LA RESIDENCIA è un horror spagnolo del regista sudamericano (di Montevideo, per la precisione) Narciso Ibáñez Serrador, autore TV che però con questo film e il successivo MA COME SI PUO’ UCCIDERE UN BAMBINO? si è fatto un nome anche in campo cinematografico. La storia deve aver influenzato tra gli altri Dario Argento, se è vero come è vero che SUSPIRIA soprattutto ma anche PHENOMENA sono ambientati in collegi femminili nei quali si respira un'atmosfera opprimente...Leggi tutto molto simile a quella de LA RESIDENCIA (che è del 1971). La confezione è di lusso, con una fotografia suggestiva ben definita e notevoli giochi di luci e ombre. La direttrice (Lilli Palmer) è fredda come il ghiaccio, le sue allieve (tutte di buona famiglia ma con un carattere particolarmente “irrequieto”) appena possono cercano svago con l'unico uomo che passa nei paraggi e amoreggiano a turno con lui nel fienile. Il figlio della direttrice invece, costretto dalla madre preoccupata per la di lui cagionevole salute, è costretto a vivere quasi in clausura e quando la madre scopre che si vede di tanto in tanto con un'allieva scoppia il finimondo. Poi un giorno cominciano gli omicidi (due soli, a dire il vero, ma filmati in maniera insolita con un uso intelligente del rallentatore e della sovrimpressione) e l’aria diventa ancor più irrespirabile: tentativi di fuga, crisi di pianto, una ragazza vessata dalle più anziane (viene costretta ad ammettere la poco onorabile professione della madre vestendone la biancheria intima di pizzo e cantando come lei fa al cabaret). Conclusione a sorpresa, con il colpevole smascherato e l'inevitabile esplosione di follia. Sembra un ottimo film, in realtà il soggetto è molto povero e il ritmo lascia a desiderare. Un horror datato, che stenta a decollare ma costruito con grande professionalità.
Quasi un capolavoro, forse senza quasi, che rivelò al vostro scriba, all'epoca giovane, le possibili magìe del cinema. È uno di quei film che su grande schermo rendono infinitamente di più. Il primo omicidio è di una "purezza" incredibile (forse il primo al rallentatore nella storia mondiale del cinema) ed è anche impreziosito dallo storcimento del commento musicale. La Palmer è eccezionale. Adorabili la Galbó e la Maude. Il film, oltre ad avere ispirato Suspiria, ha una chiarissima influenza anche su Occhi di cristallo e sul parimenti spagnolo The orphanage. Buone musiche di Waldo de los Ríos.
MEMORABILE: La Palmer che apre l'ultima porta (oltre all'indimenticabile primo omicidio), dopo aver omaggiato Suspense, da "Il giro di vite".
Splendido film che forse risente leggermente del tempo passato. Gli omicidi sono realizzati molto bene ed in modo del tutto originale, ottimo esempio di come si possa creare suspense senza ricorrere ad effettacci e litri di sangue. È un vero peccato che Serrador, dopo questa splendida pellicola e il validissimo Ma come si può uccidere un bambino, non ci abbia più regalato nulla.
Un buon thriller, ambientato in un collegio femminile che Argento ricorderà bene in Suspiria. Ben recitato (ottima Lilli Palmer, con uno sguardo capace di atterrire) ma un po' statico, con una soggetto che arranca alla ricerca di un appiglio che possa movimentare in qualche modo la situazione. Vi riesce grazie al finale straziante che lascia interdetti, con una soluzione non certo imprevedibile per quanto riguarda l'individuazione del colpevole ma molto interessante (per quanto non troppo plausibile) nella descrizione della patologia.
