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La nostra recensione di Giurato numero 2

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Se si prende un giurato e lo si piazza in camera di consiglio a ragionare con i suoi pari sulla colpevolezza di un imputato, il termine di paragone – al cinema - non può che essere il classico di Lumet, al quale Eastwood guarda inserendo tuttavia una variante fondamentale: l'Henry Fonda della situazione, in questo caso, si chiama Justin Kemp (Hoult) ed è lui ad aver involontariamente ucciso colei sulla quale sono chiamati a decidere. Per fatale coincidenza, quindi, il protagonista finisce a dover giudicare le colpe di chi sa benissimo non avere responsabilità alcuna, nella morte della povera ragazza.

...Leggi tuttoNell'antefatto, usciti da un bar dove avevano litigato, James (Basso) e Kendall (Francesca Eastwood, figlia di Clint) continuano a dare spettacolo insultandosi, prima di dirigersi sotto la pioggia apparentemente nella stessa direzione. Dallo stesso locale Justin (Hoult), che sedeva distrutto di fronte a un drink, è appena uscito a sua volta per mettersi alla guida. Il buio, la pioggia battente, una distrazione e lo schianto. Convinto di aver investito un cervo, Justin scende a verificare. Non vedendo nulla risale e cerca di dimenticare. Ma quando viene chiamato a fare parte della giuria che dovrà giudicare sulla morte di Kendall, capisce presto che non era affatto un cervo, quello che aveva investito. Con una moglie incinta sul punto di partorire (Deutch), nessuna voglia di far parte di una giuria in quel momento, Justin dovrà fare di necessità virtù, tentando di convincere gli altri giurati dell'innocenza di James senza ovviamente svelare di essere egli stesso il colpevole.

Una situazione anomala, che la sceneggiatura di Jonathan A. Abrams gestisce bene anche non potendo contare sulla tensione che spesso caratterizza i giudiziari di questo tipo (perché il genere questo è, con buona parte del film girato in aula). Conoscendo noi già come si sono svolti i fatti, resta da capire come Justin riuscirà a mediare tra il suo desiderio di non voler contribuire alla condanna di un innocente e quello di non finire lui, in carcere. Perché un amico avvocato (Sutherland) glielo dice chiaro: non hai denunciato subito l'accaduto; se lo fai ora rischi minimo trent'anni.

Nel frattempo, parallelamente, si muovono l'aspirante procuratrice (Collette) che rappresenta l'accusa e l'avvocato difensore (Messina), tra loro amici da tempo: lei è convinta di avere in mano le carte per far condannare James, lui del fatto che non sia James il colpevole. Nel mentre uno dei giurati (Simmons), un ex investigatore che ha lasciato la professione ma ancora sa come muoversi, decide di compiere ricerche per conto proprio.

Gli elementi per un film vario e intelligentemente strutturato non mancano, con forse solo la figura della moglie del protagonista a ritrovarsi in un ruolo piuttosto banale e scarsamente interessante. Hoult, non particolarmente carismatico, si affida a un'interpretazione trasognata, spesso assente, inevitabilmente combattuta, uno spazio interiore in cui convivono sentimenti contrastanti che Eastwood in regia sa rendere con la consueta bravura. E anche per questo il film, dai ritmi piuttosto blandi ma sufficientemente coinvolgente, si fa seguire nell'attesa di giungere a una conclusione soddisfacente. Che in parte forse manca, a dire il vero, ma che chiude un'ultima fase nella quale i sottintesi si sprecano e gli sguardi comunicano più delle parole.

Nel dialogo tra Hoult e la Collette sulla panchina di fronte al tribunale è racchiuso l’intero senso del film, una riflessione non qualsiasi sulla giustizia e la colpa. Eastwood non esce troppo dai canoni di genere cavalcandoli però con grande gusto e competenza, talora con la raffinatezza di chi ha sviluppato negli anni una maturità straordinaria nell’approccio ad ogni tipo di racconto. Non esistono scene non inserite nel punto giusto né dialoghi fuori posto, nessuno sale inutilmente sopra le righe. Ancora una bella prova da un regista che, superati abbondantemente i novant’anni, non smette di stupire per la solidità del suo cinema. Nulla di eccezionale in questo caso, ma non sempre si ha per le mani il materiale giusto per dirigere un capolavoro.

