E' un film davvero strano, REPULSION. Le tematiche del cinema di Polanski ci sono già tutte, a partire dall'attanagliante senso d'angoscia che solo lui è capace di imprimere nei suoi film quasi come un marchio di fabbrica. L'etereo vagare di Carol Ledoux (una Catherine Deneuve incantevole come non mai) ci trasporta in un complesso labirinto di paranoie che si materializzano davanti ai suoi occhi. L'insistente silenzio che Carol oppone ad ogni domanda è il chiaro sintomo di un'implosione mentale fatalmente destinata a creare scompensi gravissimi. Noi sappiamo benissimo che la follia può scoppiare in tutta la sua virulenza da un momento all'altro,...Leggi tutto ma non sappiamo quando. E' per questo che nemmeno gli interminabili silenzi di cui è composto il film ci impediscono di soffrire con Carol. Inoltre la scelta del bianco e nero in un'epoca ormai dominata dal colore ha un significato preciso, e permette di giocare con le ombre e l'inconscio meglio che con il colore (non a caso due dei più angoscianti film di quegli anni, SUSPENSE e GLI INVASATI, sono in rigoroso bianco e nero). Polanski segue la sua protagonista ovunque, non staccando praticamente mai la macchina da presa dal suo viso candido e tormentato. E la Deneuve non recita, semplicemente si muove, con gli occhi sbarrati dall'inizio alla fine, in un mondo che per lei è popolato solo di fantasmi. REPULSION ha molti difetti, non ultimo un montaggio lento e presuntuoso che appesantisce la visione, ma è dotato di un'originalità non comune, che non arretra nemmeno quand'è da raccontare un paio d'omicidi piuttosto violenti.
L'angoscia fatta a film, ecco cos'è questo film. Come nei successivi Rosemary's Baby e L'Inquilino del Terzo Piano, che andranno a completare la cosiddetta "trilogia dell'angoscia", anche in questo caso il lavoro sugli spazi del regista è strabiliante. Ed ecco che l'appartamento in cui Carole si rifugia diventa il protagonista principale del film, opprimente e minaccioso, quasi fosse dotato di una coscienza propria. Dopo la visione viene voglia di dormire all'aperto, altroché. Strepitose anche le musiche di Chico Hamilton. Un must.
Lombrosiano, meno potente del previsto. Ci sono le linee guida tipiche del regista, ma mi pare che la preparazione dell’evento disastroso sia sproporzionata, non tanto per il tempo in sé, ma in relazione al poco che avviene nella fase (penso ai primi 45’), il che non accade nelle opere successive. Può essere che si sia voluto per farci partecipi del tedio dell’alienato, ma resta l’eccesso. Bellissimo l’ultimo quarto d’ora, ma non è facile arrivarci “contenti e sul pezzo”, benché sia stilisticamente impeccabile. Un poco sotto il "buon film".
Splendido. Efficacissimo nel puro meccanismo di suspense e angoscia, ma allo stesso tempo felicemente inserito nel cinema più libero, moderno e nouvelle vague del tempo, di cui ha sapori e atmosfere. Superba (e bellissima) Deneuve pedinata ossessivamente dalla camera, notevole anche la colonna sonora firmata dal valoroso batterista jazz Chico Hamilton, già sentito (e visto) in Piombo rovente. Assolutamente da non perdere.
Grandissimo film di Polanski, che costruisce un memorabile dramma psicologico incredibilmente angosciante ed inquietante. Parte piano per poi crescere lentamente ma gradualmente ed in maniera inesorabile, avvinghiando "senza pietà" nelle sue spire gli spettatori. Grande sceneggiatura (con pochi e scarni dialoghi), splendide scenografie, atmosfere riuscitissime, da urlo l'interpretazione della Deneuve. Tutto contribuisce a fare di questa pellicola una perla inimitabile (e tuttavia copiatissima) ed imperdibile per gli amanti del polacco e non.
Lasciata sola per alcuni giorni dalla sorella maggiore, la giovane manicure Caroline scivola nello spazio oscuro della sua "repulsione" per il sesso, per il cibo, per la vita. E il suo senso di inadeguatezza esplode, distruttivo. Dialoghi scarni, lo spazio ombroso e ristretto di un appartamento che diviene il teatro di una follia, efficace annebbiamento del confine tra realtà e paranoia, un finale ambiguamente consolatorio. Visivamente affascinante e coinvolgente sul piano emotivo.
