Semplicemente bellissimo. Visto nel 1973 lo valutai, più o meno, come Fantozzi giudica La Corazzata. Rivisto dopo molto tempo, mi pare un grande, grandissimo film, disperata e disperante vicenda d'amore e di solitudine. Immensi Marlon Brando e Massimo Girotti. Azzeccata la Schneider. Straziante la scena davanti alla salma. Grande musica. Imperdibile.
Film intellettualmente raffinatissimo e pregno di un intimismo straziante che normalmente è riconoscibile nel cinema d'autore francese e che Bertolucci, complici le ambientazioni, afferra a piene mani. L'immaturità disincantata della Schneider impatta violentemente con la chiusa e cupa intellettualità virile di Brando (in questa pellicola insuperabile e grandissimo). La triste solitudine è fondamentalmente il perno su cui ruota questa storia d'amore perfida e folle. Dovrò ripetermi per immolare Brando all'altare del mito.
MEMORABILE: La scena dell'entrata di Brando nell'appartamento
Per molti un capolavoro, per altri un film così così, per il sottoscritto un buon film ma niente di più. Colpa sopratutto di una storia che procede abbastanza lentamente, che si prende più tempo del dovuto, con personaggi ben studiati (anche troppo) e attori, Brando su tutti, che gigioneggiano alla grande. Almeno un paio di scene sono da ricordare: Il primo incontro tra i due protagonisti nella casa e quella, famigerata, del burro. Di gran lunga superiore Ultimo Tango A Zagarol, con un esplosivo Franco Franchi.
Micidiale esempio della stupidità censoria, che ha consegnato all'immortalità una pizza indigesta come poche, ammuffita nella sua tetra, accademica dissacrazione da salottino, nel suo erotismo penitenziale e in ultima analisi sessuofobico, nelle sue lungaggini per fare tanto auteur. E, per di più, completamente inguardabile dopo la meticolosa demolizione operata da Nando Cicero. Il che ci fa pensare che almeno un merito - quello di aver ispirato quel capolavoro - il film di Bertolucci ce l'ha. Bellissimo soundtrack di Gato Barbieri.
Sì, un film pesante che lascia poco spazio alla godibilità, ma forse anche all'immaginazione. I dialoghi estenuanti, la pesantezza del personaggio di Marlon Brando (a volte riesce a fare il mistico, ma a volte appare spaesato), le storielle insipide che fanno da contorno. La scena del burro? Una delle maggiori esagerazioni della storia del cinema: inutile censurarla, inutile mitizzarla.
Due grandi attori (Marlon Brando e Maria Schneider) affiancati da validi caratteristi (si riconosce, di sfuggita, pure Veronica -Mater "Tenebrarum"- Lazar) calcano un set ben costruito, allestito sulla vaghezza del contenuto, tenuto in piedi per via di un tema -per l'epoca- osé: che poi tutti han fatto, e nessuno ammette. Il burro è passato alla storia (ironia dell'insignificante) più del tema della solitudine e dell'amore come senso astratto di un sentimento, di fatto, cagionato dal piacere e puramente carnale. Cervellotico...
Oggigiorno la fama di questo film è davvero incomprensibile, sicuramente debitore dell'alone mitico che la censura gli diede. Un imbolsito e stropicciato uomo di mezza età gode delle grazie di una giovane (e sprovveduta?) ventenne. Un film masturbatorio, che si prende veramente troppo sul serio, senza nessuna autoironia, mortalmente noioso, con dialoghi molesti e pretestuosamente intellettuali. Ma erano gli Anni Settanta e si capisce. La scena del burro, vista oggi, nell'epoca della pornografia su internet, è improponibile. Datata pruderia borghese.