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Tutti i commenti e le recensioni di Giurato numero 2

TITOLO INSERITO IL GIORNO 15/11/24 DAL BENEMERITO RAMBO90 POI DAVINOTTATO IL GIORNO 17/11/24
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Rambo90 15/11/24 00:58 - 7887 commenti

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Partendo da un soggetto molto solido, Clint regala un colpo di coda interessante anche se imperfetto, destinato a creare dibattito nello spettatore su cosa sia bene o male e su quale sia il confine tra verità e giustizia. Nel farlo si avvale di un cast di gran classe, con un Hoult in parte e tanti altri caratteri ben scelti e ben rappresentati a volte anche in pochi minuti di film. Regia rigorosa, con una buona fotografia e inquadrature impeccabili. Verso la fine forse sembra correre un po', ma resta un buon film di impianto classico.

Il ferrini 19/11/24 23:07 - 2579 commenti

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Legal thriller di grande solidità, sia in fase di scrittura che di regia. Il vecchio Clint mostra ancora una volta tutta la fragilità e le contraddizioni del sistema giudiziario statunitense, omaggiando il capolavoro di Lumet ma ricordando anche il dilemma etico di Reservation Road. Attori diretti magnificamente, tensione senza tregua per due ore filate nelle quali dubbi e fantasmi affollano la mente del protagonista così come dello spettatore. Un ottimo film, che nonostante la lacunosa distribuzione nelle sale USA, in Europa si è riscattato. Finale da pelle d'oca.

Luluke 22/11/24 05:50 - 543 commenti

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Per (forse) chiudere la sua gloriosa, lunghissima carriera Eastwood, sceglie un soggetto classico, legandolo più a Lumet che al moderno legal thriller, con una variante narrativa che fornisce al film un taglio originale: una storia dentro la storia, come sua abitudine. Con risultato buono, ma non eccezionale. La sceneggiatura di Abrams, che gli offre la possibilità di una riflessione sulla (in)giustizia che si pratica nelle aule giudiziarie, è a tratti ridondante e il ritmo ne risente. La regia tende a essere troppo crepuscolare. Gli attori non bucano lo schermo. Da vedere, comunque.

Dave hill 22/11/24 07:29 - 172 commenti

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Eastwood decide che è arrivato il momento di ridare la parola ai dodici giurati. Aggiornandone un po' le pulsioni con inserimento di casalinghe che non si perdono una puntata di "True crime", detective in pensione e studentesse di medicina. E piazza l'ex ragazzetto zombi al posto di Henry Fonda, con sacrilegio già passato in giudicato. Gabriel Basso di nuovo alla sbarra. Dilemmi morali, dubbi sul sistema giustizia e clima ansiogeno per il povero spettatore, chiamato a vestire i panni del tredicesimo giurato e decidere cosa sarebbe giusto. No, il caso non è felicemente risolto.
MEMORABILE: Il giurato numero 2 butta la penna a terra come durante le interrogazioni a scuola.

Erfonsing. 2/12/24 19:09 - 90 commenti

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Nei film di Clint non ci sono buoni e cattivi, anzi, spesso le parti si invertono durante la proiezione e questo non fa eccezione. La storia è semplice e sorprendente allo stesso tempo e l'interpretazione di protagonisti e comprimari, compresi i cameo, meritano. Eastwood dirige come se avesse 94 anni, il che è un gran bel complimento. Ritmo vorticoso non perché veloce ma perché "a vortice", "a spirale", parte da lontano e stringe al collo senza mollare più. Finale degno del resto. Non mollare Clint, abbiamo bisogno di te.
MEMORABILE: Lo sguardo tra Hoult e Colette nell'ultima scena.

