Un viaggio lungo 120 anni in ibernazione per raggiungere un nuovo mondo, ma per un guasto la tua sola capsula si apre 90 anni prima e ti ritrovi solo in mezzo al nulla. Passengers è un film d'amore ambientato nello spazio, opera di fantascienza dalle forti tinte romantiche e devo dire che il regista è bravo a equilibrare i due generi evitando di far prevalere uno sull'altro. Dunque siamo lontani "anni luce" dalla fantascienza stile Interstellar o Gravity. Il film si svolge principalmente all'interno della nave, gli esterni sono pochi.
Astronave affidabile come una Duna mette nei guai il bisteccone di turno che, per distrarsi, sveglia una bella addormentata... La prima parte, assolutamente indigesta e incrostata da musiche saccariniche, è insopportabile; poi arriva Fishburne (vale a dire: un attore) e si respira, almeno sino al finale spaccatimpani e credibile come una banconota da tre euro. Effetti speciali accattivanti e poco altro. La Lawrence, sempre a mollo, fa intuire un po' di mercanzia. Sheen, barista androide, è una spanna sopra tutti.
Cambiare vita facendosi ibernare per arrivare 120 anni dopo su di un nuovo pianeta potrebbe non essere proprio una passeggiata, o forse sì. Non c'è solo tanta fantascienza ma anche una bella storia d'amore che non guasta di certo. Tanti gli interrogativi che il film riesce a far emergere a conferma che la carne al fuoco è di buona qualità. Ognuno di noi per qualche istante può riuscire a immedesimarsi nei protagonisti e pensare a trilioni di cose differenti.
Una nuova genesi sul veicolo spaziale in viaggio verso un nuovo mondo. Jim-Adamo è condannato a rimanere solo per novant'anni (una vita) e da solo decide di avere una Eva. Non so se il barman androide Arthur (un notevole Michael Sheen) possa essere visto come il serpente tentatore, ma se così, risulta molto più sottile di quello originale. Implicazioni primordiali nel film non nuovo come idea, ma che la sviluppa con una storia di amore tanto forzata, quanto vera, dove l'uomo e la donna sono uniti per il loro scopo primario: preservare la vita.
MEMORABILE: Dentro la bolla d'acqua in assenza di gravità.
Il fantascientimentale potrebbe anche essere un nuovo filone; e in questo caso, riesce a fatica a dare un perchè a questa pellicola. Ma dalla componente fantascientifica era lecito aspettarsi molto di più. Impossibile riuscire a farsi bastare qualche simpatica trovata, come il barista robotico (spifferone, purtroppo per il protagonista), una gigante rossa, o i robottini che puliscono le briciole (non male quando lui li "nutre" come fossero piccioni). Perchè il resto è poca cosa; e i "colpi di scena" lo sono a loro volta. Niente di che in un contesto di amore-odio-amore-guasti e moraluccia.
Fantascienza sentimentale, dove contano più le emozioni e sensazioni dei protagonisti che gli effetti speciali. Infatti è proprio la trama a fare la differenza: ben scritta, incuriosisce ed evita di propinarci i soliti problemi spaziali (almeno fino al concitato finale) per raccontarci di due persone come tante che soffrono la solitudine e possono sbagliare. Bene la coppia Pratt/Lawrence, ottimo il cameo di Fishburne, inutile quello di Garcia. Un po' troppo prevedibile verso la fine, ma è una concessione necessaria al box office. Buono.
Storia d'amore contaminata da fantascienza e fiaba. Egoismo o romanticismo? La trama lascia intendere, senza giudicare eccessivamente il protagonista, che l'istinto umano porta a compiere scelte irrazionali quando è sull'orlo della disperazione. Sensazionale il design scenografico dell'astronave. Epilogo abbastanza fortunello e tutto sommato giusto, ma il troppo spazio lasciato a centinaia di interrogativi lascia un po' di frustrazione.
MEMORABILE: Aurora scopre la verità sul suo risveglio; La perdita di gravità in piscina.
Non era facile gestire l'incrocio tra le smisurate dimensioni spazio temporali del viaggio di Avalon e il rapporto più intimo tra i due giovani protagonisti. Tyldum ci riesce abbastanza bene, aiutato da gentili figure di servizio (il barista, i robottini) e trovate gustose (la piscina, sia con che senza gravità) che si accompagnano ad altre ampiamente prevedibili. Pause ce ne sono ma la sensazione generale è di un'inerzia positiva del racconto.
