Pietro Germi poteva avere la sceneggiatura di Age, Scarpelli e Flaiano, invece ha dovuto "ripiegare" su Benvenuti e De Bernardi per sopravvenuti dissidi. Così il film ci rimette probabilmente in originalità e sagacia, ma ne guadagna forse dal punto di vista dell'immediatezza. La storia di Celentano/Serafino potrà anche non piacere (ma ebbe un successo tanto vasto da portare la gente a definire "serafino" le particolari magliette dal collo aperto con bottoni indossate dal protagonista nel film), ma va comunque riconosciuta a Germi la capacità di riprendere la vita di campagna con un'accuratezza che la fa esplodere fuori dallo schermo (grazie anche...Leggi tutto a una fotografia azzeccata). Parte del merito va però a Celentano, il quale, pur se palesemente in difficoltà con un dialetto romano che si capisce subito non suo, impersona Serafino con una forza d'animo e una carica interiore memorabili, ribadendo la propria innata predisposizione non solo per la musica ma anche per il cinema. Tra steccati, vallate, montagne e baracche fatiscenti si muove un microcosmo ben determinato, dominato dalla spontaneità e la simpatia contrapposte alla malizia furbesca di chi invece è più vicino alla cultura. Così l'unione tra i due mondi, simboleggiati dal rude Celentano e dalla (relativamente) fine Ottavia Piccolo, pare proprio poter avvenire solo sul piano della fisicità, mentre, quando esso sembra congiungersi anche idealmente (attraverso il matrimonio), la spaccatura tra le due filosofie di vita si rivela incolmabile. E' un film allegro, spensierato, non troppo moralista, a volte noioso (soprattutto nella prima parte) ma comunque sufficientemente verosimile e gradevole.
Uno dei film con Celentano che riguardo sempre volentieri, un ritratto rurale dell'Italia di un tempo che fu (ma ancora attuale, se vogliamo), immediato, brillante, divertente. Anche se il romanesco non è proprio l'idioma preferito dal "Molleggiato", Serafino è una commedia che fila via senza troppi intoppi e si lascia guardare con gusto, compresi anche i momenti di "comprensibile pausa", grazie a una grande recitazione corale, di un Celentano irresistibile e di una Ottavia Piccolo bellissima e bravissima.
MEMORABILE: "Oh Serafino, difendi difendi la tua libertà".
Nonostante la carta d'identità "Serafino" si difende ancor'oggi più che bene e lo fa con una buona semplicità, non rozza non artefatta, con un buonismo di fondo che pur presente non disgusta e con un Celentano che, pur non nel suo dialetto preferito, non dispiace affatto. Se a tutto ciò ci aggiungiamo una bravissima ed incantevole Ottavia Piccolo difficile parlar male di questo film. Merita sicuramente una visione!
L'onda regressiva di un gran regista porta all'idealizzazione becera dello stato naturale contrapposto alla città. In questo Celentano era la scelta giusta, un artista anche grande ma con una filosofia naturista (anche se nella vita fece spostare una collina perché rovinava la vista dalla sua villa) ridicola e puerile. Ciononostante il molleggiato funziona bene nel suo non saper recitare ma essere. Ma il film è brutto e Germi precipiterà nel peggiore Le castagne sono buone. A volte la vecchiaia porta saggezza a volte, come in Germi, vecchiaia.
Discreta commedia non priva di spunti drammatici che si avvale sopratutto di un bel ritmo e di un cast perfettamente in parte. Celentano è superbo nel ruolo del contadino Serafino e probabilmente rimane una delle sue prove cinematografiche più belle; la Piccolo gli tiene testa efficacemente. Saro Urzi comunque ruba la scena a tutti. Molto bella la canzone Serafino, cantata dallo stesso Celentano.
Non certo Germi al suo meglio, ma comunque un prodotto godibile anche a 40 anni dalla sua realizzazione. Celentano si dimostra interprete ideale per il ruolo di Serafino, contadino ruspante dal cuore d'oro che per questa sua "qualità atterverserà i guai causatigli da parenti molto più venali (il grande Saro Urzì in testa). Chiaramente Germi preferisce il mondo contadino a quello della città (mostrata in alcuni frenetici fotogrammi ad inizio pellicola), mondo che però praticamente non esiste più.
