Incipit: baby prostituta corre urlando in mezzo alla strada e viene soccorsa da una presunta avvocatessa. Poi il nulla: un'ora di loro due, dentro a quattro mura, in cui la Bobulova passa il tempo disperandosi al telefono con un uomo misterioso. Poi c'è l'epilogo, che risolleva leggermente il ritmo narcotizzante. Lo stampo è marcatamente teatrale, l'ambiente è freddo e impersonale, la trama così cosà, le interpretazioni piuttosto distaccate. Con qualche manierismo registico di troppo. Un esordio non proprio brillante per Lucibello. Rimandato!
Noir d'esordio per il regista che s'ispira al caso delle baby prostitute parioline di qualche anno addietro. Dopo una fuga iniziale inizia un confronto tra un a giovane donna e colei che l'avrebbe tratta in salvo. Impostazione teatrale che mostra i lati oscuri delle due protagoniste. Poi entra in scena Boni, comunque sprecato, e la pellicola mostra qualcosa di più specifico rimanendo comunque nell'anonimato. Finale abbastanza scontato; si poteva fare comunque di più.
Thriller psicologico (prodotto dai Manetti bros.) con poche ambizioni. La storia, pur risultando interessante, ha il difetto di non avere momenti che diano suspense, che destino interesse e coinvolgimento e la durata sembra più lunga di quel che è (un'ora e venti), dati i ritmi bassi. Discreta la regia dell'esordiente Manfredi Lucibello, supportata da una buona fotografia.
Una ragazza spaventata e ferita viene raccolta in auto nel cuore della notte da una signora gentile che vuole aiutarla. Lentamente si accorgerà che tutte quelle attenzioni non sono casuali. Un film che più semplice non si può viene concepito per dare voce al dramma delle ragazze squillo che si vendono per denaro e forse per noia. Il film, per poter tenere botta per ottanta minuti con un cast così risicato, doveva essere provvisto o di una grande sceneggiatura o di una prova magistrale degli attori, ma purtroppo mancano entrambe le cose e la noia regna sovrana. Stucchevole.
Notevole la messa in scena per un noir che intriga e attira l'interesse, con un'atmosfera che quasi porta a richiamare il gelo di certi thriller nordici. A mancare però è la complessità della trama, per una storia che è esile e che porta a una durata per forza di cose minima. Qualche elemento a dare più sbocchi evolutivi al soggetto avrebbe portato il film a ottenere un gradimento e un voto sicuramente maggiore, così resta un buon esempio di stile ma non si va oltre alla sufficienza.
Come sempre, se giochi nella monolocation devi premunirti di avere una sceneggiatura ferrea (o quasi) e attori al top della loro forma. Qui mancano sia l'uno che l'altro e non è semplice arrivare alla fine, anche se a livello visivo non è male e le sonorità aiutano a sottolineare due o tre sequenze (vedi il bagagliaio) che risvegliano dal torpore. I personaggi e le loro interazioni lasciano a desiderare: povero l'ingresso in campo di Boni, una Bobulova passiva e il cui personaggio è pieno di incongruenze, un epilogo che lascia perplessi o che per altri versi appare banale.
In un notte drammatica Sara assiste alla morte per overdose di una sua amica, entrambe “gettonate” per prestazioni sessuali, e per lei sarà uno shock indicibile. Lucibello prova la carta del thriller cerebrale insistendo sul tema della prostituzione minorile e costruendo una storia che sembra un castello di carta per tutti i personaggi, capace di crollare in continuazione. La trama è piuttosto esile e il suo sviluppo un delicato svelarsi che ha nei volti della Bobulova e di Alessio Boni il suo degno compimento.
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