Se Ibáñez Serrador ancor'oggi (come sceneggiatore e regista di La culpa, film della serie Películas para no dormir) rappresenta buona fetta del cinema fantastico spagnolo deve pur esserci una ragione: a parte l'eccezionale Come si può uccidere un bambino (1976), l'autore spagnolo diresse questo claustrofobico incubo "al femminile" con la presenza di un "liceo/carcere" che forse influenza l'argentiana accademia di danza "Elena Markos" (Suspiria). Notevole l'uso degli ambienti e delle luci e ottima la recitazione: con un finale che anticipa Body-puzzle.
MEMORABILE: I tentativi di fuga delle vittime nel finale.
Ottimo pseudo-horror dimenticato, intriso di un ben amalgamato mix di sadismo, strisciante erotismo voyeuristico e malaticcio, velato incesto e devianza mentale. Gran bel finale, certamente non imprevisto, ma dai particolari eccessi straordinariamente riusciti. Torbido.
Davvero bello e sorprendente, un precursore del cinema che ha creato il connubio college-horror. Nonostante alcuni momenti un po' lenti, la trama è avvincente e le scene di delitto sono girate senza ricorrere allo splatter, a volte imbarazzante, dei film dell'epoca. Prevedibile forse l'assassino, ma il vero colpo di scena è nelle sue motivazioni. Bel finale.
MEMORABILE: Il secondo delitto, fermoimmagine e poi taglio di gola.
Anno di grazia 1970: Serrador firma uno dei primi grandi esempi di "thriller collegiale" (sottogenere già affrontato un paio d'anni prima da Margheriti), che in un certo senso anticipa lo stile e la psicologia argentiana di Phenomena. Assente l'elemento paranormale, ma l'atmosfera non manca e l'insistenza sul rapporto madre-figlio conia un cliché tutt'ora riscontrabile in svariate occasioni (The Orphanage). Finale choc. Seminale.
Thriller diretto con classe. Serrador sceglie un gruppo di brave e sensuali attrici: dall'algida direttrice, alla ragazza timida, fino alla perfida aguzzina. C'è una buona tensione e la sceneggiatura è ben scritta. Il collegio è fotografato magistralmente e risulta sporco e tetro quanto basta. Nelle camere polverose la direttrice segrega le ragazze quanto il figlio, ovviamente complessato. Insistito il sottinteso sessuale. Morboso.
MEMORABILE: La protagonista vede una mano che spinge una finestra: è un'allucinazione?
Molto buono. Una lezione su come creare tensione e claustrofobia con minimo impiego di sangue, grazie all'attenta cura dell'atmosfera (un collegio femminile tetro come un maniero), degli sguardi, dei dettagli e al sapiente utilizzo delle musiche, del ralenti e del montaggio (si veda la sequenza delle frustate alternata a quella delle preghiere). Non manca un'aspersione di erotismo morboso. Ottime la severa e iperprotettiva Palmer, l'impaurita Galbó, e la Maude, sadica allieva-kapò precorritrice delle tante aguzzine lesbiche dei WIP.
MEMORABILE: Il primo omicidio nel giardino: la lama, il sangue, i fiori, il ralenti, le musiche stonate...
Secondo me un capolavoro misconosciuto. E lo pensavo sin dal lontano 1979, quando scrissi un articolo entusiasta sul film per una fanzine all'epoca molto apprezzata, "Il Re in Giallo". Un bel thriller d'atmosfera, d'ambientazione "collegio femminile" - a me ricorda anche, un pochino, La notte brava del soldato Jonathan (1971) con Clint Eastwood, o il messicano "Hasta el viento tiene miedo" (1968) di Carlos Enrique Taboada - con un erotismo morboso pressocché solo "suggerito", tutto a fior di pelle.
Superbo. Serrador filma la morte con tanatologica cinefilia e riesce a cogliere il raggelante istante della dissoluzione. Ogni elemento della messa in scena partecipa alla composizione di un tessuto percettivo greve e morboso, con l'orrore psicologico - silente, famelico – che avanza rapace fino ad esplodere nelle urla dietro la porta chiusa. Tutto è figlio legittimo e raccapricciante della violenza, con ombre lunghe stagliate dalla repressione franchista. Magnifica la Palmer e il fervido gineceo. Il finale concorre al brivido solo con le avatiane finestre che ridono.