Divertente, anche se la storia in sé non mi ha convinto più di tanto. Si regge al 90% su Celentano, che si doppia anche da solo in modo piuttosto credibile. Forse manca quel pizzico di cattiveria in più che ci si sarebbe aspettati da un regista come Germi, e che avrebbe dato più forza a questa storia di parenti serpenti che si accaniscono sul povero Serafino. Nel cast femminile, più che la Piccolo direi che brilla senza dubbio la Coluzzi, seppure imbruttita per il ruolo.
Non ritengo che Germi in questo film sia irrimediabilmente "invecchiato" (e neppure nel successivo Alfredo, Alfredo) o voglia "puerilmente" fornire un ritratto buonista della vita di campagna contrapposta a quella frenetica della città (anche se i titoli di testa possono dare quest'impressione). Piuttosto, la grettezza dei parenti di Serafino non fa altro che dimostrare che, città o campagna, la meschinità è dovunque. Il film è anche un legittimo attacco (come in altri film di Germi) all'ipocrisia dell'istituto matrimoniale e della famiglia.
Positivo incontro tra Celentano e Germi, che per la prima volta riesce ad esaltare il rilevante valore attoriale del molleggiato. A colpire di più è sicuramente la dettagliata ambientazione montanara, che ritrae un vetusto paesino appenninico con i suoi ritmi e le abitudini del tempo che fu. Anche in situazioni di povertà dignitosa però serpeggiano invidie e conflitti familiari ed in questo senso Serafino anticipa Brutti, sporchi e cattivi. Qui ovviamente, grazie al protagonista, l'atmosfera è molto scanzonata e ruspante. Belle e brave Coluzzi e Piccolo.
MEMORABILE: Il processo, gran pezzo di cinema popolare italiano.
Il peggior film di Germi è una commedia chiassosa e sguaiata, che si flette nell'ingenua glorificazione di una realtà pastorale rozza e spontanea, pur minacciata dai mali della provincia (invidie, maldicenze e cupidigie) già evidenziati nell'aguzzo Signore & signori. Dopo la breve parentesi militare dove Celentano distilla il meglio del suo talento d'attore, le potenzialità comiche sono già esaurite e aprono la pista ad una serqua di luoghi comuni e figurine stereotipate che si protraggono stancamente - stancando - per tutta la durata del film. Nota positiva per il sempre versatile Urzì.
Un Celentano appena discreto per una storia semplice dove gli attori secondari non sono a mio avviso utilizzati in maniera sufficiente (salvo Urzì) e questo è un neo. Divertente la scena durante il servizio militare, così così il processo. Merita la sufficienza senza però essere un capolavoro.
Serafino è certamente il film che ha lanciato Celentano nell'olimpo del cinema extra musicarello (sarà di lì a poco un "riempisala" di tutto rispetto). Commedia - d'ambientazione montanara - di Germi decisamente ben costruita sulla figura del molleggiato (ancora con capelli) e dal ritmo serrato che poggia su una sceneggiatura ricca di buoni sentimenti e messaggi di belle speranze (per l'epoca accettabili e appartenenti al cinema popolare). Notevole presenza di una giovane e graziosa Ottavia Piccolo.
L'incontro tra Germi e Celentano non è dei più fortunati ed entrambi ne escono con potenzialità svilite: il molleggiato troverebbe facile innesto in questo ingenuo elogio bucolico se non fosse per la ridicolaggine del suo accento ciociaro (ma stranamente gli verrà chiesto di ripetersi col romanesco); il regista non esibisce al suo meglio il suo baraccone di maschere grottesche e fatta eccezione per poche trovate riuscite (la visita militare, il matrimonio, il processo) il film arranca e stenta di brutto. **
Sulla carta promettente, l'incontro tra Adriano Celentano e Pietro Germi è parecchio deludente. Il limite principale è l'orrenda caratterizzazione regionale (laziale per la precisione), assolutamente non adatta all'attore, che non esprime adeguatamente il proprio potenziale artistico, finendo per essere surclassato dai bravi caratteristi. Anche la storia è in devinitiva banalotta e il regista non incide più di tanto.
Ruspante e spassosa commedia agreste con un Celentano convincente nonostante il forzato dialetto ciociaro. Non si tratta affatto di un musicarello, nonostante sia basato su una canzone del Molleggiato, ma dal susseguirsi delle vicende del film si possono intuire intenti didascalici: praticamente può essere definito una rivisitazione moderna del mito del buon selvaggio di Jean Jacques Rousseau per il quale gli uomini erano buoni solo se tornavano al loro stato di natura ed era la società a corromperli e a renderli avidi e malvagi.
