“Un film sugli sciocchi, sul grande amore degli stupidi” l'ha definito lo stesso Dino Risi, che oltretutto ebbe il coraggio di prendere allegramente in giro pure i sordomuti (rappresentati da un Ugo Tognazzi in vena di scimmiottare - per sua scelta - il celebre Harpo Marx, con tanto di parrucca). Una storia d'amore, certo, di quelle semplici e qualunque: lui e lei si amano ma il caso vuole che lei, distrutta dagli assurdi sospetti di lui (instillatigli da una perfida Moira Orfei), fugga dalla Ciociaria a Roma e si sposi con un sordomuto. Ovviamente non finirà così. La coppia Nino Manfredi/Pamela Tiffin pare adatta alla bisogna: lui molto misurato come (quasi) sempre, lei il ritratto dell'ingenuità...Leggi tutto contadina. Eppure, nonostante alcune trovate geniali degli sceneggiatori Age e Scarpelli (storica la rilettura, in chiave sentimental-filosofica, del testo della canzone L’immensità”, analizzata a fondo dai due nemmeno fosse Kant o Hegel) il film non offre granché: una trama lineare, piuttosto prevedibile, con un colpo di scena finale tirato per i capelli per rimettere le cose al giusto posto. Una regia non brillantissima, una sceneggiatura che punta tutto sulla forte caratterizzazione dei protagonisti: Manfredi e la Tiffin (doppiata, ovviamente) parlano uno strano dialetto ciociaro, Tognazzi gioca con abilità nel riprendere l'allegra intraprendenza dei sordomuti meno rassegnati (per il ruolo, da lui scelto al posto di quello che poi finirà a Manfredi, l'attore studiò a lungo due veri sordomuti). Un successo di critica e di pubblico, ma a ben guardare un film leggero leggero zeppo di parti inutili e fastidiosi sguardi languidi. Con qualche buona idea ma banalità eccessive.
Qualche trovata davvero divertente non basta per fare un bel film. Indimenticabili il riccastro di Gigi Ballista, l'ordinazione del caffé da parte di Tognazzi e pure altro, ma questa vicenda amorosa di marchigiani e ciociari, con terzo incomodo sordomuto, non è all'altezza di Risi, Age e Scarpelli, perché funziona bene sui singoli episodi e tutt'altro che impeccabilmente nello sviluppo della trama, nella quale inutilmente si attende un vero colpo d'ala.
Commedia leggera e divertente ben interpretata da Nino Manfredi e, soprattutto, Ugo Tognazzi, ma anche Pamela Tiffin è centrata per il suo ruolo. Age e Scarpelli (affiancati qui dallo stesso Risi) erano sceneggiatori con i controfiocchi e purtroppo al giorno d'oggi personaggi simili non ce li sogniamo nemmeno; detto questo, il film non è riuscito al 100%, ma ha alcune trovate ottime (l'ordinazione del caffè via telefono da parte del sordomuto Tognazzi, ad esempio) e rimane a quasi quarant'anni dalla sua realizzazione molto piacevole. Da vedere.
Deliziosa questa commedia atipica di Risi del 1966, una storia d'amore a dir poco originale. Grande cast, con Manfredi e Tognazzi superlativi e una Tiffin bambolina perfetta; molti i gustosi caratteristi, tra cui un Gigi Ballista "cumenda" squisitamente infame (ed è di quel periodo anche la sua parte in Signore & Signori). Assolutamente da vedere per il tango ballato da Manfredi & Tognazzi, imperdibile per le parlate marchigiana e frusinate.
Feroce presa in giro degli amori stile fotoromanzo; Manfredi non è proprio giovincello per la parte, però è professionale e simpatico come al solito; Tognazzi è curioso nell'interpretazione del sordomuto; la Tiffin doppiatissima si salva per le smorfiette. Pur con qualche contraddizione (non si capisce bene il reale rapporto tra i due coniugi) il film si lascia godere, anche in virtù delle musiche che accompagnano la storia.
