Roger Waters: This is not a drill - Live from Prague - Film (2023)

Roger Waters: This is not a drill - Live from Prague
Locandina Roger Waters: This is not a drill - Live from Prague - Film (2023)
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MMJ Davinotti jr
Titolo originale: Roger Waters: This Is Not a Drill - Live from Prague
Anno: 2023
Genere: musicale (colore)

Cast completo di Roger Waters: This is not a drill - Live from Prague

Note: Versione cinematografica del tour omonimo del 2023.

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La nostra recensione di Roger Waters: This is not a drill - Live from Prague

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Nuovo tour per Roger Waters dopo US + THEM, dal quale mutua l'idea base di mescolare musica e invettive contro il potere attraverso messaggi giganteschi sparati sugli schermi. Il nuovo palco propone un impianto luci strepitoso e un videowall gigantesco a forma di croce che, sospeso sulle teste della band, mostra animazioni di gusto sopraffino e per l'appunto messaggi fulminanti contro le guerre e gli oligarchi che dominano il mondo, moniti a caratteri cubitali che si materializzano creando un bel collegamento con le canzoni, lasciando subito capire come Waters sia prima di tutto compositore e autore dei suoi pezzi (nonché...Leggi tutto di buona parte di quelli dei Pink Floyd).

Non c'è spazio per le mezze misure, nello show: volano gli insulti, si prendono con veemenza le difese dei popoli indifesi e degli oppressi, come se la musica servisse da semplice accompagnamento per veicolare messaggi universali di pace e di odio nei confronti di chi domina le masse (rappresentate per esempio dalle pecore di "Sheep"). L'apertura è altamente d'atmosfera, con "Comfortably Numb" rivista nella recente chiave watersiana: lo schermo gigante rimanda le immagini altamente suggestive del videoclip relativo, i tempi della canzone vengono rallentati, le chitarre di Gilmour (che davano vita a uno degli assoli più celebrati della storia del rock) rase a zero e sostituite da tappeti di tastiere che restituiscono un brano assai diverso dall'originale. La band è totalmente in ombra, mentre suona, in attesa che lo schermo a croce si sollevi e prenda la posizione che manterrà poi per l'intero concerto.

L'energia si sprigiona con la successiva "The Happiest Days Of Our Lives", a cui segue immancabilmente "Another Brick In The Wall parte 2" e, subito dopo, pure "parte 3" (come nel tour di US + THEM) in un bel sunto dei momenti più noti e trascinanti di "The Wall". Esecuzioni impeccabili, qualche ammodernamento, suoni molto meno sintetizzati rispetto al 1979. Un ottimo break, al quale segue inattesa "The Powers That Be", da "Radio Kaos" (il secondo, sottovalutato disco solista di Waters), rivista in meglio e giustamente recuperata. "The Bravery Of Being Out Of Range" riassume molto del pensiero dell'artista ed è una tappa fissa dei suoi concerti, con lo schermo che si popola di scritte, grida d'aiuto... Il brano tuttavia non è fenomenale e si dilunga oltremodo. Arriva poi l'inedito "The Bar", estesa composizione scritta durante il Covid e qui spezzata in due parti (la seconda in chiusura), in cui lo spirito più cantautorale di Waters si concretizza (come in altre occasioni) in brani poco incisivi e stanchi.

Meglio il ritorno ai Floyd di "Have a Cigar", con inevitabile ricordo di Barrett (e relativi video che passano sullo schermo), che prosegue con "Wish You Were Here" e le parti meno note della suite "Shine On You Crazy Diamond". Un breve aneddoto in cui Waters ricorda un giorno con Barrett a Las Vegas nel '68 (in realtà era il '67, Barrett lasciò i Floyd a Gennaio 1968 dopo pochi concerti in Inghilterra) quindi "Sheep" (uno degli highlights del concerto) e la consueta mascherata da "The Wall" con uniformi e martelli (si suonano "In The Flesh" e "Run Like Hell", che cantata da Waters surclassa la versione "Pink Floyd" con Gilmour e altri alla voce). Subito dopo, un ritorno al presente con "Déjà Vu" dall'ultimo disco e a seguire l'intero secondo lato di "The Dark Side Of The Moon" (nel tour di US + THEM aveva cantato solo il primo) e la presentazione dei due brani finali, "Two Suns In The Sunset" (inatteso recupero da "The Final Cut") e "The Bar" parte 2, al quale viene incollata, senza soluzione di continuità, "Outside The Wall".

Nel contesto generale, maiali che volano (pure pecore, in "Sheep"), raggi di luce, centinaia di volti che appaiono e scompaiono sul megaschermo, intermezzi di Waters che pontifica contro il nucleare o contro i dittatori di ieri e oggi in un clima acceso che mostra quanta energia l'uomo abbia ancora in corpo a ottant'anni, stemperata da siparietti amichevoli in cui Waters discorre a voce bassa con il pubblico, brinda con i musicisti sul palco, parla della moglie e del fratello recentemente scomparso. Nella scelta dei brani non si è retrocessi oltre il 1973 di "Dark Side" lasciando fin troppo spazio a cantautorate spesso anonime come l'ultima "The Bar". Detto di una scenografia spettacolare ma piuttosto monotona, non particolarmente fantasiosa e derivata, anche concettualmente, da quella del tour precedente, il concerto è piacevole ma sembrano mancare una vera spinta innovativa (ci si adagia troppo sugli schemi collaudati da US + THEM) e una scelta dei brani più oculata (chiudere con "Two Suns In The Sunset" e "The Bar" non è esattamente il massimo).

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 24/07/25 DAL DAVINOTTI
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Cotola 25/07/25 18:31 - 9661 commenti

I gusti di Cotola

Versione cinematografica del concerto di Waters a Praga. A colpire è in primis la scenografia, con l'impianto luci che mozza il fiato e il mega schermo a forma di croce su cui si susseguono ininterrotte immagini, slogan urlati e frasi che si abbinano alle canzoni. Sotto quest'ultimo punto di vista la selezione è molto buona e va al di là dei classici: c'è spazio anche per una splendida versione di "Sheep" e un inusuale, ma gradito, recupero di "Two Suns in the Sunset". Ci si emoziona tanto al di là degli ovvii proclami politici e si vorrebbe tanto essere lì a godersi lo spettacolo.

Il ferrini 26/07/25 01:41 - 2804 commenti

I gusti di Il ferrini

Ultimo trascinante urlo di Roger. A Milano è stato travolgente, in sala è un'esperienza diversa, che riduce l'energia della condivisione ma permette di apprezzare altri particolari, relativi all'esecuzione (il poliedrico Carin, ormai considerabile un Floyd o le due straordinarie coriste) e soprattutto i sottotitoli. La scaletta è di fatto un concept e porta in scena capolavori snobbati da Gilmour (Mason è un'altra storia) come "Sheep", "Have a Cigar", "In the flesh", quest'ultima legata a un'assurda polemica per fermare il tour. Monumento alla pace e ai diritti umani.
MEMORABILE: Parlando di Syd: "Quando perdi qualcuno che ami, serve a ricordarti che 'questa non è un'esercitazione'".

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