MEMORABILE: "Nella casa più grande del mondo che soffitto e pareti non ha": ecco lo stato di natura a cui ogni uomo deve tornare per preservarsi dal male.
Beati gli umili, i semplici, i bonaccioni, beato chi mangia sano e torna alla natura. La crociata ecologista del molleggiato trova in Germi un diligente sodale disposto a controfirmare e sublimare l’urlo di dolore del ragazzo della via Gluck, dilatato da canzone a film. Ma rimarcando anche che tra via Gluck e via Pal non v’è che un crocicchio al centro del quale i difetti e le nevrosi della metropoli non diventano pregi nelle comunità montane. Messaggio in bottiglia a parte, il film è più assonnato che dissennato, Germi più che graffiare sfiora e i birignao di Celentano vengono a noia dopo 15’
Un Celentano particolarmente spumeggiante ma anche una straordinaria Francesca Romana Coluzzi, che nella sua carriera faticherà non poco a togliersi di dosso il personaggio di Asmara, donna rude e un po' grossolana. Le location sono assai suggestive, i caratteristi simpatici, Ottavia Piccolo, seppur acerba, se la cava. Pietro Germi riesce a confezionare un piccolo gioiellino pur avendo a disposizione una sceneggiatura tutt'altro che irresistibile. Divertente, spensierato, un film invecchiato benissimo.
L'incontro tra uno dei più grandi registi italiani come Germi e il carismatico ma ancora attore imberbe Celentano, partorisce una commedia fracassona e piacevole, sebbene la collocazione burina non si addica particolarmente al molleggiato che è milanese e che fatica parecchio per apparire credibile. Per fortuna ci sono tanti bravi caratteristi, tra cui la compianta Coluzzi, che trascinano il film e che lo rendono ancor oggi un buon prodotto di intrattenimento. Celebre la canzone dei titoli di coda, ovviamente cantata da Celentano.
Il pastore Serafino eredita dalla zia ma verrà interdetto dai cugini. Vita di un piccolo borgo antico lontano dalla civiltà; il carattere scanzonato di Celentano ci si adatta bene. La trama offre poco all'inizio, quando l'unico passatempo è amoreggiare nei covoni; meglio la seconda parte, con lo scontro per i soldi. Celentano ha verve e ovviamente la voce ma si notano di più i caratteristi e una giovane Ottavia Piccolo. Piacevoli le canzoni in stile vernacolare.
MEMORABILE: La visita al militare; I fuochi d'artificio di giorno; "Fiorin Fiorello" quando viene chiamato.
Non è tra i film più pungenti di Germi, se non altro perché la sua risposta al “mondo del Duemila”, avido e materialista, appare piuttosto semplicistica, ma il regista genovese ha il merito di valorizzare la verve popolaresca di Celentano, che supera a pieni voti l’esame col cinema d’autore, in panni che sembrano tagliati apposta su di lui. Nel nutrito stuolo di caratteristi di contorno si fanno notare soprattutto la giovanissima Piccolo e la Coluzzi. Notevole lo scenario appenninico.
MEMORABILE: Serafino durante il servizio di leva; “Fiorin Fiorello”; Il bolide rosso e i fuochi d’artificio; Il processo; Il matrimonio; “La storia di Serafino”.
Peso massimo al botteghino, il Molleggiato pecoraio abruzzese d'accento lombardo potrebbe intiepidire i puristi di Germi. In effetti la salva iniziale di gag di bocca buona è disarmante. Lo script a poco a poco si stagiona come una caciotta e prende forma, un Brutti, sporchi e cattivi versione buffa, senza cinismo, colorato di intervalli montani. E i tipi acquistano peso: incisivi Salvo Urzì e la Coluzzi; canonica la Piccolo. Celentano? Fa del naif un punto di leva soleggiando un personaggio rimasto nella memoria di tanti. Puntuale il canto d'osteria, brand germiano.
MEMORABILE: L'arrivo con la macchina americana in paese; Il processo per l'interdizione; I matrimoni.