Con questo film Dino Risi realizza, oltre che una delle sue commedie più divertenti, anche una sorta di rielaborazione del fotoromanzo e del melodramma popolare. Su una sceneggiatura ben scritta ed "oliata" dei grandi Age e Scarpelli, il regista è ottimamente coadiuvato da due bravissimi interpreti come Manfredi e Tognazzi (irresistibile la scena del loro tango) e da una serie di caratteristi non molto noti ma estremamente professionali.
Ma no! È bello, divertente, pieno di ritmo e con battute fulminanti. Inoltre Tognazzi, conciato come Harpo Marx, ha degli assolo muti da antologia, tipo l'ordinazione dei caffè (il cameriere è Ettore Garofalo di Mamma Roma) o il rasoio elettrico. Certo Risi non è buono con questa piccola gente dai piccoli ardori trasfigurati a mo' di fotoromanzo, ma dire che questo film è brutto mi pare eccessivo. Pamela Tiffin, bellissima, sarà modello per la Erika di Basta Guardarla di Salce.
MEMORABILE: "Può esse. D'artra parte il congetto è ribadito pure nella canzone C'è una casa bianca che. Mo te la leggo" (Manfredi e Tiffin discutono su l'Immensità).
Non male. Un ottimo cast (molto bravo Manfredi e anche Tognazzi si impegna particolarmente) e l'ottima regia di Risi lo rendono degno di nota. C'e pure la Orfei, deliziosa la Tiffin. Buone trovate comiche, come il finale con un buon colpo di scena, il treno. Merita la visione.
Non amando affatto Risi e nemmeno Manfredi o Tognazzi, da ragazzo non riuscivo a capacitarmi del perché invece io adorassi questa ineffabile commedia (oggi arrivo a considerarla un mio piccolo cult-movie). Poi lessi che Risi non la considerava fra le sue cose migliori, non ne amava affatto i personaggi (pur non riuscendo, forse, a disprezzarli completamente) e capii allora che questa atipicità giustificava il mio apprezzamento. Guardate cosa arrivo a dire: preferisco l'inizio ambientato nel paesino marchigiano piuttosto che la parte "romana"...
Film che si può rivedere più volte perché è leggero, ben girato, sceneggiato in maniera perfetta da Age e Scarpelli con musiche di Trovaioli. Un come eravamo, anche se la "gente" non ci ritroverà troppe analogie. L'involontarietà forse del linguaggio kitsch amplifica il risultato finale, ma ridurre tutto a poche felici battute sarebbe abagliato. Nino Manfredi è delizioso, la Tiffin carina, i comprimari efficaci. Risi ha disegnato un film gustoso, pulito, mai volgare.
Leggero come una piuma, come una piuma fa il solletico e stuzzica la risata. La trama è un curioso "fumettone" su un sogno d'amore infranto che si ricompone, i protagonisti (Manfredi e la Tiffin), provinciali inurbati, prendono in prestito voci, espressioni, languori dai personaggi dei fotoromanzi e dalle canzonette. Eppure, proprio in questo loro "voler essere" non solo consiste la loro comicità, ma serpeggia anche quel filo di amarezza che è tipico della grande commedia italiana. Buon film!
Commedia garbata e d'altri tempi, impostata sulle vicende di una coppia scoppiata (Manfredi e la Tiffin) in mezzo alla quale s'interpone il sordomuto Tognazzi. Il taglio di regia asciutto e le mirabili interpretazioni impongono al girato quel tanto che basta per renderlo interessante. Con il trascorrere dei minuti la storia non decolla mai, ma trova inatteso spicco con l'entrata in scena dell'indimenticabile Tognazzi, in grado di dare corpo ad una macchietta indimenticabile: quella del sarto menomato, ma assai intelligente e intuitivo.
Non tutti i mali vengono per nuocere. La sofferta e contrastata storia d'amore tra Marino e Marisa, con varie alternanze economico-sociali, approda ad un finale quasi a sorpresa. Eccellente la storia e la scelta del trio Manfredi-Tiffin-Tognazzi. Indimenticabile il tango e la simulazione del personaggio "muto"; ineguagliabile e ben assortita la parlata con storpiatura linguistica, utilizzata nei dialoghi dei due amanti... Insomma, che dire, un pochino di nostalgia del vero cinema italiano e dei suoi grandi protagonisti!