Capolavoro. Se avete bisogno di un film per studiare la schizofrenia questo è il film che fa per voi. La Deneuve, oltre a essere bellissima, offre un'ottima interpretazione, coadiuvata da un cast secondario di rispetto. L'abisso di follia della protagonista coinvolge molto lo spettatore. Da citare la scena del corridoio, l'omicidio del fidanzato, il finale. Bianco e nero perfetto ed angosciante.
Pugno nello stomaco. Il Maestro Polanski aggredisce lo spettatore facendolo precipitare, insieme all'algida Denueve, nel baratro della follia umana. Uno dei percorsi più dolorosi che abbia mai visto al cinema, il lento e circolare disgregarsi della vita di una ragazza che nasconde i frutti della violenza nella propria mente verso un declino inarrestabile (ben rappresentato dalle crepe nel muro che la ragazza immagina). Un vero Horror (nell'accezione psicotica del termine). Capolavoro.
A fronte di un primo tempo lento e contaminato da certi stilemi da novelle vague, dove si delinea il carattere fragile e introverso della protagonista, nella seconda parte abbiamo un'accelerazione che scatena i fantasmi e la devastante paranoia di una Deneuve giovane e irriconoscibile (in senso positivo) capace di menare rasoiate a suon di jazz. Il senso di angoscia è accentuato dai silenzi prolungati senza sonoro (scelta funzionale ma esagerata). Grandi le trovate visive di Polanski, ritmo un po' datato. Notevole.
MEMORABILE: Le mani che escono dal muro. La vecchina ferma sullo sfondo mentre il corteggiatore parla con Carole.
È un film veramente speciale, curato fin nei minimi particolari e perfetto per quello che si prefigge: trascinare emotivamente lo spettatore, assieme alla bellissima protagonista, devastata mentalmente. Polanski descrive in modo preciso la pazzia della donna e la sua escalation, quando lasciata a se stessa, la repulsione verso l'altro sesso e verso il sesso, lasciando emergere di quando in quando, però, il suo essere donna, quindi repulsione e desiderio al tempo stesso. Polanski non salva comunque l'uomo e i suoi comportamenti, tranne chi ama.
Il senso di estraneità della protagonista è il fulcro della pellicola; pellicola che identifica il regista Polanski dalle prime scene. Introspettiva è la parte - alquanto deviata - della ragazza Carol che, abbandonata a sé stessa per qualche giorno, cade in un turbine mentale e fisico che annienta ogni sua volontà, tranne quella di diffidare del prossimo, agendo di conseguenza. Fuoriescono confusi traumi passati subiti che, rievocati ogni giorni, torturano Carol sino allo smembramento della realtà/irrealtà. Un buon film in b/n, allucinogeno.
Nella foto di famiglia, vediamo una graziosa bambina bionda che sembra guardare altrove, con l'aria smarrita. Solo nell'ultimo fotogramma, zoommando, scopriamo che il suo sguardo esprime altro, forse fornendo la chiave del mistero di una follia muta, per la quale l'unica alternativa al sonnambulismo è la scatenarsi di una violenza assassina, mentre l'appartamento diventa specchio della mente, lacerato da crepe, popolato di mostri, con pareti mobili, cedevoli oppure irte di mani. Deveuve fragile, bellissima, in uno dei migliori film del primo Polanski.
MEMORABILE: La mummia al salone di bellezza - Il corridoio da cui escono le mani che stringono Carol
Qui c'è molto. Si parte dal titolo, quasi uno spoiler vista "l'avversione verso" che incombe perenne. Il rifiuto categorico e palpabile, che imprigiona senza fine il terribile mondo della protagonista. La strabellissima e bravissima Catherine Deneuve basta e avanza a completare il prodotto, perché è lei l'origine e la fine. La regia è ottima, non si possono negare il merito e il rispetto artistico (almeno quello, rimane). La visione tesa e drammatica non resta senza code emotive, di quelle forti. Disperata ragazza e disperatamente bello questo film.