Nettamente diviso in due parti: la prima è una commedia romantica atipica perché ambientata in un astronave, la seconda rientra maggiormente nei canoni del cinema di fantascienza. L'insieme è abbastanza originale e godibile. Gli effetti speciali sono molto curati ed efficaci; la sceneggiatura alterna in modo efficace i momenti di tensione ad altri più brillanti o sentimentali. Buona la prova degli attori. Il finale è un po' "monco". Nel complesso non male anche se la durata è eccessiva.
Due cuori ed un astronave. Nella prima parte, duplice conferma: un uomo, lasciato a se stesso, ci mette poco a trasformarsi in un maiale e dato che ogni maiale è anche un poco porco, eccolo non resistere alla tentazione di farsi la bionda. Amo e poi odio (a ragione) e poi... con la comparsa di nonno Fishburne, giusto il tempo di sparare qualche ovvietà, si passa dalla modalità Robinson nello spazio alla fantascienza d'avventura emergenziale. Se i lati deboli sono tanti, la trama però non annoia e nel mezzo ci sono personaggi riusciti come il barman spione, nonchè qualche sequenza d'impatto
MEMORABILE: Sheen barista dietro un banco che richiama quello dell'Overlook Hotel; In piscina con assenza di gravità
Fantascienza con occhi a cuoricino e bei visetti. Tyldum punta molto sull'effetto sentimentale lasciando all'astronave Avalon il mero ruolo di location. Qui non si vuole porre quesiti da interpretare ma solo mostrare un uomo e la sua solitudine, e un amore poi. Gradevoli alcune trovate come i robot-pulitori nutriti con le briciole, uno Sheen estremamente in parte e l'assenza di gravità in piscina. Per il resto tutto va come ci si aspetta, fra capsule mediche simil elysiane, salvataggi alla 2012 e bei baci.
Di questo Titanic nello spazio si apprezza più la prima parte: il principio introspettivo alla Moon e l'evoluzione romantica. Quando si tenta invece di inserirci il dramma in stile Gravity, la pellicola paradossalmente perde di mordente. Jennifer Lawrence se la cava, Pratt meno; a convincere di più sono invece i comprimari, dal droide barista Michael Sheen (palese omaggio a quello dell'Overlook Hotel) all'ufficiale Fishburne. Gli ambienti sono costruiti con cura, gli effetti speciali notevoli. Si lascia guardare, senza troppi entusiasmi.
Seppur non troppo originale nella trama, vedi i riferimenti che spaziano da Gravity a The martian (solo per restare in ambito recente), il regista Tyldum conferma di possedere delle solide basi come abile narratore (vedasi il bel The imitation game) tali da rendere più che vivace una storia sentimentale ambientata nello spazio. Alcuni effetti speciali sono notevoli (le scene con assenza di gravità) e qualche trovata (il barista androide) è più che riuscita. Per essere un sentimentale travestito da fantascienza il risultato finale è inaspettatamente buono.
MEMORABILE: L'incontro galante; I robot aspirapolvere; Le chiacchierate fra Sheen e Pratt.
Film ben strutturato, in cui la solitudine prima e lo spirito di sopravvivenza poi rendono affascinante l'avventura di questa nave da crociera spaziale. Ottimamente realizzata la struttura del "Titanic" come buona è l'interpretazione dei due protagonisti. Nota di merito al bar ricostruito in perfetto stile decò. Alcune inquadrature sembrano omaggiare Kubrick. Tra sentimenti e qualche colpo di scena si assiste a un discreto viaggio tra le stelle.
Storia d'amore più che altro di comodo. Lui, furbastro (un Pratt né sale né pepe) si accorge di dover passare la vita solo nello spazio e dopo averci pensato un po' sceglie l'ultima arrivata, una tizia che promette bene e che a sua volta si trova praticamente costretta a prendere quello che capita. Del tipo ti trovi in un'isola deserta non segnalata e che fai? Per il resto strepitoso Sheen robo-barista (anche se come i suoi colleghi umani troppo chiacchierone) e lunghezza forse eccessiva.
MEMORABILE: Interni e tecnologia della astronave semplicemente fantastici.
È sempre la stessa storia: nel genere gli americani danno il meglio (effetti speciali notevoli e scene impattanti, come la perdita di gravità mentre la Lawrence nuota in piscina). Ma. Succede poi che vogliono riempire i 45 minuti di troppo con moraline, moralucce, epopee d'amore e sentimentalismo spiccio. Rovinando, così, quello che sarebbe stato un discreto film di fantascienza. Furbescamente troviamo nel cast nomi notevoli: Garcia potrete ammirarlo (muto) per circa 5 secondi, Fishburne per 10 minuti (produzione americana, uomo di colore: che fine farà?!).