Strepitosa rilettura in chiave grottesca e umoristica di un filone molto in voga all'epoca, il melodramma (anche nella veste del suo fratello "povero", il fotoromanzo). Non manca nessuno dei luoghi comuni del genere: l'innamoramento al primo sguardo, l'amore contrastato dai genitori, la maliarda che tenta di separare la coppia, l'equivoco sulla purezza di lei, la separazione, il terzo incomodo, gli "amanti diabolici"... il tutto naturalmente filtrato in chiave parodistica. Tiffin offre la sua ruspante fisicità, Tognazzi gigioneggia con stile.
MEMORABILE: Il primo incontro tra Marisa e Marino a casa del marito di lei.
Una divertente commedia firmata da Risi che annovera due grandi interpreti che si comportano in maniera egregia. Manfredi è spettacolare nel suo slang ciociaro mentre Tognazzi caratterizza validamente la parte del sordomuto. Il risultato vede una narrazione interessante priva di pause che genera un discreto piacere.
La commedia all'italiana gioca acutamente con le strutture narrative del fotoromanzo e della subcultura popolare dei primi anni 60 e ne esce fuori uno spassoso feuilleton grottesco e caricaturale, beffardo sì ma con tenerezza. La storia d'amore tra il ciociaro e la marchigiana, a suon di frasi fatte e canzoncine pop, i cui sogni si infrangono con il bislacco sarto sordomuto (irresistibile Tognazzi), è divertente ma offre anche uno sguardo anomalo sull'Italietta del dopo-boom, a metà tra ascendenze popolaresche e aspirazione alla modernità.
Un piccolo classico di straordinario garbo, dal sapore dolce-amaro come il vermuth Punt&Mes che Manfredi pubblicizza in continuazione. Sorprende Tognazzi nel ruolo del sordomuto (e -diciamocelo- pure mezzo scemo) ma Manfredi è fantastico in ogni veste: il dignitoso cameriere provinciale che restituisce lo schiaffo all'ingegner Ballista, il cinico arricchito che ritorna dalla Tiffin pronto a prenderla con la forza. Uno dei miei Risi preferiti, un gioiellino anni '60 da custodire con amore come la radio del nonno.
MEMORABILE: -Gradisce una caramella alla liquirizia? -No grazie, annerisce i denti.
Bella commedia italiana, ricca di trovate ingegnose e raffinate, tanto che non tutte le
battute sono immediate. Gli elementi di cui consta sono eterogenei: si declinano temi, situazioni e canoni della cultura popolare (fotoromanzo, melodramma, le canzonette del festival di Sanremo); le situazioni divertenti sono diverse e le prove degli attori, dai protagonisti ai "comprimari" sono davvero ragguardevoli. Il risultato è un film amabile che non mancherà di far ridere chi si imbatterà in esso.
MEMORABILE: L'ordinazione del caffè. La degustazione del vino e le conseguenze tra Manfredi e Ballista.
Eran gli anni in cui la commedia italiana al contempo "rifletteva" la società che gli stava intorno (certo, ovviamente deformandola grottescamente) e "ripensava" se stessa (i suoi moduli, le sue forme, la sua sostanza). Straziami è un saggio alto di questa tendenza, di cui ancor oggi molto mi piacciono la fotografia (D'Eva) e le scenografie (Scaccianoce) fumettistiche. Age e Scarpelli trattengono la loro scrittura pirotecnica (incline più a Monicelli e Scola), a favore della Regia piana e sobria di Risi. Nino molto convinto di sè, ma che understatement Tognazzi...
MEMORABILE: Moira Orfei "infame" padrona di casa che fa la spiata alla Tiffin; I capelli di Harpo/Ugo.
Risi, con questa pellicola, si rialza in piedi dopo un paio di film non riusciti. Con colorata vivacità creativa e un’incredibile scioltezza di ritmo, il regista si fa artefice di una operazione intellettuale sofisticatissima che beneficia di una molteplicità di elementi culturali e di reminiscenze letterarie che vanno da una creazione di un gergo originale e curioso, alla mescolanza del testo delle canzonette con le invenzioni fumettistiche, alla fusione dei Promessi Sposi con il feuilleton alla Matarazzo. Commedia fresca, insolita ed eccentrica.