MEMORABILE: Le scene di morte; la porta che si apre accanto al pendolo; il cavallino a dondolo; la doccia di gruppo; la lezione di ricamo infuocata...
Inquietante e d'atmosfera. Ottimi gli attori e le scenografia del liceo, che quasi soffocca lo spettatore. Ottime la protagonista Lilli Palmer e una giovane Christina Galbó. Il finale provoca qualche brivido; da citare i delitti al rallentatore. Film d'atmosfera, promosso.
Splendido thriller, con qualche puntata nell'horror, caratterizzato da una storia godibile e inquietante e irrobustito da atmosfere anguste e repressive, che rimandano al clima della Spagna franchista, ritratte in maniera pienamente riuscita. Ottimo come film di genere e molto interessante anche come metafora. Notevoli le capacità registiche di Serrador (che purtroppo girerà solo un altro film) e buona la prova del cast su cui spiccano la Palmer e la Maude, splendida ed affascinante aguzzina. Influenzerà non poco il cine di genere a venire.
Notevole esempio di horror a tinte forti (?) Anni Sessanta. Il regista sfrutta benissimo le limitatissime location donando al film un’estetica sopraffina e delle ottime atmosfere gotiche. Ottime le recitazioni e la caratterizzazione dei personaggi (quella della Palmer su tutti) e riuscitissime le scene di paura. Anche i delitti, seppure poco o nulla sanguinosi, colpiscono nel segno. Soppesando questi pro, si può anche perdonare al film una certa lentezza e un soggetto di una povertà non indifferente. Molto, molto buono nel complesso. Quasi 4 pallini.
MEMORABILE: Il primo, spettacolare delitto nella serra e il finale shock con la Palmer che urla come un'ossessa...
Bel gotico spagnolo, robusto nella sceneggiatura, molto ben diretto ed interpretato, con le ambientazioni e la musica giuste. Nella prima ora il regista inquadra la situazione e costruisce, lentamente, l'atmosfera e negli ultimi trenta minuti, di puro thriller, affonda il colpo. Nulla è fuori posto. Fuorviante è invece il titolo italiano: molto meglio l'originale.
Ottimo film del regista uruguayano Serrador, che ha il merito di sviluppare una credibile atmosfera orrorifica, senza accanirsi nella facile tentazione di particolari splatter. Viene magistralmente descritta con dovizia di particolari la realtà quotidiana all'interno della "residencia" che ben si sposa con ombre e giochi di luce a tal punto da rendere la spettrale dimora delle collegiali un vero e proprio cimitero vivente. Innegabile precursore del film argentiano Suspiria (1977).
Il titolo italiano ammiccante fa presagire tutt'altro, ma "La Residencia" è un film elegante che lesina in elementi exploitativi (almeno apertamente: la tensione morbosa è costante) e si concentra nella creazione dell'atmosfera e nella costruzione del finale, che davvero dà un senso alla storia; una volta tanto lo svelamento dell'identità del killer e della sua psiche non è posticcia e pretestuosa. Riuscito anche il sottotesto politico: la repressione della libertà genera mostri. Un po' lento, poco incisivo qua e là, ma memorabile. Ottimo cast.
MEMORABILE: Il finale: ormai si è già visto qualcosa di simile altrove, ma comunque lascia con un senso di sgomento anche lo spettatore attuale.
Morboso horror che dovrebbe avere ben altra fama. L'atmosfera che si respira sarà ripresa in numerose altre pellicole, specie italiche; ne saranno debitori Fulci ed Argento. Unico difetto è che ciò che gli ultimi due registi citati rendono in modo esplicito qui è ancora sotteso, nascosto, ma comunque non privo di grande fascino.