Risvegliatosi dall'ibernazione novant'anni prima del previsto, il passeggero di un'astronave cede lentamente alla follia finché non decide di procurarsi una compagna di sventure. La prima parte, fra paure ataviche, impersonale asetticità, citazioni kubrickiane, fa sperare in un'ormai rara combinazione di fantascienza e psicologia con tanto di implicazioni sociali latenti. Verso la metà, però, il film non resiste alla tentazione e cade nell'azione facile e prevedibile. Risultato ibrido con mezzo pallino in più per l'alchimia fra i protagonisti.
MEMORABILE: Il barista androide à la Shining; La bolla d'acqua in assenza di gravità; La prima passeggiata nello spazio.
Ancora una volta lo spazio e la solitudine sono il tema di un film sci-fi. Ma se altri simili come Moon, Solaris ma anche Pandorum avevano una sceneggiatura e un livello di preparazione di livello superiore, questo Passengers si tuffa presto nella noia e nella monotonia. La confezione sarà anche buona, con alcuni effetti davvero di spessore (la piscina a gravità zero) ma vuoi una regia altalenante, vuoi un cast non proprio scintillante bisogna mettersi i divaricatori alle pupille per rimanere attenti fino alla fine. Cameo di Garcia inspiegabile.
Nella nave interstellare con la peggiore intelligenza artificiale d'ogni epoca (basta vedere come rispondono male le interfacce, e sì che dai tempi di HAL qualche passo avanti lo si sarebbe dovuto fare) va in scena un piccolo campionario di idee rubacchiate ad altri film, in una confezione visivamente curata ma con poco rispetto del buon senso e dello spettatore. Una specie di sci-fi disaster romance con almeno due momenti semplicemente osceni (non rivelabili) nella sceneggiatura e ovvietà da popcorn movie sparse a piene mani.
Film senza una vera identità di genere. Un po' di fantascienza, ma non particolarmente originale, un po' di storia romantica, ma senza troppa passione, un po' di thriller ma questo dura troppo poco per creare attesa nel pubblico. Lieto fine quasi scontato. Insomma, manca una precisa identità. Si salvano solo l'allestimento scenico, gli interni dell’astronave e Jennifer Lawrence, alla quale è stato affidato l'ingrato compito di salvare un film buono solo per passare una piacevole serata.
Robinson Crusoe in chiave spaziale: Chris Pratt si risveglia prima del dovuto e dinanzi alla prospettiva di 90 anni di solitudine, preferisce forzare il risveglio della Lawrence (come biasimarlo?). Così il film mutua in romantico per poi tornare all'aspetto fantascientifico, regalandoci in entrambi i casi alcune scene memorabili. Nessun approfondimento di rilievo, niente che possa entrare nella storia del cinema, ma qualcosa che si lascia godicchiare per un paio di ore liete.
MEMORABILE: La scena in piscina; i due passi nel vuoto con vista
Lo si può dividere in due metà: una prima in cui predomina l’aspetto più emotivo nel senso stretto del termine e che si rivela troppo ripetitiva e stancante; una seconda, invece, in cui iil film si dà una scossa, rendendosi più dinamico e relativamente interessante. L’unico particolare che lo contraddistingue un po' è la scelta di ambientare la storia d’amore in un contesto fantascientifico, perché per il resto rientra nei canoni classici del genere sentimentale. Sfrutta, quindi, i paesaggi spaziali, concedendosi il lusso di citare Kubrick con il barista androide.
Chi non vorrebbe essere l'unico maschio a disposizione di Jennifer Lawrence in uno spazio inaccessibile a tutti gli altri? Atipico e fantasioso film di fantascienza, con due soli attori in scena per la maggior parte del tempo. La sceneggiatura è di livello, e poco importa se il protagonista maschile non è il massimo dell'espressività. Anche il barman androide è ben caratterizzato, e contribuisce a spezzare la ripetitività di alcune situazioni. Molto ben fatta anche la parte tecnologica, di grande rilevanza.
"Passengers" si potrebbe definire come il risultato tra fantascienza e romanticismo. Storia che coinvolge solo nella prima parte; dall'entrata in scena di Fishburne in poi sembra essere tutto forzato, sfiorando la noia. Alla fine biasimare la scelta del protagonista sembra un po' ipocrita. Ottimi gli effetti speciali e la fotografia, discreta la colonna sonora.
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