Polanski, agli esordi all'estero, mostra la follia in maniera piuttosto esplicita: una ragazza si rinchiude dentro casa e uccide chiunque tenti di penetrare nel suo "antro". Metaforicamente può essere visto come la battaglia fra il nostro ego e l'esterno. E fino a che si parla in astratto in questo film va tutto bene. Ma analizzando la pellicola notiamo che tranne l'interpretazione della Deneuve, il film fa acqua: musica inesistente, montaggio lento e una regia che punto troppo sui vari elementi simbolici. Il vero Polanski si vedrà in seguito.
MEMORABILE: Le varie scene piuttosto inquietanti dell'uomo dentro casa immaginato dalla protagonista.
La sessuofoba protagonista Carol (una spiritata Deneuve) si rinchiude nel suo appartamento/Psiche e completa la sua lenta ed inarrestabile discesa verso la follia. Polanski fonde in un insieme coerente atmosfere da Nouvelle Vague, surrealismo (strepitosi i momenti onirici), dialoghi da teatro dell'assurdo, un pizzico di grottesco e tanti simboli. Il risultato è un film originale e angosciante, capace come pochi di lasciare traccia nello spettatore sia visivamente che emotivamente.
Storia di una schizofrenia che lentamente, fra deliri, allucinazioni, dispercezioni, precipita in un baratro infinito, accompagnato da violenti delitti. Alcuni dei temi tipici di Polanski come la follia, gli ambienti chiusi e quotidiani, la non aderenza alla realtà, sono forse troppo limitati da una trama poco articolata che fa di questo film più un racconto scientifico che altro. L'occhio della protagonista che da bambina è insieme a suo padre, può spiegare il perché di tanta repulsione per il sesso? Da interpretare...
Dopo essersi espressa in uno spazio simbolico (la barca), la claustrofobia polanskiana approda allo spazio quotidiano (la casa: prima di una serie di appartamenti diabolici) e a quello psichico. È dal sordo smarrimento di una giovane donna che prendono forma inquietanti allucinazioni di distruzione della casa e del corpo (notevole il coniglio in decomposizione). Un film avviluppato alle contorsioni mentali della protagonista (seguita in lunghi primissimi piani), ai suoi silenzi e alle sue paure, e perciò spietatamente angosciante.
Polanski ci cala nella follia di una giovane, chiusa in un appartamento dove non c'è scampo dai suoi demoni e paranoie. In realtà la semplice storia nasconde inquietanti metafore d'incesto, violenza e rifiuto. La Denueve, solo ventiduenne, è splendida e interprete essenziale, il suo sguardo perennemente lontano e disinteressato a tutto e tutti. Elegante bianco e nero, effetti minimali e sonoro utilizzato in maniera intelligente; ogni elemento è gestito alla perfezione. Giusto un paio di scene dilungate, ma le perdoniamo molto volentieri.
MEMORABILE: Le silenziose scene di violenza sessuale; il primo cadavere nella vasca.
Primo della ideale trilogia Polanskiana su donne ossessionate in case maledette, Repulsion è semplicemente un capolavoro ad orologeria. Muovendosi abilmente ai margini degli stilemi del thriller horror, Polanski e il fido sceneggiatore Brach ci immergono nella progressiva nevrosi catatonica di Carol (una Deneuve perfetta nella sua inerte bellezza) attraverso una serie di dettagli (in) significanti capaci di trasformare la quotidianità in panico e angoscia. Saturo di idee, denso di rumori, non gli manca neanche un cinico e misogino sense of humour.
MEMORABILE: Le crepe che pian piano berciano i muri e il cervello di Carol; la Signora col cagnolino che "spia" Carol e Colin; la cartolina con la torre di Pisa.
Una bellissima Deneuve che in un ruolo non facile mostrava già quelle doti e quelle capacità naturali che l'avrebbero innalzata nell'Olimpo cinematografico. Il bianco e nero si mescola bene alle urla mute e l'insieme fa rendere al meglio elementi di psicopatologia quali ansia, disturbi ossessivo compulsivi... il film non esagera, perché sono sintomi e patologie che se non vengono trattati portano diritti alla pazzia. Polanski l'ho seguito a fasi alterne, ma quest'opera è ottima.
Grande Polanski, costruisce un thriller psicologico tesissimo, con un notevole bianco e nero e una Catherine Deneuve semplicemente perfetta. La follia che man mano si impossessa della protagonista trascina con sè lo spettatore nel disordine mentale creato dalla regia di un magistrale Polanski. Ottimo.