Inquietante e ben fatto come pochi, questo film anticipa, per le situazioni e la claustrofobia, Suspiria di Dario Argento, dove però aleggiano il soprannaturale e l'esoterico. Le atmosfere sono cupe ed agghiaccianti, gli assassinii originali e tenebrosi, la trama un po' troppo prevedibile, specie per i navigati amanti del genere. Un vero gioiello gotico...
Girato benissimo, con una splendida fotografia e magnifiche scenografie che rendono bene il tempo antico. Particolari speciali come il grande luogo del bagno delle ragazze (notevolmente "docciate" in camicia) aiutano a rendere bene "il ruvido" del collegio, di alcune sue ospiti e della imperturbabile direttrice. Gli omicidi sono originali, d'avanguardia per come ripresi e dotati della violenza necessaria, né più né meno del dovuto. Tanti particolari morbosi, anche solo accennati, ma siamo solo nel 1970 (anche se a volte non si vede proprio). ****
MEMORABILE: I gesti delle ragazze mentre una di loro è in compagnia del ragazzo della legna (il desiderio brucia il corpo e la gelosia devasta l'anima).
Più concentrato a creare l'atmosfera inquietante, piuttosto che a spargere troppo sangue, il film può anche contare su un'ottima fotografia e su una scenografia curatissima, che contribuiscono non poco al mood lugubre ed austero della pellicola. Eccellente il trio Palmer-Galbó-Maude e buona in genere tutta la prova del cast; ottime alcune trovate registiche e di montaggio; musiche un po' di maniera e ritmo d'altri tempi, ma gli estimatori del buon cinema horror del periodo credo non potranno che apprezzare comunque. Decisamente da rivalutare.
Utero vischioso e introflesso, che invece di nutrire il feto per darlo alla luce lo uccide, imprigionandolo, questo liceo femminile è un torbido ricettacolo di sottili sadismi, di ricattatorie dinamiche di sopraffazione, di tristi morbosità, di amori malati. Splendido thriller, sorprendenti gli omicidi al ralenti, come rivissuti in una trance; acuta metafora della repressione (sociale e politica) delle energie innovatrici, finalizzata al forzato mantenimento di un ordine ormai scheletrito e marcescente: come la mostruosa creatura in quella soffitta sigillata come una tomba. Tenebrosissimo.
MEMORABILE: Le sequenze alternate della doccia delle ragazze nella grande stanza bianca e del ragazzo imprigionato nel cunicolo buio.
Più di un film e ben prima che un thriller, La residencia è un trattato fenomenologico sull'"inqualificabile" passaggio dalla giovinezza all'età adulta. Col suo ritmo implacabilmente assennato, Serrador riesce nell'impresa di dar conto dei pruriti come degli aneliti, delle voluttà quanto delle inibizioni che l'adolescenza trascina con sè. Lo fa con una purezza tecnica che rifugge qualsiasi morbosità, assurgendo fin dalle prime inquadrature all'aura del Classico. Commendevole la sfaccettatura del cast tutto, su cui impera l'altera postura di Lilli Palmer.
MEMORABILE: Gli omicidi "ovattati e puliti"; La scena della doccia; Le ragazze che torturano la Galbó facendole confessar il "mestiere" della madre.
Molte cose sono apprezzabili in questo giallo-horror: la scelta della casa, lucida di fuori ma sporca e fatiscente (i bagni) all'interno, così come la direttrice e le mademoiselles, eleganti nell'aspetto, ma bacate (non tutte) all'interno. Molte scene sono apprezzabili: la lezione di ricamo con l'attesa spasmodica del momento di piacere, la doccia con vestaglioni... pure il finale ha un senso e cresce con la giusta sordina. Poi ci sono cose poco credibili, ma fa parte del gioco; soprattutto aleggia sempre un senso di incompiuto.
