il Davinotti

Giovane paramedico presta servizio notturno in ambulanza in coppia con un collega più scafato in una zona degradata di New York avendo continuamente a che fare con criminali, spacciatori, vittime di violenza domestica, malati di mente... Girato con uno stile nervoso e con la cinepresa attaccata alle costole e ai volti dei personaggi, un film molto duro e pessimista certo interessante ma inficiato da un sospetto di maniera, evidente soprattutto nella recitazione sopra le righe di Penn. Più contenuto e convincente Sheridan, che ben rende lo smarrimento crescente del protagonista.

Viaggio spaziale con migliaia di persone ibernate verso un pianeta da colonizzare. Lui si sveglia in anticipo di quasi cento anni per un difetto della sua capsula criogenica. Quindi fa in modo che lo stesso succeda a lei, la bella addormentata di cui si è innamorato. Avventura romance che si svolge tra alti e bassi sentimentali fino a quando si scopre che l'astronave rischia di saltare per aria e sarà lui a doversi incaricare di aggiustarla visto che (per buona sorte di entrambi) è un meccanico. Incredibile come un film che sembra sostenuto dal niente riesca comunque a farsi guardare.

Una ex-escort di lusso, ora madre e moglie, viene minacciata da un misterioso personaggio, venendo costretta a riaprire capitoli della propria vita chiusi da tempo. Complicato thriller che mette nell'intrigo un po' di tutto, dalla mafia passando per la prostituzione d'alto bordo, fino a vendette trasversali, senza ovviamente dimenticare un paio di scene softcore. Qualche faccia nota, tra cui McDowell, permette di seguire almeno le scene più interessanti, ma nel complesso il plot risulta confusionario e riuscire a mantenere l'attenzione necessaria fino alla fine non è impresa da poco.

S’abbrivia come Open water, evolve come open planet: se la sesta estinzione di massa scocchi alle ore 10 non è dato saperlo, ma la calma è apocalittica e la terra silenziosa. Ma silente non signifca sicura e il mondo tutto diventa isola Selkirk per la famiglia Crusoe al cui istinto conservativo manca un venerdì. Jardin detta fragorosamente catastrofe come se l’apocalisse stessa avesse scritto la sceneggiatura, non esente da sbalzi ormonali ritmici, tra partenze in quarta e slowdown ipnotici. Imperfetto ma aggrappato alle possibilità di osare ed emozionare, talvolta soddisfattissime.