Interessante dramma psicologico tutto polanskiano, girato in un bianco e nero tetro ed avvolgente, quasi a rappresentare l'universo buio ed angoscioso della disturbata protagonista (interpretata da una splendida Deneuve, fragile ed affascinante al tempo stesso, brava a recitare tramite gli sguardi). Il film ha l'unico difetto di metterci un po' troppo ad ingranare, col rischio di annoiare un po' nel primo tempo; ma la seconda parte è indubbiamente efficace, ricca di sprazzi onirici allucinati e dal mood funereo. Imperfetto, ma altresì fascinoso.
Il film definitivo sulla paranoia, coerente, completo e senza divagazioni, tutto incentrato sulla sua protagonista con relative ossessioni. Interessante, dal punto di vista formale, il suo alternare frammenti stilisticamente molto in anticipo sui tempi (con scene oniriche che preannunciano alcuni deliri fulciani) a sequenze quasi in stile Nouvelle vague, con lunghe riprese in esterni dal sapore deliziosamente sixties. Qualche lentezza, ma funzionale al personaggio. La giusta premessa per quello che sarà, tre anni dopo, il capolavoro del regista.
La giovane, innocente (?) Carol repelle la carne, la lascia marcire come lascia marcire la sua casa e se stessa dentro di essa, metafora della sua sessualità repressa. Polanski fa della sua antieroina il fulcro stesso del dramma e la Deneuve indubbiamente ci mette del suo dando un'interpretazione ottima. Il senso di claustrofobia invadente è crescente durante tutto il film per sfociare nei due apici di drammaticità (maggiore il secondo col padrone di casa). Il ritmo non è sempre reso al meglio ma la regia è sempre decisa e al contempo garbata.
MEMORABILE: La passeggiata in giro per Londra della Deneuve; Il corridoio delle mani.
Versando nuovo combustibile sul fuoco del thriller acceso da Siodmak e Hitchcock, Polanski getta le basi per il suo capolavoro L’inquilino del terzo piano: un surrealismo orrifico e una macabra poetica degli oggetti in cui la psicosi individuale cresce a poco a poco sino alla deflagrazione innescata dall’isolamento in un luogo tetro ed angusto. Il quadro è in un livido bianco e nero che infittisce la coltre d’impotenza e angoscia, mentre la Deneuve, attonita e sessuofoba, fornisce un saggio interpretativo memorabile.
MEMORABILE: La Deneuve aggredita dalle mani che fuoriescono dai muri; l'aggressione allo spasimante.
500 caratteri son troppi, o forse, troppo pochi! Basterebbe definirlo film perfetto: autorale, magnetico, una Deneuve inedita... una storia malsana e coraggiosa come davvero poche se ne son raccontate. Le scene mute e silenziose degli stupri sono agghiaccianti e dalla seconda metà del film la tensione si taglia col coltello e si salta spesso sulla sedia. Straordinario lavoro di gruppo che fra musica regia e fotografia stordisce e disorienta. Ottime le scenografie e gli spazi che si dilatano e restringono a seconda degli stati d'animo.
Inquietante film sulla discesa di una giovane ragazza nel turbine della paranoia, della repulsione e infine della follia. Regia perfetta, inquadrature da manuale, angoscianti le scene mute con solo il ticchettio delle lancette; i muri prima si screpolano e poi escono delle mani per afferrare la protagonista, altra idea geniale. Certo, ci vogliono due caffè per superare un pezzo lento della parte centrale, ma nel complesso il film cattura e ti inchioda sulla sedia, ad aspettare cos'altro accadrà.
MEMORABILE: Tutti gli anziani vicini che solo alla fine arrivano nell'appartamento a curiosare; "Io vado a prendere del brandy".
Nessun regista scava nei meandri della psiche come Polanski e questo capolavoro lo dimostra. La Deneuve è una bella estetista che soffre di turbe maniaco-depressive. La sua follia degenera sempre più quando viene lasciata sola in casa sino a uccidere. Claustrofobico e angoscioso, con un bianco e nero espressionista, sconfina a tratti nell'horror come farà in Rosemary's baby.
MEMORABILE: Le crepe e le mani sul muro; La foto finale.