Commedia agreste di Germi che porta al cinema "vero" l'esuberanza di Celentano, bravo ma un po' fuori ruolo anche a causa di un imbarazzante accento ciociaro. Nella storia, non particolarmente originale, brillano di più i validi comprimari (Coluzzi, Urzì, Nerina Montagnani) che riescono a dare maggior brio alla vicenda. Sceneggiatura ben scritta con la zampata di Germi nello spiazzante finale, forse l'unico momento in cui l'ironia riesce a trasformarsi in satira sociale. Buona la confezione. Un discreto prodotto di genere, che sicuramente merita una visione spensierata.
MEMORABILE: Gli stornelli all'osteria; Il dialogo fra Celentano e il giudice.
Anche se il mondo del buon selvaggio non esiste più o non è mai esistito, alcuni valori saranno sempre preziosi e minacciati per l'uomo da parte di altri uomini, prima fra tutti la libertà. Un'istintiva conoscenza dei propri diritti naturali, forse dovuta alla permanenza accanto alle pecore per far loro da pastore, funge da guida per Serafino. Questi, senza essere mai toccato troppo profondamente dalle vicende che gli capitano, riesce a schivare i mali più gravi con l'astuzia degna di un'Ulisse. La pellicola introduce temi propri dei cambiamenti sociali dell'epoca (siamo nel '68).
MEMORABILE: La recitazione della Piccolo; Il dialetto ciociaro reso assurdo dalla pronuncia del milanese Celentano, come una presa di distanza dagli avidi parenti
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
GINO SANTERCOLE su FRANCESCA ROMANA COLUZZI:
Sono molto dispiaciuto per Francesca. Nel film "Serafino" me la ricordo benissimo. Era una ragazza semplice, amava molto i bambini, e credo che ne abbia addottato qualcuno, non ricordo bene. Addio Francesca. GINO SANTERCOLE.
Geppo ebbe a dire: GINO SANTERCOLE su FRANCESCA ROMANA COLUZZI:
Sono molto dispiaciuto per Francesca. Nel film "Serafino" me la ricordo benissimo. Era una ragazza semplice, amava molto i bambini, e credo che ne abbia addottati qualcuno, non ricordo bene. Addio Francesca. GINO SANTERCOLE.
Fonte: Discussione tra Geppo e Gino Santercole.
Intervento che trovo giusto mettere nelle curiosità.
Grazie a Geppo e a Santercole.
DiscussioneZender • 19/07/09 09:43 Capo scrivano - 48345 interventi
Hai fatto bene Undying. Grazie Geppo, un bel ricordo.
HomevideoGeppo • 7/10/09 02:53 Call center Davinotti - 4335 interventi
Ecco il DVD "Serafino" uscito in Germania per la Starlight Film con audio italiano.
Davvero una bellissima edizione!
Audio ottimo, master pulito e integrale (93 minuti), vi ricordo che le versioni televisive "Mediaset" e "Happy Channel" sono cut.
Il formato è corretto 16:9 Widescreen, mentre tutte le altre versioni sono in fullscreen.
Audio: italiano / tedesco
Extra: Trailer.
*Vittorio Stagni: Benjamin Lev
*Corrado Gaipa: Giosuè Ippolito
*Deddi Savagnone: Francesca Romana Coluzzi
*Michele Gammino: Gino Santercole
*Roberto Bertea: [Avvocato dell'accusa]
*Oreste Lionello: [Medico militare]
*Renato Turi: [Giudice]
HomevideoGeppo • 14/11/13 09:40 Call center Davinotti - 4335 interventi
Proprio in questi giorni è uscito per la Medusa.
CuriositàZender • 9/08/16 19:22 Capo scrivano - 48345 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film:
DiscussioneGugly • 25/08/16 22:46 Archivista in seconda - 4713 interventi
Forse le foto fatte dai cacciatori di location per questo film sono al momento l'unico documento rimasto di immobili crollati durante il terremoto del 24 agosto 2016.
Anche questo è un contributo.
DiscussioneAlex75 • 26/08/19 17:29 Call center Davinotti - 710 interventi
L'automobile che Serafino compra e poi distrugge è una Ford Customline Fordor Sedan Custom-made Convertible del 1953, con targa UPZ (inesistente, come le famose targhe RZ di Signore e signori). Nella realtà, anche Celentano aveva posseduto una Ford rossa (riverniciata in verde), per l'esattezza una Ford Thunderbird Hardtop Coupé del 1960, tuttora in circolazione.
Fonti:
https://www.imcdb.org/vehicle_126347-Ford-Customline-1953.html