Scene di sesso (siamo nel 1972) e sono queste, con l’aiuto della censura, che hanno fatto parlare dell’opera, più del discorso amore e dei rapporti uomo donna e società, che il film ha tentato di esplorare. Amare per possedere, o amare per amare? All’inizio vuol essere un rapporto speciale, quello dei due protagonisti, ma poi si rivela ugale a tanti altri: lui vuole lei e lei non vuole più lui. Un Brando con la solita maschera, con i soliti gesti, un vero attore. La scena più bella è quella della gara di tango, se si toglie il culo di Brando.
Quasi quarant’anni ma non li dimostra. La celebre pellicola di Bertolucci, superata la sua fama scandalosa, si mantiene ancora molto attuale sotto certi aspetti: in particolare quelli della solitudine umana e l’incomunicabilità dei propri sentimenti che non possono non portare ad altro finale che quello tragico. Splendida la regia, perfetti i due protagonisti, buona e funzionale la fotografia di Storaro, celeberrima e bellissima colonna sonora di Gato Barbieri.
Ingustificata condanna al rogo per questo film, poi graziato da un provvedimento scavalcante. Detto questo, innegabile trombonata bertolucciana con momenti di alto sprezzo del ridicolo, due protagonisti tronfi nel loro rinchiudimento, ammantati dalla splendida luce di Storaro e dalla bella musica di Barbieri (all'epoca stigmatizzato). Non parliamo della parte cinema-veritè perché Leaud e la Schneider sono da pena di morte. Fascinoso ma risibile, all'epoca le signore ne parlavano sottovoce. Cinema scorreggione.
Visto la prima volta mi addormentai; rivisto (per precauzione in pieno giorno) mi sono solo annoiato. Pro: certe inquadrature pittoriche (i titoli di testa con Bacon sono l'indispensabile chiave per entrarci), certi simboli (il discorso sulla famiglia durante la sodomia), la volontà di raccontare le relazioni come incontri di solitudini sconfitte, un notevole Brando. Contro: la prolissità, le pietose scene metacinematografiche, la regia snob che gongola della sua tecnica e della sua intelligenza. Vanesio, estenuante, ma importante: non male.
Quasi quarant'anni... e li dimostra tutti, uno per uno! Invecchiato malissimo, oggi una storia del genere fa quasi ridere, anzi non se ne capisce il senso (credo che oggigiorno i giovani considerino il film quasi incomprensibile!). L'ho sempre trovato patetico e velleitario, come del resto il suo regista. Molto meglio, allora, la parodia con Franco Franchi. Oppure, una storia - almeno apparentemente - simile, la preferisco raccontata in maniera diversa, come farà negli anni '80 Adrian Lyne con il suo straordinario 9 settimane e 1/2.
Mi duole dare un giudizio ultranegativo per un film con l'immortale Brando, ma Ultimo tango a Parigi è noioso e incomprensibile, ha una immeritata fama di film cult che per fortuna si è affievolita nel corso degli anni. Film pomposo che ha l'unico pregio di portare in scena un grande attore e una bella attrice.
MEMORABILE: Il burro, tra l'altro idea del grande Brando.
Ripulita dalla pregiudizievole coltre scandalistica, l’opera di Bertolucci svela la tragedia di un animo sensibile, straziato dalla solitudine e dalla dolorosa percezione della precarietà dell’esistenza, che cerca l’illusorio stordimento in un erotismo barbaro e fetido vissuto sotto la campana di vetro di un semivuoto appartamento parigino. Straordinaria la forza comunicativa ed emotiva di Brando persino quando è ripreso di spalle o in penombra; regia magistrale ed estetizzante, immagini intrise delle luci calde e soffuse di Storaro e dello struggente commento sonoro di Barbieri. Funebre.
MEMORABILE: Il pianto sulla salma della moglie; il dialogo con Girotti; il chewingum.
Grande film firmato Bernardo Bertolucci (anche se per ritenerlo tale l'ho dovuto vedere una seconda volta). Storia sofisticata e impregnata di sentimenti che si alternano fra loro. Brando in uno dei suoi ruoli migliori. Belle le musiche e la fotografia di Storaro.