A me è sembrato niente più che un buon film, non certo un gioiello assoluto da far gridare al miracolo. Mi spiego, l'atmosfera è perfetta: il collegio è lugubre e la vita all'interno malsana e torbida, ed è costante la sensazione di stare col fiato sospeso. Gli ingredienti per una partenza in quarta ci sono tutti... il punto è che alla quinta non ci si arriva, rimanendo molto lento! Un thriller che alla fine tende un po' ad arrotolarsi su se stesso e che mozza il fiato perché sa di non concluso, di esteticamente incompiuto. ***
Bell'horror spagnolo, che ha ispirato numerose opere successive (tra cui sicuramente Suspiria) e che riesce a inquietare grazie all'atmosfera morbosa e macabra (perché di sangue ne scorre pochissimo). La fotografia e le scenografie concorrono molto alla riuscita, così come la bella colonna sonora. Buona l'interpretazione della Palmer e azzeccato il resto del cast. Peccato solo che l'identità del killer sia piuttosto facile da intuire (così come le motivazioni), ma resta un cult del cinema d'orrore europeo.
Piacevole sorpresa a dispetto del titolo pruriginoso che lascerebbe presupporre un banalissimo B-movie. La regia si dimostra in grado di mantenere viva l'attenzione fin dall'introduzione, con inquadrature attente a esaltare il lugubre collegio gotico in cui si svolgerà tutta la storia. A differenza dell'edizione italiana anni '70, che ha conosciuto molti tagli di natura anche "morale" nonostante il divieto ai minori, l'originale fa conoscere un'opera molto ben strutturata e piacevole, sotto certi aspetti originale per quel cinema di genere.
MEMORABILE: Madame Fourneau e il suo concetto di "educare".
Giallo gotico che si fa apprezzare soprattutto per l'ambientazione nell'oscuro collegio (la residencia del bel titolo spagnolo) tra vetusti corridoi e stanze, dove si muovono le ragazze protagoniste come recluse, in un'atmosfera cupa e malsana. La soluzione orrorifica finale può risultare esagerata negli intenti e per questo poco riuscita, ma segna un po' l'apice dell'aura morbosa che permea tutta la pellicola.
Film capostipite del genere che soffre di un difetto paradossale: l'hanno talmente copiato che ora, a distanza di decenni, sembra proprio lui a una derivazione. Al di là di tale superficiale impressione occorre ammettere che "La residencia" è un piccolo gioiello: la regia è quasi elegante, non ha mai cedimenti o pur minime cadute nel cattivo gusto; l'accompagnamento musicale è davvero buono mentre il finale vanta toni di soave crudeltà.
Thriller psicologico che gode di buona reputazione ma che non mi ha entusiasmato. L'atmosfera claustrofobica e morbosa che si respira nel collegio viene resa con efficacia e Serrador è bravo a dirigere con eleganza una storia che poteva prestare il fianco a derive boccaccesche, però non riesce né a imprimere il giusto ritmo né a vivacizzare un soggetto piuttosto scarno. Il finale cattivo lascia il segno, ma l'identità del colpevole è ampiamente prevedibile. Brava la Palmer, mentre tra le ragazze non emerge nessuna. Non male le musiche.
Molto bello, ha il suo punto di forza nelle atmosfere claustrofobiche che fanno sentire il peso della morale reazionaria franchista. Difficile non paragonarlo a Phenomena per l'ambientazione, per le compagne di collegio spietate e per la soluzione finale. Serrador dirige con una certa maestria (raggiungendo una punta che lascia il segno nel primo omicidio), ma bisogna anche dire che la sceneggiatura è relativamente fiacca (solo due omicidi!) e non c'è mai vera tensione. Ottimo il finale, ampiamente prevedibile, ma non in tutta la sua follia.
MEMORABILE: Il primo omicidio; La "ragazza" finale.