MEMORABILE: Il personaggio interpretato da Tognazzi, il sarto sordomuto Umberto Ciceri, è di uno straordinario candore angelicato.
Si parte malissimo con la preparazione alla vicenda principale davvero straniante, finché dal delirio zivaghiano prende un buon piglio la parte romana, grazie alla girandola di personaggi che si aggirano attorno al protagonista. Simpatico Tognazzi nei panni dello stilista omosessuale. Non un capolavoro (metà lo si sostiene solo se si è ben imbottiti di caffeina), ma qua e là il cast riesce a salvare un film che riesce a essere assaporato a momenti grazie a un cast sicuramente a suo agio. Belle e ben posizionate le musiche.
Amori ciociar-marchigiani con due cuori divisi da impedimenti, calunnie, disgrazie assortite... Con questa parodia dei melodrammi passionali (Zivago docet), narrata con cadenze da fotoromanzo e scandita dai versi delle canzonette storpiati dalle parlate dialettali, Risi spara alla crocerossa, tanto è facile il bersaglio costituito dai suoi due "stupidi" protagonisti (parole sue). Ironia più corriva che corrosiva, anche se il film merita la visione per il gustoso personaggio del sarto sordomuto, interpretato spiritosamente da Tognazzi in versione Harpo.
Commedia gradevole in cui vengono fatti alcuni ritratti di personaggi della provincia italiana degli anni 70 raccontando di come essi venivano a contatto con la realtà della città e della capitale una volta stabilitisi. Marino (Manfredi) e Marisa (Tiffin) sono teneri nella loro ingenuità. Ennesimo incontro-scontro di Manfredi con la sempre poco avvenente Donatella De Nora davanti all'obelisco di Axum allora ancora a Roma. Tognazzi qui nella parte di un sordomuto è un po' grottesco. Da vedere con un po' di nostalgia per una Roma del passato.
MEMORABILE: Don Antonio sto scannato senza un soldo mi potete mandare un vaglia? Sto parlando con l'ultimo gettone! Come? Non siete Don Antonio!
Uno spassoso Nino Manfredi più istrionico che mai spalleggiato da una spaesata ma simpatica Pamela Tiffin e da un bravissimo Ugo Tognazzi muto. È questo il sunto di questa gustosa commedia popolare diretta da un Dino Risi in forma dove spesso gli attori usano dialoghi sull'onda delle canzonette dell'epoca. Il dialetto di Manfredi è semplicemente meraviglioso, così come il suo travestimento da donna e la parrucca di Tognazzi.
Divertente commedia di Risi, con dialoghi vivaci e farciti di simpatiche battute e con un ritmo svelto che permette di usufruire al meglio di una storia portata avanti come un teleromanzo (con tanto di scritte per elidere i tempi). Manfredi ciociaro è una garanzia, la Tiffin è talmente ben doppiata da sembrare lei a parlare, ma la parte del leone (anche se breve) va a Tognazzi, che non parlando quasi mai regala un altro dei suoi indimenticabili personaggi (con fisionomia alla Harpo Marx). Notevole.
Un ottimo esempio della cosiddetta commedia all'italiana, forse uno degli ultimi (a questi livelli, almeno). Chi vide il film in prima visione al cinema come me difficilmente lo può dimenticare: certi passaggi, o personaggi come quello interpretato da Ugo Tognazzi, rimangono impressi nella memoria. Rivisto oggi non si può fare altro che apprezzarne l'ottima sceneggiatura e tutto ciò che ruota attorno alla vicenda dei due innamorati, un'Italia di provincia e di città macchiettistica, ma legata stretta ai costumi reali dell'epoca.
