempo, il film si è restato impresso proprio per questo aspetto, non mostra i delitti ma li fa solo immaginare, e sappiamo tanto possa essere potente l'immaginazione. Temo che altrimenti, nonostante la buona prova del protagonista, il film si sarebbe confuso nella marea di quelli con protagonista un serial killer, più o meno ispirato a figure reali.
Si e non è una cosa bella il fatto che il bullo, il cattivo, eserciti tutto questo fascino...boh...
E comunque di Bundy esce un ritratto sin troppo umano; gli altri film eran più lineari ma anche più veri nel mostrarlo sadico e crudele.
DiscussioneRaremirko • 8/03/21 22:49 Call center Davinotti - 3863 interventi
Caesars ebbe a dire:
Il film non l'ho visto, ma riguardo all'idea di mostrare un Bundy "normale" mi sembra buona. Probabilmente il regista voleva mostrarci quanto il male possa nascondersi sotto una facciata apparentemente tranquilla. Ovviamente parla da "ignorante" non avendo visionato la pellicola.
Si, ma sarebbe come mostrare un Riina che accarezza i figli o un Hitler che gioca col cane...