Paulaster 3/12/24 18:07 - 4730 commenti

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Giurato in una causa di omicidio è direttamente coinvolto nel caso. L'argomento giuria è stato ampiamente esplorato al cinema, da Lumet a Fleder; qui vi si aggiunge la nota della questione morale personale. Il novantenne Eastwood realizza comunque un film sufficiente senza avere una grande storia a disposizione; il caso giudiziario in sé ha poco scavo e le imbeccate per dare variazioni (il detective in pensione, la moglie incinta) stiracchiano la sceneggiatura. Il protagonista sembra più un modello che un ex alcolista alle prese coi sensi di colpa.
MEMORABILE: Coi tacchi; L’elenco delle auto incidentate; Il sopralluogo.

Caesars 4/12/24 10:39 - 3919 commenti

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L'utranovantenne Eastwood continua a dirigere il suo cinema in stile classico e lo fa con mano ferma e grande rigore morale. In questo caso l'associazione mentale col capolavoro di Lumet non può che scattare automaticamente (la situazione di partenza è esattamente la stessa: 11 giurati sono per la colpevolezza dell'accusato e solo 1 è contrario), ma questo non inficia la validità dell'opera, che riesce a interessare fine alla sua conclusione. Meglio di Hoult la Collette, che riesce a trasmettere perfettamente i sentimenti che animano il suo personaggio.

Rebis 6/12/24 13:28 - 2438 commenti

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Il cinema di Eastwood è lo stato di salute della coscienza civile - americana, certo, ma non solo. Inserendo nel film di Lumet una variabile fuori controllo, fa risalire il conflitto morale dalle fondamenta popolari della giuria ai vertici delle istituzioni. La giustizia è un mero dispositivo e la verità ha solo l'etica come garante: se il senso di colpa non si traduce in assunzione di responsabilità, non c'è evoluzione sociale né legittimità al potere. Film di cocente attualità, modulato in un classicismo impeccabile che dà voce al coro di una tragedia senza eroi e senza catarsi.

Daniela 10/12/24 00:25 - 13065 commenti

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A differenza di altri suoi illustri colleghi più giovani che farebbero meglio ad appendere il ciak al chiodo, il vegliardo Eastwood non ha perso la mano continuando a proporre film sempre diretti con solido mestiere anche quando meno convincenti che in altre occasioni. Qui propone una intrigante variazione del capolavoro di Lumet, sorretta da buone prove del cast ma non altrettanto dalla sceneggiatura, che presenta alcune forzature oltre a uno snodo centrale troppo affrettato. Nel complesso un film imperfetto ma interessante che si riallaccia a Fino a prova contraria per tematica.

Herrkinski 22/12/24 14:11 - 8539 commenti

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Dopo il divertissment di Cry macho, Eastwood torna a fare sul serio con un film che - nello stile del suo cinema classico - affronta problemi etici e giuridici della società americana, ma non solo; le responsabilità civili e dello Stato devono confrontarsi con la coscienza individuale e con gli scherzi di un destino crudele, a creare un dilemma morale sul quale anche lo spettatore si trova a riflettere. La struttura è simile al legal-thriller ma più snella, supportata da prove adeguate del cast e dalla regia di un Eastwood 94enne che ancora dà lezioni di classe e scorrevolezza.

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Capannelle 6/01/25 00:51 - 4528 commenti

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Notevole e permeato sin dall'inizio dell'aroma del cinema classico condotto con mano sicura e che non ha bisogno di ricorrere ad arzigogoli narrativi o personaggi esageratamente fuori dagli schemi. La vicenda appassiona sin dall'inizio anche perché bastano dieci minuti per entrare nel vivo dell'azione. Lo schema sembra ripercorrere il classico di Lumet ma si arricchisce poi di varianti e di dilemmi morali che non risparmieranno le figure chiave del racconto, assolutamente ben interpretate. E tutto sommato sembra ben calibrato anche il finale
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