Il più bel fiore è quello che non colsi andatelo a dire a Marino e Marisa, che in tutto spregio al titolo di sazietà della carne ne conoscono ben poca, e proprio perciò quanto a strazio dei pochi tira e dei molti molla la sanno più lunga di Romeo e Giulietta. E’ grandioso il Manfredi marchigiano d’adozione, maschera di umiliatoffeso a caccia di contropartita, sin da precorrere la miseria che lo rende nervoso. Tognazzi è delizioso pur sacrificato. Risata e amarezza giocano a palla avvelenata e tutto concorre a tenere a 30000 piedi la godibilità di un film all’epoca ingiustamente bistrattato.
Mezzo secolo è passato, ma il fotoromanticismo in salsa marchigiana rimane irresistibile. Ci si inchina davanti a Risi e ai suoi sceneggiatori capaci di costruire una commedia brillante che però, in filigrana, tra ridicolo e naiveté, lascia intravedere i primi guasti arrecati alla tradizione popolare dalla sottocultura di massa. Bravo Tognazzi, graziosissima la Tiffin, incontenibile Manfredi: impossibile non ridere quando snocciola le specialità da "primo taglio", minaccia lo "Scortichini Guido" o sbugiarda Ballista, sedicente sommelier.
Ottimo prodotto della commedia all'italiana di una volta nella quale un comparto di attori perfetti per la parte inscenano una storia ben scritta e mai banale. Da menzionare in particolare Ugo Tognazzi in un ruolo alla Harpo Marx che riesce a reggere quasi tutto il film senza mai dire una sola parola. Di film come questo se n'è davvero perso lo stampo.
Piccola chicca della commedia all'italiana, non tanto per la trama (sebbene i colpi di scena non manchino) quanto per le interpretazioni di Manfredi e soprattutto Tognazzi, che anche completamente muto si conferma un gigante. Si tratta di una storia d'amore tormentata e passionale che, a differenza per esempio del Romanzo popolare di Monicelli, si concentra più sui personaggi che sul contesto storico o sociale, ma riesce comunque a fotografare una certa Italia. Qualche perdonabile ingenuità e un finale abbastanza sorprendente. Da vedere.
MEMORABILE: Il pranzo a casa del sarto sordomuto Ciceri (Tognazzi).
Una commedia che sembra prendere ispirazione direttamente da un fotoromanzo rosa, di quelli da leggere sulla spiaggia, in riva al mare, in un caldo pomeriggio d’agosto. Risi, insieme con gli sceneggiatori, interseca comicità e ironia mischiando la commedia popolare con un pizzico di satira intellettuale fino a spingersi ai limiti della farsa. Merito va dato anche agli attori protagonisti, i quali danno particolare credibilità e carisma ai loro ruoli senza scadere nella macchietta o nel ridicolo involontario dei propri personaggi.
Una commedia assai frizzante, con un Nino Manfredi eccezionale che sfodera battute fulminanti e grandissimo Tognazzi nella parte del sordomuto che gigioneggia alla Harpo Marx. Una comicità che spinge in direzione dell'assurdità delle situazioni, cambiando decine di location e contesti diversi, rinnovando la trama sino alla fine. Un affresco dolce e nostalgico.
MEMORABILE: Il tentativo di suicidio nei binari del treno "porta ritardo"; Moira Orfei che ci prova con Marino; Lo psicologo a Natale "Marisa è la mamma".
Su Dino Risi e la gelosia si potrebbero scrivere manuali di cinema, ma forse in questo film il maestro milanese trova le note più sublimi per descrivere certi dintorni dell'amore. Raramente una commedia riesce a toccare tutti i registri della comicità, dal sorriso alla risataccia, con tanta efficacia. Ottimo cast tecnico (bellissima la ost di Trovaioli) e regia ispirata che azzecca nei ruoli secondari grandi caratteristi mentre Manfredi e Tognazzi dispensano cinema da manuale con scene assolutamente memorabili. Un imperativo categorico.
MEMORABILE: Il pranzo a tre a casa di Tognazzi con Manfredi e la Tiffin, tutto.
Storia della relazione di una coppia marchigiana dal paesello alla grande città. Commedia di costume centrata sugli usi del centro Italia spezzettata nelle varie fasi temporali (con qualche cartello di troppo) a farne uno spaccato dei tempi che cambiano. Manfredi è adatto nei panni del combattente popolano, la Tiffin sa variare, Tognazzi all'inizio è sacrificato ma serve per un finale divertente e ben congegnato.