La progressione della nevrosi di Carol, accentuata dalla partenza della sorella (suo fragile punto di riferimento), si dipana in crescendo verso un tragico epilogo. Il malessere della giovane protagonista e l'impalpabile disagio sessuofobico, messo in moto da chissà quali cause, trovano nella Deneuve una straordinaria interprete. Esemplare la sequela di tecniche usate dal regista, distribuite tra esterni accecanti e interni claustrofobici, tra normalità quotidiana e incubo, sintesi degli stilemi degli anni '60 tra nouvelle vague, noir e jazz avvolgente.
MEMORABILE: Lo spaesamento di Carol sola in casa; Il coniglio in putrefazione; L'efficacia espressiva della col. sonora; L'istantaneo omaggio a La dolce vita.
Per caritá... montaggio, scenografia, primi piani, trucco, parrucco e ambientazioni curatissime. Atmosfera raffinata, senz'altro accuratamente ricercata. Però... che noia! Capisco l'intenzione di far scivolare lo spettatore negli stati d'animo, nonché psichici della Deneuve: lentamente, inesorabilmente, come la goccia che pian piano scava la roccia, o come l'orologio onnipresente che scandisce il tempo della inevitabile follia, ma se cercate un minimo di azione o di colpi di scena... arriveranno solo negli ultimi venti minuti.
Questa magnifica opera sveste di ogni abito i guardaroba della follia, poi fa indossare tutto allo spettatore, che si ritrova inerme, quasi ipnotizzato, davanti ai silenzi mutevoli di Catherine Deneuve. La solitudine rappresentata da Polanski fa paura, ogni angolo di quell'appartamento ha voci che inghiottono altre voci, mentre lo scorrere dei minuti - e persino dei secondi - è infinito, evidenziato con morbosa attenzione da una regia attenta, libera e volubile. Alla fine non resta che il fantasma di se stessi, il più pesante, il più pericoloso.
La lenta discesa nella follia vista con gli occhi di un inquietante Polanski. La sua cinepresa si attacca in modo ossessionante al volto di un'algida e stupenda Catherine Deneuve, mostrandone i sintomi della malattia mentale. Dapprima una timidezza eccessiva, poi lo sfociare nell'istinto omicida. Il bianco e nero rende il tutto più livido, facendo apparire il viso della protagonista ancor più smunto per la sofferenza. Il regista mette in scena la repulsione, il disgusto più autentico nei confronti della vita, in cui ognuno può identificarsi.
Forse il miglior film di Polanski: contorto, incalzante, claustrofobico, morboso a livelli quasi insostenibili. La giovane Deneuve, volto angelico su cui spirano da subito folate d'orrore, incarna quella femminilità naturale ma forzatamente repressa (per ragioni incestuose, finanche inconsce? Tutto rimane al mero livello di supposizione) che esplode tra gli angoli di una casa-labirinto-trappola-utero-Unhemiliche mai così temibile. Si fregia della più rilevante colonna sonora polanskiana, tesa e astratta.
Un film non facile a causa della raffinata costruzione della tensione. Per mettere in rilievo lo sfascio progressivo di una mente (bravissima la Deneuve), il regista "spreca" quasi un'ora in un andirivieni apparentemente banale, ma ricco di presagi e ferite interiori. Tale lunga attesa dell'evento drammatico prepara psicologicamente lo spettatore per gli ultimi minuti, assolutamente agghiaccianti: memorabile l'ultimo fotogramma, una immagine infantile che, a posteriori, si carica di una forza infernale spaventosa.
Un Polanski agli esordi ma già capace di creare tensione e memorabili sequenze surrealiste (le crepe improvvise, le mani che escono dalle pareti) dal grande impatto visivo. Il film è una lenta ma inesorabile discesa all'inferno di una psiche profondamente disturbata, quella di una Deneuve perfetta per il ruolo. Gran parte della vicenda si svolge in un appartamento, ideale per l'atmosfera claustrofobica che il regista intende trasmettere. Nonostante gli anni mantiene intatto il suo fascino, gran montaggio sonoro e musiche efficaci. Notevole.
MEMORABILE: Lo spazzolino da denti; Il coniglio in putrefazione; Il fotogramma finale.