Per nulla erotico, ma pervaso perennemente da un fetore di morte e disperazione che pervade tutto il film. Capolavoro assoluto della maturità bertolucciana, con straordinari movimenti di macchina, ambienti claustrofobici e olezzanti (quasi polanskiani), squallore d'interni e di anime sole e dannate. Quell'ultimo tango grottesco nella sala da ballo (che richiama Il conformista), rimane un pezzo di cinema quasi unico. Ancor oggi attuale e devastante, per come descrive la solitudine e le miserie dei rapporti umani. Assoluto e da sapere a memoria.
MEMORABILE: Il topo morto trovato da Brando nel letto; Brando al capezzale della moglie Veronica Lazar; Brando sodomizzato dalla Schneider con il ditino.
Penso che all'epoca dovesse fare tutt'altro effetto vedere sullo schermo certe scene: Bertolucci non ha mezze misure, osa fino in fondo. Purtroppo la carica dirompente oggi è quasi completamente dissipata. Certo le grandi interpretazioni restano (ottimo Brando, perfetta la Schneider) così come la regia a sprazzi sublime, ma tutto intorno ci sono solo, perlopiù, vuoto e noia. Per quel che mi riguarda, quindi, un'opera non certo brutta ma grandemente sopravvalutata.
Il sogno erotico di qualcuno: incontrare una donna in un appartamento spoglio per avere una relazione basata solo sul sesso; protagonista un americano depresso, nella sua disperazione ribelle contro il mondo; quando poi si riavrà sarà la sua fine... Buon film, sicuramente importante; ci vedo cose che precedono Zulawski, come il modo di comportarsi dei due protagonisti, infantili e anarchici; e certe inquadrature. Debitore della Nouvelle vague, è ambientato in una Parigi triste. Alcuni momenti sfiorano il macabro.
Trombonata insostenibile o film straziante sulla solitudine degli individui? Un po' l'uno un po' l'altro, con l'aura di film maledetto donata da scene di sesso invero risibili per scandalo, solo tristi. Brando gigioneggia ma è immenso in una disperazione forse reale, la Schneider è giustamente svagata, sfrontata, spietata. Se la disperazione la si affronta consumando un sesso senza nomi, storie, scambi di pezzi di anima, allora la conclusione è univoca: un film sessuofobico, come indica l'assurdo cambio di marcia finale.
MEMORABILE: Il tango strambo, preludio alla tragedia.
Il film scandaloso di Bertolucci ormai ai nostri occhi è a tutti gli effetti ben poco scandaloso; così almeno abbiamo gli occhi scoperti e possiamo ben godere di tutte le bellezze qui presenti: la fotografia, le ambientazioni, i costumi, le musiche, i protagonisti in perfetta sintonia. Il regista si concentra talmente tanto sull'ambiente-appartamento che fuori da esso il film crolla (inutile Léaud e le digressioni sull'albergo di Brando) e annoia un po'. Ma quando torniamo lì tutto ridiventa magico, perfetto. Indubbiamente un alto livello di cinema.
MEMORABILE: Il primo amplesso; I nudi di Maria Schneider.
Doloroso racconto di solitudini esistenziali. Diseguale ma densa indagine dei sentimenti, quelli congelati e intrappolati nel cuore, quelli non detti per paura di ritrovarsi ancor più soli. Lo scontro/incontro tra i sessi deflagra in morbosa e perversa sessualità, esorcizzando un lutto, elaborandolo in chiave sessuofobica. Eros e Thanatos a tratti persi tra le immagini estetizzanti e prolissi in snodi altrimenti risolvibili con minor minutaggio, l’opera rimane fulgida e partecipe quanto basta, ancora in grado di graffiare il cuore dello spettatore.
Molto arduo per me commentarlo: lo potrei massacrare per gergo e volgarità gratuite pari a quelle degli attuali reality show, ma potrei rivalutarlo molto per via del bipolarismo di un uomo, vissuto, che fa patire non solo sesso estremo ma anche umiliazione totale a una ragazza la cui personalità è ancora in embrione. La genialità sta nel fatto che il protagonista condizionante il tutto non è in carne ed ossa e non si vede neanche: è un suicidio tanto inspiegabile quanto violento... Ottima la fotografia e le scene di sesso, così così gli esterni.
MEMORABILE: La descrizione del primo orgasmo provato da Jeanne. Non l'avevo mai letto né sentito eppure è stravero!!!
Non è un film perfetto e non è il capolavoro di Bertolucci; ha i suoi momenti risibili, personaggi inutili (Leaud) e alcune ingenuità, eppure, magia del cinema, è un film bellissimo. Devastante, doloroso, disperato, lugubre, funereo ritratto sulla difficoltà di amare e sulla solitudine esistenziale. Il 90% del film praticamente lo fa Marlon Brando in una seduta psichiatrica su 35mm. Girotti appare poco ma aggiunge - tanto - valore alla storica pellicola. Colonna sonora di Gato Barbieri da antologia, la sua creazione migliore.
MEMORABILE: L'incontro di Brando con Girotti, da pelle d'oca.
Divisa fra un amore "cinematografico" e una folle passione erotica con uno sconosciuto uomo maturo, Jeanne non sa come barcamenarsi, confondendosi fra i mille dubbi dell'amore. Il film sembra compiacere più le ambizioni del regista che altro e ha qualche provocazione artificiosa, ma contiene delle pagine di grande cinema, regalando alla storia due indimenticabili interpreti. L'amore (il sesso) con i suoi misteri perde la sua attrattiva quando si disvela, lasciando che la verità quotidiana lo uccida.
Struggente, dilaniante, dipinto cinematografico sulla disfatta esistenziale di un uomo, ormai maturo, che ha perduto tutto. Il fortuito incontro erotico con una giovane, confusa, sconosciuta in un appartamento vuoto, simbolica e illusoriamente salvifica uscita dal doloroso e insostenibile vissuto, scardinerà infine la sua lacerante e fino allora ineluttabile chiusura alla vita proprio nel momento in cui, fatalmente, sarà ormai troppo tardi per tutto. Tragicamente splendido.
MEMORABILE: L'"ultimo tango" con il suo crudo, patetico, straziante epilogo; La convulsa corsa finale di Paul verso Jeanne; La richiesta di Paul del nome a Jeanne.
Il film scandalo di Bertolucci rischia di essere ricordato solo per le scabrose scene di sesso che lo caratterizzano. Approfondendo la visione però, ciò che ho maggiormente apprezzato è la capacità del regista di fotografare la chiusura del rapporto sentimentale dei due protagonisti, l'asfissia del quale viene accentuata dalla chiusura nelle stanze della casa. Brando e la Schneider sono due corpi nudi che si penetrano senza che le loro anime si incontrino davvero. Un grande film.
Difficile da recensire, da parlarne, da sostenere. Ottima l'idea delle disperate solitudini che si incontrano, la ribellione al convenzionale, la fotografia (ma non potrebbe essere altrimenti) e il rifiuto del teatro di posa. Contro la prolissità verbosa, il "tono" da lezione radical chic della serie "come un bravo intellettuale ti scandalizza un Paese", deprimente il sacrificio della Schneider nelle riprese che fu letteralmente violentata. Insomma bene e male, buono e cattivo, con un gran finale. Boh.
Eros e Thanatos alla Bertolucci in un appartamento parigino. Difficile dire cosa resta oggi del film-scandalo per eccellenza, invecchiato precocemente. Brando giganteggia con il cappotto cammello (verrà parodiato da Franchi), mentre Maria Schneider si dona anima e corpo al suo personaggio. L'unica cosa veramente erotica è lei. Notevoli le luci di Storaro e le musiche del compianto Gato Barbieri.