MEMORABILE: Il dottor Zivago; “Guarda che è sordo, mica tedesco”; Una perversità; Il botto in casa; I numeri da giocare al lotto; Tognazzi in ospedale.
Penultimo capolavoro della filmografia di Risi, è una commedia a metà tra serietà e grottesco, tra la disperazione vera di Marino in città e le corse in campagna recitando banali poesie in dialetto marchigiano. Senza dimenticare il classico focus sulle ombre dell'animo umano tanto caro al regista e già affrontato, tra gli altri, nei Mostri e nel Tigre. C'è da dire che il cast aiuta: Manfredi è al suo meglio, così come il muto Tognazzi, in versione caricaturale, rimane credibile. Bizzarro finale che appare un po' slegato dal resto della storia.
MEMORABILE: "Quante volte t'ho chiamato Marino, Marino... spiacente Marino è terminato, abbiamo questo Frascati che è buonissimo"; Da Ladies & Gentleman.
E' il racconto di una storia d'amore verace, con schermaglie e dialoghi credibili sia prima che dopo l'immancabile rottura: la trama regge e le parti di commedia sono sempre divertenti. Va riconosciuto a Risi che, a differenza di altri suoi film in cui certi personaggi risultano eccessivamente cinici e alcuni momenti poco comici, in questo caso la sincerità di storia e caratteri conquista piacevolmente.
MEMORABILE: La caramella alla "rigulizia" offerta; Lorenzon padre energumeno; Gli ordini fischiettati militarmente al bar.
Il "cattivo" Dino Risi per esigenze di soggetto stavolta lascia correre il fotoromanzone. Proprio per questo resta, tra i suoi, un film anomalo ma non per questo meno riuscito. Anzi. Age e Scarpelli danno il meglio del meglio nei particolari: Manfredi che recita a macchinetta i tagli da barbiere - "alla Little Tony, col rinterzo, alla Umberto" - per farsi prendere in bottega.
MEMORABILE: Manfredi: "Nelle Marche c'era l'Etruschi e ai Romani gliel'hanno sonate spesso e volentieri".
Risi confeziona un graziosissimo fotoromanzo infarcendolo di puntuta ironia. Certo, maltratta ben bene i protagonisti, popolani che parlano a citazioni di canzonette e banalità da cultura di massa. Ma dietro al vetriolo traspare un certo calore, una tenerezza che rende Marino e Marisa umani e simpatici. Al contrario dell’alta borghesia, una manica di balordi, boriosi e volgari. Manfredi scatena la sua irresistibile ironia con l’accento ciociaro, la Tiffin è carinissima, Tognazzi brillante anche da muto.
MEMORABILE: La scena del vino d’annata, con il solito gracchiante Ballista.
Una delle commedie all'italiana più brillanti mai girate, grazie all'ottima regia di Dino Risi ma soprattutto al cast, con i soliti fenomenali Nino Manfredi e Ugo Tognazzi e una bravissima Pamela Tiffin. La sceneggiatura ha qualche momento in cui rallenta ma è comunque ordinata e la storia funziona al meglio mescolando abilmente momenti drammatici a altri in cui la risata è assicurata. Ugo Tognazzi sordomuto è da Oscar. Molto buone anche le musiche. Da vedere.
Quella tra Marino e Marisa è una storia d'amore d'altri tempi. Dal colpo di fulmine a un'esibizione folkloristica sino ad arrivare alla spasmodica ricerca dell'amata scomparsa. Age e Scarpelli scrivono una bellissima commedia diretta magistralmente da Dino Risi. Tognazzi dimostra di essere magnifico anche se non apre bocca interpretando un sarto sordomuto dall'animo gentile. L'amore vero vince su tutto e va oltre alle disgrazie della vita. Quando i film sono fatti e scritti bene, come in questo caso, il tempo della visione vola.