La mente è un abisso profondo all’interno del quale Polanski prova a guardare con fervido interesse. Nella prima parte prepara il terreno al peggio, introducendo la figura di Carol e approfittando di una Catherine Deneuve che sin dai primi fotogrammi dimostra una bravura non indifferente nel lasciar trasparire il disagio psichico e le turbe mentali della giovane efebica. I silenzi e i dettagli su cui si sofferma la cinepresa arricchiscono il quadro d’insieme di un’opera sopra la media che mantiene inalterato nel tempo un fascino morboso.
MEMORABILE: Gli incubi sessuali; Le fratture delle pareti; Le mani che escono dai muri; Le patate e il coniglio; Gli sguardi assenti di Carol.
Il film più nouvelle vague di Polanski, che pur senza arrivare alle vette di Rosemary e L'inquilino già ne anticipa la poetica alienata in cui la paranoia (e l'orrore) del(la) protagonista nascono all'interno del suo inospitale appartamento (set principale e quasi unico), con la corte dei vicini impiccioni e insieme indifferenti che si palesa solo nel finale. La Deneuve schizofrenica e sessuofobica è quasi irriconoscibile, bellissima la fotografia espressionista in bianco e nero. Col senno del poi è facile trovarlo acerbo, ma solo se confrontato ai capolavori successivi.
MEMORABILE: Le crepe nei muri; La sforbiciata durante la manicure.
In netto bianco & nero questo film, come l'abito di monache frust(r)anti, nero come le crepe che si aprono nei muri, pareti di una mente che va in pezzi, nero come il buio profondo di una notte perenne, nero come la follia che attanaglia lentamente. Non ci sono candele accese ad illuminare l'oscurità di una psiche spezzata, ma usate solo come spazza demoni, quelli che hanno reciso un fiore, forse da bambina. L'abuso sessuale genera mostri, come il sonno della ragione, e solo Goya in pittura, Polanski in pellicola, possono rappresentarli. E il dolore, tra(s)muta un Angelo in Demone.
Estetista inizia ad avere allucinazioni. Polanski, di una precisione imbarazzante, inscena una deriva esistenziale che deflagra in un crescendo evitando sensazionalismi. Lo scavo è costante ed evita plateali derive horror (anche se gli ingredienti ci sarebbero) preferendo un registro angoscioso. La Deneuve è da elogiare per come sacrifica la sua bellezza indossando una maschera sociopatica più spaurita che folle. Le ambientazioni londinesi danno un tocco di leggerezza in contrapposizione all'appartamento che diviene prigione. Fondamentali anche i piccoli rumori casalinghi.
MEMORABILE: Le braccia che fuoriescono dai muri; La Deneuve che stira senza corrente; La fotografia che indica il malessere.
Con “Repulsione” Polanski inaugura la poetica del luogo (im)perfetto; un’alcova, un teatro, un pied-à-terre dove nascondere o esibire fobie embrionali e sentimenti d’irrealtà. La corsa verso il baratro della follia di Carole, inizialmente distaccata, poi debolmente aggressiva ed infine distruttiva, si materializza con un gusto per il macabro incredibile. Catherine Deneuve, nel suo climax onirico e imperturbabile, è spaventosamente bella.
Non c'è dubbio che una delle location predilette da Polanski sia l'appartamento e i misteri che esso nasconde: qui, a esempio, la casa diviene specchio di una mente distorta i cui traumi si capiranno nell'agghiacciante finale. Attraverso il sinistro personaggio dell'algida vergine (interpretato da una brava Deneuve imbambolata secondo copione), il regista dimostra inoltre di saper indagare nell'animo femminile, evidenziandone le inibizioni sessuali (le mani che sbucano dalle parenti accarezzando il corpo di Carol e la foto della Torre di Pisa sono solo due delle numerose allusioni).
MEMORABILE: I passi nel buio; Gli improvvisi squarci sui muri; Il coniglio mutilato che appare a più riprese.
Film per nulla facile, pieno di splendide suggestioni e con un escalation di follia davvero degna di nota, ma incredibilmente lento. Quest'ultimo aspetto potrebbe rovinare la visione per chi apprezza dialoghi e battute, poiché di queste ce ne sono col contagocce. È tutto giocato sui grandi silenzi della protagonista e sulle sue visioni, quindi chi ama questo genere di atmosfere avrà di che lustrarsi gli occhi. Catherine Deneuve eccezionalmente brava in un film arduo, cupo e folle come spesso Roman Polanski sa fare. Non piacerà a tutti per l'assenza di ritmo, ma è un bel film.
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