Regista dalla sensibilità unica, qualche anno prima del suo capolavoro Ibáñez Serrador mette già le cose in chiaro con questa morbosa goth story sui generis, sospesa tra rigorismi franchisti e pulsioni sessuali (etero e omodirette) represse, dove scorre pochissimo sangue e anche gli omicidi sembrano più una propaggine grafica della storia che uno snodo narrativo in sé. Quasi incredibile constatare come l'attenzione rimanga catturata dal primo all'ultimo minuto, senza grande dispendio di trucchi. Finale forse prevedibile, ma efficace.
MEMORABILE: Nella serra, un giovane corpo accoltellato cade al ralenti, deformando nell'inclinazione anche la colonna sonora.
Ottimo anello di congiunzione fra la tradizione gotica e il thriller, che influenzerà in modo considerevole il cinema di genere a venire. Opera di straordinaria eleganza, immersa in un'atmosfera cupa e opprimente (ovvi i parallelismi al totalitarismo franchista). Serrador si sofferma sull'erotismo implicito, sul sadismo e sulle conseguenze della repressione sessuale (emblematico in tal senso il finale shock), tanto che i delitti (pochi ma buoni) assumono quasi un'importanza marginale all'interno del plot. Forse insieme a Black Christmas il proto-slasher più significativo di sempre.
MEMORABILE: L'eccellente prova dell'austera Lilli Palmer; Le frustate alla ribelle; L'onirico, indimenticabile primo omicidio al ralenti; Il finale scioccante.
Eccellente horror iberico ambientato in un collegio femminile che come un buco nero toglie la luce della vita alle sue ospiti, che vengono represse sessualmente e psicologicamente per mano dell'inflessibile rettrice (una grandiosa Palmer). Classico e sperimentale al tempo stesso (vedasi l'uso particolare del sonoro), ricco di metafore antitotalitaristiche, riesce a creare un clima di grande tensione e angoscia con il minimo dispendio di sangue ed è un susseguirsi quasi continuo di scene che lasciano il segno. Lo splendido finale è raggelante nella sua malsana linearità.
MEMORABILE: La ragazza isolata; Il primo omicidio con il sangue a macchiare la purezza dei gigli; Cucito con i gemiti in sottofondo; Teresa umiliata; Il finale.
L'horror spagnolo si sa, nacque con Jesús Franco (autore di una pellicola come La spia sulla città, capace di ottenere i plausi di Orson Welles), ma è solo con questo film che l'horror spagnolo matura e giunge a dire cose diverse, allineandosi in pieno alla linea della rivoluzione cultural/sessuale del '68. In un regime fascista ormai sulla via del tramonto, il mostrare le ragazze che fanno la doccia vestite di un semplice velo può benissimo essere considerato uno sberleffo a certo perbenismo borghesotto. In ogni caso un film importante, forse il più sofisticato dell'horror spagnolo.
MEMORABILE: L'omicidio nella sera, con i fiori che si bagnano di sangue, scena ripresa da Tarantino in Django unchained.
Un film che incarna umori e ardori femminei, paure primigenie, fantasie erotiche: tutto ritorna e tutto converge nell’immagine allucinata dell’intransigenza, sotto le fameliche frustate puritane e negli aleggi repressivi dello spettro franchista. Vademecum del gotico per antonomasia, caratterizzato da una narrazione quasi pittorica e con uno dei finali più morbosi e crudeli di tutto il cinema di genere. Lilli Palmer incrollabile virago, Mary Maude diafana ancella. Splendido.
In un collegio organizzato quasi militarmente vengono accolte ragazze che per una ragione o per l'altra devono essere rieducate sotto la ferrea e gelida disciplina della direttrice (perfetta Lilli Palmer), che però non può sopire gli aneliti e le spinte erotiche delle studentesse. Al di là dell'azzeccata ambientazione e di un cast nell'insieme efficace, questo horror non presenta motivi di interesse e perde tanto tempo nel mostrare la routine didattica e i sotterfugi e le ambiguità tra le ragazze, mentre la parte slasher fa capolino tra un continuo apri e chiudi di porte misteriose.