Un amore ordinario si percepisce come unico e formidabile guardandosi attraverso la lente distorta dei falsi miti proposti da fotoromanzi, canzonette e film romantici. Saga sentimentale tragicomica che ha come protagonisti gli ordinari, i popolani. Enfatizzati, grotteschi, dal forzato linguaggio forbito degno d’un verbale di polizia, ma pur sempre aggrappati al proprio sogno contrariamente all’indifferente prosaicità di chi li circonda. Grandissimo Manfredi, letteralmente monumentale Tognazzi, graziosissima Pamela Tiffin, anche se forse un po’ troppo esotica come marchigiana.
MEMORABILE: L’Orfei assatanata; L’altra Marisa; La telefonata al bar; L’assaggio del vino; Il disegno del convento; La festa di Carnevale; Il botto logorroico.
L’amore tra il barbiere Marino e la bella operaia Marisa è ostacolato da svariati imprevisti tra cui un sarto sordo-muto, ma alla fine il fato darà una mano ai giovani amanti. Azzeccata parodia in chiave ciociara dei melodrammi passionali alla Dottor Zivago (qui puntualmente citato) e più in generale della cultura popolare dell’epoca. Risi lo definì un film sugli stupidi che citano le canzonette di Sanremo e i fotoromanzi. Si ride molto e la satira è pungente. Grande Manfredi, caratteristi di razza, ma a rubare la scena è un Tognazzi senza parola e con parrucca alla Harpo Marx.
MEMORABILE: L'assaggio del vino da parte dell'Ingegnere; La visita all'agenzia di collocamento; Il maldestro tentativo di eliminare il terzo incomodo.
Una delle commedie più divertenti negli anni d'oro del nostro cinema, con dialoghi in punta di penna (l'elenco dei possibili tagli di capelli è da antologia) e interpretazioni sublimi da parte di tutti, anche dell'ex Ercole Samson Biurke, che qui fa un operaio impegnato politicamente e geloso sentimentalmente. Tutto funziona alla perfezione e si ride davvero tanto, soprattutto grazie a Nino Manfredi.
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Ho notato una cosa curiosa rivedendo il film e cioè: nella scena in cui la Tiffin sviene in camera di Manfredi, poco prima, nel dialogo tra i due, ad un certo punto la doppiatrice va avanti mentre la Tiffin smette di parlare, ossia la doppiava anche nelle pause, oltre a qualche differenza tra labiale e voce di doppiaggio. Sarà forse perchè Pamela Tiffin non sapeva parlare bene, non saprei...
Dopo una serie di edizioni in DVD abbastanza imbarazzanti, sembra che il film sia finalmente uscito in Blu-ray in Francia. Non trovo al momento recensioni attendibili, ma segnalo comunque che l'edizione è acquistabile anche tramite Amazon.it, a 22 euro con spedizione Prime.
HomevideoRocchiola • 3/04/24 08:24 Call center Davinotti - 1318 interventi
Acquistato il bluray francese della LCJ. Rispetto alle edizioni in DVD italiane rappresenta un grosso passo avanti con un video nitido e decisamente più definito. Le immagini sono di ottimo livello anche se permane qualche piccola spuntinatura qua e la, ma è davvero poca cosa. L'audio italiano utilizzabile anche senza i sottotitoli francesi è di discreto livello anche se un pò frusciante in alcuni passaggi. Segnalo anche che sulla copertina il formato video è indicato come 1.77 ma in realtà si tratta di un 1.33 o massimo 1.37 (penso che il film fù girato volontariamente in questo formato per esaltare la sua natura di opera popolare che prende in giro la TV ed i fotoromanzi), però proposto in 16:9 con adattamento automatico al televisore panoramico senza necessita di zoomare o adattare l'immagine con il telecomando (cosa che invece sussedeva con vecchio DVD italiano). Insomma nel complesso una'edizione più che buona che surclassa tutte le edizioni italiane. Se si vuole avere questo titolo in home-video, questa è la miglior versione esistente sul mercato.
Il giornale che legge il cliente del barbiere è il Corriere dello Sport del 5 aprile 1968. Il titolo si riferisce alla partita Bulgaria-Italia (terminata 3-2) che si sarebbe giocata il giorno dopo a Sofia.