Film mitizzato dalla critica e dalla censura, coraggioso e provocatorio. Al centro l'intenso ritratto di un uomo maturo in crisi, un Marlon Brando che domina la scena immerso in un disagio esistenziale che trova sfogo nella relazione sessuale istintiva e clandestina con una giovane sconosciuta. Le scene erotiche sono indubbiamente forti per i tempi, ma comunque coerenti con il quadro complessivo. Per il resto, molto simbolismo e autocompiacimento.
Americano di mezza età e giovane francese condividono una casa per i loro giochi erotici. Ritratto di una transizione da un mondo decadente al femminismo che sarà, diviene terreno cupo di amplessi senza gioia. Dal dialogo con la moglie morta fino alla sala da ballo, Bertolucci tende alla provocazione al limite del fastidioso e la chiusura perde ogni drammaticità. Brando fondamentale per la resa morbosa (e conseguente scandalo). Ottima fotografia, che regge tutte le scene girate in interni.
MEMORABILE: Brando piangente all’inizio sotto il ponte; Brando che lava la Schneider in piedi nella vasca.
Che ci si trovi di fronte a un film importante e anche pregno di significato pare evidente, quindi solo **! può sembrare ingiusto. Il problema è che Bertolucci, non si capisce bene se per estasi della propria arte (che pure si fa ammirare!) o per eccesso d'autorialità, fallisce su un punto importante: creare interesse. Troppo spesso si perde il filo del film, se non per noia per vera e pura distrazione. Scene meravigliose si alternano a sprazzi di nulla, dialoghi brillanti ad altri solo sciocchi. Affascinante, ma molto altalenante.
MEMORABILE: "Olympia è un concentrato di virtù domestiche: fedele, molto economa e razzista".
Mitizzato oltremisura dalla condanna al rogo il titolo più celebre di Bertolucci è un film decadente, cupo, tetro, che trasuda morte da ogni fotogramma. Sorprende scoprire che anche le chiacchierate scene bollenti risultano in realtà gelide, improntate a un erotismo macabro e punitivo che solo Pasolini saprà superare. Pesano l'invadenza della musica, la vacuità delle parentesi meta-cinematografiche col fidanzato regista, la prolissità, le verbosità. Ma, come il dito che Brando si fa infilare, il fastidio alla lunga diventa piacevole.
MEMORABILE: "Lo faresti tutto questo per me?"; Lo sguaiatissimo tango ubriaco; Ma soprattutto: "Adesso voglio farti un discorso sulla famiglia..."
Un film sconcertante che ti lascia con così tante domande senza risposta che devi scrivere metà della sceneggiatura nella tua testa per superare il trauma. Tutti i personaggi sembrano colti da follia, ci sono un sacco di momenti in cui le scene sembrano proseguire in maniera casuale. Ottimo lavoro di Marlon Brando che riesce a ottenere tantissime sfaccettature dal suo personaggio depresso e disturbato, mentre la co-protagonista riesce a essere credibile (ma il suo ruolo è semplice e finisce per sembrare una semplice musa funzionale alla trama).
Opera suggestiva e rischiosa questa di Bertolucci, il quale grazie alle superbe interpretazioni di Brando e della Schneider ci regala emozioni e sana passione. Parigi è ripresa con grande maestria, la fotografia è illuminante per gli occhi e le scene (anche quelle più "scabrose") posseggono una capacità attrattiva che solo i grandi registi sanno dare a un film. Il mondo dentro quella casa così poco addobbata sembra essere così distante, ma in realtà è semplicemente lo specchio dell'umanità nascosta di ogni essere vivente.
Film autoriale quindi grandissimo? Occorre rilevare quanto alla sua fama abbia contribuito una certa aura di scandalo, quanto i temi e la loro resa filmica siano stati un vero e proprio strappo ai costumi dell'epoca ma come il rivedere il film e le scene incriminate permetta ora di concludere quanto tutto ciò si sia sgonfiato e quanto il tempo abbia portato via tutta questa patina, causa e merito della sua importanza. Alla fine rimane un film con un bellissima fotografia, un grande interprete, atmosfere decadenti ma tremendamente noioso ed eccessivamente verboso e dilatato.
Opera iconografica per antonomasia, forse ineludibile, difficilmente oltraggiabile, sicuramente parodiabile. All'ennesima visione spicca la paradossale coscienza di un film emotivamente acerbo la cui fruizione non può però che essere adult(erat)a. Così se le fin famigerate scene scandalose incidono ormai risibilmente (tranne il primo rapporto) e la parte esplicitamente "cinephile" è accessoriamente insultante (Lèaud ridotto a marionetta di sé stesso), il languore nichilista, la morbidezza della mdp, la sintassi narrativa, palpitano ancora frementi. Fa venir voglia di vedere Zagarol.
MEMORABILE: Brando e Girotti in pigiama discutono da attempati latin lover: magistrale understatement; Il volto di Maria Michi; I ricci della Schneider; Brando.
Il maturo Paul e la giovane Jeanne si incontrano in un appartamento da affittare. Non un capolavoro ma è un film importante per quello che ha rappresentato e continuerà a rappresentare sia per il cinema che per la cultura. La messa in scena di una passionalità istintiva è artistica ma favorì la condanna della pellicola in quanto mise a nudo le tendenze repressive dell'epoca. La buona prova di Brando contribuì a consacrare il suo mito ma la pur brava Schneider non ebbe la stessa sorte. Il finale è bello logico: la passione "selvaggia", slegata da ogni contesto, fa perdere la ragione.
Parigi 1972: un americano quarantenne bellissimo e disperato e una diciottenne francese iniziano una relazione basata solo sull'attrazione. Film cult del cinema ha cose positive (bravi Marlon Brando e Maria Schneider, belle inquadrature, splendida fotografia di Storaro e commento musicale) ma altre negative, tra cui la forte misoginia, la violenza, il senso del macabro. A tratti risulta noioso.
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DiscussioneZender • 23/06/14 16:04 Capo scrivano - 47698 interventi
Qui dovresti allargare il foglio rosso o metterci anche qualcos'altro dietro, ti ha tagliato la parte sinistra. O centrare meglio il flanetto sotto al foglio rosso in modo che copra bene tutto il flanetto
DiscussioneZender • 23/06/14 16:32 Capo scrivano - 47698 interventi
Sì sì stavo ancora finendo. Comunque se te lo richiedo è perché è evidente che il problema qui era dato dalla tua scannerizzazione. Col sistema del foglio rosso si capisce subito se il problema dipende dal flanetto o dalla scannerizzazione. Infatti la nuova scan andava benissimo.
Zender ebbe a dire: Sì sì stavo ancora finendo. Comunque se te lo richiedo è perché è evidente che il problema qui era dato dalla tua scannerizzazione. Col sistema del foglio rosso si capisce subito se il problema dipende dal flanetto o dalla scannerizzazione. Infatti la nuova scan andava benissimo.
Sì, ma alcuni flanetti sono ritagliati male, purtroppo...
DiscussioneZender • 23/06/14 16:45 Capo scrivano - 47698 interventi
Sì lo so, volevo solo dire che con questo nuovo sistema capisco subito se il problema viene dal flanetto originale o dalla tua scannerizzazione. Se viene dalla tua scan ti chiedo di rifarlo.
Zender ebbe a dire: Sì lo so, volevo solo dire che con questo nuovo sistema capisco subito se il problema viene dal flanetto originale o dalla tua scannerizzazione. Se viene dalla tua scan ti chiedo di rifarlo.
Segnalo la straordinaria somiglianza delle battute iniziali del celeberrimo tema di Gato Barbieri (morto ieri) con alcune sezioni della colonna sonora di Trevor Duncan nel corto La Jetée di Chris Marker: in particolare ascoltate la musica nella scena della visita al museo di scienze naturali.
https://www.youtube.com/watch?v=9UvjBJknABw