MEMORABILE: Pizzi e orgasmi; Il giovanottino guardone; I due accoltellamenti; Il finale in soffitta.
Angosciante come un brusio di insetti sul tè delle 5 (o su un cadavere): "La residencia" che si trova in un imprecisato oltralpe è il collegio in cui nessuna adolescente vorrebbe trovarsi, per la severissima direttrice o per il suo bizzarro figliuolo. Dopo un inizio piuttosto antiquato (anche perché è una ricostruzione storica, forse siamo agli inizi del '900), questo film del '69 inizia prendere quota, mostrando il talento del regista nel creare una storia avvincente, con personaggi ben caratterizzati e infine un crescendo di disagio e suspense fino al finale, che lascia basiti...
MEMORABILE: Le punizioni della direttrice; Il ricamo come attività pseudo-erotica; Il finale!
Il titolo originale è perfetto nell’indicare il vero protagonista: il collegio, ovvero lo spazio unico e claustrofobico in cui le protagoniste sembrano ingranaggi di un gioco ineluttabile. E non parliamo qui della spietata decimazione di fanciulle, quasi marginale, ma proprio del sistema cupo di isolamento e oppressione (metafora politica?), splendidamente restituito da una narrazione gravida di suspense minimalista e da uno sguardo della mdp che s’incunea febbrile nei labirinti post-gotici della villa. Film seminale e tuttora capace di suscitare emozione.
Notevole thriller (forse) anche proto-slasher, diretto con eleganza ed efficacia, in cui il ritmo lento non pesa e anzi diventa un pregio. Ambientazione in interni curata che dà un senso di oppressione, un'idea di collegio prigione (in epoca franchista) ben reso, personaggi (quasi tutti bacati o depravati) interessanti: lesbismo, sadismo, repressione sessuale; Serrador non arretra davanti a nulla, con un finale non del tutto inaspettato ma agghiacciante per la sua follia. Scene di omicidio pulite e originali (un ralenti più score decomposto). Ottime la Palmer, la Galbó e la Maude.
MEMORABILE: La doccia "vestita"; La splendida Maude che si eccita dando frustate (le si implora basta! invano) alla ribelle o umiliando la Galbó; Il finale.
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Mmmmmm... peccato, l'audio in questo film è importante almeno quanto le immagini...
HomevideoZender • 30/07/17 09:50 Capo scrivano - 15 interventi
Son con te. Purtroppo a meno di un restauro pesante della traccia audio fatto da gente molto in gamba dubito che noi italiani potremmo sentirlo meglio... Per i sub ita magari uscirà un bd italiano, chissà.
Zender ebbe a dire: Son con te. Purtroppo a meno di un restauro pesante della traccia audio fatto da gente molto in gamba dubito che noi italiani potremmo sentirlo meglio... Per i sub ita magari uscirà un bd italiano, chissà.
Già, io comunque mi accontenteri di un blu ray con lingua originale e sub ita....
Per gli appassionati del film e di registrazioni vintage, il titolo italiano (da una vecchia registrazione da Video Firenze) compreso di una piccola animazione:
Aggiungo che questa copia include la scena del bacio sulla schiena, il che ci testimonia che il film uscì integrale nelle sale italiane, dove circolò con divieto ai minori di 14 anni.
Ecco poi il minaccioso cartello posizionato subito dopo i titoli di testa:
B. Legnani ebbe a dire: Von Leppe ebbe a dire: Non so a che versione vi riferiate ma nel dvd Sinister, durante la scena della fustigazione, il bacio sulla schiena è evidentemente tagliato, come si vede invece integrale in questo video:
Il libro letto da Luis (Moulder-Brown), dentro il quale schiaccia una formica, è L'Allemagne et la Réforme, di Johannes (Jean) Janssen(1887), nel capitolo Sentiments des membres catholiques de l'Empire: